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Il programma del governo Prodi contiene molte buone formulazioni. Una riguarda il futuro delle città e del territorio. Afferma infatti il programma: “In particolare proponiamo di varare una nuova legge quadro per il governo del territorio che operi secondo i seguenti criteri: evitare il consumo di nuovo territorio senza aver prima verificato tutte le possibilità di recupero, di riutilizzazione e di sostituzione”. Questa proposta arrivava quando era ormai scampato il pericolo dell’approvazione della famigerata legge Lupi, la riforma neoliberista che assegnava il destino delle città alla rendita speculativa. Per dare concreta attuazione a quella posizione di principio, il gruppo di urbanisti e di intellettuali che gravita intorno al sito Eddyburg ha pensato di elaborare una legge e chiamare a discuterne i partiti del centrosinistra.

Il principio cardine della proposta è semplice: “Il territorio e le sue risorse sono patrimonio comune. Le autorità pubbliche ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze”. Il territorio è dunque un bene comune e spetta allo Stato promuovere politiche di indirizzo per il suo uso. Si afferma ancora che: “Nuovi impegni di suolo ai fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative al riuso e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti”. Perseguire l’obiettivo del risparmio di suolo è un modo per rendere l’Italia uguale a tutti gli altri paesi d’Europa che attuano da anni politiche di contenimento della diffusione urbana. Quei paesi stanno costruendo la prospettiva è quella della riutilizzazione dell’enorme patrimonio già realizzato, la sua riorganizzazione, l’evoluzione della dotazione tecnologica in coerenza con la necessità di risparmio energetico. Le città e il territorio dell’Europa stanno diventando il campo su cui si misurano le capacità dei singoli paesi di saper costruire un futuro sostenibile.

La salvezza delle città è dunque legata al recupero del concetto di governo pubblico del territorio. La proposta di legge riafferma così due fondamentali principi dell’urbanistica classica. La titolarità della pianificazione compete esclusivamente alle istituzioni pubbliche e si esercita attraverso atti di pianificazione. La proposta, poi, arricchisce i principi cui deve essere soggetta la pianificazione. In primo luogo, il “diritto alla città e all’abitare”. Si propone non soltanto di confermare la storica conquista degli standard urbanistici, cioè di una dotazione minima di spazi pubblici garantita a ogni cittadino. E’ maturo il tempo per affermare i diritti al godimento di un’abitazione; alla mobilità e all’accessibilità; all’uso delle risorse territoriali. Affermano l’Ance e Nomisma che la rivalutazione media italiana degli immobili ha superato il 70% nel periodo 1998-2005. Se si tiene anche conto che il settore delle abitazioni sociali è stato azzerato, si comprendono le radici della nuova questione abitativa. Sul tema della mobilità urbana, poi, si misurerà la capacità a misurarsi con la sfida tecnologica. L’aria delle città è avvelenata e occorre ripensare in modo sistematico le modalità di spostamento collettive, così da riportare ai valori minimi i livelli di inquinamento atmosferico e acustico.

Il secondo principio “nuovo” riguarda infine la partecipazione sociale alle scelte del governo del territorio. E’ un tema più generale, poiché riguarda i problemi stessi dell’esercizio della democrazia. E le scelte di sviluppo del territorio e delle città, per il loro carattere “statutario”, rappresentano uno dei campi fondamentali in cui deve essere perseguita la più ampia partecipazione sociale.

La proposta di legge è stata presentata ad un nutrito gruppo di parlamentari e di associazioni il 28 giugno scorso: i lettori lo troveranno su www.eggyburg.it. Da quella data è aperto il dibattito e il giudizio critico. Si potrà migliorare e integrare in una logica di confronto tra le culture che caratterizzano lo schieramento progressista. L’importante è giungere ad una proposta di legge al passo con i fenomeni che caratterizzano la vita delle città.

Il testo della legge proposta da un gruppo di amici di Eddyburg.it nel maggio 2006 è stata presentata al Senato l’8 novembre 2006, con il titolo ”Principi fondamentali in materia di pianificazione del territorio” (S 1144) da un gruppo di senatori di Rifondazione comunista-Sinistra europea (Tommaso Sodano, Salvatore Bonadonna, Giovanni Russo Spena, Daniela Alfonzi, Maria Celeste Nardini, Tiziana Valpiana, Milziade Caprili), dell’Ulivo (Cesare Salvi, Paolo Brutti, Giovanni Bellini), del Gruppo Insieme con l'Unione Verdi - Comunisti Italiani (Dino Tibaldi). Alla Camera dei deputati la proposta è stata presentata il 19 dicembre 2006 con il titolo “"Riforma della legislazione urbanistica" (C 2086), dal deputato Gennaro Migliore e altri (Rifondazione comunista – Sinistra europea).

Il testo e altri documenti nella cartella Una proposta di Eddyburg; in particolare qui il testo della legge e qui la relazione, come presentate dagli amici di eddyburg.

Giusto un anno fa, la Camera dei deputati approvò un disegno di legge in materia di governo del territorio che aveva preso il nome da Maurizio Lupi, deputato di Forza Italia, negli anni passati assessore del comune di Milano e ispiratore dell’urbanistica contrattata di rito ambrosiano. Il disegno di legge Lupi, è un esempio significativo del “riformismo eversivo” perseguito dalla maggioranza di centro destra. Esso prevedeva infatti la cancellazione del principio stesso del governo pubblico del territorio. Gli atti cosiddetti “autoritativi”, vale a dire quelli propri del potere pubblico, si proponeva di sostituirli con “atti negoziali”. L’interesse collettivo era uno solo degli attori, alla pari con gli altri interessi in gioco, che in primo luogo sono evidentemente quelli immobiliari. Altri inaccettabili contenuti della proposta erano l’insensata incentivazione del consumo del suolo, la cancellazione degli standard urbanistici e i limiti posti alla tutela nell’ambito della pianificazione a scala locale.

Il disegno di legge Lupi fu approvato dalla Camera con il consenso di alcuni esponenti del centro sinistra, con l’accordo dell’Istituto nazionale di urbanistica e nel silenzio della stampa, salvo il manifesto, Liberazione, l’Unità. Per fortuna, c’è eddyburg, il sito di Edoardo Salzano, ormai un riferimento irrinunciabile per chi si occupa di urbanistica e di pianificazione del territorio. Il sito raccoglie contributi e consensi ogni giorno più importanti, soprattutto da parte di studiosi e di operatori che fanno riferimento alla cultura urbanistica di sinistra, cultura trascurata da quelle associazioni e istituzioni, un tempo attente ad essa, ma che negli ultimi anni sono finite nell’orbita del berlusconismo.

Contro la legge Lupi, eddyburg è stato implacabile: un appello diffuso nel gennaio 2005 fu sottoscritto da circa 400 lettori e nel mese di novembre il sito ha patrocinato la pubblicazione di La controriforma urbanistica, un pamphlet curato da Cristina Gibelli, dove sono ospitati molti materiali del sito, e altri inediti, contro il disegno di legge. Nelle settimane che hanno preceduto la conclusione della XIV legislatura, La controriformaurbanistica è stato presentato a Milano, Firenze, Roma, Venezia, Napoli, Pisa, Livorno e altri luoghi, con notevole partecipazione di pubblico. È stato presentato anche in audizione nell’apposita commissione Lavori pubblici del Senato e ha sicuramente contribuito a evitare la definitiva approvazione di quel micidiale disegno di legge. Nel corso degli incontri ci siamo impegnati, ove la legge Lupi non fosse stata approvata, a proporre un testo alternativo, che partisse dalla riaffermazione della titolarità pubblica della pianificazione. Non è stata una promessa di marinaio. Un gruppo a mano a mano più vasto di urbanisti e di giuristi raccolto intorno a eddyburg ha messo a punto il testo che si trova sul sito e che nei prossimi giorni sarà illustrato a Roma in un incontro al quale partecipano anche i partiti dell’unione. Nel sito si trova anche una dotta e approfondita relazione al testo di legge, e si dà conto delle risposte date a chi ha chiesto chiarimenti o esposto dubbi.

Qui mi limito a ricordare solo i contenuti essenziali della proposta, che è titolata: “Principi fondamentali in materia di pianificazione del territorio”. Il testo riguarda infatti solo la pianificazione e non tutto il “governo del territorio”, termine che comprende un complesso di materie (dalla protezione civile alla difesa del suolo, dagli aeroporti alle reti di navigazione, dalla produzione dell’energia alla opere pubbliche) che devono essere oggetto di una pluralità di provvedimenti legislativi di competenza statale e regionale. Il primo principio è che “il territorio e le sue risorse sono patrimonio comune. La autorità pubbliche ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze”. Segue la dichiarazione della titolarità esclusivamente pubblica della pianificazione. Si confermano poi una serie di principi già presenti nella legislazione statale e regionale: la pianificazione come metodo generale per il governo del territorio; l’onerosità per l’operatore immobiliare delle opere necessarie alla trasformazione urbanistica; la non indennizzabilità dei vincoli di tutela; il diritto agli standard urbanistici (integrati dal “diritto alla città e all’abitare”).

Una novità sono invece le norme che recepiscono la normativa europea in materia di valutazione ambientale strategica, il che fornisce l’occasione per rafforzare i diritti dei cittadini alla partecipazione alle scelte. Altrettanto nuove le prescrizioni che impongono un rigoroso contenimento del consumo del suolo. In questo campo l’Italia è stata finora completamente assente, mentre in tutti i più importanti paesi europei nell’ultimo decennio sono state avviate politiche concretamente mirate a impedire la dissipazione del territorio. È stata poi ripresa una proposta (per la prima volta formulata in un disegno di legge d’iniziativa di Walter Veltroni quando era ministro dei Beni culturali) per il vincolo di tutela ope legis sui centri storici e su tutte le strutture insediative storiche (anche non urbane). La vexata questio circa la decadenza dei vincoli a contenuto espropriativo è risolta imponendo ai comuni l’obbligo ad acquisire entro un termine perentorio i beni che i piani assoggettano ad esproprio.

In totale sono solo 19 articoli. Speriamo che il legislatore al quale affidiamo la nostra proposta ne faccia buon uso.

Presiede e conclude: Edoardo Salzano

Introduce: Paolo Berdini

intervengono: i senatori Salvatore Bonadonna, Anna Donati, Loredana De Petris, Francesco Ferrante, Mario Gasbarri, Giorgio Mele, Edo Ronchi, Cesare Salvi, ei deputati Maurizio Acerbo, Fulvia Bandoli, Angelo Bonelli, Paolo Cacciari, Giacomo De Angelis, Sergio Gentili, Angelo Lo Maglio, Gennaro Migliore, Walter Tocci, Roberto Villetti, dei gruppi parlamentari Democratici di sinistra, Margherita, Rifondazione comunista, Verdi, Partito dei comunisti italiani;

inoltre Luisa Calimani ( Città amica), Vittorio Emiliani ( Comitato per la bellezza), Claudio Falasca ( Cgil), Mirko Lombardi ( Rifondazione comunista), Desideria Pasolini dall’Onda (fondatrice di Italia Nostra), Domenico Fontana (Legambiente), Gianni Mattioli ( Fondazione DI Vittorio), Sauro Turroni (Verdi), Fabrizio Vigni ( Democratici di sinistra), Silvia Viviani (presidente Inu Toscana).

Sono stati invitati i ministri Antonio Di Pietro (Infrastrutture), Alfonso Pecoraro Scanio (Ambiente e tutela del territorio), Alessandro Bianchi (Trasporti).

Sono inoltre presenti: Mauro Baioni, Roberto Camagni, Pierluigi Cervellati, Vezio De Lucia, Maria Cristina Gibelli, Maria Pia Guermandi, Francesco Indovina, Luigi Scano, Giancarlo Storto, Giulio Tamburini, che hanno collaborato alla proposta di legge.

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In particolare proponiamo di varare una nuova legge quadro per il governo del territorio che operi secondo i seguenti criteri: evitare il consumo di nuovo territorio senza aver prima verificato tutte le possibilità di recupero, di riutilizzazione e di sostituzione”. Questo concetto, contenuto nella proposta di programma del governo Prodi, è stato fondamentale per costruire la proposta di legge in materia di pianificazione del territorio.

Uno dei principi cardine della proposta è infatti quello di limitare al massimo il consumo di suolo. In questo ambito non si partiva da zero: la Regione Toscana ha da tempo inserito nella propria legge articoli che tentano di fermare il dilagare dell’urbanizzazione. Il territorio agricolo toscano è, in molte sue parti, tra i migliori esempi in Italia di conservazione dei caratteri storici del paesaggio: la tutela, dunque, non è soltanto un’esigenza astratta, ma una realtà concretamente perseguita da una delle regioni maggiormente sviluppate e dinamiche.

E mentre altre regioni, come il recente esempio della Sardegna in materia di tutela dell’integrità del territorio costiero, tentano di porre un argine alla dissipazione del territorio, siamo convinti che sia specifico compito dello Stato assumere come principio generale valido su tutto il territorio nazionale quello del risparmio di una risorsa ormai rara: il territorio. E’ peraltro un modo, crediamo, per rendere l’Italia uguale a tutti gli altri paesi d’Europa che attuano da anni rigorose politiche di contenimento della diffusione urbana.

Più in generale, la proposta di legge riafferma alcuni fondamentali principi dell’urbanistica. “Il territorio e le sue risorse sono patrimonio comune. Le autorità pubbliche ne sono i custodi e i garanti nel quadro delle specifiche competenze”, così recita il secondo comma del primo articolo della legge. Nel successivo articolo di riafferma il concetto – troppo spesso contraddetto nell’ultimo periodo dalla legislazione nazionale e di alcune Regioni - che la titolarità della pianificazione compete esclusivamente alle istituzioni pubbliche. Ancora più avanti si precisa che tale titolarità si esercita attraverso atti di pianificazione.

La proposta di legge tenta inoltra di ampliare i principi cui deve essere soggetta la pianificazione urbanistica. Il primo riguarda il “diritto alla città e all’abitare”, un tentativo di estendere la storica conquista degli standard urbanistici al diritto ad un’abitazione, ai servizi, alla mobilità e alle risorse territoriali. Il secondo riguarda la partecipazione sociale alle scelte del governo del territorio. E’ un tema che in qualche modo esula dallo specifico campo della pianificazione, poiché riguarda l’esercizio della democrazia; ma per il loro carattere “statutario”, le scelte di sviluppo del territorio e delle città rappresentano uno dei campi fondamentali in cui deve essere perseguita la più ampia partecipazione sociale. Il terzo riguarda l’assunzione di nuove categorie derivanti dalla legislazione europea, quali la direttiva sulla Valutazione ambientale strategica, che viene formalmente recepita nella legislazione del nostro paese.

La proposta di legge è stata discussa in questa prima fase con un ristretto numero di interlocutori, i cui suggerimenti hanno prodotto una proficua evoluzione dell’originario testo di legge. Il 28 di giugno verrà presentata ai parlamentari che hanno la responsabilità di costruire il percorso della nuova legge sull’urbanistica e di altri esperti della disciplina. Anche in questo caso ci attendiamo che vengano suggerimenti, integrazioni e critiche in grado di migliorare ulteriormente i contenuti della legge. La proposta presentata da eddyburg può compiere dunque un altro passo avanti, nell’obiettivo di contribuire a delineare un profilo riformatore dell’azione del nuovo governo in materia urbanistica.

L’insediamento d’un nuovo governo alimenta sin troppi sogni e spinte corporative. Da quasi ogni settore dell’opinione pubblica emergono suggerimenti, indicazioni richieste. Il Giornale non vuole partecipare alla costruzione di altri, interminabili elenchi, che pure i diversi settori che ne scandiscono la vita sin dalla sua fondazione potrebbero costruire. Come fa su questo numero Edoardo Salzano, il Giornale si apre a chi voglia isolare una questione sulla quale ritenga si debba concentrare l’impegno, non solo normativo o economico, di una legislatura. Lo fa nella convinzione che la complessità e l’intreccio dei problemi sul tavolo rischiano di immobilizzare il processo decisionale, e che la cultura italiana debba ritrovare in questo momento il coraggio della sfida intellettuale e di scelte nette. In questa direzione, tra le tante possibili, ci pare utile suggerire due questioni a una più ampia discussione.

La prima è la tassazione delle plusvalenze immobiliari. Luigi Einaudi, raccontando un secolo fa la parabola del quarto di acro nel centro di Chicago, ne aveva già fornito le ragioni insieme economiche e morali. Oggi, forse, il problema è anche e in primo luogo sociale. In un'Italia che ha perso il coraggio del rischio, che «vive bene» perché vive di rendite, o meglio di rendite e patrimoni, se si vuole riportare al centro della vita sociale il valore del lavoro, della sfida, persino dello stesso spirito protestante del capitalismo, questa partita è decisiva. Werner Oechslin ricorda, sempre in questo numero, la fatica dello studio e dell'apprendere, il valore del merito e della cultura come bene arduo ma universale. Quell'eremo di ricerca costituito dalla sua biblioteca di Einsiedeln bene riassume i valori oggi in gioco.

La seconda questione è il superamento di autonomie locali oggi controproducenti. Nel 1952, in occasione del convegno dell'Inu storicamente più importante, si pose, da parte dei più di 5.000 partecipanti, come problema essenziale, non solo per il corretto governo del territorio, la precisazione della funzione e dei poteri delle autonomie locali. Ridiscutendo, come si farà, di devoluzione, si colga l'occasione per una vera ridefinizione di competenze e riduzione delle burocrazie. Ancora oggi, dopo 54 anni, quell'auspicio è rimasto sostanzialmente tale; e governare, con queste istituzioni, territori che si vogliono dispersi e insieme sempre più integrati in sistemi a scale nazionali o internazionali, appare quasi voler affermare il primato dell'economia sulla società e sulla politica.

Due casi utili forse anche per un rilancio di una politica in grado di compiere scelte (e di renderle esplicite nei suoi obiettivi) nelle quali si provi almeno a tenere assieme sviluppo, funzionalità, etica e giustizia sociale. Se le scelte che si faranno saranno connotate (e praticate) con questa tensione, forse anche la partecipazione dei cittadini alla vita politica tornerà a essere meno stanca e casuale. Salvaguardando le diversità delle opinioni, anzi facendone un valore; in un confronto esplicito e trasparente sugli obiettivi sociali e non solo economici di politiche che comunque - su un ponte come su un piano paesistico - hanno impliciti interessi, attori sociali e, spesso, valori differenti.

Cari De Lucia e Salzano, mi rivolgo a voi per l'amicizia e la grande stima che ho nei vostri confronti, ma è chiaro che l'apprezzamento per l'iniziativa della proposta di legge sulla pianificazione del territorio va esteso a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura del documento.

Ho letto con molto interesse e piacere la proposta il cui approccio giudico, per quanto modesto possa essere il parere di un neofita della materia, molto utile per affrontare finalmente in modo corretto le questioni sul governo del territorio. Questioni che in questi anni hanno suscitato una scarsa attenzione, tanto scarsa che abbiamo rischiato seriamente che fosse approvata la controriforma urbanistica, contrastata dalla voce autorevole, ma purtroppo quasi isolata, di eddyburg; a cui, in questa sede colgo l'occasione per porgere il mio sentito ringraziamento.

Per ritornare al i contenuti della proposta, devo sottolineare il mio particolare apprezzamento per l'inserimento degli aspetti relativi alla valutazione e anche per quelli legati alla partecipazione. MI fa molto piacere che la disciplina della valutazione; di cui da lungo tempo mi occupo, sia entrata a pieno titolo e con un approccio corretto in una legge sul governo del territorio. La cosa mi fa ancora più piacere se vado con la memoria, e qui mi rivolgo in particolare a De Lucia, ai primi anni della nostra collaborazione in cui esprimeva più di qualche perplessità sull'utilità della valutazione. Il fatto che ora, in una proposta di legge, di cui è uno degli estensori, il ruolo della valutazione assuma una certa importanza, mi potrebbe indurre a pensare, con mal celata presunzione, che siano state le nostre continue discussioni, alle volte anche accese, a farle in un certo qual senso mutare il giudizio.

Oltre agli apprezzamenti vi inoltro alcune note sul contenuto della proposta, che potrebbero rappresentare, se volete, un modesto contributo alla discussione.

Mi sembrerebbe opportuno che una legge sul governo del territorio prendesse in considerazione gli aspetti relativi all'integrità fisica dei luoghi. Nella vostra proposta, mi pare, ma potrei anche sbagliarmi, che tali principi si ritrovino indirettamente laddove si accenna ai piani di settore (art. 4 comma 5) oppure dove si parla della tutela del territorio aperto (art. 7 comma 6); in questo secondo caso solo in termini di ulteriori limitazioni alla trasformabilità, evidentemente del solo territorio aperto. Penso, invece, che forse sarebbe utile trovare il modo di porre un accento più esplicito alla questione più generale della tutela delle risorse naturali, in termini anche di aria, acqua suolo e sottosuolo e non solo di beni direttamente discendenti dall'azione dell'uomo, quali appunto le attività agricole, il paesaggio e gli insediamenti storici. D'altro canto l'aver demandato ai piani di settore, come sembra, questo compito non risulterebbe una scelta efficace. Infatti, se da un lato i piani di bacino prendono in considerazione gli aspetti connessi con le problematiche geomorfologiche e idrauliche (e quindi con il potenziale rischio per le popolazioni e gli elementi ad esse collegati), non dappertutto sono stati predisposti i piani di tutela delle acque, che forniscono indicazioni sulle condizioni alla trasformabilità delle aree in cui la risorsa idrica risulti più esposta ai possibili impatti delle trasformazioni medesime. E' vero anche che le limitazioni alle trasformazioni derivanti da condizioni di fragilità geologiche (in senso lato) non possono solo riferirsi al territorio aperto, come mi sembra si possa evincere da una prima lettura non molto approfondita della proposta. In molti casi sono proprio gli insediamenti (soprattutto i più recenti, come ci insegna la cronaca) ad essere soggetti al rischio derivante dai fenomeni naturali.

Ringrazio, anche a nome di quanti hanno collaborato alla proposta di legge, per le valutazioni. A proposito delle proposte di precisazioni sulla “integrità fisica dei luoghi”, osservo che la questione è delicata almeno per un aspetto (di cui abbiamo già parlato rispondendo a Sergio Brenna): l’equilibrio tra competenze di una legge nazionale e la potestà legislativa delle regioni. Sono convinto che la questione vada approfondita, e personalmente ritengo che sia opportuno esprimere in modo più compiuto l’interesse nazionale a un uso corretto del territorio (riallacciandosi alla esigenza di una preliminare considerazione, in tutti gli atti di pianificazione, della tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio). Non è detto che simili approfondimenti debbano far parte di una legge di principio, ma mi sembra evidente che dovrebbero far parte di un’attività di governo (nazionale,e magari d’intesa con le regioni) volta a orientare in modo più penetrante l’azione delle altre componenti istituzionali della Repubblica.

Che bel testo di proposta di legge, bravi ! Chiari e sani principi. Solo alcune domande di dettaglio.

A) comma 2 dell'art. 13, comma 2. Intendete riferirvi anche a: gasdotti, eletrodotti, impianti di tefonia-radio mobile, metanodotti, fasce di rispetto dei cimiteri, degli impianti di depurazione, delle sorgenti idriche, ecc. ?

B) art. 17. Perchè solo la pianificazione territoriale e urbanstica generale rappresenta l'unico riferimento per la verifica di conformità urbanistica ed edilizia ? Sembra che tale verifica non debba essere effettuata con riguardo agli altri strumenti di pianificazione attuativa e di settore.

C) comma 5 dell'art. 19. Per modificazione dell'assetto del territorio si intende anche l'attività agricola (ad es.: impianti di vigneti, colture specializzate arboree, terrazzamenti, ecc.) ?

A domande precise, risposte precise:

A) l’elenco è esemplificativo, perciò sono usati i termini: "quali" e "e simili",

B) forse la formulazione potrebbe essere più precisa, ma il riferimento essenziale è alla “carta unica”, che dovrebbero riassumere e contenere tutte le scelte della pianificazione su un determinasto territorio

C) le trasformazione degli assetti agricoli implicanti radicali trasformazioni morfologiche, e non rientranti nel concetto di "ordinaria coltivazione del suolo", dovrebbero ricadere tra quelle transitoriamente inibite, ma è meglio lasciare la definizione di queste specificazioni alla legislazione regionale, se non addirittura alla pianificazione regionale e/o provinciale.

Caro Eddyburg, hai ragione: nella foga di denunciare il rischio di un ritorno della Mantini-Lupi, ho mancato di esprimermi nel merito del progetto di legge proposto. L'ho solo scorso celermente e mi riprometto di tornarci sopra con valutazioni più meditate dopo averlo letto più attentamente.

Una prima impressione: non mi pare che vi si affermi con la necessaria chiarezza l'obbligo delle regioni di prevedere nelle proprie legislazioni urbanistico-pianificatorie una fase strutturale a tempo indeterminato e una fase operativa quinquennale, come previsto a suo tempo nella proposta di articolato avanzata dall'INU nel 1995. E' vero che la situazione istituzionale è mutata dopo la modifica costituzionale del titolo V approvata nella penultima legislatura dal centro-sinistra, ma le regioni stanno tutt'ora procedendo in modo disordinato e divergente: la Lombardia, ad esempio, con la LR 12/05 ha scelto di fare solo piani operativi quinquennali- denominati Piani di Governo del Territorio (PGT) - sui quali è pressoché impossibile fare una seria Valutazione Ambientale Strategica (VAS), che necessariamente comporta una visione di lungo periodo. Anche la Super5 della Toscana, che pure prevede i piani strutturali, mi dicono abbia seri problemi a garantire un' effettiva coerenza tra piani operativi e piani strutturali. La legge quadro nazionale dovrebbe imporre strumenti e procedure che garantiscano tale corrispondenza.

Ma soprattutto mi pare che il progetto di legge non affronti il problema di chiudere definitivamente la stagione della cosiddetta "programmazione negoziata" apertasi coi PII dell'art. 16 della 179/92 (il cosiddetto emendamento Botta/Ferrarini) e dilagata coi vari PRU, PRUSST e via denominando in un'urbanistica occasionale che non mi pare tanto diversa dalla deprecata stagione delle "convenzioni" senza piano generale disastrosamente vissuta prima della legge Ponte del 1967. Come diceva Keynes, in economia la moneta cattiva scaccia quella buona: ecco, anche in urbanistica quella cattiva scaccia quella buona. Se continuerà a convivere con la "programmazione negoziata", una ripresa del progetto pubblico e condiviso di città e territorio continuerà a rimanere una pia illusione.

Sulla prima questione che poni (la distinzione della pianificazione in due componenti, una strutturale e una programmatica). Molti di noi ritengono che l’applicazione che è stata fatta di un principio giusto in se sia così confusa, e spesso discutibile, da non rendere opportuno imporre alle legislazioni regionali di adottare un simile modello di pianificazione. Ciò anche a prescindere dalle limitazioni che le modifiche al titolo V della Costituzione pongono alla capacità della legge nazionale di incidere, in materia, su quelle regionali. Io non escludo affatto che sulla questione si possa e si debba tornare, ma prima di farlo in via di proposta legislativa credo che si debba farlo a livello culturale. Perchè non prendi l0’iniziativa di organizzare un seminario sull’argomento? Eddyburg parteciperebbe con entusiasmo. Secondo me occorrerebbe ragionare a tutto campo: partendo dalle proposte iniziali di "articolazione della pianificazione in due componenti" (circa 1983), proseguendo con le proposte dell'INU, esaminando le legislazioni regionali e la loro applicazione.

Per quanto riguarda la seconda questione (gli strumenti della “programmazione negoziata”). È sembrato a noi che il vizio dei deprecati “strumenti urbanistici anomali”,avviati dalla Botta-Ferrarini e proseguiti negli anni successivi, sia nella loro capacità (vorrei dire genetica) di derogare alle procedure ordinarie. In tal senso interviene, nella nostra proposta, l’articolo 12, 2°comma, sugli accordi di programma, che sono lo strumento perverso grazie al quale si sono moltiplicati gli istituti e le occasioni di negoziazione derogatoria. Obbligando a stipulare gli accordi in conformità “alle prescrizioni della pianificazione ordinaria, specialistica e settoriale vigente” contiamo di aver risolto il problema alla radice.

Ti riungrazio.

Caro Eddyburg, l'interessante progetto di legge che viene offerto alla valutazione del nuovo Parlamento si incrocia nelle stesse ore della formazione del nuovo Governo e con lo svolgimento della campagna elettorale in molti grandi comuni chiamati tra poco al rinnovo delle rispettive amministrazioni, dove il tema delle trasformazioni urbane è spesso argomento di confronto.

Tutto ciò non può non indurre a qualche valutazione e molte perplessità: nel Governo il tema dell'assetto del territorio e delle città appare quanto mai sfuocato, con Di Pietro svogliato ministro delle infrastrutture, quasi a garantire che non si ruberà sugli appalti, ma senza nessuna indicazione strategica chiara e con un incomprensibile sdoppiamento col ministero dei Trasporti (non sono forse infrastrutture ?) e sparito il Ministero dei Beni Comuni, dove poteva rientrare il tema città e territorio; le amministrazioni comunali di ambo gli schieramenti che vedono nelle trasformazioni urbane l'occasione per contrattare qualche contropartita finanziaria con cui tenere in piedi bilanci sempre più smagriti e traballanti, ma spesso a scapito di una qualità urbana considerata "corvéable a merci". Il ragioniere comunale di un piccolo comune del pavese dove con un project financing hanno ripianato il bilancio da sempre deficitario e messo da parte pure un attivo, mi ha scritto di sentirsi (vergognandosene) un piccolo Ricucci (senza la Falchi, purtroppo, mi dice) e chiedendosi se sul guadagno il Comune non dovesse almeno pagarci l'IVA e le tasse. Si sbaglia: depredare il territorio con il consenso del Comune non è più rendita parassitaria. Basta mettersi d'accordo su come ci si spartisce il malloppo. A Milano Albertini consegna alla nuova Amministrazione un Protocollo d'intesa con FS per ripetere su tutti gli scali ferroviari in dismissione (800.000 mq e 4 milioni di mc) la sciagurata operazione in corso su ex Fiera di Milano (50% dell'area a servizi, sull'altro 50% tutto il volume necessario alle aspettative finanziarie della proprietà: oltre 10 mc/mq fondiari; ma il progetto è firmato Hadid-Libeskind-Isozaki, vuoi mettere ?) e sia Letizia Moratti che Ferrante dicono che va bene così; a Roma Veltroni fa qualcosa di simile sulle aree FS attigue a Tiburtina e forse è un modello anche per il riuso dell'ex Fiera di Roma anch'essa migrata in periferia.

In questo clima di pareggio elettorale vorremo mica lasciare a Berlusconi il privilegio di auspicare dal Parlamento provvedimenti condivisi: e quale miglior occasione dopo la fallita legge Lupi- Mantini perché in commissione si discuta ed approvi la Mantini-Lupi che santificherà definitivamente ciò che Comuni di destra e di centro-sinistra stanno già facendo, con buona pace del progetto di città e di territorio ?

La vedo dura per il vostro progetto di legge.

Sono meno pessimista di te. Non solo perché “dum spiro spero ”, ma anche perché penso che gli uomini del centro-sinistra abbiano capito una cosa: come propagandisti (meglio,spacciatori) di una politica “modernizzatrice” e “market oriented ” alla Berlusconi sono certamente più bravi gli altri. Se nostri non l’hanno capito, allora … vuol dire che ci trascineranno in fondo al baratro, noi e il nostro povero Paese.

Ma non m’hai detto nulla del nostro progetto di legge? Lo condividi? Ci aiuterai? Purtroppo l’urgenza di chiudere prima che si formassero Governo ne Commissioni ha impedito una raccolta più ampia di contributi.

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