I VAPORETTI che la sera portano via i turisti sono stracolmi. Ma poche luci sono accese nelle case. E piano piano si spegneranno tutte. Il conto alla rovescia, nella città che fu dei Dogi, è cominciato, e nel 2030 qualcuno taglierà il nastro della città fantasma. Tra 24 anni, se l’esodo che continua inarrestabile da 40 anni andrà avanti a questi ritmi, Venezia non avrà più neanche un abitante. Solo frotte di turisti. Sono 18 milioni l’anno già oggi, 50mila in media al giorno.
E tra vent’anni rischiano di essere il doppio. Residenti zero, turisti centomila. E allora il destino, sempre temuto, di diventare la Disneyland d’Italia, sarà compiuto. Si apriranno i cancelli la mattina e si chiuderanno la sera, e non sarà più uno scandalo, anzi sarà normale, far pagare il biglietto per entrare. Ma Venezia all’anno zero, senza più la sua gente, la cantilena del suo dialetto, non sarà più una città. Solo la quinta di un antico teatrino di marmi e di merletti abbandonato sull’acqua per il passatempo di legioni di turisti di tutto il mondo.
Il disastro annunciato è raccontato dalla fredda voce delle cifre dei tabulati dell’anagrafe comunale. Dal 1966 a oggi, dall’anno dell’alluvione di cui il 4 novembre ricorre il quarantennale, il centro storico di Venezia ha perso la metà dei suoi abitanti: erano 121mila nel ‘66, sono 62mila oggi, e 3mila di questi sono stranieri. Il calo, negli ultimi quarant’anni, è stato sempre costante - come è stato costante l’innalzamento del livello del mare: salito di 5 centimetri negli ultimi 5 anni - e non si è mai arrestato: 102mila abitanti nel ‘76, 84mila nell’86, 69mila nel ‘96. Se ne sono andati mediamente mille abitanti l’anno, con punte di mille e cinquecento, e un picco di quasi duemila raggiunto adesso: nel solo 2005 hanno lasciato la città lagunare 1.918 abitanti. Un nuovo, inquietante, campanello d’allarme. «Stiamo andando oltre il livello di guardia - dice l’assessore comunale alla casa Mara Rumiz - superato questo, Venezia non sarà più una città normale, ma si trasformerà in una mera meta turistica, e perderà il suo fascino anche per i turisti stessi».
Gli esperti di movimenti demografici prevedono che l’esodo da Venezia continuerà e le cifre aumenteranno: nei prossimi anni lo spopolamento potrebbe stabilizzarsi su una cifra leggermente superiore a quella attuale, intorno a una perdita media di 2.000-2.500 abitanti l’anno. Se sarà così, e non vi sono motivi per pensare che vada diversamente perché non si intravedono ancora segnali precisi di un’inversione di tendenza, nel 2030 lo spopolamento sarà completato, e Venezia rimarrà deserta. O meglio, vuota di abitanti ma piena di turisti. Non confortano neanche le cifre dell’intera popolazione del Comune, anch’essa in calo in tutto il territorio. Non è solo Venezia che perde abitanti, calano anche quelli delle isole dell’estuario (dai 51mila del 1966 ai 31mila di oggi) e quelli di Mestre e della terraferma: da 193mila a 176mila. In quarant’anni l’intero Comune ha perso 100mila abitanti, scendendo da 365mila a 269mila. «Pochi per la città capoluogo del Veneto e che vuol essere un punto di riferimento nazionale e internazionale per la qualità di servizi e l’offerta culturale», dice l’assessore.
Perché se l’esodo della popolazione è il male più grave di Venezia, l’emergenza più acuta, più ancora dell’invasione turistica, dell’acqua alta e del pericolo di nuove alluvioni, la prima causa che lo ha determinato è proprio il problema della casa. Non solo perché dopo l’alluvione vennero abbandonati 16mila pianiterra divenuti inabitabili, ma perché i costi delle abitazioni sono diventati insostenibili per i residenti. Oggi una casa a Venezia, in un mercato dominato da cittadini stranieri con maggiori possibilità economiche, viene venduta dai 6 agli 8mila euro al metro quadro, mentre per un appartamento di 80 metri quadri in affitto nelle zone del centro vengono chiesti in media 2mila euro al mese. Inoltre gli sfratti sono molti, e tante case diventano locande e bed & breakfast. Negli ultimi anni, secondo l’Osservatorio Casa del Comune, ce n’è stata un’autentica invasione: ben 706 appartamenti del centro storico sono stati trasformati in alloggi per turisti. Al Comune, che è proprietario di 4.839 alloggi pubblici, sono giunte quest’anno 2.835 nuove domande di cittadini veneziani che chiedono di diventare inquilini di una casa pubblica.
Ma ad accrescere le difficoltà di chi decide di rimanere a vivere a Venezia, si aggiungono la velocità del degrado delle abitazioni, gli alti costi di manutenzione di case spesso vecchie, malandate, aggredite dall’umidità, e i disagi provocati ai residenti dall’onda del turismo: dalle difficoltà per salire su un vaporetto stracarico a quelle di trovare un ristorante "normale" a prezzi normali. Se l’esodo ha spopolato e invecchiato la città (un quarto della popolazione ha più di 64 anni), l’eccesso di turismo ne ha cambiato i connotati. Basta vedere che chiudono i negozi che segnano la vita di tutti i giorni: panettieri, macellai, fruttivendoli, droghieri, calzolai, fabbri, falegnami, sarti, merciaie. Perfino le vecchie osterie. Al loro posto aprono boutiques grandi firme, multinazionali del fast food, botteghe di paccottiglie, bancarelle di maschere di Taiwan, merletti di Burano della Cina, vetri di Murano della Romania. E la città, sempre più stravolta e invivibile, è dominata da clan rapaci di osti e affittacamere, intromettitori e battitori abusivi, gang di motoscafisti, corporazioni di gondolieri avidi e bancarellari furbi. Grida, divieti, proteste, denunce, non bastano. Ogni sera c’è una luce che si spegne e una finestra che si chiude.