Il manifesto, 21 agosto 2015
Provaci ancora. Un’altra svolta, dopo il summit con ministri e Syriza. Dimissioni da premier e urne aperte il 20 settembre. La «transizione» a una donna magistrato. Sette mesi dopo il voto che lo ha portato al governo e a un mese dal referendum, il leader greco incassa i prestiti e chiede al paese di rinnovargli il mandato per governare
Alexis Tsipras ha voluto seguire con decisione la via che porta alle elezioni anticipate, il prossimo 20 settembre. Alla riunione in cui si è deciso il ricorso anticipato alle urne hanno preso parte tutti i più stretti collaboratori del premier greco: il ministro alla presidenza Nikos Pappàs, il capogruppo di Syriza alla camera, Nikos Filis, il ministro per il riassetto produttivo Panos Skourletis.
«Non si tratta dell’accordo che avremmo voluto, ma senza il sostegno e la resistenza dimostrata dal popolo greco, i creditori ci avrebbero portato alla catastrofe, o avrebbero imposto totalmente la loro linea», ha sottolineato Tsipras, nel suo discorso di quattordici minuti, trasmesso ieri sera dalla televisione pubblica Ert.
Secondo il leader greco, il paese sta iniziando ad uscire da una situazione molto difficile, e «lotterà per ridurre al minimo gli effetti negativi del compromesso, dirà no a tagli lineari, alle barbarie nella legislazione sul lavoro, compiendo ogni sforzo per riconquistare pienamente la propria sovranità nazionale». Una forte stoccata è anche arrivata all’indirizzo della minoranza interna del partito, che non ha sostenuto, in parlamento, l’accordo con le istituzioni creditrici: «Con il voto giudicherete anche chi vorrebbe dei prestiti passando alla dracma e, con incoerenza, ha trasformato un governo eletto pochi mesi fa, in una minoranza parlamentare».
Tsipras, infine, ha ricordato gran parte delle misure adottate in questi sette mesi di governo. Dalla riapertura della televisione pubblica Ert, alla possibilità, per i cittadini, di saldare in cento rate mensili i debiti verso lo stato, fino alla legge che dà la cittadinanza greca ai figli degli immigrati.
Nel suo complesso, la strategia è chiara: giocare l’effetto sorpresa, potersi giovare del vasto appoggio popolare di cui continua a godere Tsipras, ritenuto da gran parte dei greci un politico onesto, che cerca di fare del suo meglio per uscire da una situazione al limite della disperazione Una situazione in cui il paese si è venuto a trovare, principalmente, per responsabilità del centrodestra di Nuova Democrazia, ma anche dei socialisti del Pasok, che si sono alternati al governo per quarant’anni. Ovviamente, la scelta di dimettersi per andare, così, ad elezioni anticipate, secondo molti osservatori, è condizionata anche dal altri due elementi : cercare di ridurre la possibilità della minoranza interna di Syriza– della Piattaforma di Sinistra– di potersi organizzare in vista delle elezioni e cogliere di sorpresa, per quanto possibile, anche tutti i partiti dell’opposizione.
Secondo quanto filtra dall’ambiente dell’ex ministro Panajotis Lafazanis, la Piattaforma di Sinistra ha già avviato, comunque, molti contatti per la formazione delle liste di un movimento autonomo, il quale dovrebbe avere come punto cardine l’opposizione alle politiche di austerità e dei memorandum di intesa con i creditori. Bisognerà vedere, ovviamente, quali spazi politici possono venirsi a creare, nello spazio tra Syriza e il partito comunista “ortodosso” Kke, per una nuova formazione come questa.
Secondo quanto riportano molti analisti greci, Alexis Tsipras avrebbe voluto andare ad elezioni anche il 13 settembre, ma, dopo una breve verifica, si è constatato che non ci sarebbero stati i tempi tecnici necessari. Lunedì dovrebbe giurare un governo presieduto, molto probabilmente, dalla presidente della Corte di Cassazione, che porterà il paese alle urne, come prevede la costituzione greca. Va inoltre ricordato un altro elemento di primaria importanza: in caso di elezioni legislative anticipate, convocate entro diciotto mesi dall’ultima tornata elettorale, i trecento deputati del parlamento greco non si eleggono con le preferenze, ma con delle liste preparate dai partiti. È chiaro, quindi, che i dissidenti che dovessero decidere, al momento, di non uscire da Syriza, avrebbero, comunque, ben poche possibilità di venire ricandidati. Tutti gli esponenti vicini a Tsipras, nelle ultime ore hanno fatto sentire il loro sostegno, riguardo alla necessità di andare nuovamente alle urne. «Ci vuole una nuova legittimazione popolare», secondo il ministro dell’interno Nikos Voutsis, mentre anche il responsabile del dicastero per la riorganizzazione produttiva, Skourletis, ha ricordato che la fiducia popolare deve essere rinnovata, dal momento che «Syriza, in questa fase, è chiamata ad attuare un programma per il quale non è stata eletta».
Quanto al fronte dell’opposizione, il centrodestra di Nuova Democrazia ed i socialisti del Pasok potrebbero cercare di individuare alcuni punti programmatici da su cui insistere di comune accordo, ma è stata esclusa a priori qualunque forma di collaborazione a livello di liste e candidati, dal momento che, secondo quanto dispone la legge elettorale greca, non potrebbero, comunque, giovarsi del premio di maggioranza.
Si torna alle urne, quindi, dopo la vittoria di Syriza del 25 gennaio scorso, con il 36,3% dei voti e 149 seggi. Dopo una trattativa di quasi sette mesi, interrotta perché si potesse tenere il referendum del 5 luglio scorso, quando il 61,3% dei greci ha chiesto la fine delle politiche di austerità. Ora Tsipras chiede ai greci di rinnovargli la fiducia, «perché i giorni migliori non li abbiamo ancora vissuti».
Grecia. Lafazanis durissimo contro Tsipras. L’incognita Konstantopoulou e Varoufakis. Non ci sarà neppure un congresso. Da oggi gruppi separati, nascerà un «Fronte anti-Memorandum»
Il primo passo dei dissidenti sarà l’uscita dai ranghi di Syriza e la formazione di un autonomo gruppo parlamentare. Parallelamente vedrà la luce, nei tempi rapidi indotti dal precipitare della crisi di governo, quel fronte anti-Memorandum al quale avevano fatto appello, appena una settimana fa, dodici personaggi di altrettante organizzazioni della sinistra istituzionale ed extraparlamentare. Sarà il «nuovo inizio» del quale ha parlato l’altro ieri il leader della Piattaforma di sinistra Panaiotis Lafazanis, una forza politica «di sinistra e patriottica» che si rivolgerà a tutto il popolo che ha votato «no» al referendum. Le parole durissime dell’ex ministro dell’Energia hanno rappresentato forse la goccia che ha fatto traboccare il vaso per Alexis Tsipras, inducendolo a rompere gli indugi e spiazzare tutti indicendo elezioni anticipate subito dopo aver rimborsato 3,2 miliardi di euro alla Bce e aver ricapitalizzato le banche per dieci miliardi, mettendo in sicurezza la Grecia. «Il governo ha voltato le spalle ai principi e alle lotte di migliaia di membri e funzionari di Syriza, nonché alle speranze del mondo democratico progressista», aveva detto Lafazanis.
Una rottura che era nell’aria, che spacca trasversalmente Syriza e provocherà lacerazioni umane forti e problemi pratici di non poco conto, per un partito all’antica, composto di sezioni e militanti, molto radicato nei quartieri così come nelle organizzazioni sociali (basti pensare alle decine di ambulatori e farmacie autorganizzate nate negli anni della crisi). Non è solo una forza politica che va in crisi, ma un modello vincente sia sul piano interno che per le riemergenti sinistre europee: una coalizione «polifonica e contraddittoria» come amavano definirla, capace in pochi anni di diventare il primo partito della Grecia.
A poco è servito l’appello del novantaduenne ex partigiano Manolis Glezos, che pur criticando radicalmente le decisioni della dirigenza aveva invitato il partito a «rinsavire» e discutere, convinto che un punto di mediazione si sarebbe trovato. Con chi si schiererà ora l’uomo che tirò giù la bandiera nazista dal Partenone? Cosa faranno la Presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou e l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, ipercritici con il Memorandum firmato? Nomi pesanti che potrebbero fare la differenza, se schierati dall’una o dall’altra parte.
Chi non si dichiara sorpreso è l’inossidabile Kke: anche il segretario del partito comunista Koutsoubias ha detto che un voto a così breve termine serve per non far organizzare gli avversari, ma loro si dicono «pronti in qualsiasi momento». D’altronde sono stati tra i pochi a non andare in vacanza neppure un giorno: i suoi militanti affiliati al sindacato Pame sono scesi in piazza sia nel giorno del voto del primo accordo, a luglio, che in quello di ferragosto sul Memorandum.
Ma a preoccupare lo staff di Tsipras, e forse a spingerlo a forzare i tempi, sono soprattutto i sondaggi: l’ormai ex premier è ancora forte, ma i consensi sarebbero un po’ in calo e l’applicazione delle
misure più dure del Memorandum rischierebbe solo di nuocergli. Da qui la decisione di giocare d’anticipo e chiedere ai greci un consenso pieno.