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Accordo epocale
30 Giugno 2011
Articoli del 2011
Un commento amaro sulla sottoscrizione plenaria dell’accordo che colpisce punti di principio essenziali: contratto nazionale, democrazia in fabbrica, diritto di sciopero. Il manifesto, 30 giugno 2011

Adesso non potrà più dire che mentre in America lo osannano qui in Italia gli tirano i gatti morti sul finestrino. Adesso anche da noi qualcuno lo ama. Sergio Marchionne, filosofo del Dopo Cristo, ha vinto su tutta la linea. Dopo aver cooptato Cisl e Uil alla sua corte, dopo aver dettato le regole alla Confindustria con un ricatto - o cambiate tutto come dico io o vi saluto - analogo a quello a cui sono stati sottoposti gli operai di Pomigliano - o rinunciate a diritti e dignità o chiudo e vi mando tutti a spasso - l'amministratore delegato della Chrysler-Fiat ha sbancato anche in Corso d'Italia. Incassa la resa della Cgil guidata da Susanna Camusso.

Adesso i contratti nazionali sono derogabili dunque non esistono più, siglando così la fine del basilare principio di solidarietà che ha regolato il lavoro nel secondo dopoguerra del Novecento. Adesso gli operai non possono più votare gli accordi e i contratti, firmati per loro conto da apparati sindacali sempre più organici al blocco di regime e dunque sempre meno sindacati. Adesso gli operai non possono scioperare, essendo stata sancita una «tregua». Come se il crollo di vendite di automobili Fiat in Italia e in Europa dipendesse da chi lavora alla catena di montaggio di Mirafiori o di Pomigliano, come se le tute blu avessero le braccia conserte per dimostrare la loro novecentesca aggressività e non perché non hanno nulla da costruire.

Tutto questo è avvenuto a Roma, nella dependance della Confindustria su cui erano puntati gli occhi dei lavoratori e di tutti quei cittadini e quelle cittadine che, insieme alla Fiom, avevano alzato il vento democratico del cambiamento. Adesso la strada si fa difficile e bisognerà riprendere a pedalare in salita tra le secchiate non di acqua rinfrescante ma di fango. Si è chiusa un'epoca, gridano gioiosi padroni e sindacati, plaudono i ministri, va fuori dalle righe persino il normalmente sobrio Sole 24 Ore, organo dei confindustriali che spara «Una firma per un'epoca nuova». Il Pd è contento, ma pensa un po'.

Siamo alla fine della storia? Lasciamo in pace Fukuyama, la storia non procede mai in modo rettilineo. Tra le parole di un accordo scritto nel fango e la realtà c'è di mezzo una variabile: le persone in carne e ossa, i lavoratori e tutti quelli che pensano al lavoro come a un bene comune e che non sono soli, hanno dalla loro la Fiom che «resiste ora e sempre all'invasore» come il villaggio gallico di Asterix e Obelix. Resiste e scompagina le carte ricordando a potenti e poveracci che ci sono diritti intangibili validi per tutti (sennò si trasformano in privilegi) che la dignità delle persone viene prima dei profitti. Bisognerà tenere i nervi a posto, tutti quelli che non intendono adeguarsi al modello sociale imposto da Marchionne dovranno tenere i nervi a posto. Perché la storia continua. La generosa battaglia della Fiom è una battaglia per la democrazia, perciò è una battaglia generale. Ma la Fiom, e gli operai, da soli non ce la possono fare. Non dobbiamo lasciarli soli.

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