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John Nichols
Arcipelago Urbano
15 Giugno 2005
Megalopoli
Le nuove idee per la società, l'ambiente, la politica e l'economia, nascono dai contesti urbani. Dal progressista The Nation, 20 giugno 2005 (f.b.)

Titolo originale: Urban Archipelago – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Sta succedendo qualcosa in Kansas: il 5 aprile i cittadini dello Stato del Girasole hanno sostenuto massicciamente la meschina proibizione dei matrimoni fra cittadini dello stesso, e stipato i consigli scolastici con altri personaggi che vogliono insegnare il creazionismo. Me lo stesso giorno i progressisti hanno spazzato via tutti i posti disponibili a Lawrence, una delle città in più rapida crescita dello stato, in base a una piattaforma che prometteva di combattere la discriminazione, proteggere l’ambiente, aumentare le case popolari. Il nuovo sindaco di questa città di 80.000 abitanti, Dennis “ Boog” Highberger, si è insediato dichiarando che “non ci sono molti posti dove un disabile ex hippie con un nome ridicolo può diventare sindaco”. Il giorno dopo ha inaugurato una chat line coi cittadini di Lawrence col messaggio: “Salve, cittadini! Che inizi la bolgia!”.

Lawrence, oasi di istruzione superiore e di economia high-tech in quello che grazie al libro del 2004 di Thomas Frank è lo stato conservatore più famoso della nazione, non è esattamente uscita di senno. Highberger e gli altri eletti sostenuti da Progressive Lawrence - un gruppo locale che due anni fa ha strappato il governo a forze più conservatrici favorevoli allo sviluppo edilizio – si sono concentrati fondamentalmente su strategie di “ smart growth” contro l’insediamento disperso, collaborando con le forze locali per migliorare l’erogazione di servizi e promuovere la tolleranza in uno stato dove questo può generare discussioni. “Non abbiamo esattamente ribaltato del tutto il “ Cosa succede in Kansas?”, ma ci stiamo lavorando” scherza Highberger, un avvocato che ha convinto Lawrence a condannare ufficialmente il Patriot Act, ma che passa la maggior parte del suo tempo in impegni municipali come finanziare i servizi di biblioteca o acquisire nuovi terreni a parco. “Le cose che succedono a Washington e Topeka sono piuttosto astratte, e di solito frustranti. Quando prendiamo una decisione in commissione municipale – sulla tutela dell’ambiente, o sul trattare bene le persone – la gente avverte che qualcosa è cambiato nel proprio cortile, il giorno dopo. È la politica locale il posto per i progressisti”.

Varianti del caso di Lawrence si rappresentano in tutto il paese, con leaders locali e coalizioni che danno forma e nuove e più aggressive politiche in quello che si sta iniziando a chiamare un “arcipelago urbano” di grandi centri metropolitani, vecchie città industriali e centri universitari che rappresentano isole blu progressiste su una mappa elettorale che sembra un mare rosso di convervatorismo. Si tratta di isole piuttosto affollate, con voti a sufficienza per influenzare la politica ben oltre i propri confini, e restano i bastioni del liberalismo americano: tutte le città con più di 500.000 abitanti hanno votato per John Kerry nel 2004, così come circa la metà di quelle fra 50.000 e 500.000. Praticamente in tutti glia stati che hanno sostenuto il candidato democratico alla presidenza lo scorso anno – anche nei tradizionali capisaldi democratici come Illinois, New Jersey e Michigan – è stato solo grazie alle forti maggioranze nelle aree urbane che ha prevalso Kerry. In un’epoca in cui il governo federale è dominato da repubblicani di destra, e i governi statali liberali sono rari, le città eleggono una nuova generazione di progressisti: una tendenza ben evidenziata il 17 maggio, quando la seconda città del paese, Los Angeles, ha sostituito un cauto e curiale sindaco democratico col progressista Antonio Villaraigosa.

Non sorprende, che la politica delle città tenda a sinistra. Le città, più dei sobborghi o delle zone rurali, tendono ad essere la casa di chi sta meno a suo agio nell’America di George W. Bush: minoranze razziali, gay e lesbiche, immigrati, sindacalisti, lavoratori a bassissimo reddito e i giovani professionisti i cui quartieri “ new urbanist” hanno rinnovato i centri città da Providence a San Diego. Le città, anche, hanno problemi che non si risolvono col libero mercato in cui i conservatori ripongono la propria cieca fede: povertà, violenza, scuole degradate e industrie sfasciate dal NAFTA. E in un’epoca in cui sempre più spese federali si orientano verso il settore militare e i tagli alle tasse per i ricchi, le vecchie sfide diventano nuove crisi. Il 78% dei sindaci intervistati dalla US Conference of Mayors hanno rilevato aumenti nel numero delle domande di alloggi d’emergenza nel 2004, e più dell’80% affermava che mancavano fondi adeguati alla domanda. L’assalto dell’amministrazione Bush ai finanziamenti per lo sviluppo delle città blocca i prestiti per le iniziative di trasporto pubblico e la casa, e i carichi aggiunti per le scuole urbane dal No Child Left Behind Act, rendono le prospettive di soluzione dei problemi urbani più fosche che mai.

Nonostante queste sfide, e in alcuni casi grazie ad esse, un numero crescente di progressisti si sta imponendo a livello municipale. “I governi locali sono l’unico posto dove le idee progressiste possono entrare in azione” dice il sindaco di Madison, Wisconsin, Dave Cieslewicz, quarantaseienne, ex coordinatore di un ufficio si gabinetto al Senato e leader ambientalista, che è stato eletto nel 2003. “È nelle città, che si può aprire un varco fra i grandi interessi, i grandi mezzi di comunicazione – insomma le cose sbagliate della nostra politica – e catturare l’immaginazione del pubblico”. Purtroppo, dice, le organizzazioni tradizionali degli amministratori locali sono state lente a cogliere l’onda della resistenza municipale al movimento conservatore nazionale. “Dopo essere stato eletto, sono andato alla mia prima conferenza USA dei sindaci, ed era orribile. L’influenza delle imprese era ovunque” dice Cieslewicz, ricordando una cena dove camioncini giocattolo con il logo della Waste Management, Inc. servivano da segnaposto. “Eravamo lì, con davanti tutti i tagli possibili ai programmi per l’istruzione, i trasporti e la casa, cose essenziali per le città, e non avvertivo alcun senso di urgenza”.

Cieslewicz iniziò a lavorare per costituire un gruppo che aiutasse i sindaci progressisti ad affrontare la politica in modo serio. Alla prima riunione del gruppo “ New Cities” organization, a febbraio, arrivarono i sindaci di Milwaukee, Salt Lake City, Berkeley e nove altri. Alla seconda, che si terrà il 9 giugno a Chicago, alla vigilia della Conference of Mayors di quest’anno, potrebbero partecipare un paio di dozzine di sindaci per discutere come “cogliere l’attimo” determinato dalla salita dei costi energetici. Si vuole accogliere la proposta del Progetto Apollo, iniziativa sostenuta da gruppi sindacali e ambientalisti per ottenere indipendenza energetica, applicandola a livello locale. Un altro gruppo, ispirato a valori simili ma con strategie differenti, vuole lanciare dal primo giugno la campagna “Riprendiamoci l’America” alla conferenza di Washington, DC, sostenuta dalla Campaign for America’s Future.

Cities for Progress ( www.citiesforprogress.org), una emanazione del movimento Cities for Peace del 2003 – che aveva visto 140 comunità, dai villaggi dell’Alaska a New York City, esprimere opposizione alla corsa di Bush all’invasione dell’Iraq- lancerà una campagna per far cooperare gli eletti e le comunità che rappresentano, a influenzare le politiche nazionali. “È più chiaro che mai che le decisioni prese a Washington influenzano la mia possibilità di svolgere il mio lavoro” dice il consigliere di Chicago Joe Moore, che ha collaborato con lo Institute for Policy Studies a sviluppare la rete di Cities for Progress. “Non posso sistemare le cose nei quartieri di Chicago se non faccio la mia parte per assicurarmi che Washington faccia la cosa giusta”.

L’idea delle città generatrici di politiche progressiste non è nuova. A cavallo dell’inizio del secolo scorso, sindaci come quello di Cleveland Tom Johnson, di Toledo Samuel “ Regola d’Oro” Jones, o di New York City Seth Low, erano conosciuti come leaders progressisti a livello nazionale. Negli anni ’60 a New York John Lindsay, a Boston Kevin White e a Cleveland Carl Stokes erano indicati come potenziali Presidenti o Vice Presidenti. Con l’ottimismo degli anni ’60 che si offuscava insieme alle sue città modello e ai programmi di rinnovo urbano, le città scomparvero dalle notizie, tranne quando si trattava di violenza, corruzione, bancarotta. I sostegni federali si prosciugarono. Il suburbio si espandeva all’esterno. Gli stati presero possesso dei distretti scolastici urbani, togliendo il potere dalle mani degli eletti in sede locale. Se le cariche di sindaco erano state piattaforme di lancio per carriere politiche (l’ex Vicepresidente Hubert Humphrey era diventato famoso a livello nazionale come sindaco riformista di Minneapolis; Moon Landrieu saltò dalla politica municipale a New Orleans alla carica di ministro per Housing e Urban Development con Jimmy Carter) quel lavoro iniziò ad essere visto sempre più come un vicolo cieco, evitato dai politici più ambiziosi.

Ma negli anni recenti, le cose hanno cominciato a cambiare. Dopo tre tentativi falliti alle presidenziali, l’ex governatore della California Jerry Brown è andato a Oakland, dove ha rinnovato la propria carriera politica e la città, come discusso ma sempre presente sindaco. L’ex deputato Tom Barrett del Wisconsin è diventato sindaco Democratico di Milwaukee lo scorso anno. “Essere un Democratico al livello statale o nel Congresso di questi tempi, significa avere solo la possibilità di rosicchiare i margini” spiega il sindaco di West Palm Beach, Florida, Lois Frankel, che è stato portavoce dell’opposizione al parlamento statale della Florida prima di fare il salto verso la politica municipale. “Essere un sindaco forte è il miglior ruolo politico al momento. È più vicino alla realtà. Si possono fare le cose in fretta, si può davvero influenzare la qualità della vita”.

L’ex sindaco di Irvine, California, Larry Agran, ora consigliere municipale nela stessa città di 175.000 abitanti della Orange County, conferma questo punto di vista. In una contea che ha votato per Bush con un margine 60-39 nel 2004, Agran e i suoi alleati progressisti hanno sviluppato programmi innovativi per gli asili, le case popolari, il riciclaggio e la conservazione degli spazi aperti, e soprattutto sconfitto i piani dei costruttori di trasformare una ex base dei Marines in un aeroporto internazionale. Quest’estate, lo spazio aperto recuperato di 2.500 ettari sarà ribattezzato Orange County Great Park. In quanto parco metropolitano più vasto del paese, consentirà agli abitanti della quinta contea più densamente popolata d’America di camminare dall’Oceano Pacifico alle montagne, attraverso un corridoio continuo di spazi verdi. Il progetto è stato reso possibile da battaglie legali, referendum, e dalla determinazione di Agran e altri a usare le risorse e i poteri della città per acquisire l’ex base militare al territorio comunale, negoziare col governo federale, e letteralmente estirpare le vecchie piste di atterraggio. È costato a Irvine circa 25 milioni di dollari, ma la città ne uscirà in attivo finanziariamente, dicono i consiglieri, grazie alla vendita di terreni adiacenti per insediamenti compatibili al parco.

L’elemento critico, sostiene Agran, è che “non abbiamo esitato a utilizzare gli strumenti di governo per realizzare politiche urbane. Questo è quello che possono fare i progressisti: utilizzare il governo locale per realizzare trasformazioni nel pubblico interesse”. Ma non pensate che sia facile. Agran ha dovuto affrontare ripetute sfide elettorali da parte di forze conservatrici che superavano drasticamente quelle progressiste come disponibilità di risorse. Ma a differenza di quanto accade nelle competizioni a livello statale e federale, i grandi interessi a livello locale si possono battere, dice. “In una città con una popolazione inferiore a un milione di abitanti, è possibile creare una rete di persone nei quartieri che contrasti calunnie e attacchi. “Un gruppo di dieci o venti persone impegnate può far molto; un gruppo di 300-400, come nel nostro caso, può vincere”.

Irvine non è l’unico posto dove i progressisti stanno realizzando trasformazioni fondamentali. Più di 120 città a livello nazionale, da Ashland, Oregon, a Camden, New Jersey, hanno approvato norme sui sostegni al reddito, aumentato i compensi orari sino a 12 dollari per i dipendenti delle imprese che lavorano con la municipalità. A Chicago, Moore sostiene un’ordinanza “Big Box Living Wage” che richiede alle catene come Wal-Mart di pagare i propri dipendenti dieci dollari l’ora più benefits. “È un’idea che non potrebbe prendere quota ora nel Congresso, ma che credo avrebbe parecchio seguito nelle città del paese” dice Moore, che progetta di diffondere l’idea dell’iniziativa attraverso la rete Cities for Progress. Le città non agiscono soltanto sul piano economico. Anche se i tentativi di finanziare pubblicamente alcune campagne sono frustrati a livello federale e statale, sono riusciti in alcuni diversi casi come Fort Collins, Colorado, o New York City. E 134 sindaci di 35 stati – compresi Repubblicani come Mike Bloomberg a New York o Alan Arakawa di Maui County, Hawaii – hanno fatto a livello locale quello che George W. Bush si rifiuta di fare a livello nazionale: hanno accettato gli obiettivi del Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas serra.

Come previsto, le forze conservatrici e di impresa che hanno rafforzato la propria presa su tanta parte degli apparati di governo, stanno cercando di impedire agli amministratori locali di impostare un ciclo progressista. Nel caso di più alto profilo di interferenza dall’alto, quando il sindaco di San Francisco Gavin Newsom e quello di New Paltz, New York, Jason West hanno cominciato a celebrare matrimoni per coppie di gay e lesbiche, a livello statale sono stati annullati, e il Presidente ha sostenuto un emendamento costituzionale per proibire i matrimoni fra cittadini dello stesso sesso. “I conservatori e lobbisti delle corporations si dichiarano tutti in favore dell’autonomia locale, ma la verità è che un autentico controllo in sede locale li terrorizza” dice Cieslewicz di Madison. “A livello municipale possiamo aprire nuovi fronti, mostrare cosa può essere fatto, impostare tendenze che poi crescono”. Cieslewicz usa l’esempio della decisione di Madison di fissare un compenso minimo in sede locale, che raggiungerà i 7,75 dollari l’ora nel 2008. Altre città del Wisconsin hanno seguito rapidamente l’esempio, facendo pressioni sullo stato per aumentare le paghe minime. “Così le città cominciano, lo stato raccoglie, e quando abbastanza stati approvano gli aumenti dei minimi, la pressione si fa sentire sul governo federale” dice Cieslewicz.

I responsabili del movimento Cities for Progress vogliono istituzionalizzare questo tipo di pressione facendo in modo che le città approvino risoluzioni per porre fine alla guerra, o per lo sviluppo di un sistema sanitario nazionale universale. Offrendo assistenza organizzata a politici locali progressisti e collegando le iniziative l’una all’altra, Cities for Progress spera di creare una crescita dell’attivismo urbano. “Vogliamo che la gente si tolga dalla testa l’idea che lavorare a livello locale o a livello nazionale siano due cose diverse” dice Malia Lazu, direttore operativo nazionale.

Stimolare il cambiamento non è solo un problema di politiche; può anche significare la trasformazione di immagine del potere politico. “Il modo migliore per il Partito Democratico di rinnovare se stesso è di riconoscere che la prossima prospettiva di Great Society [ slogan anni ’60 del presidente Lyndon Johnson, n.d.T.] verrà dalle città, e verranno da lì anche i leaders della nuova generazione di Great Society “ dice il consigliere di New York City Bill Perkins. Il gruppo progressista nazionale Progressive Majority collabora ad eleggere rappresentanti locali che vogliano salire i gradini della politica. “È un modo di costruire una solida base” afferma il coordinatore di Progressive Majority del Colorado, Joe Miklosi, che ha lavorato con candidati locali nelle città di tutto lo stato. “Una volta vinto nella tua città, la gente impara a conoscerti, si fidano di te. Quando ti presenti per il parlamento statale o il Congresso, è più probabile che votino per te”.

L’idea di costituirsi una solida base, non è andata persa coi sostenitori del nuovo sindaco di Los Angeles. La vittoria di Villaraigosa il 17 maggio l’ha trasformato nella più brillante stella nascente latinoamericana della politica, stimolando un dibattito sul fatto che, entro il 2008, il suo nome apparirà nella lista ristretta dei candidati Democratici alla Vice Presidenza. Per gli americani che ancora sognano di poter portare politici progressisti ai livelli più alti, è logico iniziare a cercare candidati dove i progressisti sono già al governo. “Se ci si pensa, l’argomento a favore dei candidati governatori alle presidenziali è il fatto che hanno già governato”, dice Larry Agran di Irvine. “Beh, un sacco di sindaci governano città con popolazione superiore a quella di alcuni stati. Allora, perché non guardiamo alle città, per cercare candidati con idee progressiste? Non si guarda a Washington di questi tempi per trovare esempi di realizzazioni progressiste. Ma nelle città, è una faccenda diversa”.

Nota: il testo originale al sito di The Nation (f.b.)

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