Il 17 gennaio 1954, in occasione delle onoranze nazionali aisette fratelli Cervi fucilati a Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943 dainazisti, il Presidente della Repubblica ha ricevuto al Quirinale il vecchiopadre Cervi, trattenendolo affettuosamente a colloquio.
Il testo che qui pubblichiamo è apparso su
Il Mondo il 16 marzo1954, ed è raccolto nel volume Il buongoverno di Luigi Einaudi, pubblicatodalla casa editrice Laterza che ringraziamo per la gentile concessione. (eddyburg, luglio 2004)
Alcide Cwevi e Luigi Einaudi |
Entrano nello studio del presidente della repubblica ilpadre dei sette fratelli Cervi, fucilati dieci anni fa dai nemici degli uomini,il magistrato Peretti Griva, già presidente della corte di appello di Torino,l'on. Boldrini, medaglia d'oro della resistenza e Carlo Levi, scrittore epittore, il quale reca l'originale del ritratto da lui dipinto dei settefratelli.
Il padre, che porta sul petto le medaglie dei sette figli morti per la patria,ricorda al presidente di averlo già incontrato in Reggio Emilia. Il presidenteaveva letto, in un articolo di Italo Calvino, che tra i libri dei settefratelli, si noverano alcuni fascicoli della rivista La RiformaSociale, un tempo da lui diretta e poi soppressa dal regime fascistico edice al padre della sua commozione per poter cosí pensare con orgoglio ad unsuo rapporto spirituale coi martiri.
Il padre racconta:
- Sí, i miei figli leggevano molto, erano abbonati a riviste; e cercavano diimparare. Se leggevano qualcosa che pareva buono per la nostra terra, sisforzavano di fare come era scritto. Quando abbiamo preso il fondo in affitto,ed erano 53 biolche di 2.922 metri quadrati l'una (circa 15 ettari e mezzo),vedemmo sul terreno monticelli e buche. I figli avevano letto che se la terrasopravanzante sui monticelli fosse stata trasportata nelle buche, il terrenosarebbe stato livellato e sul terreno piano i raccolti sarebbero venuti meglio.Subito acquistarono vagoncini di quelli usati dai terrazzieri sulle strade e sidiedero a levare la terra dai tratti alti e metterla nelle buche.
Il padre, la madre, i figli e le figlie, le nuore |
Il presidente: - Ed in quanti vivete su quelle 53 biolche?
Il padre: - Io, il nipote, le quattro vedove, e gli undici figli dei figli, intutto diciassette. I figli prima ed ora noi abbiamo faticato assai. Abbiamoricevuto dal padrone la casa e la terra; ed avevamo quattro vacche e pochiarnesi. A poco a poco i figli comprarono due trattori, uno grande per i grossilavori ed uno piú piccolo per i lavori leggeri; abbiamo falciatrici, mietitrici,aratri ed ogni sorta di arnesi. Il fondo di fieno e mangime è tutto nostro.Nelle stalle vivono una cinquantina di vacche ed un bel toro. Il toro locomprammo in Svizzera, ma viene dall'Olanda ed è originario americano. Col toroci hanno dato le sue carte; ma noi siamo stati sicuri di lui solo quandoabbiamo conosciuto la figlia sua e poi la figlia della figlia. A venderlo comecarne, prenderemmo pochi soldi; ma, vivo, non lo dò via neppure se mi offronoun milione di lire. Questo - trattori, macchinari, fondo di vettovaglie,vacche, toro - è il "capitale" ed è nostro, di tutti noi".
- Anche del nipote?
Il nipote non è figlio, ma è come lo fosse. Quando uscii dalla prigione e,tornato a casa, non trovai piú i figli e mi dissero che li avevano uccisi, vidiil nipote.
Le nuore: - È venuto per aiutarci, mentre eravamo sole.
- Dopo qualche giorno, poiché il nipote aveva dimostrato di essere un buonragazzo, radunai le nuore e: "Bisogna stabilire le cose per il nipote. Loteniamo come giornaliero? Avrà diritto alle otto ore, alle feste, al salarioche gli spetta. Lo fissiamo come servo? Dovrà essere trattato come salariato adanno e dovranno essergli riconosciuti il salario e gli altri diritti delsalariato. Lo riconosciamo parente? Il trattamento sarà quello che gli spettacome parente. Che cosa ne dite voi?"
- Le nuore: - Padre, quello che voi direte, per noi è ben detto. Voi dovetedecidere.
- Il padre: - No. Voi, nuore, rappresentate i figli uccisi ed i figli dei mortisono vostri figli. Voi dovete parlare.
- Le nuore: - Noi non sappiamo parlare. Chi deve parlare siete voi, padre.
- Il padre: - Siccome lo volete, il mio avviso è questo; ed ho detto quel chepensavo. Avete quattro giorni di tempo per pensarci. Adesso non dovete parlare.Quando i giorni saranno passati, ritornerete e direte il vostro pensiero.
- E le donne ritornarono al lavoro.
- Non stavano in un paese molto lontano ed andai a parlare al padre del nipote,che era mio fratello. Fratello, dissi, il nipote tuo figlio ha detto di volererimanere con noi.
- Il fratello e la cognata: - Lo sapevamo. Il figlio l'aveva detto quando erapartito di qui per andare ad aiutare le donne, a cui avevano uccisi i mariti.Noi siamo contenti.
- Se cosí è, il nipote entrerà nella nostra famiglia. E, tornato a casa,radunai le quattro buone donne e il nipote e dissi: Il fratello e la cognatasono contenti che il nipote rimanga con noi. Ed io dico: i sette figli sonostati uccisi e voi, donne, siete al loro luogo. Ma abbiamo bisogno di un uomo,che diriga le cose. Io sono vecchio e non posso piú fare come una volta. Ilnipote starà insieme con noi e sarà come fosse un figlio. Quando io non ci saròpiú, il "capitale" sarà diviso in cinque parti uguali, fra le quattronuore ed il nipote.
- Cosí fu deciso e cosí si fa. Nella casa lavoriamo, ciascuno secondo le sueforze, in diciassette; ed il nipote sta a capo, lavora, compra e vende.
- Lui e le donne chiedono sempre il mio consiglio ed io consiglio per il bene ditutti.
- Poi i genitori del nipote ed i suoi fratelli vollero spartire quel che c'era incasa al momento che il nipote li aveva lasciati e diedero a lui la parte chegli spettava. Ed egli volle fosse data alla famiglia in cui era entrato. Ed iodissi: noi non l'avevamo chiesta. Ma tu la dai alla famiglia ed entrerà a farparte del "capitale". Diventerà proprietà comune; e come il restosarà diviso in cinque parti.
Il presidente, il magistrato, la medaglia d'oro e lo scrittore-pittoreguardavano al padre e vedevano in lui il patriarca il quale, all'ombra delsicomoro, dettava le norme sulla successione ereditaria nella famiglia.Assistevamo alla formazione della legge, quasi il codice civile non fosseancora stato scritto.
Il presidente, rivolto allo scrittore-pittore, il quale conosce i contadini deisuoi paesi - e sono uguali ai contadini di tutta Italia - interrogò: forseché isette fratelli si sarebbero sacrificati se non fossero stati un po' pazzicostruttori della loro terra e se il padre non fosse stato un savio creatoredella legge buona per la sua famiglia? Si sarebbero fatti uccidere per il loropaese, se fossero stati di quelli che noi piemontesi diciamo della"lingera" e girano di terra in terra, senza fermarsi in nessun luogo?
Lo scrittore-pittore rispose: Credo di no; il magistrato e la medaglia d'oroconsentirono. Ed il presidente chiuse: Credo anch'io di no e strinse la mano alpadre ed a tutti.
Qui potete scaricare e leggere il libro di Renato Nicolai eAlcide Cervi, I miei sette figli