Aldo Natoli è stato un combattente per la libertà e la democrazia in Italia. È stato un intellettuale raffinato e insieme un uomo politico impegnato a fianco dei lavoratori, sempre in sintonia con i bisogni popolari. Negli anni Trenta da giovane ricercatore in medicina si trova a Parigi, nell'istituto di ricerca sui tumori, ma presto la lotta al nazifascismo lo sottrae agli amati studi e lo chiama all'impegno politico nella clandestinità. Entra nella lotta partigiana, nel gruppo romano di Amendola, Ingrao, Alicata, Lombardo Radice . Viene arrestato e condannato a cinque anni di carcere dal Tribunale Speciale.
Nel Parlamento della Repubblica sin dalla prima legislatura e poi nelle quattro successive viene eletto deputato come esponente di spicco del Partito comunista italiano. Nel contempo come consigliere comunale di Roma si impegna contro la speculazione edilizia nella famosa campagna «Capitale corrotta, nazione infetta». I suoi discorsi nell'aula Giulio Cesare del Campidoglio analizzano in modo originale e rigoroso i meccanismi della rendita urbana e divengono presto saggi scientifici studiati dalla più moderna cultura urbanistica italiana del tempo. Natoli diede un contributo peculiare a quel movimento riformatore, forse il più ambizioso e insieme il più osteggiato della storia repubblicana. Le sue idee, infatti, furono riprese dal progetto del Ministro democristiano Fiorentino Sullo con la legge dei suoli, quel progetto - ricordiamolo - battuto da una pesante controffensiva conservatrice cui non fu estraneo il «rumore di sciabole» del generale De Lorenzo. Se avessero vinto le idee di Natoli e di Sullo avremmo forse salvato parti preziose del paesaggio italiano e oggi avremmo città più vivibili.
Il ricordo vola poi ad un passaggio decisivo della sua biografia e del dibattito interno al Partito comunista. Natoli fu infatti radiato nell'ottobre del 1969 da quel partito e insieme al gruppo de Il Manifesto nel vivo di un contrasto politico che riguardava questioni rivelatesi poi cruciali negli anni successivi: le risposte da dare ai movimenti culturali e sindacali del biennio 1968-1969, la rottura con l'Unione Sovietica e il fallimento delle esperienze dei Paesi del socialismo reale già reso evidente dai carri armati di Praga e, infine, la libertà del dissenso nel dibattito interno al partito. Natoli fu protagonista di quel duro confronto politico e culturale.
Dopo la rottura e nonostante la rottura rimase legato all'idea tipica di quella generazione che si potesse fare politica soltanto all'interno di grandi forze popolari e rifiutò di partecipare a formazioni politiche minoritarie. Abbandonò l'impegno politico diretto negli anni successivi e tornò a coltivare l'amor per la ricerca culturale motivata non tanto da astratte teorie ma dall'insopprimibile esigenza di comprendere l'epoca in cui si era trovato a vivere. Per questo focalizzò gli studi sulla storia del movimento comunista internazionale, sia sulle sue tragedie sia sulle sue migliori espressioni, da cui vennero studi importanti sulle origini dello stalinismo e sulla figura di Antonio Gramsci, interpretata in modo originale con gli occhi di Tatiana Schucht in un bellissimo libro dal titolo significativo Antigone e il prigioniero.
Da circa quarant'anni Natoli dunque non era più attivo nella politica italiana e questo ne fa oggi, secondo le mode correnti, una figura inattuale. Eppure, se pensiamo allo stato di salute non brillante di parti non secondarie del ceto politico attuale dobbiamo augurarci per il futuro che sorga una nuova generazione di politici appassionati, di politici colti, di politici sensibili ai bisogni popolari.
Se questo serve al futuro del Paese, uomini come Aldo Natoli, al di là delle ideologie che hanno rappresentato, possono essere additati come esempio ai giovani che si impegnano in politica