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Anna Maria Merlo
A Bruxelles piccoli passi contro il «nein» tedesco alla Grecia
12 Febbraio 2015
Articoli del 2015
«Atene e la zona euro alla ricerca di un compromesso: ci si avvia verso un'estensione "tecnica" del piano di aiuti fino al 1° settembre, per lasciar tempo alla preparazione di un "nuovo contratto" con Atene. Il piano Varoufakis, costruito con l'Ocse (ma che non vuole sostituirsi alla trojka). La Grecia guarda anche altrove, alla Russia e alla Cina».

Il manifesto, 12 febbraio 2015 (m.p.r.)

Più che di inge­gne­ria finan­zia­ria, l’Eurogruppo straor­di­na­rio di ieri sera era alla ricerca di un’ingegneria lin­gui­stica, per evi­tare a tutti i con­ten­denti di per­dere la fac­cia e far trion­fare la ragione dopo quin­dici giorni di scon­tri ver­bali sem­pre più vio­lenti. Nei fatti, si va verso un’accettazione da parte di Atene di un’«estensione tec­nica» del piano attuale di «aiuti» fino a fine ago­sto, per pre­pa­rare un «accordo olim­pico» di 4 anni.

Ieri, è entrata in vigore la deci­sione della Bce, annun­ciata il 4 feb­braio scorso, di chiu­dere uno dei rubi­netti della liqui­dità per le ban­che gre­che (Fran­co­forte non accetta più in «garan­zia» le obbli­ga­zioni gre­che) e tra due set­ti­mane, cioè quando scade il secondo piano di aiuti alle Gre­cia (130 miliardi), Atene sarà di fronte allo spet­tro del Gre­xit e del default, in man­canza di un accordo: dovrebbe rim­bor­sare 3 miliardi di euro all’Fmi a marzo e 7 miliardi alla Bce quest’estate. La Bce ha in mano l’arma ato­mica, per­ché, in caso di non accordo, potrebbe anche bloc­care l’Ela alla Gre­cia, cioè la liqui­dità di emergenza.

L’obiettivo degli incon­tri di que­sti giorni - dopo l’Eurogruppo dei 19 dell’euro ieri, oggi c’è il Con­si­glio dei capi di stato e di governo Ue e lunedì 16 un altro Euro­gruppo – è arri­vare a un accordo-quadro che dia il tempo di tro­vare una via d’uscita per evi­tare che la Gre­cia vada con­tro un muro e che per l’euro si apra un periodo di peri­co­losa incertezza.

I con­ten­denti sono arri­vati a Bru­xel­les con posi­zioni decise: Ale­xis Tsi­pras, nel discorso della fidu­cia ad Atene mar­tedì, ha affer­mato che la Gre­cia «non chie­derà un pro­lun­ga­mento del piano di aiuti». La Ger­ma­nia, capo­fila degli orto­dossi, ha ribat­tuto che «non ci sarà un nuovo pro­gramma» e, ha pre­ci­sato il mini­stro delle finanze Wol­fgang Schäu­ble, se la Gre­cia non accetta il ver­sa­mento dell’ultima tran­che (7,2 miliardi) nel qua­dro del pro­gramma di «aiuti» in corso, «è finita». Per la Ger­ma­nia, Atene deve comun­que pas­sare per la troika, che Tsi­pras non vuol più vedere all’orizzonte.

Pierre Mosci­vici, com­mis­sa­rio agli Affari eco­no­mici e mone­tari, non esclude una solu­zione ponte: «La Gre­cia deve esten­dere il pro­gramma per avere il tempo di tro­vare una solu­zione di ampio respiro». Per Schäu­ble il 16 è la dead­line visto che il 28 scade il pro­gramma di aiuti e, se ci sarà un nuovo accordo, alcuni par­la­menti lo dovranno votare (Ger­ma­nia, Fin­lan­dia). Il pre­si­dente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijs­sel­bloem, ha riba­dito che «even­tuali modi­fi­che devono essere in linea con gli accordi esi­stenti con i cre­di­tori inter­na­zio­nali di Atene».

Il piano pre­sen­tato ieri dal mini­stro dell’economia Yanis Varou­fa­kis è stato con­ce­pito con l’aiuto dell’Ocse. Il segre­ta­rio gene­rale, Angel Gur­ria ieri era ad Atene, e Tsi­pras potrebbe venire a Parigi ben pre­sto. Ma Gur­ria ha un po’ gelato le spe­ranze gre­che, pre­ci­sando che non sarà l’Ocse «a veri­fi­care i conti», cioè che l’organizzazione non si sosti­tuirà alla troika per «il monitoraggio».

Il piano in quat­tro punti di VArou­fa­kis è un pro­getto di inge­gne­ria finan­zia­ria per alleg­ge­rire il peso del debito «inso­ste­ni­bile» (175% del Pil), la Gre­cia accet­te­rebbe di appli­care il 70% delle riforme impo­ste dalla troika, men­tre il 30% restante, quelle defi­nite «tos­si­che» da Varou­fa­kis, saranno sosti­tuite da un impe­gno con­ce­pito assieme all’Ocse, una decina di misure che com­pren­dono la lotta all’evasione fiscale, alla cor­ru­zione e al clien­te­li­smo, che minano l’economia greca. La Gre­cia chiede poi una revi­sione al ribasso del dik­tat sull’avanzo pri­ma­rio dal 3% all’1,49%, per poter avere la pos­si­bi­lità di rispet­tare gli impe­gni elet­to­rali presi con la popo­la­zione, ed affron­tare la «crisi uma­ni­ta­ria» con inter­venti con­tro la povertà. Per poter met­tere in atto un «nuovo con­tratto» che deve ancora venire pre­ci­sato e che per­metta di uscire dall’austerità, Atene ha biso­gno infine di un programma-ponte per evi­tare il default, che copra sei mesi, fino al 1° set­tem­bre. «Un errore», avverte Schäu­ble. La Gre­cia vor­rebbe rinun­ciare ai 7,2 miliardi dell’ultima tran­che per sfug­gire alle grin­fie della troika ma chiede di recu­pe­rare subito 1,9 miliardi dalla Bce a titolo di inte­ressi matu­rati sulle obbli­ga­zioni gre­che. Inol­tre, chiede anche che la Bce aumenti di 8 miliardi la capa­cità del paese ad emet­tere buoni del Tesoro, oltre­ché l’accesso a 11 miliardi del Fondo elle­nico di sta­bi­lità finanziaria.

Ad avve­le­nare il clima ha con­tri­buito la richie­sta greca alla Ger­ma­nia di pagare «inden­nizzi di guerra», che la Corte dei conti greca valuta a 162 miliardi di euro. Subito è arri­vato il nein tede­sco (dopo l’accordo del ’53, nel ’60 c’è stato il ver­sa­mento di 115 milioni di mar­chi alla Gre­cia e nel ’90 il trat­tato 2+4, appro­vato dalla Gre­cia, avrebbe chiuso il caso).

Tsi­pras gioca anche la carta russa (oggi è a Mosca il mini­stro degli esteri, Nikos Kotzias e Ser­gei Lavrov ha pro­messo «aiuti finan­ziari se tale richie­sta arri­verà», usando i pro­blemi Atene nel con­fronto sull’Ucraina) e cinese (il pre­mier Li Keqiang ha invi­tato Tsi­pras a Pechino).

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