VENEZIA. Sta crescendo come un fungo gigantesco il nuovo pontile Actv ai Giardinetti Reali non ancora finito, nonostante il termine fissato al 18 marzo il cui impatto sull'area marciana è impressionante. Ormai inservibili i cannocchiali fissi sulla riva perché la gigantesca struttura nasconde alla vista San Giorgio da una parte e Punta della Dogana e chiesa della Salute dall'altra. Anche in città cresce l'indignazione per le dimensioni e le caratteristiche del pontile Actv nell'area più preziosa e delicata della città sul piano monumentale e si sta già pensando a una raccolta di firme contro l'intervento che aveva già il parere favorevole della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e che non è mai stato esaminato dalla Commissione di Salvaguardia, perché autorizzato con i poteri del commissario al moto ondoso dopo che era stato tra i primi il rettore dell'Iuav Amerigo Restucci a sollevare il caso dei nuovi maxipontili dell'azienda di trasporto acqueo, portando la questione anche all'attenzione del Ministero dei Beni Culturali con la consegna di un dossier, senza però finora ottenere risultati. La stessa Italia Nostra ha annunciato iniziative contro l'intervento. Il target dei nuovi pontili Actv realizzati da Pmv, l'azienda che si occupa della logistica del trasporto acqueo e affidati per la progettazione agli architetti Pierpaolo Fugali e Luca Gasparini è sostanzialmente lo stesso, e privilegia le grandi dimensioni per fare fronte alla domanda turistica crescente, oltre che l'uso di materiali come il cemento e l'acciaio. Ma una delle caratteristiche delle strutture ormai evidente, anche per l'enorme copertura che le sormonta come un condor, sostenuto da piloni in lega d'acciaio e zinco è quella di nascondere alla vista il paesaggio circostante, senza porsi, evidentemente, il problema del rapporto con gli edifici monumentali che le circondano sia visti da terra, sia dall'acqua nonostante la Soprintendenza abbia seguito da vicino l'operato dei progettisti. Così, nel caso del maxipontile in costruzione al Lido, dal Gran viale e da Santa Maria Elisabetta non si vede più San Marco. Da quello della Pietà già in funzione non si vede pi San Giorgio. E da quello ai Giardinetti Reali, come detto, sono sparite alla vista, tra le altre, Punta della Dogana e la Basilica della Salute. I nuovi maxipontili sono invece difesi a spada tratta dall'Amministrazione comunale. «L'impatto è nullo ha dichiarato il sindaco Massimo Cacciari, in occasione dell'inaugurazione di quello della Pietà, i lavori di qualità. Ogni polemica è stupida perché quest'opera è sotto gli occhi di tutti. Anche se purtroppo gli occhi che vedono le cose fatte bene sono soltanto il 5-6 per cento del totale». Miopi e presbiti evidentemente per abbondano in città, perché sono molti, sia pure finora silenziosamente, quelli che giudicano negativamente caratteristiche e impatto dei maxipontili sull'immagine della città, senza mettere in discussione la necessità di rinnovarli. Ma il problema di un vero codice dell'arredo urbano tra maxipontili, distributori automatici e megapubblicità che imperversano in città sarà forse uno dei compiti di cui dovrà occuparsi il nuovo sindaco, prima che le trasformazioni selvagge dell'immagine di Venezia, di cui ormai anche molti visitatori si lamentano, abbiano raggiunto il punto di non ritorno.
La moneta cattiva del turismo ha cacciato quella buona dei residenti. La moneta cattiva della commercializzazione ha cacciato quella buona delle attività legate alla cultura e alla storia della città. La moneta cattiva della falsa modernizzazione sta cacciando quella buona della tutela delle qualità accumulate nei secoli meno infelici nelle pietre della città che era la più bella del mondo. E la tendenza all’omologazione (e al trionfo delle metropolitane sub lagunari, delle Tessera City e Veneto City, della svendita e cementificazione delle aree libere al Lido) è bipartisan: sul terreno della mercificazione e omologazione della città e del suo territorio quelli che contano hanno gli stessi pensieri.
Nelll'icona il simbolo inventato dal sindaco (all'epoca Paolo Costa, tra due Massimi Cacciari) per vendere meglio Venezia