La realizzazione di un aeroporto è sempre una ghiotta occasione per i proprietari di terra, le imprese di costruzione ed i cosiddetti pubblici amministratori. Non a caso alcuni vecchi scandali aeroportuali sono associati al nome di un sindaco, Ciancimino/ Palermo, Favaretto Fisca /Venezia.
Se l’operazione che è stata avviata attorno all’aeroporto di Venezia Tessera può essere accomunata a queste vicende, delle quali condivide la “filosofia” di rapina delle risorse pubbliche e di speculazione su aree agricole, essa contiene però alcuni elementi nuovi che sarebbe opportuno non ignorare, perchè incideranno pesantemente, e non solo per la gigantesca dimensione degli interventi previsti, sulla organizzazione del territorio e sul suo governo.
Tra i dogmi dell’urbanistica postmoderna c’è quello secondo il quale gli aeroporti determineranno la localizzazione degli affari e lo sviluppo urbano del ventunesimo secolo, “così come le autostrade hanno fatto nel ventesimo, le ferrovie ed i canali navigabili nel diciannovesimo, i porti nel diciottesimo”. Partendo da questa sintetica ricostruzione del legame tra infrastrutture di trasporto e città, e dalla constatazione che il traffico aereo è ormai solo una minima parte, e non la più vantaggiosa, delle attività di un aeroporto, l’economista John Kasarda ha elaborato lo schema della nuova forma urbana, denominata Aerotropolis, che sta emergendo attorno agli aeroporti.
L’invenzione urbanistica dell’economista Kasarda
Secondo Kasarda, non si tratta più di attrezzature aeroportuali esistenti che si ingrandiscono per ospitare altre funzioni - alberghi, ristoranti, centri commerciali, cliniche, musei, campi da golf – fino a diventare una sorta di piccola città, ma di vere e proprie nuove metropoli progettate attorno all’aeroporto.
Mentre la tradizionale metropolis consiste in “un centro degli affari ed alcuni anelli di sobborghi di pendolari, il centro di aerotropolis è l’aeroporto” da cui partono una serie di corridoi sui quali, per circa 30 chilometri, si innervano nuclei di uffici e residenze.
Inoltre, e soprattutto, mentre le metropoli sono cresciute disordinatamente, lo sviluppo di aerotropolis non è spontaneo, ma deve essere accuratamente pianificato per poter generare i profitti che il mercato si aspetta. Kasarda e i suoi seguaci, che hanno fondato una apposita rivista Global Airport Cities per documentare e promuovere il diffondersi di aerotropolis in diverse parti del mondo, riconoscono che ogni situazione presenta specifiche peculiarità, ma ritengono alcune precondizioni indispensabili per il successo. Tra queste, irrinunciabili sono la disponibilità di aree libere (greenfields), una gestione privata degli aeroporti, un ingente investimento pubblico che garantisca mezzi di trasporto “dedicati” (airtrain – airbus), ed una sinergia di intenti tra i diversi soggetti decisori per attirare gli investitori.
Non stupisce, quindi, che gli esempi additati a modello siano alcune città asiatiche dove governi “forti hanno potuto decidere con pochi vincoli sociali e ambientali” (Cina), stanno rapidamente privatizzando gli aeroporti (India), o hanno integrato la pianificazione di aerotropolis con quella delle free economic zones (Corea).
Un giudizio positivo viene elargito anche alle città che, grazie a incentivi finanziari brillantemente definiti “tax holidays”, hanno saputo attirare funzioni e attività diverse, dalle cittadelle della moda ai distretti del gioco d’azzardo, dai parchi tematici ai centri congressi.
Torniamo a Venezia
Il che ci fa tornare a Venezia, dove, filtrata attraverso l’ottica di aerotropolis, l’operazione Quadrante Tessera assume un significato più preoccupante di quello di una normale speculazione immobiliare e, quindi, non dovrebbe essere affrontata con la riduttiva speranza di contrattare una qualche riduzione delle cubature progettate.
Venezia ha/è già un parco tematico, i progetti per il gioco d’azzardo e i congressi non mancano, uno dei candidati alla carica di sindaco è il presidente della società che gestisce l’aeroporto e che si è accaparrata un vasto patrimonio fondiario, e l’altro si è dichiarato comunque favorevole ad un grande waterfront. Se il futuro di aerotropolis a Venezia è in buone mani, non altrettanto si può dire di quello di chi ci vive e lavora.
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