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Fabrizio Bottini
Arcore e l'immagine dello spazio pubblico
23 Febbraio 2011
Brianza, febbraio 2011, una manifestazione davanti alla casa del Presidente del Consiglio: non solo VATTENE, ma anche e soprattutto LASCIACI SPAZIO

Toccava aspettarselo: il regime maestro di suggestione e governo dell’immaginario su quel versante è decisamente inattaccabile. Arcore 6 febbraio, primo pomeriggio di una giornata di solicello brianzolo, lo sperato effetto Woodstock svanisce in un batter d’occhio, quando la folla che timidamente arrancava a gruppetti nel pratone verso la valle del Lambro viene convogliata dentro le anguste viuzze residenziali del centro, e la striscia un po’ più ampia fra la stazione ferroviaria e la piazza del municipio.

Lì la manifestazione, cartelli sarcastici a parte, è giocoforza costretta a mostrare immagini consuete, anche logore direbbe qualcuno, slogan, bandiere, simboli. Niente di paragonabile all’effetto accerchiamento-lunga marcia che avrebbe garantito convergere nella spianata davanti al viale sul “retro” della villa.

Anche i vari tentativi di alcuni gruppi più determinati, di avvicinarsi un po’ agli ingressi veri e propri verso il centro, meno simbolici ma più a portata di mano, sono ripetutamente respinti dalla polizia. Resta l’assembramento attorno a un palco un po’ improvvisato, insomma a parte l’ottima intenzione nulla più di un presidio molto partecipato.

Guarda caso, tempo fa, il pratone e ampio spazio oggi negato era stato invece concesso ai trattori dei leghisti delle quote latte, per la loro perentoria sfilata anti Unione Europea.

Mentre ora i pochi che hanno parcheggiato l’auto molto lontano, dopo aver attraversato la spianata d’erba, si vedono sbrigativamente respinti dal gruppo di poliziotti che sta a chiudere la prospettiva dei classici pioppi da villa lombarda.

Molto più di una guerra mediatica, o di immagini, questa, è una vera battaglia simbolica per lo spazio pubblico. Nella stessa forma in cui era concepito, che so, da Gianlorenzo Bernini e poi da Marcello Piacentini per l’abbraccio alla folla di fedeli di San Pietro, o dai giganteschi spazi costruiti a bella posta per essere riempiti di folle, come la Berlino di Albert Speer, o da queste invasi per farli propri e dar loro nuovo senso, ultima la spianata della piazza Tahrir al Cairo.

Del resto come ci raccontano da tantissimi punti di vista gli Autori di Spazio Pubblico: declino, difesa, riconquista, un aspetto centrale di questa declinazione quotidiana della democrazia è il suo connotarsi variabile, materiale e immateriale, propriamente di proprietà pubblica o acquisito d’impulso all’uso collettivo, spazio di confine, spazio sciolto, fluttuante.

Naturalmente lo capisce anche chi vede nell’idea stessa di spazio pubblico qualcosa di fastidioso se non di pericoloso, e si comporta di conseguenza. Il popolo bue ideale sta davanti alla televisione, o dentro all’ambiente rigorosamente privato, che finisce là dove inizia il territorio pure privato del vicino. Il resto è terra di nessuno priva di alcun valore, o al massimo in attesa di valorizzazione.

Il grande prato attraverso il quale incedevano oggi isolate famigliole con passeggino, per scontrarsi alla fine con la siepe impenetrabile e il cancello chiuso presidiato dalla camionetta di polizia, è l’area per cui qualche tempo fa si è parlato della “Milano 4” voluta direttamente da Berlusconi, fra l’ultimo scatolone dello sponsor Rovagnati e le prime pendici delle colline moreniche (fra poco incluse d’ufficio nella “città infinita” dal passaggio della bi-partisan Pedemontana). Più spazio pubblico liminale di così si muore!

Comunque vada a finire, anche questa giornata di manifestazione – come le altre – dovrebbe lasciare soprattutto uno strascico costruttivo di riflessione. Sperando naturalmente che anche stavolta come altre il tentativo di riconquista dello spazio pubblico non finisca per trovare, oltre al solito cancello, pure un manganello.

p.s.

Come ben sa chi di Arcore ha già letto le cronache giornalistiche, poi le manganellate ci sono state davvero (nelle stradine laterali da cui me ne ero andato poco prima); e, condanne del popolo viola a parte, va rilevato come in fondo siano stati proprio quei gruppetti di ragazzi più agguerriti a cogliere anche se implicitamente il nocciolo della questione: lo spazio privato di quella grossa villa brianzola che passo passo ingloba e permea di sé tutto il resto, chi cumandi mì eccetera (f.b.)

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