Il padre del Monopoli in realtà era una madre, e il gioco del capitalismo era in realtà un passatempo ideato contro i ricconi latifondisti. Dietro lo sterminato riscontro commerciale del gioco da tavola più famoso al mondo - 125 milioni di copie, diffuso in più di 40 paesi e tradotto in oltre 20 lingue - si nasconde infatti un figlio degenere, una creatura sfuggita alle mani dei suoi ideatori fino a convertirsi nell'esatto opposto di quello a cui era destinata. Il primo passatempo capitalista della storia - bandito a suo tempo dall'Urss, all'indice anche in Cina, Corea del nord e Cuba (dove Fidel Castro, si favoleggia, ne avrebbe ordinato una requisizione per l'intera isola) - fu inventato da Lizzie Magie, una fervente seguace dell'economista americano Henry George, che considerava la speculazione sul suolo la madre di tutti i mali economici e sociali e aveva proposto la tassazione unica sulla terra.
La piccola scatola rettangolare che conteneva il Monopoly partì dagli Usa alla conquista del globo nel 1933, su iniziativa di Charles Darrow, un ingegnere di Germantown in Pennsylvania, caduto improvvisamente in disgrazia durante la grande depressione. La storia ufficialmente tramandata parla di un riparatore di radiatori disoccupato - Darrow, per l'appunto - che improvvisamente grazie ad un idea semplice e geniale riesce ad accumulare una ricchezza immensa. Detta così, sembra l'incarnazione stessa del sogno americano: un emblema del capitalismo almeno come lo è il gioco di cui Darrow si auto-assegnò la paternità.
Tuttavia le cose non erano andate esattamente in questo modo. Una versione primitiva del Monopoly circolava già più di un trentennio prima di quella commercializzata da Darrow. Si chiamava The landlord's game (il gioco del proprietario terriero) e fu registrata il 23 marzo 1903 da Elizabeth Magie, una donna americana nata nel 1866 in Illinois. Le caratteristiche della versione di Magie erano praticamente identiche a quelle della versione di Darrow: un tabellone di gioco di quaranta caselle disposte lungo i bordi, quattro ferrovie, la Prigione e delle proprietà i cui valori erano superiori man mano che si procedeva lungo il percorso. C'era però un piccolo particolare che determinava una differenza sostanziale.
L'obiettivo dichiarato de The landlord's game era quello di diffondere le virtù del «Single tax movement», il movimento per la tassazione unica che fece seguito alle teorie di Henry George. Magie infatti era affascinata dall'economista e giornalista George e attraverso lo strumento del gioco voleva dimostrare i mali connessi alla concentrazione della terra nelle mani di pochi. Il pensiero di George infatti partiva proprio dal presupposto che la terra fosse di proprietà dell'intera collettività. Stando così le cose nessun individuo o impresa avrebbe potuto possederla. Questo non escludeva però la possibilità di sfruttamento economico del fattore da parte dei privati, ai quali bastava pagare un affitto allo stato per poter mettere in marcia qualsiasi attività, dalla fattoria alla fabbrica. Ai singoli andava comunque riconosciuto il diritto di proprietà su tutti i frutti che riuscivano a ricavare dallo sfruttamento del suolo, come riconoscimento al loro sforzo per renderlo produttivo.
In questo contesto l'economista statunitense introdusse il concetto di single tax (tassa unica); ovvero un'imposta che gravava esclusivamente sulla terra e non sui profitti che da essa derivavano. L'aliquota doveva essere abbastanza alta da garantire un'adeguata remunerazione allo stato, e rappresentava la rendita ceduta alla collettività per poter beneficiare dell'uso privato della terra. Contemporaneamente qualsiasi altra tassa sui redditi o sul lavoro doveva essere totalmente abolita.
Secondo George il programma per la tassazione unica avrebbe dato un forte impulso alla crescita, spingendo verso un sistema economico volto ad incoraggiare investimenti sia di capitale che di lavoro, visto che questi due fattori sarebbero stati integralmente esenti da imposte. Dall'altra parte si sarebbero evitati comportamenti indesiderati come lo sfruttamento della rendita del suolo o la speculazione sul valore della terra. Un'alta tassa sulla proprietà, inoltre, avrebbe fatto sì che la terra finisse nelle mani di chi l'avesse resa più produttiva. Questa piccola rivoluzione avrebbe assicurato, secondo i suoi sostenitori, profitti più alti, salari migliori, e un più efficiente funzionamento del mercato del lavoro.
Henry George espresse il suo pensiero in Progress and poverty, la sua opera più importante che catalizzò l'attenzione di molti che si autodefinirono seguaci. Tra questi c'era anche Elizabeth Magie, a cui venne in mente che forse un gioco da tavolo sarebbe stato più efficace di un libro per trasmettere la proposta della tassazione unica.
Nonostante le buone intenzioni di Magie però The Landlord's game non raggiunse l'effetto desiderato, ma anzi si tramutò nel trampolino di lancio per tutt'altra propaganda.
Una copia del The landlord's game, fini' infatti casualmente nelle mani di Charles Darrow. Le piccole modifiche che Darrow apportò al gioco stravolsero l'impianto ideologico creato da Magie, ma lo resero molto più appetibile al pubblico americano che con un fascio di banconote false in una mano e una coppia di dadi nell'altra sognava di uscire dall'incubo della grande depressione. A onor del vero c'è da dire che Darrow si accorse subito delle potenzialità del gioco e -capitalisticamente - decise di rischiare del suo nell'impresa: produsse di tasca propria le prime 5 mila copie, che andarono letteralmente a ruba. Con questi numeri l'ingegnere disoccupato si presentò negli uffici della Parker Brothers, allora come adesso una delle aziende leader del settore dei giochi da tavolo, dichiarando di essere l'inventore di quello strano gioco.
Alla Parker fiutarono l'affare e firmarono immediatamente un accordo con lui che rese alle due parti un'autentica fortuna. Era la primavera del 1935 e da quel momento Charles Darrow sarebbe stato per tutti l'inventore del Monopoly.