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Mariano Maugeri
A Venezia Klimt e Chagall all'asta per pagare i debiti
10 Ottobre 2015
Beni culturali
«A Venezia piovono debiti così torrenziali che il neosindaco, con un annuncio choc, ha deciso di mettere all'asta le opere d'arte esposte nei suoi musei più prestigiosi». La situazione è grave, ma non si ha il coraggio di affrontarla in modo nuovo.

Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2015 (m.p.r.)

«Sta venendo giù Venezia». Il sindaco Luigi Brugnaro si aspetta eventi alluvionali. No, il meteo non c'entra. A Venezia piovono debiti così torrenziali che il neosindaco, con un annuncio choc, ha deciso di mettere all'asta le opere d'arte esposte nei suoi musei più prestigiosi, tra le quali un quadro di Klimt, il celeberrimo Judith II Salomè, e un'altra opera di Chagall. Brugnaro ne parlava con accenti gravi già durante la campagna elettorale: sforato ripetutamente il patto di stabilità (64 milioni nel 2015), la legge speciale a secco da almeno una decina d'anni e il «dramma incombente di non poter più finanziare neppure gli asili» aggiunge adesso con voce afflitta.

Se la metafora climatica ha un senso, si può proseguire con il Casinò municipale di Ca' Vendramin, che dieci anni fa sommergeva il Comune di liquidità (oltre 100 milioni di euro) e ora, a malapena, alimenta un rigagnolo di una decina di milioni. Il mondo è cambiato anche per la città più amata dai turisti del globo terracqueo. Completata la cessione dei palazzi nobiliari, i cosiddetti gioielli di famiglia della gestione Orsoni (l'ex Pilsen, Ca' Corner della Regina a Prada e il cambio di destinazione d'uso del Fontego dei tedeschi finito ai Benetton), il neosindaco ha deciso di affrontare il rosso strutturale dei conti con misure eccezionali.

Tanto che il dossier con le singole opere d'arte in vendita (per un valore di base d'asta di 400 milioni, con il Klimt che da solo ne vale 70) è sulla scrivania del sindaco dall'indomani del suo insediamento a Ca' Farsetti. «Si tratta di opere che non hanno nulla a che vedere con la storia artistica e culturale di Venezia» precisano i collaboratori del sindaco. Come dire: i Canaletto e i Giovanni Bellini non si toccano. Un atto di contrizione ma pure una prova di realismo. L'imprenditore Brugnaro su questi temi è secco: «Inutile fingere che il debito pubblico italiano non esista. Se lo tagliassimo, la ripresa potrebbe essere ben più robusta e sgraveremmo di una zavorra micidiale il futuro dei nostri figli. Ecco, Venezia è pronta a inaugurare una prassi che potrebbe essere seguita anche da altre città».

Nel dossier che lunedì scorso il sindaco ha consegnato ai parlamentari veneziani ci sono altre misure sempre ventilate ma mai attuate. Una tra tutte: il biglietto d'ingresso per i turisti che si accingono a varcare l'area marciana o la zona di Rialto, un provvedimento che avrebbe bisogno di una legge nazionale ad hoc. Spiega Brugnaro: «Io non voglio cavarmela tassando i turisti, non fa parte della mia cultura. Ma una città irripetibile come la nostra non può fronteggiare da sola problemi di tale portata». Di questo e di altro il sindaco parlerà nei prossimi giorni con il sottosegretario del premier Claudio De Vincenti.

Alcune richieste, almeno le più urgenti, Brugnaro vorrebbe fossero inserite nella legge di stabilità. Mancano all'appello 40 milioni per la manutenzione dei palazzi e la pulizia dei rii. L'assessore al Bilancio, Michele Zuin, fa la radiografia del cash: «Per la conservazione di un immenso patrimonio immobiliare abbiamo in cassa solo 200mila euro». Alla vendita di opere d'arte e ticket d'ingresso per i turisti si sommano la richiesta di una zona franca e la cancellazione dello status di sito d'interesse nazionale per l'area industriale di Marghera, una mossa che semplificherebbe l'attrazione di nuovi investimenti e la creazione di nuovi posti di lavoro.
A sparare bordate sulla situazione finanziaria è anche l'assessore ai Lavori pubblici, Renato Boraso: «Da aprile abbiamo smesso di pagare i fornitori. Nella capitale del mitico Nordest fare impresa è diventata un'impresa». La sua è la sintesi efficace di un pacchetto di proposte che sotto sotto rivendica una sorta di statuto speciale a misura di città-stato. Brugnaro è secco: «Da soli non ce la facciamo, questo è chiaro. Ripetere tutto va bene madama la marchesa credo sia privo di senso. Di una cosa sono certo: se ce la fa Venezia, ce la farà anche l'Italia».
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