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Gaetano Azzariti
Abolire il senato? Prima del come vediamo il perché
26 Marzo 2014
Articoli del 2014
«Riforme. Serve un senato di controllo eletto a suffragio universale. Il bicameralismo perfetto si supera rafforzando la funzione del parlamento, non mutilandolo con l’amputazione di una parte. Ecco gli emendamenti possibili». Il
«Riforme. Serve un senato di controllo eletto a suffragio universale. Il bicameralismo perfetto si supera rafforzando la funzione del parlamento, non mutilandolo con l’amputazione di una parte. Ecco gli emendamenti possibili». Il

manifesto, 26 marzo 2014

Nella pro­po­sta di riforma del Senato for­mu­lata dal governo la que­stione di fondo appare essere la moda­lità di com­po­si­zione (da una Camera elet­tiva si pas­se­rebbe a un organo com­po­sto da mem­bri di diritto, eletti di secondo grado e nomi­nati dal Capo dello Stato). Solo in seconda bat­tuta ci si inter­roga sulle fun­zioni del «nuovo» Senato. Dovrebbe essere esat­ta­mente il con­tra­rio. Solo una volta defi­nito il «tipo» di bica­me­ra­li­smo si può sta­bi­lire come devono essere sele­zio­nati i suoi componenti.

Da anni sia in sede scien­ti­fica sia in quella poli­tica si discute di come «dif­fe­ren­ziare» i ruolo di Camera e Senato. Da ultimo, è stata la sfor­tu­nata com­mis­sione dei saggi isti­tuita dal governo Letta a for­nire un qua­dro delle pos­si­bili alter­na­tive. Bastava assu­mersi la respon­sa­bi­lità poli­tica di sce­gliere e pro­porre al Par­la­mento un dise­gno di legge coerente.

Così non è avve­nuto. Forse è la volontà di acce­le­rare i tempi scri­vendo un testo poco medi­tato, pro­ba­bil­mente la volontà di non uti­liz­zare nulla di quel che era stato fatto dal pre­ce­dente governo, magari l’esigenza rite­nuta prio­ri­ta­ria di comu­ni­care un solo mes­sag­gio sem­plice e popo­lare: non si pagano più gli sti­pendi dei sena­tori. Come che sia il risul­tato è la defi­ni­zione di un organo fra­gile e poli­ti­ca­mente inu­tile. La nuova «Assem­blea delle auto­no­mie» (il nome attri­buito all’organo che andrebbe a sosti­tuire il Senato), esclusa dal cir­cuito della fidu­cia al governo, dovrebbe essen­zial­mente limi­tarsi ad espri­mere pareri sulle leggi già appro­vate (rimar­reb­bero bica­me­rali solo le leggi costi­tu­zio­nali). Un parere che può essere facil­mente supe­rato dalla Camera, anche nei casi più deli­cati, essendo richie­sta al mas­simo la mag­gio­ranza asso­luta, vale a dire un quo­rum facil­mente rag­giun­gi­bile (con l’Italicum potrebbe far da sola anche la sin­gola lista che ottiene il premio).

Eppure, in que­sto caso ben più che non sulla legge elet­to­rale, ci sarebbe lo spa­zio per un con­fronto. Si può con­tare, infatti, su un dato di par­tenza ormai pres­so­ché una­ni­me­mente rico­no­sciuto: l’attribuzione solo alla Camera del rap­porto fidu­cia­rio con il governo. Ma pro­prio l’esclusione del Senato dal cir­cuito fidu­cia­rio impone di far valere — raf­for­zan­dole — le altre fun­zioni che una «seconda Camera» può svol­gere. Il Par­la­mento, come è noto, non eser­cita solo la fun­zione legi­sla­tiva (ed anzi, da ormai molto tempo que­sta è in crisi), ma anche fun­zioni di con­trollo, di garan­zia, d’inchiesta, di rac­cordo con le istanze sovra­na­zio­nali e con quelle locali. A fronte dell’importanza di tali fun­zioni si regi­stra un pro­gres­sivo dete­rio­ra­mento della capa­cità di un loro effet­tivo eser­ci­zio. Poche leggi d’iniziativa par­la­men­tare e pre­va­len­te­mente di micro­le­gi­sla­zione (lasciando al governo la legi­sla­zione di prin­ci­pio e quella poli­ti­ca­mente più rile­vante), scarsa capa­cità di con­trollo sull’attività del ese­cu­tivo, inde­ter­mi­na­tezza dell’attività di garan­zia, per­dita di senso e di forza delle inchie­ste par­la­men­tari, mar­gi­na­lità dell’organo della rap­pre­sen­tanza poli­tica nei rap­porti con le istanze e gli organi sovra­na­zio­nali, euro­pei in par­ti­co­lare, scarsa con­si­stenza dei rap­porti isti­tu­zio­nali tra Par­la­mento ed auto­no­mie locali.

Quale migliore occa­sione di una riforma del bica­me­ra­li­smo per­fetto per porre la que­stione del raf­for­za­mento del sistema parlamentare.

Non dico che sarebbe facile indi­vi­duare un equi­li­brio cor­retto tra Camera e Senato nell’ipotesi in cui si volesse seria­mente dif­fe­ren­ziare il bica­me­ra­li­smo, e il pre­sup­po­sto con­di­viso (la sot­tra­zione al Senato del rap­porto fidu­cia­rio) non esenta dalla neces­sità di un attento lavoro di sin­tesi e scelta, pro­ba­bil­mente foriera di divi­sioni e con­flitti tra le forze poli­ti­che, non­ché tra le opi­nioni della cul­tura costi­tu­zio­na­li­stica. Nes­suno può pen­sare che met­tere le mani su una Costi­tu­zione sia un’operazione indo­lore e soprat­tutto priva di rischi. Ma almeno dovrebbe essere chiara la dire­zione di mar­cia e l’obiettivo comune. Sono molti anni che si denun­cia la debo­lezza pro­gres­siva del Par­la­mento e la ricerca di una sua cen­tra­lità è la vera scom­messa costi­tu­zio­nale da rac­co­gliere.

Così una scelta tra le diverse fun­zioni prima elen­cate dovrebbe essere neces­sa­ria­mente com­piuta, ride­fi­nendo le com­pe­tenze tra le due Camere. Non solo. È pro­prio a seguito — e in con­se­guenza — di que­ste deci­sioni di sistema che potranno anche coe­ren­te­mente defi­nirsi i cri­teri di com­po­si­zione della «seconda Camera». Ad esem­pio, riser­vare la tito­la­rità del rap­porto di fidu­cia con il governo ai soli depu­tati non com­porta ine­vi­ta­bil­mente l’esclusione dell’altro ramo anche dalla fun­zione legi­sla­tiva, tut­ta­via dovrebbe essere chiaro che nel caso per­ma­nesse la con­cor­renza nella pote­stà legi­sla­tiva si dovrebbe dif­fe­ren­ziare la fonte di legit­ti­ma­zione del Senato. Non avrebbe altri­menti senso favo­rire la for­ma­zione del governo, sem­pli­fi­cando l’ottenimento della fidu­cia adot­tando sistemi elet­to­rali pre­miali, e poi con­fer­mare le logi­che duali del bica­me­ra­li­smo nel momento dello svol­gi­mento dell’attività legislativa.

Se dun­que si vuole man­te­nere un’ampia com­pe­tenza legi­sla­tiva per il Senato (le leggi costi­tu­zio­nali fareb­bero comun­que caso a se) può essere con­di­visa l’idea di un’elezione di secondo grado espressa diret­ta­mente dagli enti ter­ri­to­riali. Si trat­te­rebbe, in caso, di valu­tare i mec­ca­ni­smi in con­creto, per­so­nal­mente sono molto dub­bioso circa la pos­si­bi­lità di una com­po­si­zione mista fatta da pre­si­denti di Regione, alcuni con­si­glieri regio­nali e rap­pre­sen­tanza di sin­daci. Non mi pro­nun­cio poi sulla incom­pren­si­bile indi­ca­zione con­te­nuta nel dise­gno di legge del governo di far nomi­nare un nutrito gruppo di sena­tori (ben 21) dal Capo dello Stato per un lasso di tempo di sette anni: una pro­po­sta che non vedo come possa con­ci­liarsi con alcuno dei pos­si­bili modelli di bica­me­ra­li­smo. A meno di non voler richia­mare — peral­tro impro­pria­mente — lo Sta­tuto alber­tino. Così anche la scelta di raf­for­zare la fun­zione di par­te­ci­pa­zione e rac­cordo degli enti ter­ri­to­riali all’attività non legi­sla­tiva dello Stato cen­trale può far rite­nere ido­nea la solu­zione della rap­pre­sen­tanza indiretta.

Se, invece, com’è nella pro­po­sta del governo, il Senato (ovvero l’«Assemblea delle auto­no­mie») si dovesse limi­tare ad espri­mere pareri sull’attività legi­sla­tiva mono­po­liz­zata dalla Camera, l’elezione indi­retta non avrebbe grande signi­fi­cato. Se non quello di ucci­dere la seconda Camera per sosti­tuirla con una «Con­fe­renza Stato, Regioni auto­no­mie locali», dai poteri mera­mente con­sul­tivi. Una tale “Con­fe­renza” non avrebbe però nes­sun biso­gno di essere col­lo­cata in Costi­tu­zione, tant’è che già opera, con com­pe­tenze diverse, nel nostro ordi­na­mento. Più coe­rente sarebbe allora indi­care la via mae­stra — che ha una sua nobile tra­di­zione di pen­siero — del mono­ca­me­ra­li­smo integrale.

Diverso ancora sarebbe se si optasse per una distin­zione più radi­cale, la solu­zione pre­fe­ri­bile. Lasciando alla Camera sia il rap­porto fidu­cia­rio sia gran parte dell’attività legi­sla­tiva (fatte salve, oltre alle leggi costi­tu­zio­nali, le leggi in mate­ria di libertà e diritti fon­da­men­tali delle per­sone), accen­trando sul Senato le fun­zioni di con­trollo, di garan­zia, d’inchiesta, di rac­cordo con le istanze sovra­na­zio­nali. In tal caso però, il cri­te­rio di com­po­si­zione dovrebbe essere quello più con­ge­niale alla rap­pre­sen­tanza di tutte le forze poli­ti­che e i gruppi sociali. Un sistema che favo­ri­sca le mino­ranze, che svolga un pre­zioso ruolo di inte­gra­zione e di riav­vi­ci­na­mento dei sog­getti sociali alle isti­tu­zioni rap­pre­sen­ta­tive. L’elezione a suf­fra­gio uni­ver­sale con sistema pro­por­zio­nale sarebbe il modo di com­po­si­zione più ade­guato. Magari ridu­cendo il numero di sena­tori. Un Senato che, anche gra­zie alla sua piena e diretta legit­ti­ma­zione demo­cra­tica, sia in grado di bilan­ciare la gover­na­bi­lità assi­cu­rata alla Camera.

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