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Tobias Jones
Affari di Famiglia
18 Agosto 2006
Scritti su cui riflettere
Molti vizi, ma anche moltissime virtù, emergono dalla società e dalla politica italiane nel corso delle elezioni 2006. Una lusinghiera lettura comparata del Guardian, 8 aprile 2006 (f.b.)

Titolo originale: Family affair – Traduzione per eddyburg_Mall di Fabrizio Bottini

Domani si chiude il sipario su quella che personalmente considero la più strana rappresentazione della terra: un’elezione politica italiana. Se credete che un branco di appannati politici e le loro fragili promesse non siano un gran spettacolo, pensateci due volte. La cosa più grandiosa in un’elezione italiana è che – cosa inconsueta per un’occasione del genere – la politica c’entra poco.

Quando i votanti entreranno in cabina domani potranno ripensare a uno dei più divertenti spettacoli dell’ultimo periodo: Silvio Berlusconi ha dato il tono sorprendendo gli elettori con la promessa di rinunciare al sesso per tutta la campagna elettorale; il suo ministro della salute si è dimesso dopo che era stato accusato di aver ingaggiato investigatori per spiare i rivali politici; c’è una showgirl, Mara Carfagna, che ha deciso di candidarsi in Campania; decine di migliaia di persone hanno sfilato nelle piazze avvolti in cartelli che recitavano “ Sono un Coglione” (non fate domande); i proprietari delle squadre di calcio del Milan e della Fiorentina hanno avuto una rissa verbale in pubblico; Berlusconi ha detto che i comunisti bollivano i bambini; l’ambasciata cinese ha protestato dicendo che no, non hanno mai bollito bambini. É stato uno spasso per settimane.

Una teatralità del genere richiede una preparazione complessa. Ci sono 174 simboli elettorali ufficialmente registrati. Come accade per il cattolicesimo nazionale, il proselitismo è altamente esteriorizzato: l’aspetto del paese è cambiato fra bandiere e manifesti che ricordano all’elettore i simboli dei partiti: una fiamma, un arcobaleno, una colomba, uno scudo, un ulivo.

L’incredibile quantità di simboli spiega in parte il motivo per cui il dibattito politico scarseggia. Gran parte della discussione elettorale degli ultimi mesi ha riguardato le coalizioni. Elemento centrale del dibattito è la partitica, non la politica: i raggruppamenti, non i programmi. Gli scoop giornalistici sui media fanno sembrare il parlamento un gioco da bambini: è un continuo alternarsi fra chi è il migliore amico, e improvvisamente diventa nemico giurato.

Le conseguenze sono parecchie. Per dirne una, il foglio su cui si vota è quello che viene chiamato scheda-lenzuolo, con dimensioni adeguate. E se è complicato essere giornalisti politici in Italia, immaginate cosa deve significare per un leader cercare di controllare i suoi alleati: ci sono 33 partiti presenti nella coalizione di Romano Prodi, 35 in quella di Berlusconi.

Se si guardano le immagini, emerge qualcosa di interessante. Il posto d’onore non è per il partito, ma per il leader. I manifesti che dicono " vota UDC" o " vota AN" invitano molto più insistentemente a " vota Casini" o " vota Fini" . A differenza che in Gran Bretagna, i politici sono più vecchi e consolidati dei propri partiti. Fra tutti i gruppi principali, solo il Partito Radicale è stato fondato prima degli anni ‘90. I partiti cambiano tanto spesso che la persona è decisamente più importante.

Il fatto che le personalità siano più riconoscibili dei partiti significa anche che un’elezione può, come in questo caso, essere la scelta fra un uomo che non ha un partito (Prodi) e un altro il cui carisma e potere extraparlamentare è tanto immenso da essersene creato uno dal nulla (Berlusconi). Significa che cambiare campo per unirsi alla formazione rivale è piuttosto comune. Nel parlamento precedente, ben 158 politici hanno cambiato partito, o coalizione. Soprattutto, significa che la politica appare caratterizzata dal vecchio clientelismo, dove i favori reciproci sono più importanti degli ideali e delle strategie politiche.

Tutto ciò porta alla consolidata immagine della vita politica italiana: il trasformismo, ovvero la tendenza ad avere tanti cambiamenti di gabinetto e alleanze da non riuscire a far niente. Un amico lo definisce il gioco delle sedie mancanti senza che manchino sedie: I politici si muovono ma non vengono mai sostituiti, mai esclusi. Erano esattamente gli stessi, titolare e sfidante, a competere alle elezioni politiche del 1996, 10 anni fa. Se non fosse per le voci insistenti sulla cattiva salute di Berlusconi, mi aspetterei quasi di rivederlo ancora fra altri 10 anni.

La " sta-abilità" di politici dalla reputazione non impeccabile, da Giulio Andreotti a Berlusconi, ricorda un altro tratto caratteristico del teatro politico: chi prende papere non viene mai fischiato via dal palco. Può darsi che sia a causa dell’abitudine cattolica al confessionale, o magari perché i potenti sono davvero al di sopra della legge, o forse ci sono così pochi buoni attori che non c’è partita. "Il problema non è che non ci siano pecche" dice un altro amico, "è che ce ne sono così tante che la cosa non importa più".

Significa che qualunque errore si commette, nomi noti e dinastie sopravvivono sempre. Può trattarsi di una figura marginale, ma Alessandra Mussolini, nipote del Duce, sta ancora in parlamento. Nella battaglia per raccogliere voti, il suo partito Alternativa Sociale è stato accolto nella coalizione di Berlusconi. Più che in qualunque altro posto, il potere è ereditario. Bobo Craxi, figlio dell’ex primo ministro caduto in disgrazia Bettino, fa parte della coalizione di Prodi. Se non fosse stata sconfitta alle primarie, Milly Moratti, moglie di Massimo Moratti, presidente dell’Inter, avrebbe sfidato la cognata Letizia Moratti per diventare sindaco di Milano.

Per mantenere al potere le stesse persone, si deve reinventare spesso il sistema elettorale. La Prima Repubblica (dal 1945 al 1993) era l’archetipo del sistema rappresentativo proporzionale. Il che significa che qui sarebbe stato inconcepibile un processo come lo " Twigging" di Portillo del 1997. Le “liste” della rappresentanza proporzionale garantivano che i potenti non potessero essere sconfitti: il partito poteva anche perdere moltissimo, ma se si stava in cima alla lista di qual partito perdente, si poteva ancora tornare in parlamento. La punizione degli elettori toccava i soldati semplici, mai i leaders.

Dato che quel sistema non consentiva di eliminare i Golia, emerse una strategia più sinistra in forma di azione extraparlamentare. L’Italia era nota per il terrorismo politico negli anni ’70 e ‘80. Ci sono ancora alcuni episodi di omicidio politico, sommosse, molti fascisti o comunisti non convinti dal sistema democratico. Tutto ciò semplicemente perpetua un centro stagnante, che si presenza come baluardo contro gli " opposti estremismi". L’inerzia porta all’agitazione, che rafforza l’inerzia.

Alla nascita della Seconda Repubblica, il 90% degli italiani scelse di adottare un metodo elettorale che premiava i più votati. Ma ne risultò un sistema al 75% uninominale, e al 25% proporzionale. Un sistema tanto complicato che ad ogni elezione, sui giornali venivano dedicati grandi grafici a spiegare una cosa chiamata scorporo. La prossima volta che siete in Italia e non avete niente da fare, provate a chiedere a qualcuno di spiegarvelo. Avrete bisogno di una calcolatrice, di molto caffè e almeno di un paio d’ore. Spesso sembra che il modo in cui funziona il paese abbia a che fare con la complicazione, e se si è cinici sembra che la cosa raramente favorisca il cittadino comune.

Berlusconi solo qualche mese fa ha introdotto una nuova legge elettorale. Fa tornare l’Italia, dopo 12 anni di flirt col maggioritario, a un sistema proporzionale. Ha spinto qualcuno a suggerire che il paese stia entrando in una Terza Repubblica, più simile alla prima che alla seconda. Siamo di nuovo alle caute politiche centriste e alle liste elettorali.

Per completare il quadro, il tutto è ostaggio di influenze esterne. Nessuno sa esattamente quanto peso abbiano, ma certo le varie mafie fanno sentire la propria presenza durante le elezioni. Leggete come volete il fatto che Berlusconi, nel 2001, abbia preso il 100% dei seggi parlamentari in Sicilia. Criminalità organizzata significa anche che la politica è influenzata dalle pallottole quanto dalle urne: Francesco Fortugno, vicepresidente della Regione Calabria, è stato assassinato in ottobre, quasi certamente dalla 'Ndrangheta, la mafia calabrese (dominante nella punta dello Stivale).

Ci sono anche altre influenze, più benevole o bizzarre. Il Vaticano può ancora svolgere un ruolo da king-maker. Prima di ogni elezione c’è una lunga fila di politici che escono seri dal territorio nazionale per guadagnarsi l’occasione di una foto col Papa. Ancora più strano, questa elezione vede 12 seggi della Camera e 6 del Senato decisi dalla diaspora mondiale degli emigrati italiani in quattro collegi elettorali (America Settentrionale e Centrale, Sud America, Europa e Resto del Mondo). Le conseguenze diplomatiche e democratiche stanno solo iniziando a capirsi. Significa, ad esempio, che il critico gastronomico italo-scozzese del Glasgow Herald, Ron MacKenna, potrebbe trovarsi eletto al Parlamento italiano. Se i risultati elettorali fossero più in bilico di quanto si prevede, lui e altri 17 stranieri potrebbero trovarsi ad essere l’ago della bilancia a Roma.

Il motivo finale per cui la rappresentanza proporzionale appare sproporzionatamente poco rappresentativa, è che esiste un acuto squilibrio generazionale e di genere. Su 315 senatori eletti, solo 25 sono donne. Bisogna avere più di 25 anni per votare il Senato, e oltre 40 per candidarsi. Si capisce in fretta che il paese è l’opposto della Gran Bretagna: noi siamo ossessionati dalla gioventù dei nostri leaders, l’Italia è determinata a rimanere una gerontocrazia.

Quindi è comprensibile che la maggior parte degli italiani abbia una visione distorta della politica nazionale. Eppure le contraddizioni sono così tante che questa democrazia è invidiata in tutto l’occidente. La percentuale degli elettori alle ultime politiche del 2001, è stata dell’82,7%. Paragonatela al 61,3% della Gran Bretagna nel 2005.

Paradossalmente, la situazione politica è così disperata, così apparentemente senza speranze, che chiunque capisce l’importanza di esprimere il proprio voto. E ciò nonostante il fatto che non si parli di voto elettronico o postale. Mentre state leggendo questo articolo, i treni italiani sono stracarichi di elettori che tornano nel comune di residenza per votare. Esprimere il voto è ancora considerato una cosa di tale importanza che, ad esempio, l’amministrazione municipale di Parma si offre di pagare il treno ai parmigiani all’estero perché tornino il giorno delle elezioni. Può darsi che la partecipazione sia tanto alta perché gli italiani, che vivono in una democrazia ancora giovane, non la danno per scontata. E certamente aiuta il fatto che ci sia un’alta percentuale di popolazione inscritta ai partiti: i Democratici di Sinistra, per esempio, vantano una potente militanza di 604.655 persone.

É vero che una partecipazione al voto così alta potrebbe essere per molti versi conseguenza di tribalismo. Se l’alta politica spesso appare stranamente apolitica, la vita quotidiana è straordinariamente politicizzata. Spesso si può indovinare l’orientamento politico delle persone dalle cose più strane: per quale squadra di calcio tifano; che tipo di caffè bevono (la marca Illy ha caratteri di sinistra dato che il proprietario, presidente della regione Friuli-Venezia-Giulia, Riccardo Illy, fa parte dell’alleanza di centro-sinistra); che libri leggono (Tolkien era, negli anni ‘70, l’improbabile icona del movimento fascista); addirittura quali scarpe indossano (le Tod’s sono fabbricate da Diego Della Valle, proprietario della squadra di calcio della Fiorentina e ciarliero critico di Berlusconi). In un paese dove spesso si fa politica attraverso simboli e gesti, questo è un tipo di segnale esterno che consente di riconoscere, quasi a prima vista, le simpatie politiche di qualcuno.

Ma l’impegno democratico va più in profondità dei soli simboli. C’è una qualità di dibattito che si vede raramente in Gran Bretagna. Ci sono di frequente referendum su argomenti politicamente soft ma moralmente ardui, come la ricerca sulle cellule staminali; le discussioni su questi argomenti sono approfondite, in modo impressionante. Quando sono arrivato in Italia in un primo tempo mi divertiva il fatto che scioperassero gli studenti delle medie. Di sicuro si tratta semplicemente di un modo sofisticato di non andare a scuola, pensavo. Ma quando si parla con loro, si capisce che sono informati, hanno delle opinioni, a un livello piuttosto raro fra i giovani britannici. Il ristagno della politica nazionale sembra solo renderli più decisi ad agire.

E se la politica romana può essere deprimente, è invece notevole quella locale. L’Italia è notoriamente un sistema decentrato, e non c’è un villaggio degno di questo nome che non abbia i suoi graffiti da caput mundi: il luogo dove si nasce è il centro della nazione. L’attaccamento al luogo spesso produce sindaci carismatici ed efficaci. Può non sembrare gran che, ma ammiro i loro modi intelligenti di affrontare i temi dell’istruzione o dei trasporti.

In ogni democrazia c’è una semplice equazione, che dice che gli elettori hanno i politici che si meritano. Per più di un secolo questo è stato il grande enigma dell’Italia. Come poteva un paese fatto da persone così intelligenti, inventive e generose, finire con politici tanto poco entusiasmanti? La risposta buona è che l’equazione della democrazia qui non è valida, perché la democrazia italiana è troppo intricata. La risposta cattiva è che le icone politiche dell’Italia del dopoguerra - Giulio Andreotti, Bettino Craxi e Silvio Berlusconi – sono davvero rappresentative della maggioranza degli italiani. La grande speranza per le elezioni di domani è che, per una volta, i risultati riflettano l’idealismo, non il cinismo, degli elettori.



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Nota: Tobias Jones ha scritto The Dark Heart of Italy (Faber). Il suo nuovo libro, Utopian Dreams , sarà pubblicato dallo stesso editore il prossimo anno.

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