La Repubblica Milano, 8 giugno 2015
C’è una sola parola per definire l‘ultima uscita del governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni: miseria. Umana e politica. Minacciare il taglio dei fondi regionali ai sindaci disposti ad accogliere gli immigrati che stanno sbarcando in Italia dopo essere stati salvati dal naufragio è ben più di una “cattiveria”. È abuso ricattatorio della propria carica istituzionale. È appropriazione indebita di una funzione, quella di decidere delle politiche dell’immigrazione, che spetta allo Stato. Ed è una gravissima sottrazione di democrazia nei confronti dei cittadini che con il loro voto hanno eletto i sindaci, quelli favorevoli all’accoglienza e alla solidarietà verso l’immigrazione e anche quelli poco disponibili, che di queste scelte devono essere sempre pienamente responsabili. E su questo venire giudicati dai loro cittadini.
Maroni insegue il suo pupillo e delfino Salvini in una ignobile corsa a chi la spara più grossa. Qualche settimana fa l’escalation si sarebbe spiegata con la campagna elettorale per le Regionali. Ora, è vero, sono imminenti i ballottaggi in qualche decina di Comuni. Tuttavia la sensazione è che questo vociare sguaiato sia entrato stabilmente nel repertorio leghista. Anzi, sia diventato il “sale” anche del leghismo cosiddetto di governo. Non ha alcuna importanza, infatti, se i profughi non hanno per destinazione ultima l’Italia. Non importa se scappano da guerre e persecuzioni. Sono ridiventati, tutti, clandestini. E perciò non solo indesiderabili ma pericolosi per il solo fatto di esistere e pretendere di salvarsi la vita sbarcando in Europa.
Le minacce ritorsive di un presidente di Regione nei confronti dei sindaci hanno un sapore insieme medievale e postmoderno. Si proclama un regime di vassallaggio per una invasione inesistente al fine di accumulare paura: il capitale politico su cui la nuova Lega degli orchi vuole raccogliere consenso. Ma c’è anche il caso che la squallida pagina scritta ieri dal governatore sia molto meno e tutt’altro rispetto a una feroce levata di scudi sull’immigrazione. Com’è noto, infatti, Maroni negli ultimi giorni ha avuto un problema dal quale non riesce a venire fuori. È il cosiddetto “Paturzogate”, ovvero lo strano caso di una consulente assunta da Expo Spa che la Procura ritiene coinvolta in una relazione affettiva con il governatore e che, secondo l’accusa, Maroni voleva assolutamente portare con sé in missione in Giappone, come rappresentante di Expo. Una compagnia che al commissario Giuseppe Sala pareva costosa e fuori luogo.