loader
menu
© 2024 Eddyburg

il Fatto Quotidiano, 20 novembre 2017. «Padroni a casa nostra, esultava il governatore Zaia dopo la vittoria al referendum autonomista. Ma tra la città svenduta ai turisti e i miraggi post-industriali di Marghera si vedono i disastri compiuti dai poteri locali di ogni colore». (p.d.)

“Padroni a casa nostra”. Lo slogan pronunciato da Luca Zaia a Palazzo Balbi, la notte della vittoria nel referendum per l’autonomia, ha un che di paradossale. Quello stesso palazzo si affaccia infatti su un Canal Grande e su una città che perdono centinaia di abitanti all’anno, e hanno ceduto a danarosi forestieri anche i propri luoghi più simbolici: Ca’ Corner a Prada, Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Pinault, il Fondaco dei Tedeschi al gruppo del lusso francese di Lvmh, Ca’ Garzoni e Moro ai ricchi acquirenti stranieri che inseguono appartamenti da un milione di euro; e lo scorso giugno perfino lo stesso Palazzo Balbi, sede del proclama (e della Regione Veneto ormai in procinto di trasferirsi a Santa Lucia, in uno stabile profumatamente comprato a Benetton), è stato messo in vendita a 30 milioni di euro, insieme ad altri edifici storici.
Tra questi c’è il palazzo dell’antica trattoria Vida, in campo San Giacomo de l’Orio a Santa Croce, appena ceduto dalla Regione e dunque candidato a passare – se non vinceranno le proteste dei residenti – da potenziale luogo di aggregazione civica a ennesimo spazio commerciale o turistico; il tutto in una zona che ha già visto una banca trasformarsi in ristorante e una sede universitaria in hotel di lusso. Ben poco ci si può aspettare dalla politica liberista e privatista del sindaco Luigi Brugnaro che deve parte della sua popolarità, alla vigilia dell’elezione, alla gara per accaparrarsi a suon di dobloni l’isola lagunare di Poveglia, che migliaia di veneziani provarono a trasformare in un bene comune tramite crowdfunding. Certo Brugnaro, sceso in politica da poco, può dirsi non responsabile del sacco di Venezia, perpetrato in gran parte sotto giunte di sinistra, più o meno filosofiche (si pensi agli sventramenti del Lido, sotto l’egida della holding EstCapital guidata da un ex assessore di Massimo Cacciari; o alla proliferazione dei b&b mentre i libri di Marsilio decantavano la rinascita della città). Ma ben poco, al di là di proclami in nome di una “nuova Manhattan” o di una “Dubai europea” (!), è venuto dal sindaco anche sul caso principe del declino veneziano, Porto Marghera, luogo sacro e maledetto di un’industria ormai defunta.
È di luglio l’abbattimento delle torri ex-Vinyls del Petrolchimico: il panorama è ora monco. Sul centenario dello stabilimento di Marghera (1917-2017), verte una mostra nell’appartamento del Doge di Palazzo Ducale: mostra minata da un malposto intento estetico, ma che ha il merito di far risuonare nel cuore storico del potere veneziano le voci, le canzoni e le lotte dei lavoratori, a cominciare dal mitico operaio Gabriele Bortolozzo che nel 1983 per primo denunciò in procura i veleni al giudice Casson (lo stesso Casson sconfitto nel 2015 nella corsa a sindaco da Brugnaro). Tuttavia, in quelle stanze ovattate del Palazzo dei Dogi si tace sulle responsabilità dell’industria nazionale nell’avvelenamento di terreni e operai, si sorvola sul problema delle bonifiche, non si parla degli incidenti che decimano le maestranze delle ditte appaltatrici dei limitrofi cantieri navali.Non si vuole parlare di “ciò che è rimasto”, come dichiara la direttrice Gabriella Belli.
Così, al di là della retorica del sindaco (figlio di Marghera e di un poeta operaio di quella fabbrica), la mostra disegna come lembo di futuro la nuova bioraffineria dell’Eni (sponsor della mostra), appena visitata in premier Gentiloni e purtroppo alimentata in via quasi esclusiva con olio di palma (dopo il divieto del Parlamento europeo, Eni sta ora cercando di ampliare la gamma degli oli trattabili). Rimangono al rango di belle idee le promesse di impiantare una nuova industria aeronautica o di un terziario avanzato, sbandierate dal sindaco. Secondo il ministro Delrio, il futuro di Porto Marghera si legherà alla funzione di punto d’attracco delle grandi navi da crociera, per sgravare il bacino di San Marco. Ma in cambio di questa devoluzione al turismo d’assalto dei forestieri, si dovrà riconfigurare tutto il canale che dalla bocca di porto di Malamocco conduce a Fusina e a Marghera.
Di cosa saremmo dunque padroni, a casa nostra? La battaglia identitaria del Veneto, che si risolve per ora in operazioni propagandistiche (la bandiera di San Marco obbligatoria negli uffici pubblici; il dialetto veneto e la storia veneta privilegiati nell’insegnamento; la priorità ai Veneti “doc” negli asili e in certe graduatorie), sembra poco interessata al possesso comune, alla memoria e alla gestione dei luoghi fisici, al discorso pubblico sugli spazi della storia. E il Pd locale non sa proporre una visione alternativa, né sa inchiodare una Regione così avida di potere e di competenze alle proprie responsabilità, tutte legate alla gestione del “territorio”: dallo scandalo dello smaltimento dei rifiuti nel Veneziano (il dirigente del settore ambiente, secondo la Commissione parlamentare, avrebbe malversato nel ramo fino al 2014) al fiasco della Pedemontana Veneta, dal project-financing taroccato per l’Autostrada del Mare a quelli assai discussi per gli ospedali di vari capoluoghi; per non parlare del coinvolgimento della Regione nell’inchiesta sul Mose, con l’arresto dell’assessore alle Infrastrutture Renato Chisso e dell’ex governatore Giancarlo Galan.
Tutte malefatte avvenute, per carità, all’insaputa di Zaia, che fa politica nella sua terra da un quarto di secolo e ora, non pago, rivendica indisturbato il “modello veneto”, e più poteri per sé e per i suoi.

la Nuova Venezia, 20 novembre 2017. Analisi critica del documento Delrio per spostare le navi da San Marco. «Con pregiudizio, senza pianificazione e rispetto delle norme, la Pubblica amministrazione non può procedere nel perseguimento dell'interesse generale». (m.p.r.)

Per le dichiarazioni del ministro Delrio, entro tre anni le navi da crociera di grandi dimensioni saranno dirottate a Marghera (canale nord, sponda nord). Nel testo del "Documento programmatico di percorso", "Documento Delrio", presentato nel corso dell'ultimo Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo ex art. 4 legge 798/84 (Comitatone) relativo al punto dell'ordine del giorno "Prospettive e sviluppo per la crocieristica nella laguna di Venezia", sono presenti errori di riferimento normativo e omissioni di parti di Atti presi dallo stesso Comitato, nella riunione dell'8 agosto 2014, oltre ad attribuzioni di funzioni non previste e assunzioni di metodologie di valutazione discrezionali e non reperibili nella normativa e quindi di alcun valore.

Errori nel documento, predisposto dal Mit o anche dall'Autorità portuale, non irrilevanti, sottendendo a una volontà di scelta circa lo sviluppo della crocieristica nella laguna di Venezia piuttosto che tendere alla salvaguardia della laguna, come è nelle finalità del decreto Clini-Passera. Al secondo capoverso della prima pagina, viene citato l'articolo 8 , comma tre, lettera m) della legge 28 gennaio 1984 numero 84 "Riordino della legislazione in materia portuale" che all'interno richiama l'articolo 6, comma 5, della medesima legge. Entrambi gli articoli citati dall'estensore del "documento Delrio" si riferiscono al testo originario, potremmo dire "antico", della legge n. 84 del 1994, oggi sostanzialmente modificato dalla nuova normativa sui Porti, entrata in vigore un anno fa, e che dovrebbe essere nota al Ministero che l'ha emanata.
L'articolo 8 è stato modificato dal decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169, e rispetto al contenuto riportato per intero nel "Documento Delrio" è riformulato (articolo 8 , comma 3 lettera O): Il Presidente assicura la navigabilità nell'ambito portuale e provvede al mantenimento e approfondimento dei fondali, fermo restando quanto disposto dagli articoli 5 e 5-bis. Ai fini degli interventi di escavazione e manutenzione dei fondali può indire, assumendone la presidenza, una conferenza di servizi con le amministrazioni interessate da concludersi nel termine di 60 giorni. Scompare, nel testo vigente, il riferimento al genio civile, e ogni riferimento "ai provvedimenti di carattere coattivo" in capo al presidente dell'Autorità portuale, mentre vengono introdotti i nuovi articoli 5 e 5 bis.
L'articolo 5 sottopone le attività portuali di pianificazione nel redigere il Piano regolatore portuale alla coerenza con i piani sovraordinati "Le previsioni del piano regolatore portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti" e alle normative di valutazione dei Piani e Programmi (Vas). I piani sono sottoposti, ai sensi della normativa vigente, alla procedura di Vas, nel caso di varianti stralcio si svolge la procedura di verifica di assoggettabilità a Vas. L'articolo 5 bis regola le attività di scavo e dragaggio nell'ambito dei canali portuali e la classificazione e le modalità trattamento e di stoccaggio. Nei siti oggetto di interventi di bonifica di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Sin di Porto Marghera), il comma 11-bis prevede che il progetto di dragaggio, basato su tecniche idonee ad evitare la dispersione del materiale, è presentato dall'Autorità portuale... al ministero delle Infrastrutture, che lo approva entro 30 giorni sotto il profilo tecnico-economico e lo trasmette al ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'approvazione definitiva, e anche che (comma 11 - quinquer) sono fatte salve le disposizioni adottate per la salvaguardia della laguna.

Anche l'art. 6 del precedente testo dell'art. 8, è stato completamente sostituito (dall'art. 7, comma 1, decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169) e ha cambiato contenuto, al comma 12 recita: all'interno delle circoscrizioni portuali, le Adsp amministrano, in via esclusiva, in forza di quanto previsto dalla presente legge e dal codice della navigazione, le aree e i beni del demanio marittimo, fatte salve le eventuali competenze regionali e la legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, a dire quindi che l'Autorità portuale di Venezia non è sola a poter decidere financo sulle vie di navigazione qualora provvedimenti contrastino con la salvaguardia della laguna e di Venezia.

Merita poi di rilevare l'omissione di citazione di una parte fondamentale dell'Atto di indirizzo assunto nella riunione dell'8 agosto 2014 dove dice, dopo aver raccomandato di "sottoporre a Via il progetto relativo al canale Contorta Sant'Angelo...", "Si raccomanda altresì di sottoporre a Via altri progetti tra quelli già presentati che raggiungano un adeguato livello di definizione ...". Si ricorda che proprio sulla base di questa raccomandazione, il progetto Duferco Dp Consulting è stato presentato, valutato e che, a differenza del progetto Contorta, ha ottenuto la "Via" positiva con prescrizioni e che il provvedimento di compatibilità ambientale è stato trasmesso dal ministro dell'Ambiente al ministro delle Infrastrutture già il 7 marzo 2017. Non corrisponde quindi al vero che non ci sono soluzioni rispondenti al Clini-Passera, solo che, è cosa notoria, il ministro delle Infrastrutture non ha provveduto, arbitrariamente quanto non si sa quanto, a far esaminare il progetto, unico ad avere la "Via" positiva, al Consiglio superiore dei Lavori pubblici, come dice la normativa in vigore.
Si nota anche, a proposito dell'unico progetto approvato dalla "Via", che l'Autorità portuale avrebbe scritto al Mit circa eventuali motivi ostativi relativi al progetto Duferco, motivi non noti, mai assunti in alcuna circostanza legittima, e semmai dettati da un sentimento di sconfitta della competizione progettuale. Poi nel documento Delrio si legge dei risultati di una non ben definita analisi multicriteriale in base alla quale sarebbe risultato che il terminal di Marghera è l'unico possibile e il migliore. Mi permetto di rilevare che l'analisi multicriteriale non compare in alcuna disposizione normativa, né potrebbe, dato che è noto essere un metodo valutativo assai variabile a seconda dei valori che si vogliono esaminare e dei pesi che si vogliono dare, adatto agli esercizi didattici di comprensione analitica piuttosto che reggere le decisioni di una pubblica amministrazione.
Per ultimo, qualora si volesse individuare gli approdi, questa funzione non è in capo all'Autorità portuale ma è in capo all'Autorità marittima (la Capitaneria di porto) che invece il documento Delrio non nomina. Ora si raccomanda una lettura attenta delle disposizioni normative vigenti con i propositi solo indicati nel "documento programmatico Delrio" uscito dal Comitatone: individuare gli accosti nel Canale Nord, sponda nord, poco vuol dire se i canali non hanno le dimensioni che consentono il normale traffico portuale e risulterebbero occupati dalle navi in sosta: un loro allargamento ricadrebbe obbligatoramente nelle aree di sponda; ma le aree di cui si parla non sono ricadenti dell'ambito del demanio marittimo portuale, sono private e classificate negli strumenti urbanistici; andrebbero acquisite, andrebbe modificata la loro destinazione d'uso negli strumenti urbanistici vigenti, andrebbero bonificate, e in quanto ricadenti nel "Sin", sottoposte a un piano di bonifica adeguato all'uso e all'approvazione del ministero dell'Ambiente.
Piuttosto che seguire vie spicciole che sono comunque irte di difficoltà normative e non solo, sarebbe auspicabile che l'Autorità portuale di Venezia e Chioggia provvedesse ad adottare il nuovo Piano regolatore portuale, il vigente è vecchio di 50 anni, che pianificasse organicamente tutte le attività future che possono essere previste e distribuite nel demanio marittimo di sua competenza, nel rispetto della salvaguardia della laguna e di Venezia non precludendo a priori alcuna soluzione anche per lo sviluppo crocieristico. Nell'ottica di pianificazione, basterebbe il buon senso, la "soluzione Marghera" di Delrio appare chiaramente la meno praticabile dal punto di vista della sicurezza, dell'efficienza commerciale e dei rischi industriali. Il nuovo Piano regolatore portuale deve infatti essere adeguato per essere in grado di venire approvato alla "Vas" (Valutazione ambientale strategica) da parte del ministero dell'Ambiente. Con pregiudizio, senza pianificazione e rispetto delle norme, la Pubblica amministrazione non può procedere nel perseguimento dell'interesse generale: dopo il Mose, il caso delle grandi navi è destinato a fare scuola di pessima amministrazione.

la Nuova Venezia, 17 novembre 2017. L'intelligente lavoro volontario di un vasto gruppo di cittadini per la rinascita e la fruizione comune di un bene pubblico cancellata dal Demanio. i pescecani del turismo sono in agguato. (m.p.r.) con riferimenti in calce

Doveva essere il giorno dell'accordo, ma si è rivelato quello della rottura. Ieri mattina il Demanio ha comunicato all'Associazione Poveglia che la concessione dell'isola fino al successivo bando non è più fattibile. Uno schiaffo agli oltre 4500 soci che, dopo sedici incontri con il Demanio e numerosi dossier su come spendere i 350 mila euro della colletta, si sono sentiti presi in giro. «Siamo offesi e arrabbiati» ha detto il presidente dell'Associazione Poveglia Lorenzo Pesola «Sono due anni che chiediamo di sistemare il verde, facciamo tutto come richiesto, ci prendiamo cura dell'isola. È uno sfregio agli sforzi di tutti noi che ci abbiamo messo tempo e competenze. Purtroppo è emblematico di una città dove i cittadini non sono ascoltati».

Il Demanio, da parte sua, ha motivato il no dicendo che «la concessione temporanea, originariamente prevista, non è stata sottoscritta nel breve tempo auspicato, a causa del fatto che l'associazione, nei diversi incontri intercorsi, ha sempre sollevato eccezioni e apportato modifiche all'originario testo già approvato dall'Avvocatura distrettuale dello Stato». Si tratta della proposta che lo Stato aveva fatto all'Associazione Poveglia di una concessione di undici mesi. L'Associazione inizialmente l'aveva giudicata troppo breve, ma in seguito alla consultazione dei soci aveva deciso di accettarla. Ieri mattina l'Associazione Poveglia era andata dal Demanio per il fatidico sì.
Durante l'incontro è emerso anche un altro fatto. Tre giorni fa è arrivata la comunicazione a entrambi i soggetti che il 20 febbraio 2018 si terrà l'udienza per il ricorso fatto dall'Associazione Poveglia nel 2015 al Demanio. All'epoca il Demanio aveva detto no alla richiesta di concessione per sei anni, ma l'Associazione non aveva ritenuto plausibili le motivazioni e aveva fatto ricorso al Tar. Questa circostanza sembra avere un certo peso. La sentenza sarà infatti determinante per il futuro di Poveglia: se il ricorso verrà accettato, l'Associazione avrà per sei anni l'isola, altrimenti il Demanio procederà inserendola in un bando simile a Progetto Fari: «La soluzione del bando» ha detto il Demanio «è più efficace rispetto alle continue sollecitazioni della Soprintendenza di mettere in sicurezza l'isola e valorizzarne i beni immobili. La concessione all'associazione non prevedeva la manutenzione degli immobili. In aggiunta a ciò, l'esiguità temporale non avrebbe consentito quanto richiesto dalla Soprintendenza».

riferimenti
Su eddyburg la Lettera che l'associazione "Poveglia per tutti" ha inviato al direttore dell'agenzia centrale del Demanio, sollecitando una risposta alla richiesta di concessione dell'isola e una nota del costituzionalista Paolo Maddalena. Altre notizie sono facilmente raggiungibili digitando la parola "Poveglia" nel nostro "cerca"

la Nuova Venezia, 17 novembre 2017. «Le anomalie dell'ultimo Comitatone finiscono in Parlamento. “La Legge speciale non tutela lo sviluppo del crocierismo ma la laguna”». (m.p.r.)

«La Legge Speciale non prevede la tutela dello sviluppo crocieristico ma della laguna. Per questo Venezia è questione di preminente interesse nazionale. L'ultima riunione del Comitatone si è conclusa con un nulla di fatto, e ha dato soltanto all'opinione pubblica internazionale un messaggio ingannevole: che il problema sia stato risolto. Ma non è così». Nella polemica sulle grandi navi interviene il senatore Felice Casson. Ex candidato sindaco, autore nel 2014 dell'ordine del giorno che aveva chiesto al governo di «confrontare tutte le soluzioni alternative». Iniziativa che adesso riporta il dibattito sulle grandi navi in Parlamento. Perché Casson chiama in causa il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. E chiede di sapere «se il premier sia a conoscenza di quanto accaduto nella riunione del 7 novembre», e «quale valore politico e giuridico attribuisca ai lavori del "Comitatone" del 7 novembre e alle sue conclusioni». Dove si parla di «presa d'atto» e «invito» alle amministrazioni». Ma non c'è traccia di Atti di Indirizzo o di provvedimenti del governo.

L'accusa di Casson parte dalle anomalie di una riunione che non è stata preceduta dalla tradizionale riunione del «Precomitatone» per consegnare i documenti; dall'assenza dei ministri previsti dalla Legge (Beni culturali, Ambiente, Ricerca Scientifica e dello stesso premier). Casson contesta l'approccio alla questione. «L'ordine del giorno del Comitatone convocato dal ministro Delrio», scrive, «parlava di prospettive e sviluppo del crocierismo nella laguna di Venezia». Appare già qui evidente, continua, «la finalità di segnare un capovolgimento degli obiettivi storici della salvaguardia. L'argomento è deviante rispetto alla funziona preliminare di tutela della laguna prevista dalla legge».
Casson segnala anche le altre anomalìe. Cioè che indicando la soluzione Marghera non si sia tenuto conto del parere contrario dell'Autorità Marittima del 13 novembre del 2012 che avvertiva del rischio di «gravi interferenze» nel traffico commerciale aprendo il canale dei Petroli alle navi da crociera. Infine, l'invito a garantire trasparenza e vigilanza «per evitare un altro scandalo Mose». Al ministro Delrio hanno scritto anche i deputati veneziani di Mdp Mognato, Zoggia e Murer. Chiedendo di avere visione del rapporto sui progetti inviato a Roma dal presidente dell'Autorità portuale Pino Musolino. «Occorre la massima trasparenza», scrivono. Le soluzioni per le grandi navi sono ancora lontane.
la Nuova Venezia, 14 novembre 2017. Lavorano alacremente per distruggere Venezia. Il sindaco Brugnaro gode, e l'Unesco si congratula con lui. Chissà perchè
BOOM DELL’AO DI MESTRE:
IN 100 GIORNI 85 MILA CLIENTI
di Mitia Chiarin
«L’ostello in via Ca’ Marcello ha aumentato del 10% lepresenze a Mestre. Entro primavera 2019 previste altre 300 camere»
MESTRE Cinquantamila in due mesi, 85 mila intre mesi e mezzo di apertura. Crescono i numeri di clienti all’ostello tedescoAO. La terraferma vive nel silenzio un autentico boom turistico, semprecollegato alla vicinanza con Venezia, attrattore di interesse mondiale. Ma ibenefici possono esserci anche per Mestre.

Più 10 per cento. Da solo, l’ostello con i suoi 85 mila clienti ècome se avesse aumentato del 10% le presenze turistiche, stimate a Mestre in 2milioni e 900 mila l’anno. «A Mestre si viaggia con un più 4% di presenze»,ricorda l’assessore al turismo Paola Mar. Le presenze a Mestre sono passate dai2 milioni e 800 mila del 2015 a 2 milioni e 927 mila del 2016, con un più 4,5%.E la permanenza sale a 1,9 giorni.

Cantiere del raddoppio. L’ostello ha avviato in questi giorni il cantierenell’ex Agenzia delle Entrate, demolita, per il raddoppio con altre 300 camerepronte entro la primavera del 2019. Da 300 a 600 camere, da mille a 2 milaposti letto. Una espansione accompagnata dalle critiche di quanti vorrebbero untetto all’arrivo dei turisti a Venezia o criticano l’ostello perché «porta unturismo povero in città».

Turismo povero? No. Ma la catena tedesca spiega che i datidicono ben altro. Katharina Wallmann, capo del marketing di AO, fornisce unidentikit della clientela. «L’età media della maggior parte dei nostri clientiè compresa tra i 20 e 39 anni». Turisti che «dormono per pochi soldi nell’AOperché cosí hanno più soldi da spendere in città. Solo il 10% dei viaggiatoriviene in gruppo, il resto dei 85.000 pernottamenti è composto da viaggiatoriindividuali».


Tante le famiglie che approfittano dell’offerta diavere i figli, fino a 18 anni, gratis in camera coi genitori. «I viaggi nellecittà possono essere terribilmente costosi per le famiglie, ma noi lo rendiamoalla portata di tutti», spiega la Wallmann. E prosegue: «Il nostro clientetipico non spende molto tempo nella stanza in albergo, perché ha tanto da farea Venezia e poco tempo per vedere tutto. Il nostro prodotto è essenzialmente ilpernottamento. Non c’è un ristorante o l‘area spa e anche l’attrezzatura dellecamere è molto basic (senza minibar o telefono), perché non si usa la stanzaper nient‘altro che per dormire. Poi si va in città e non si ritorna fino allasera».

Il viaggiatore, aggiunge, «vuole spendere più per mangiare bene, fare loshopping o andare in museo». A beneficio di Venezia, di giorno e di Mestre lasera. Se si trova cosa fare.

Mestre in fermento. Forse l’effetto dormitorio con scelteintelligenti si può evitare. «Noi di AO vediamo una grande opportunità perMestre. Ogni giorno ritornano i nostri ospiti da Venezia e ci chiedono dove sipuò andare per mangiare o dove sono i bar. Siamo contenti di dare suggerimentilocali. Siamo l’inizio del cambiamento a Mestre e vogliamo che tutti nebeneficino», conclude la Wallmann.

Altri 1.900 posti letto. Altri investimenti, austriaci, valore 70 milionidi euro, stanno costruendo di fronte all’ostello altri 4 alberghi per 1.900camere pronte per aprile 2019. Questo significa che tra due anni la degradatavia Ca’ Marcello diventerà distretto alberghiero con 3.900 posti letto.

Cambiamenti e servizi. E cambierà volto. Qualcosa già si muove: bar epizzerie si rinnovano. Actv ha potenziato le corse del bus 4L per Venezia perl’aumento di turisti indotto dall’ostello. Nell’area dei quattro alberghi silavora ad un marciapiede che conduca dentro la stazione. E la città si muove?Molto lentamente.

«Sui servizi stiamo lavorando. Ai commercianti non faccio che ricordare leopportunità . Ci sono nuovi locali aperti tra Corso del Popolo e via Torino»,ricorda l’assessore Mar. «Mi risulta che alcuni commercianti ad agosto abbiamo fattoil loro fatturato solo grazie ai turisti. Ma c’è tanto da fare. Dai menù chedevono essere anche in inglese e in lingue orientali, per esempio, allamentalità generale da cambiare. I primi segnali ci sono, ma il turismo è unaoccasione che Mestre non deve perdere», ricorda. «Noi ci mettiamo gli eventi,come l’Happy Friday».

TRENI, SALGONO A 90
LE FRECCE DA E PER VENEZIA
«Trasporti, le nuove corse introdotte da Trenitalia. Duenuove corse tra Venezia e Roma e due tra Venezia e Milano»
PiùFrecce per arrivare prima e ripartire più tardi: con il nuovo orario, in vigorefino al prossimo 9 giugno, Trenitalia introdurrà 11 nuove Frecce, concentratein particolare al mattino presto e alla sera, estenderà il percorso di altresette già presenti nella programmazione estiva, realizzando così 82 nuovefermate che amplieranno ulteriormente le opzioni di viaggio a disposizionedella clientela.

Salgono a 90 le Frecce da e per Venezia: Due nuove corseFrecciarossa tra Roma e Venezia e due tra Milano e Venezia, portano a 90 icollegamenti con la Laguna. Il Frecciarossa 9402 parte da Roma Termini alle5.35 con fermate a: Roma Tiburtina (a. 5.43 - p. 5.45), Firenze Santa MariaNovella (a. 7.07 - p. 7.15), Bologna (a. 7.50 - p. 7.53), Padova (a. 8.52 - p.8.54), Venezia Mestre (a. 9.08 - p. 9.10) e arrivo a Venezia Santa Lucia alle9.20.

Il Frecciarossa 9415 invece parte da Venezia Santa Lucia alle 9:35 con fermatea Venezia Mestre (a. 9.45 - p. 9.47), Padova (a. 10.01 - p. 10.03), Bologna (a.11.02 - p. 11.05), Firenze Santa Maria Novella (a. 11.40 - p. 11.48), RomaTiburtina (a. 13.08 - p. 13.10) e arrivo a Roma Termini alle 13:20.

Sulla rotta Torino - -Milano - Venezia, una nuova corsa Frecciarossaproveniente da Torino Porta Nuova alle 13.02 è prevista da Milano Centrale alle14:15 con arrivo a Venezia Santa Lucia alle 16:40. Da qui invece la nuovapartenza è prevista alle 12:20 e l’arrivo a Milano Centrale alle 14.45.

Il Frecciarossa 1000 arriva anche a Venezia: I plus del Frecciarossa1000 arrivano anche sulla Trasversale Padana (Torino - Milano - Venezia).Quattro corse che uniscono attualmente Torino, Milano e Venezia beneficiano deivantaggi del prodotto di punta di Trenitalia in previsione anche delle futurevelocizzazioni rese possibili da questa tipologia di convogli.

[omissis]

la Nuova Venezia e Corriere del Veneto, 12 novembre 2017. La confusione regna sovrana. Una sola certezza: di proseguire la distruzione della Laguna (Canale dei Petroli) non frega niente a nessuno. Articoli di Silvio Testa e Alberto Zorzi (m.p.r.)

la Nuova Venezia
GRANDI NAVI E IL COMITATINO
CHE NON HA DECISO NULLA
di Silvio Testa

Di un Governo con le valige in mano perché in scadenza di mandato, solo un ministro, Graziano Delrio (Infrastrutture), ha partecipato al Comitatone per Venezia, che si preannunciava storico e che invece ha partorito il classico topolino, avendo prodotto in assenza di tutti i ministri competenti solo un banale "Documento programmatico di indirizzo" (che sarà mai? ), senza lo straccio di una delibera. Un Comitatino. Tutti si sono dichiarati contenti, anche il presidente dell'Autorità Portuale, Pino Musolino, e il sindaco, Luigi Brugnaro, benché di fatto si siano visti affondare l'idea dell'utilizzo del Canale Vittorio Emanuele per continuare a portare le grandi navi in Marittima, evidentemente destinata alle sole navi più piccole (vedremo quali) e agli yacht, come da anni chiedevano i cittadini mobilitatisi contro un crocerismo incompatibile.

A regime, le grandi navi, invece, dovrebbero fermarsi a Marghera, assieme alle grandissime, quelle di ultima generazione, se mai potranno passare per il Canale dei Petroli. Questo il disegno, che non si può chiamare neppure piano, dato che i proponenti non hanno nulla di concreto in mano, e per capirlo basta leggere le ultime due righe del documento votato a Roma, laddove le Autorità competenti sono invitate «a porre in essere con la massima sollecitudine tutte le verifiche e atti conseguenti al fine di valutare la concreta praticabilità del percorso sopra indicato». Tradotto: allo stato non sappiamo neppure se ciò che abbiamo ideato sia davvero realizzabile.
Il fatto è che i limiti fisici del Canale dei Petroli, dove già oggi le navi devono viaggiare in convogli a senso unico alternato; i limiti di sicurezza sui quali, salvo smentire se stessa, è già intervenuta pesantemente la Capitaneria di Porto; i limiti ambientali e di legge speciale sui quali, sempre salvo smentire se stessa, è già intervenuta ancor più pesantemente la Commissione di Valutazione d'impatto ambientale, sono ormai di fatto insuperabili, e le cosiddette Autorità, che da oltre cinque anni si incaponiscono a infilarsi inutilmente in vicoli ciechi, dovrebbero finalmente prenderne atto, imboccando un'altra strada.
Quale? Innanzitutto smettendo di parlare per un momento solo di navi, di canali, di approdi (dovrebbero farlo anche gli oppositori), chiedendosi prima se vanno bene alla città i due milioni di croceristi evocati da Musolino; i nuovi settemila posti letto che stanno sorgendo a Mestre; se va bene, tanto per dire l'ultima, la trasformazione nell'ennesimo albergo, perseguita dal Comune, della sede della Centrale Operativa dei Vigili Urbani ai Giardini Papadopoli. L'Unesco, anziché accontentarsi delle dichiarazioni d'intenti di Brugnaro&C dovrebbe invece verificare gli atti e i progetti che si perseguono in città. Poi dando finalmente seguito alle indicazioni del Piano di assetto del territorio (Pat) che per il crocerismo disegna un percorso chiarissimo: dentro in laguna, in Marittima, le navi compatibili con ambiente, sicurezza, salute, nel numero coerente con un turismo sostenibile (e quali e quante dovranno dirlo autorità scientifiche super partes e non Capitaneria e armatori).
Fuori tutte le altre, se una vera valutazione costi/benefici dirà che l'economia della città non potrà accontentarsi delle "piccole". Solo a quel punto, sulla base del numero e della qualità delle navi più grandi, sarà possibile ragionare su dove collocare quel "fuori", che potrebbe essere Trieste, Ravenna, la bocca di Lido, la bocca di Malamocco, il mare aperto (un terminal off shore, perché no? ), qualcosa d'altro ancora, tenendo conto di tutte le criticità connesse al crocerismo. E tenendo conto di quel convitato di pietra che tutti fingono di dimenticare: quel Mose che, col crescente gigantismo navale, imporrà presto in laguna una portualità totalmente diversa dall'attuale. Meglio pensarci ora anziché ostinarsi a gettare milioni di euro per spolpare un osso di cui già ora s'intravvede il biancore
Corriere del Veneto
CROCIERE A MARGHERA
DE PICCOLI ATTACCA
«PROCEDURE VIOLATE,
PRONTI AL RICORSO»

di Alberto Zorzi

«No Navi al Tar e alla Corte dei Conti: Comitatone illegittimo. Il ministero: tutto regolare»

Si dice «combattivo, non arrabbiato». Ma i suoi legali, in primis l’ex sindaco di Genova Giuseppe Pericu sono già al lavoro sull’esito del Comitatone e sulla scelta di Marghera per il futuro delle grandi navi. «Noi avevamo già scritto prima a tutti i membri, contestando l’iter, ma non ci hanno ascoltati e ora siamo pronti a fare i ricorsi», dice Cesare De Piccoli, ex viceministro dei Traporti, proponente con la società Duferco del progetto Venis Cruise 2.0, che prevede un terminal di scalo alla bocca di Lido, in modo da tenere le grandi navi da crociera fuori dalla laguna: da lì verrebbero infatti portati all’attuale Marittima con delle motonavi di ultima generazione, senza smog e senza moto ondoso.

Un progetto che l’Autorità portuale, già con Paolo Costa e ora anche con il nuovo presidente Pino Musolino, ha bocciato senza appello: quest’ultimo ha presentato al ministero un’analisi «multicriteria» che ha visto il Venis finire sempre all’ultimo posto in cinque classifiche diverse, mentre a vincere è stata l’ipotesi del Canale industriale nord, sponda nord, sposata dal governo e dal ministro Graziano Delrio. Ed è questo il primo punto che non va giù a De Piccoli. «Di questo studio non sappiamo nulla, non siamo stati interpellati - ironizza De Piccoli - ma questa procedura ha violato il decreto Clini-Passera (quello che per primo ha avviato la ricerca di vie alternative al passaggio davanti a San Marco, ndr ): in primis perché l’individuazione delle ipotesi, come avvenuto nel 2013/2014, spettava alla Capitaneria di Porto e non all’Autorità portuale, poi perché non tiene conto della commissione Via, massimo organo tecnico dello Stato». Via che ha promosso, seppur con prescrizioni, il progetto Duferco, mentre, in una fase preliminare, aveva sollevato dubbi su Marghera.

Dubbi che lo stesso De Piccoli fa propri, non prima però di una premessa. «La scelta di Marghera in un certo senso ci aiuta, perché si ammette la possibilità di un terminal diverso dalla Marittima e con il coinvolgimento di privati, che sono due critiche fatte dal Porto nel ricorso al Tar contro la nostra Via - dice - Addirittura quello è un progetto su terreni privati, mentre il nostro sarebbe su area demaniale. Per questo chiedo a Musolino di ritirare il ricorso». Ma la critica all’ipotesi Marghera è tecnica: «Sul canale nord ci stanno due navi, così hanno detto - dice De Piccoli - e le altre 2-3 necessarie per replicare l’attuale Marittima dove le mettono? Cosa succederà quando nei sabato e domenica estivi le grandi compagnie vorranno portare le navi da 140 mila tonnellate? Ci sarà una lotteria?». C’è poi il problema dell’accessibilità nautica: «La Via ha già detto delle cose: ci sono interferenze con i traffici nautici, criticità ambientali, rischi della zona industriale». In realtà su quest’ultimo punto la Capitaneria si era espressa di fronte a «coni di rischio» che poi sono stati aggiornati. De Piccoli boccia anche il Vittorio Emanuele, previsto da Musolino nella fase transitoria. «Il piano regolatore portuale prevede una profondità di 11 metri e una cunetta di 80 - dice - Ma questo significa che ci passano al massimo navi da 30-32 metri, non certo le “medie” di cui si parla. Ma di fronte a questo scenario le compagnie sono d’accordo? Io non lo credo».

Al Tar e alla Corte dei Conti sono pronti ad andare anche i No Nav, che venerdì si sono riuniti in assemblea. «Al momento del voto era presente solo il ministro Delrio e non è stato possibile, per mancanza del numero legale, approvare una delibera, ma solo un anomalo “Documento programmatico” - dicono - Valuteremo dei ricorsi per bloccare decisioni assurde e pasticciate». Dalle Infrastrutture nessuna replica ufficiale, ma solo la sottolineatura che ogni ministero era rappresentato da un delegato e che c’erano stati numerosi incontri preparatori.

la Nuova Venezia e Corriere del Veneto, 11 novembre 2017. «Il sindaco di Venezia ha anche richiesto la costruzione del mini offshore commerciale per navi container a Santa Maria del Mare, un luogo di grande valore paesaggistico, nel cantiere dei cassoni del Mose che per legge deve invece essere smantellato». (m.p.r.)



la Nuova Venezia

DAL "COMITATONE"
NESSUnA TUTELA PER LA LAGUNA
di Lidia Fersuoch

Il Comitatone del 7 novembre ha approvato una delibera, che, per sviluppare la crocieristica, reale scopo del Governo, individua ben tre accessi, e forse altri ancora, alla laguna. Unico voto contrario, quello del sindaco Ferro di Chioggia, vero eroe della giornata perché il solo a tutelare la Laguna. Grazie a Delrio, ai comuni di Mira, Venezia, Cavallino - Treporti e Jesolo, a Zaia e ai Ministeri competenti, la Laguna diventa così un colabrodo, un porto diffuso che nemmeno Paolo Costa poteva sognare e che invece gli ambientalisti o semplicemente le persone interessate alla tutela della bellezza e fragilità di Venezia e della sua Laguna potevano immaginare nei peggiori incubi.

Il grottesco è che non si pongono limiti massimi di tonnellaggio, bensì limiti minimi! E non si individua una via di accesso alternativa a quella vietata (come prescriverebbe il decreto Clini-Passera) ma se ne indicano ben tre! Se oggi il limite posto dal decreto sarebbe 40 mila tonnellate ma di fatto è 96 mila, la delibera del Comitatone prevede per le navi sopra (sottolineiamo sopra!) le 130 mila tonnellate l'ingresso per la bocca di Malamocco, il passaggio per il Canale dei Petroli e l'attracco a Marghera, nel Canale Nord; per quelle sotto alle 130 mila tonnellate consente egualmente il transito per il canale dei Petroli e poi per il canale Vittorio Emanuele (da escavarsi, e per cui non c'è nemmeno la certezza della Via!) e l'approdo alla Marittima; per quelle sotto le 40 mila tonnellate conferma l'ingresso per il Lido, il passaggio per il Bacino e l'attracco alla Marittima, di cui ribadisce la centralità.

Ma non solo: per queste navi minori sono possibili anche altri attracchi, forse Chioggia o chissà. Interessante notare che il sindaco di Venezia ha ottenuto che, quale approdo delle grandi navi a Marghera, nella delibera non venisse genericamente indicato il Canale Nord, com'era in bozza, ma precisamente la sponda nord del Canale Nord. Area di più facile accesso da terra, ma privata, e fra le più inquinate di Marghera, trovandovi luogo, un tempo, la lavorazione del carbone. Tempi lunghi dunque e incerto futuro. Certissima invece è la mancanza di limitazione alle dimensioni delle navi, se non quella imposta dalla presenza delle linee dell'elettrodotto, che il sindaco di Venezia durante la seduta ha chiesto venga presto interrato. Nessun limite!

Il sindaco di Venezia ha anche richiesto come necessaria la costruzione del mini offshore commerciale per navi container, probabilmente come vorrebbe il presidente dell'Autorità di sistema portuale a Santa Maria del Mare, un luogo di grande valore paesaggistico, nel cantiere dei cassoni del Mose che per legge deve invece essere smantellato. La Laguna diventerà dunque un porto diffuso per navi commerciali e crocieristiche di ogni stazza e lunghezza, ma prevalentemente di enorme tonnellaggio, assecondando l'imperante tendenza al gigantismo. La Laguna si piega così alle navi e agli armatori. E il canale dei Petroli, artefice della distruzione della laguna, dovrà essere potenziato e verosimilmente raddoppiato e delimitato da scogliere (il progetto c'è già e data al 2013), dovendo accogliere come minimo 1000 transiti navali in più e di navi sempre più grandi.

Ricordiamo che gli studi scientifici, reperibili anche in rete, provano indiscutibilmente che l'erosione di cui soffre il bacino lagunare centrale (vale a dire la voragine ai lati del primo tratto del canale dei Petroli nonché l'atrofizzazione della rete dei canali naturali) è dovuta agli effetti idraulici del canale stesso e al traffico navale che vi si svolge. Secondo le leggi e i piani vigenti, il canale dei Petroli deve essere invece ridimensionato e riconfigurato, riducendone l'impatto negativo. Le Leggi speciali prevedono infatti - come ha ricordato inutilmente con una lettera a Delrio il nostro presidente nazionale - il «riequilibrio idrogeologico dellalaguna», «l'arresto e inversione del processo di degrado del bacino lagunare e l'eliminazione delle cause che lo hanno provocato», e «l'innalzamento delle quote dei fondali determinatesi per l'erosione presso le bocche di porto e nei canali di navigazione».

Rileviamo inoltre che si rischia di imboccare una strada simile a quella presa per il Mose: la decisione di ieri si qualifica come meramente politica, aprioristica, non presa sulla base di un progetto definito (che non è stato presentato), e svincolata da qualsiasi valutazione scientifica. Rileviamo anche l'assoluta mancanza di informazione e trasparenza, per non parlare dell'assenza del dibattito pubblico e della comparazione fra i progetti, da sempre richiesti da Italia Nostra e prescritti dal nuovo Codice dei contratti pubblici.

Dal Comitatone nessuna tutela della laguna, dunque. E rimarchiamo, oltre all'incredibile assenza del ministro dell'Ambiente, quella del ministro dei Beni e delle attività culturali, Franceschini, che ha presenziato solo alla discussione del primo punto all'ordine del giorno, riguardante la Legge speciale, e non alla discussione del secondo, relativo al problema della crocieristica (nonostante la laguna sia sottoposta alle norme di tutela del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Posizione grave, che ci fa intendere come nemmeno dal ministero dei Beni culturali la laguna venga considerata un bene culturale, prima che ambientale, di inestimabile valore.

Lidia Fersuoch è Presidente della sezione di Venezia di Italia Nostra Venezia

Corriere del Veneto
CROCIERE A MARGHERA, IL NODO DELLE AREE

LE PRIME APERTURE: «PRONTI A TRATTARE»
di Alberto Zorzi

«I proprietari: aspettiamo le proposte. L’ipotesi dei parcheggi. Il ruolo di D’Agostino»

Venezia. Chiudete gli occhi per un secondo e al posto di quelle due piccole navi nere attraccate proprio in punta immaginate due «grattacieli del mare» da 140 mila o più tonnellate. Canale industriale nord, sponda nord. Qui il governo, con il Comitatone dell’altro giorno, ha deciso che arriveranno le grandi navi da crociera, risolvendo finalmente il problema del passaggio davanti a San Marco, anche se non prima di 3 o 4 anni. Qui, dove una volta veniva stoccato il carbone della Italiana Coke e, nella punta, c’era un’attività di importazione di cemento, e dove ora ci sono terreni deserti e con lavorazioni minime, sorgerà il nuovo terminal crociere: qui, con i due approdi previsti inizialmente, arriverebbero 10 mila crocieristi al giorno.

La linea è tracciata, ora però si apre il percorso tecnico. E il primo problema è quello delle aree. Problema che il presidente dell’Autorità portuale Pino Musolino ha già iniziato ad affrontare in questi mesi, vedendo in gran segreto alcuni dei proprietari, che sono sostanzialmente quattro. La Fabbrica Concimi di Crema è proprietaria proprio dell’area in punta, 25 mila metri quadri con 300 metri di banchina sul canale nord. «Siamo stati contattati dal presidente Musolino alcuni mesi fa e abbiamo dato una disponibilità di massima», dice l’ingegner Nicola Ferrari, della St Srl, professionista veneziano che segue l’azienda lombarda.

Più complicata la situazione dell’enorme area cosidetta «ex Italiana Coke», 100 mila metri quadri con 400 metri lineari di banchina e tre proprietari con quote uguali: il primo è il patron dell’Italiana Coke (oggi in concordato preventivo), il genovese Augusto Ascheri; il secondo era il suo socio Antonio Barone, morto l’anno scorso, e ora è la vedova Catia Pedrini, presidente del Modena Volley; il terzo è l’ingegnere veneziano Marco Salmini, alla guida dell’Intermodale Marghera. Pedrini e Salmini per ora restano abbottonati, mentre Ascheri, che ha incontrato per caso Musolino di recente a Genova, lancia ampie aperture. «Chiederò a breve un incontro con il Porto - dice - Io sarei d’accordo a trovare una soluzione piuttosto che litigare, ma ovviamente vedremo quale sarà la proposta. Già nel 2012 aprimmo un discorso con Msc che voleva spostare lì il suo terminal».

Ovviamente il Porto ha, da parte sua, la forza dell’esproprio, qualora il progetto fosse dichiarato di pubblica utilità, come sarà; dall’altro però i privati potrebbero opporsi e andare in tribunale e questo allungherebbe i tempi. Per questo sul tavolo sarebbe stata messa la possibilità di coinvolgerli nell’operazione, lasciando, per esempio, la gestione dei parcheggi. L’idea è infatti quella di un project financing, in cui potrebbe entrare anche Vtp, sebbene ci sia il problema che difficilmente la concessione sarà estesa in automatico dalla Marittima al terminal di Marghera e dunque si ripartirà da zero con una gara europea o comunque sarà prevista nell’ipotesi di project .

C’è poi la questione dei tempi. Delrio e Musolino hanno parlato di 3-4 anni, pensando a un anno per la progettazione e le procedure burocratiche - soprattutto per le bonifiche, visto che non dovrebbe essere prevista la Via - e poi 2-3 per la realizzazione. St Srl aveva già fatto una bozza di progetto, in cui veniva prevista una spesa di 62 milioni di euro e 630 giorni tra iter e realizzazione, ma solo per attrezzare la banchina, chiudere i marginamenti e dragare il canale industriale nord, dove andrebbero le navi, che ha una quota di appena due metri. Qui i fanghi dovrebbero essere abbastanza «puliti», a differenza di quelli del canale Brentella, dove ci sarebbe qualche problema in più. Ci sarà infine da gestire il rapporto con Roberto D’Agostino e l’Ati che, proprio su quella stessa area, ha protocollato una proposta di project financing da 250 milioni: difficile far finta che non esista.

la Nuova Venezia
«RICORSO AL TAR CONTRO
IL VOTO DEL COMITATONE»

Le varie anime del comitato No Grandi Navi si sono ritrovate ieri pomeriggio in Sala San Leonardo per discutere sulle decisioni assunte dal Comitatone martedì scorso. Un dibattito acceso, che ha accompagnato una disamina approfondita della situazione e l'annuncio di un'assemblea cittadina il 2 dicembre sempre in Sala San Leonardo e, una settimana dopo, a Marghera. Prima, una delegazione del Comitato andrà in Sovrintendenza per chiedere un incontro urgente con il ministro Franceschini e in Capitaneria di Porto, perché - come spiegano - l'ordinanza transitoria prevista dal documento del Comitatone durerà dieci anni.

«Secondo noi il Comitatone non aveva il numero legale e anche le decisioni che sono state prese non sono valide» ha detto uno dei portavoce del Comitato, Luciano Mazzolin «Dovevano essere presenti cinque rappresentanti del governo, ma c'era solo il ministro Delrio al momento del voto: quindi il documento finale, che non è neppure una delibera, non ha nessun valore. Ragion per cui ricorreremo contro questo documento al Tar e alla Corte dei Conti per segnalare sperpero di denaro pubblico e anomalie sulla ripartizione dei fondi della Legge Speciale in quanto si potrebbero finanziare progetti già bocciati». «Sul discorso delle navi a Marghera, naturalmente, continuiamo a dire che restano validi i pareri negativi del Porto e della Capitaneria che avevano portato alla bocciatura del progetto di D'Agostino nella conferenza di servizio 2013» continua Mazzolin «e che la Capitaneria di Porto aveva dato più volte pareri negativi, e che il Porto crocieristico a Marghera non andava bene per diverse problematiche. Il documento di Musolino, inoltre, è ancora segretato: nessuno sa cosa ci sia dentro».
Netta anche la posizione di Tommaso Cacciari. «Nel merito, quella di Marghera è la peggiore soluzione: le navi di lusso in Marittima, le navi gigantesche a Marghera, le navi medie via Vittorio Emanuele in Marittima: un assedio. Che poi scegliere Marghera, allo stato dei fatti, significa mantenere lo status quo per dieci anni: non siamo a Dubai dove se non realizzi in un anno, rischi la vita. Qui il documento partorito dal Comitatone dice di individuare aree possibili, non dice chi compra le aree private e tra pochi mesi il governo cadrà e chissà che cosa succederà. Con questo piano non ci libereremo delle grandi navi per le prossime generazioni».

la Nuova Venezia
CROCIERE A CHIOGGIA

GDISSENSI PER IL VOTO CONTRARIO
DEL SINDACO
di Elisabetta B. Anzoletti

«Duro attacco dell'ex sindaco: “Al Comitatone è stato l'unico a dire di no alla proposta governativa poi approvata”»

Chioggia. «Comportamento schizofrenico del sindaco sulla crocieristica». Il predecessore Giuseppe Casson, ora consigliere comunale di Chioggia è libera, attacca Alessandro Ferro per aver contraddetto in sede di Comitatone gli slogan ripetuti più volte in città sull'intenzione di sviluppare il settore. Un atteggiamento che sta creando qualche preoccupazione anche tra i commercianti che dalla crocieristica attendono nuovi stimoli per il centro storico.
«La condotta di Ferro al Comitatone è sconcertante», sostiene Casson, «con il voto (l'unico) contrario alla proposta di delibera governativa, il sindaco ha detto definitivamente no alla crocieristica a Chioggia, facendo perdere una straordinaria occasione di sviluppo turistico e economico. A parole si è speso in ogni occasione per ribadire la volontà dell'amministrazione grillina a investire sul settore, ma quando si è passati ai fatti ha cambiato totalmente registro. Avevamo già espresso perplessità quando la giunta ha deciso di cedere le quote che deteneva in Chioggia terminal crociere (CtC), ora col Comitatone ne abbiamo la certezza. Ferro preferisce assecondare la linea del M5S nazionale, contrario alle grandi navi e a ogni sviluppo crocieristico lagunare, sacrificando gli interessi della città. Prendiamo atto che Chioggia non è governata dal sindaco Ferro, ma da Grillo e dalla Casaleggio e associati che lo guidano come si fa con un joystick».
Parole pesanti che Casson giustifica ricordando che lo stesso presidente dell'Autorità portuale Pino Musolino è rimasto sorpreso dal cambio di rotta di Ferro con cui aveva parlato dello sviluppo della crocieristica nell'incontro del 31 ottobre. «Musolino è rimasto spiazzato dal voto contrario di Ferro», spiega Casson, «ricordiamoci che se le grandi navi escono da Venezia, le compagnie la abbandoneranno e sceglieranno come home port altri approdi, probabilmente all'estero. Verrà posata una pietra tombale sulla crocieristica in laguna».
Una prospettiva che spaventa i comparti economici. «Per noi la crocieristica è fondamentale», spiega il presidente dell'Ascom, Alessandro Da Re, «è una boccata di ossigeno per il commercio e la ristorazione del centro, ma in prospettiva anche per gli alberghi e le spiagge. Chi scende spende e vede la città, se ne innamora e magari decide di tornare per un weekend o per le vacanze. Con i primi scali i riscontri sono stati ottimi, senza considerare l'indotto che si crea: logistica, taxi, approvvigionamento alimentari».

Su la Repubblica di oggi Il grande fotografo Gianni Berengo Gardin esulta perché alle Grandi navi verrebbe impedito il passeggio dinnanzi al Palazzo ducale e Piazza San Marco. I vedutisti dunque hanno vinto. Ma Venezia e la sua Laguna corrono verso la distruzione.

Si sarebbe infatti deciso di eliminare il passaggio dellenavi superiori a 130mila tonnellate dal bacino di San Marco, dirottandole attraversoil Canale dei Petroli verso Porto Marghera e, attraverso l’ulterioreassestamento del Canale Vittoro Emanuele, all’attuale approdo della Marittima.
Risultati ottenuti:

1. non sarebbe ridotto neppure di un’unità l’enorme massadei turisti che arrivano a Venezia;

2. sarebbe raddoppiato e consolidato il malefico Canale deiPetroli, maggiore artefice della rottura
dell’unitarietà della Laguna (e quindidel suo degrado), infrastruttura che, per unanime riconoscimento deiparlamentari degli anni Settanta, avrebbe dovuto già essere eliminato.

Corriere del Veneto, 25 ottobre 2017. Un lungo e costoso intervento di recupero e restauro dicono. Trattasi in realtà di nuova costruzione in cui si è conservato solo una facciata. Per farne cosa? «un tempio dello shopping popolare». (m.p.r.)

Venezia. Nella sua lunga storia è stato birreria e albergo, quindi sede di uffici, poi comando dei vigili, anche magazzino e perfino mensa. Ora è pronto a cambiare ancora vita, trasformato in tempio dello shopping popolare, a pochi passi da piazza San Marco. Il complesso «ex Pilsen», costituito da quattro edifici interconnessi e affacciato sul bacino Orseolo, venerdì riaprirà al pubblico sotto le insegne del colosso della moda Zara, trasformandosi nel primo negozio del marchio spagnolo in centro storico (senza il reparto «home»). Una nuova vita dopo anni di battaglie legali, polemiche, ma soprattutto al termine di un intervento di recupero e restauro difficile, durato quasi quattro anni e arrivato a costare più di 14 milioni di euro. Il palazzo è di proprietà della Mediterraneo Sviluppo di Piero Coin che ha affidato i restauri allo studio dell’architetto Alberto Torsello.

La facciata in «cocciopesto» è pressoché identica, con le vetrine, le finestre e la balconata uguali a quelle di inizio Novecento. La complessità dell’intervento sta nella sua «invisibilità». «All’interno infatti è stato cambiato tutto, mantenendo solo i muri perimetrali e costruendo uno scheletro di acciaio, legno e tiranti per sostenere l’intero edificio mentre smontavamo piani e solai – spiega Torsello – In quella fase non dormivamo la notte, preoccupati da tutto». Le demolizioni prima e le costruzioni sono state rocambolesche per l’impraticabilità dei canali vicini: in bacino Orselolo lo spazio è tutto delle gondole, e anche se ci fosse stato campo libero, in realtà curve e percorsi dei canali per eventuali barche sono davvero minimi.

«Durante il giorno sbriciolavamo calcinacci e li chiudevamo sottovuoto, perché occupassero meno spazio possibile – continua l’architetto – poi, durante la notte, li trasportavamo fino alla barca che ci aspettava in Canal Grande usando carriole elettriche». Lo stesso criterio ha anche guidato la scelta dei materiali e delle tecniche per la ricostruzione, ecco perché nei locali si avranno putrelle e bulloni a vista, testimonianza dei faticosi compromessi di operai e progettisti. Diversa la sorte dell’ala ottocentesca, affacciata sulla Frezzaria: lì, dove il piano terra comune a tutto il complesso era già occupato dai negozi, ci si è limitati ad un restauro conservativo, cambiando solo gli elementi troppo deteriorati per resistere (arrivando a volte a sostituire i singoli mattoni sfilandoli dai muri).

All’interno, dove tutto diventerà un ambiente unico, il cambio di passo sarà evidente: le travature in acciaio cederanno il posto ai vecchi soffitti, in un accostamento peculiare di antico e moderno. All’esterno, invece, quasi niente tradirà l’intervento: uguali le facciate, uguali gli stucchi (rossi per l’ala novecentesca, gialli per quella del secolo precedente). L’unico segno diverso (e all’inizio contestato) è il muro laterale di congiunzione, che si intravede sopra il tetto dell’Hard Rock Café: qui, per mascherare il cambio di livello e l’adeguamento dei piani, è stata innalzata una parete aggiuntiva, con alte finestre a feritoia in pietra d’Istria capaci di ingannare gli osservatori.

In totale l’ex Pilsen ora conta una superficie di 2.800 metri quadri (contro i precedenti 3.400, che comprendevano alcuni solai aggiuntivi) di cui solo 1.500 saranno adibiti a spazio commerciale, mentre il resto verrà occupato da magazzini, elevatori, collegamenti e scale di emergenza; quattro le scale mobili previste - una per piano, ma solo in salita – mentre i soffitti spazieranno da un’altezza di 3,70 metri fino a sfiorare i sei. «Avremmo potuto trasformare il palazzo in albergo, c’era già il progetto e l’autorizzazione – spiega Coin – Si trattava però di un piano senza respiro, con tante piccole camere e quote basse. Sicuramente avrebbe garantito un ottimo ritorno commerciale, ma non avrebbe aggiunto niente alla città».

la Nuova Venezia, 28 settembre 2017. Un'eccezione positiva allo stillicidio di isole della laguna di Venezia messe in vendita per farne resort di lusso. E attraverso un'azienda partecipata, la gestione è pubblica. (m.p.r.)

Venezia.Nella laguna c'è un'isola dove ormai si parla inglese, gli abitanti sono tutti giovani e le porte degli archivi storici sono sempre aperte al pubblico. Qui passato, presente e futuro convivono senza attriti mettendosi al servizio della cultura. Non stiamo parlando di un felice pianeta lontano, ma di un'isola veneziana e dei veneziani. È l'Isola di San Servolo, a soli otto minuti da Piazza San Marco e a una sola fermata di battello da riva degli Schiavoni (vaporetto numero 20). Grande cinque ettari, quasi quattro ricoperti da un parco rigoglioso sempre accessibile, l'isola è interamente gestita dalla società in house della Città Metropolitana San Servolo Servizi.

Presente. A differenza di molte altre sorelle dimenticate, l'isola di San Servolo non ha mai conosciuto un periodo di lungo abbandono. Nota per essere stata la sede del Manicomio di Venezia, l'isola oggi è sede della Venice International University con studenti provenienti da tutto il mondo, del Collegio Internazionale dell'Università Ca' Foscari di Venezia con i 50 migliori studenti residenti nell'isola, della sezione a indirizzo digitale dell'Accademia delle Belle Arti di Venezia, della Fondazione Franco e Franca Basaglia e del Museo della Follia. Durante le esposizioni della Biennale ospita mostre di padiglioni o eventi collaterali, ma in realtà le esposizioni sono presenti tutto l'anno. Alla costante presenza di opere d'arte, si affianca l'esperienza della residenza "Waterlines" che vede la collaborazione di uno scrittore o di una scrittrice di fama internazionale con un artista locale.

Restauro. Dopo la chiusura dell'ospedale psichiatrico avvenuta nel 1978, il presidente della provincia Luigino Busatto ne intuisce le potenzialità. Investe 40 milioni della Legge speciale per restaurare la dozzina di edifici che attualmente sono tutti agibili e utilizzati. Nel giardino ci sono campi da tennis e sportivi, un barbecue che si può affittare per grandi gruppi, una terrazza per cene e un ampio spazio per matrimoni o grandi eventi, oltre a diverse sale per conferenze. In media l'isola ospita 170 congressi all'anno, tanto che tra personalità del mondo culturale e scientifico e studenti internazionale, la lingua ufficiale è l'inglese.
«Vorremmo che i veneziani sapessero che l'isola è loro», racconta Fulvio Landillo, direttore della San Servolo Servizi. «A volte si ha l'idea che una società partecipata possa essere un peso per la collettività, invece noi siamo 13 dipendenti, non abbiamo mai chiuso un bilancio in deficit, fatturiamo una media di 2,7 milioni all'anno. Siamo piccoli, ma non utilizziamo i soldi della comunità, li generiamo noi dalle nostre attività».
Cultura. Qui si respira la cultura in ogni angolo. I cinquanta migliori cervelli di Ca' Foscari abitano nell'edificio principale, dove un tempo abitava il personale medico. La Venice international University è composta da 17 università che ogni anno portano una media di 150 studenti di oltre 20 nazionalità. «L'attività principale è quella congressuale», prosegue Landillo, «abbiamo circa 170 congressi all'anno su temi scientifici, ambientali e in generale culturali. Il fatto che l'isola sia molto vicina alla città, ma che nello stesso tempo permetta agli ospiti un luogo appartato, la rende meta di tanti incontri e a noi permette di avere come ospiti delle personalità di rilievo».
Durante l'inverno c'è un'attenzione particolare ai bambini con laboratori e mostre a tema, ma anche le scolaresche sono in aumento anche per quanto riguarda la raccolta delle olive: «Abbiamo molti ulivi e grazie a Slow Food e all'associazione Laguna nel Bicchiere», spiega Landillo, «facciamo l'olio con le scuole e poi lo diamo in beneficenza. Arriviamo anche a farne 100 litri».
Giardino. Il parco, uno dei più grandi di Venezia, ospita delle specie molto particolari. Dalla palma delle Canarie che accoglie il visitatore che sbarca nell'isola, alle grandi piante di agave americana, dal tiglio europeo al bagolaro detto spaccasassi, dal platano ibrido alla safora dorata, dai grandi pini d'Aleppo, al secolare ulivo e agli alberi di ailanto, alternati a grandi arbusti di pittosporo. Impossibile non notare il grande ulivo secolare che si dice essere il più antico della laguna. Con il suo tronco intrecciato, domina il giardino guardando oltre il muro di pietra, Venezia e le altre isole.

il Post, 12 settembre 2017. Una magistrale passeggiata, con i piedi nella poltiglia artistico-mondana della Serenissima e lo sguardo sui lampi di luce e d'ombra provenienti dalle tragedie in atto nel mondo.

«Filippomaria Pontani racconta il film dell'artista cinese sui migranti, e quello che gli manca»

Diluvi a Venezia. Inondazioni ovunque, nella città del Mose. L’acqua alta di fine estate è quella del fotografo americano David Lachapelle, che in una sontuosa personale alla Fondazione Tre Oci, alla Giudecca, punta il grandangolo per mostrare l’apocalisse della nostra civiltà, non solo con le ardite composizioni michelangiolesche della serie Deluge (2006), ma anche con alcune opere più recenti quali Seismic Shift (2012), vasta panoramica su una sala allagata e in rovina, in cui campeggiano le pericolanti opere milionarie delle star del jetset artistico internazionale, Jeff Koons, Takeshi Murakami, Barbara Kruger, Andy Warhol, Zeng Fanzhi, Damien Hirst: esposta giusto davanti alla Christmas Card della famiglia Kardashian, questa allegoria pop sembra rinviare, sic et simpliciter, al declino di un lusso insostenibile.

Ancora acque negli spazi della Fondation Pinault a Punta della Dogana, dall’altra parte del Canale della Giudecca, giusto dinanzi ai Tre Oci: lì, proprio l’inglese Damien Hirst, il Creso dell’arte di oggi, documenta nell’enorme mostra Treasures from the Wreck of the Unbelievable il sedicente recupero di un gruppo di statue monumentali antiche dalle acque africane: alle pareti, filmati stile History Channel che mostrano sommozzatori e argani marittimi; sui reperti, le incrostazioni di conchiglie e molluschi; all’entrata, pannelli che sciorinano notizie erudite sulla trireme affondata, dal plausibile nome antico di “Àpistos” (“Incredibile”, appunto) e sul suo proprietario, il ricco liberto antiocheno di età antonina Cif Amotan II, trasparente anagramma per “Fantomatic”. Ma tutto è finto, tutto è una messinscena, dalla nave al recupero al liberto, tutto tranne le sculture stesse, che maestose e ammiccanti punteggiano il percorso in marmo nero, marmo rosa, granito, bronzo, oro, quarzo, cristallo, pietre preziose: in esse Hirst raffigura con maestria leggende greche, orientali e moderne (da Aracne a Calì a Mickey Mouse) in un decadente e costosissimo mish-mash mitologico tra l’ironico e il compiaciuto.

La trimurti dell’arte contemporanea mainstream in Laguna si è completata venerdì 1 settembre al Lido, sotto un acquazzone insistito, con un’altra inondazione fine-di-mondo, stavolta vera: la “Marea umana” (Human Flow) del cinese Ai Weiwei, in concorso alla 74ma Mostra del Cinema. Il documentario, poi non premiato dalla giuria nonostante le indiscrezioni della vigilia, svolge bene la funzione di raccontare il fenomeno migratorio a livello globale (straordinario – e davvero costosissimo – lo sforzo che ha portato la troupe dal Kenya al Myanmar, dal Pakistan al Messico, anche se il cuore è tra l’Europa e il Medio Oriente), inducendo inevitabili riflessioni sulle analogie e le costanti profonde che connotano chi abbandona casa propria in cerca di un futuro migliore. L’opera è tuttavia inficiata dall’ingombrante ego del regista e da troppe interviste istituzionali un po’ prevedibili (ministri, principesse, funzionari dell’UNHCR), e per di più delude chi sperava in geniali invenzioni concettuali di colui che sul tema, in qualità di artista, si era già esibito l’anno scorso in una fortunata installazione a Palazzo Strozzi. Le insistite vedute dall’alto dei campi dei rifugiati di mezzo mondo rimangono quasi una maniera, e riescono alla fin fine meno poetiche dei versi del dispatrio di Moniza Alvi (“Molto meglio un tappeto volante / finemente annodato, più ricco / del sangue, largo abbastanza / per tenere insieme la famiglia, / isolata, lontana / da ogni pericolo, / in rapido viaggio / attraverso il cielo senza confini”). Il richiamo al “rispetto”, allegato a un finto e impostato scambio di passaporti tra l’onnipresente regista e un rifugiato siriano nel campo di Idomeni, è parimenti meno fresco e probante della lirica vissuta di Shirin Fazel (“Non siamo entrati nelle vostre città / con arroganza e armati di fucili, / ma con rispetto”). E in tutto il film, praticamente privo di veri personaggi, ancor più degli sgomberi violenti dei campi di Calais e Idomeni possono le immagini di una tigre in gabbia nel caos di Gaza, o di una mucca annerita dai fumi del petrolio presso Mosul, perché – insegna l’Auden di Refugee Blues – quando l’umanità si smarrisce è inevitabile guardare agli animali (accadeva lo stesso con l’agonia dei cavalli a Beirut in una memorabile scena di Valzer con Bashir).

Chi ha calpestato le zolle di Idomeni, prima dello sgombero, e vi ha incontrato Weiwei al lavoro con la sua troupe, riconoscerà nel documentario alcuni volti reali, dal barbiere del campo a uno dei tanti bambini che giocavano a calcio con palle di pezza in mezzo al fango e ai miasmi. Ma non troverà, di quella città improvvisata e senza legge, le ferite, gli abbracci e i sorrisi schietti, quelli che forse la cinepresa inibisce, e che ha invece catturati in un bellissimo album il fotografo Sakis Vavalidis; non troverà l’odore penetrante delle fumarole, i panni stesi sulle tende e sulle staccionate, l’umanità a corrente alternata dei poliziotti (quella scintilla colta da Andrea Segre in L’ordine delle cose, il vero, grande film veneziano sulle migrazioni), i cuochi grassi e i volontari delle ONG (già, anche lì le tanto vituperate ONG) che si voltano un attimo a piangere e poi tornano a distribuire la zuppa. Né troverà quell’artista di 8 anni, Shaharzad, diventata famosa per un quarto d’ora nel 2016 con i suoi disegni a pennarello di Aleppo, dei bombardamenti e della traversata: oggi sarà negletta e imbottigliata in qualche campo di Grecia come tanti suoi fratelli ancor meno fortunati sotto i viadotti della Turchia o nei lager della Libia. Purché non entrino, purché rimangano fuori dal nostro pomerio. Purché la marea, se non può esser finta, almeno passi lontano da noi.

Accanto a noi, il diluvio: è questo il titolo di un libro importante del sociologo tedesco Stephan Lessenich (Hanser 2016), che esamina laicamente le dinamiche e i prezzi della società del benessere, di quella che egli chiama – riconoscendo in questo un puntello essenziale del capitalismo occidentale – “società dell’esternalizzazione”: vi si legge come le guerre, gli inurbamenti, le nuove povertà, le migrazioni, siano in larga parte legate al modello globale per cui una ristretta élite di Paesi sfrutta il resto del mondo, al punto che – restando agli animali – un’immaginaria società dei cani domestici statunitensi avrebbe un tenore di vita superiore a quello del 40% della popolazione umana mondiale. Secondo Lessenich, ci si può anzi meravigliare che – stanti le disuguaglianze sempre crescenti e ormai incalcolabili tra il “Nord” e il “Sud” – le migrazioni non assumano proporzioni ben più cospicue e ingestibili. Ma la questione non è soltanto economica, ed ecologica (i cambiamenti climatici, i conflitti per le risorse, le speculazioni delle multinazionali sulla sabbia dell’Indonesia, la bauxite del Brasile, la soja dell’Argentina, il cotone dell’India), bensì investe la coscienza collettiva di società che non vogliono vedere, che esternalizzano la loro coscienza dimenticando che, al di là di ogni facile terzomondismo, dietro ogni profugo nigeriano o libico sta un barile del nostro petrolio estratto dalla sua terra, dietro ogni Afghano una mole del nostro gas che passa dai suoi monti – risorse preziose sottopagate agli oligarchi locali, che peraltro depositano i loro soldi cifrati nelle banche dell’Occidente.

Nel film di Ai Weiwei, distribuito da Amazon, di tutte queste dinamiche non si intuisce praticamente nulla; ma ora che nel nostro mondo “borderless” si sono alzati muri da ogni parte (financo in mare), ora che – come mostra Segre con straordinaria preveggenza – non arretriamo nemmeno più dinanzi al prezzolare carcerieri turchi e scafisti libici perché siano loro a stornare le ondate e a ricacciare l’orrore nel prediletto “regime dell’invisibile”, potrebbe dunque essere nel giusto Lessenich a sostenere che tutto questo non sia un fenomeno passeggero, che i pannicelli caldi della “green economy” e della “crescita intelligente” siano degli specchietti per le allodole, kicking the can down the street, e che i grandi eventi in corso stiano davvero grattando il limite estremo del modello neocapitalista di sviluppo? “La marea che sale solleva tutte le barche” diceva J.F. Kennedy per motivare il progresso capitalista degli anni ’60. Ma se le dighe ormai scricchiolano (perché, prima o poi, cederanno), e se nel cielo di Venezia sembrano arrivare altri diluvi, quali colombe ancora ascolteremo?

Le autorità cittadine hanno assicurato che la prossima volta provvederanno a trasferire le cittadine e i cittadini veneziani in un campo provvisorio realizzato dagli amici libici del Sindaco tra Misurata e Bengasi. la Nuova Venezia, 14 agosto 2017



L'articolo e l'ordinanza sono autentici. La presentazione no (e.s.)la Nuova Venezia
VENEZIA. CIAK SI GIRA,
L'ORDINANZA PER LE RIPRESE
DEL FILM DI EASTWOOD
di Roberta De Rossi

«Tutto quello che occorre sapere durante i tre giorni di riprese del film del grande regista. Anche un vaporetto utilizzato per le sequenze»


VENEZIA. Il Comune di Venezia ha emanato la ordinanza per la regolamentazione della viabilità acquea in Canal Grande e in alcuni rii della Ztl interna al Centro storico di Venezia per consentire lo svolgimento delle riprese cinematografiche del film di Clint Eastwood “The 15:17 to Paris”.


Mercoledì 16 agosto 2017 vengono riservati in esclusiva per l'ormeggio delle unità di servizio impiegate per le riprese cinematografiche: dalle ore 7.30 alle ore 13.00 il tratto di riva pubblica dell'ex “Direzione Compartimentale Ferrovie” compreso tra l'ormeggio riservato alle unità Granturismo, alle quali comunque deve essere consentito l'approdo, e il Ponte della Costituzione; dalle ore 9.00 alle ore 13.00 il tratto di riva pubblica di Piazzale S. Lucia compreso tra le fermate Actv- linea 1 e linea 2, rive pubbliche n° 020 20-21-22-23; dalle ore 13.30 alle 15.30 circa è autorizzata la circolazione in Canal Grande, da Piazzale Roma a S. Angelo, di un vaporetto Actv impiegato esclusivamente come unità di scena. Nella fascia oraria immediatamente precedente è consentito lo stazionamento del vaporetto presso l'approdo riservato in Bacino S. Chiara, giusta concessione PMV n° 69947/2015, per il carico del personale e delle attrezzature tecniche; sono anche consentite le manovre di cambio direzione di marcia, in Canal Grande all'altezza del Bacino S. Chiara e Canale Scomenzera e all'altezza della confluenza con il Rio di S.Polo; è autorizzato, visto il parere positivo della Direzione Navigazione di Actv, l'uso del pontile della fermata di linea “S. Samuele”, per l'imbarco-sbarco degli addetti dalle imbarcazioni di servizio, l'eventuale trasbordo di carichi non trasportabili a mano dovrà invece avvenire dalla riva pubblica a fianco della fermata; l'uso del pontile PMV a S. Chiara, della suddetta fermata e la navigazione del vaporetto, sono subordinati allo svolgimento del servizio di trasporto pubblico di linea, rimangono valide in particolare le disposizioni di transito nel tratto di canale circostante il ponte di Rialto; dalle ore 16.00 alle 22.00 le rive pubbliche n° 083-12 di Campo S. Vidal e F-083-005 e n° 083-09, di Fondamenta Barbaro in Rio dell'Orso, vengono riservate in esclusiva allo stazionamento delle unità di servizio impiegate per le riprese.
Inoltre si dovrà garantire il funzionamento del servizio gondola da nolo ubicato in Canal Grande-Campo S.Vidal,
- le rive in Rio dell'Orso dovranno essere usufruite consentendo la movimentazione delle gondole con stazio presso la testata del rio; durante la fascia oraria di ormeggio alle rive vengono temporaneamente sospese le occupazioni di spazio acqueo in Rio dell'Orso n° 54747/2013 e n° 63428/2014, i concessionari interessati dovranno provvedere allo spostamento delle imbarcazioni; è autorizzato il transito in Rio del Santissimo, fino all'edificio del Conservatorio, delle unità di servizio e da trasporto, che dovranno comunque permettere in qualsiasi momento il transito di altre imbarcazioni.

Giovedì 17 agosto 2017: dalle ore 09.00 alle ore 13.00, il pontile pubblico P028-030 in Canal Grande-Campo dell'Erbaria a Rialto è riservato in esclusiva allo stazionamento delle unità di servizio
impiegate nelle riprese; dalle ore 13.00 alle ore 15.30 circa, è autorizzata la circolazione in formazione raggruppata in Canal Grande, da Campo dell'Erbaria a S. Maria del Giglio, di una gondola di scena, di non oltre tre imbarcazioni da trasporto e non oltre tre unità in servizio pubblico di noleggio con conducente; nel tratto di Canal Grande da Campo dell'Erbaria all'incrocio con il rio di S. Luca si dovranno rispettare le disposizioni di transito vigenti, navigando in fila indiana in prossimità della sponda lato S. Polo-Riva del Vin e con unità distanziate l'una dall'altra; dalle ore 16.00 alle ore 21.00, nel tratto di Canal Grande compreso tra gli approdi Actv “S. Maria del Giglio” e “Salute”, imbarcaderi esclusi, viene autorizzato lo stazionamento operativo di una gondola e di quattro unità tipo “taxi“ di scena; è brevemente interrotto il traffico acqueo, per periodi ripetuti di massimo 3 minuti alla volta, facendo in modo di non ostacolare il servizio di trasporto di linea, mentre il servizio di traghetto gondole dovrà cadenzare i passaggi secondo le brevi limitazioni; l’interdizione temporanea della viabilità acquea è subordinata alle esigenze di transito dei mezzi del Pronto Intervento in servizio di emergenza; il personale della società dovrà richiedere la vigilanza e concordare con la Polizia Municipale l’attività disegnalazione delle aree interdette al transito; dovrà comunque provvedere costantemente alla delimitazione e segnalazione dell'area e all'esposizione della segnaletica indicante la temporanea chiusura della viabilità acquea e alla relativa rimozione una volta ultimate le riprese; dalle ore 13.00 alle ore 21.30, è riservata in esclusiva allo stazionamento delle unità di servizio la riva F087-005, in Rio della Vesta-bacinetto della Fenice, da Ponte Maria Callas alla calle del Piovan; durante la stessa fascia oraria è sospesa l'occupazione di spazio acqueo n° 9627/1995, il concessionario interessato dovrà provvedere allo spostamento dell'imbarcazione.

Venerdì 18 agosto 2017: dalle ore 14.00 alle ore 21.30, sono riservati in esclusiva allo stazionamento delle unità di servizio il pontile pubblico comunale del Molo di San Marco-”Todaro” e la riva n° 92-010 di Calle dell'Ascension nel rio dei Giardinetti; nella riva di Calle dell'Ascension dovrà essere consentito l'approdo alle unità Veritas per il carico dei rifiuti solidi urbani dall'area Marciana.

Altre disposizioni e prescrizioni: nei giorni 16-17-18 agosto durante la fascia oraria giornaliera delle lavorazioni, dalle 7.30 alle 21.30 circa, è autorizzata la circolazione in Canal Grande delle unità di servizio opportunamente identificate, sia adibite al trasporto cose che a noleggio con conducente per il trasporto persone; è consentito anche il transito sotto il ponte di Rialto (tra i rii del Fontego dei Tedeschi e di S. Salvador), rispettando il senso unico di marcia in direzione Ca' Foscari dalle ore 12.00 alle ore 15.00, osservando la precedenza alla circolazione dei mezzi dei servizi di trasporto pubblico e in maniera che sia sempre possibile la normale viabilità; tutte le unità dovranno essere impiegate in conformità alle normative vigenti in base alla categoria di trasporto di appartenenza, secondo quanto stabilito dai documenti di navigazione e dalla Legge Regionale n. 63/93; i responsabili delle riprese dovranno concordare con Polizia Municipale la presenza di agenti per provvedere al controllo del traffico e in ogni caso adeguare le operazioni alle direttive comunicate sul posto.

Agli appetiti sempre più grandi degli investitori privati risponde uno s-governo della città pubblico che infrange ogni regola urbanistica ed edilizia. L'autorità preposta alla tutela dei beni culturali tacerà ancora una volta? la Nuova Venezia, 11 agosto 2017 (m.p.r.)

Una terrazza panoramica sui tetti delle Procuratìe Vecchie, con affaccio su Piazza San Marco, simile a quella realizzata al Fontego dei Tedeschi con vista sul ponte di Rialto e sul Canal Grande dal gruppo Benetton con l'archistar olandese Rem Koolhaas. È il clamoroso progetto che Assicurazioni Generali - con l'amministratore delegato Philippe Donnet - avrebbero in mente per "valorizzare" ulteriormente il complesso monumentale all'interno dell'intervento di ristrutturazione già in corso (seguìto dall'architetto Gretchen Harnischfeger Alexander) che prevede il frazionamento degli spazi un tempo riservati agli uffici della compagnia assicuratrice separate a uso direzionale di uso pubblico.

Il progetto già annunciato da Donnet ma non ancora presentato ufficialmente - dovrebbe avvenire ai primi di ottobre - e concordato con il Comune prevederebbe che questi spazi possano essere ceduti a grandi imprese internazionali, in una cornice come quella di Venezia e dell'area marciana. Ma anche attività di ricerca - legate anche a una fondazione che si occuperebbe anche di sostenibilità ambientale - e di tipo culturale, con una possibile area espositiva. E se Benetton ha chiamato un archistar come Koolhaas per la terrazza panoramica del Fontego, Generali avrebbero pensato a un'altra archistar per quella delle Procuratìe: l'architetto britannico David Chipperfield, già direttore della Biennale Architettura e già autore a Venezia del progetto di allargamento del cimitero di San Michele e di quello preliminare di restauro e riallestimento dell'ala storica delle Gallerie dell'Accademia.
La terrazza panoramica su Piazza San Marco sarebbe funzionale agli eventi "interni" organizzati dalle Generali nelle Procuratìe per i suoi ospiti e non avrebbe dunque un uso pubblico. Ma essi potrebbero appunto godere dall'alto della vista incomparabile della Piazza.Sulla proposta di realizzare sui tetti delle Procuratìe Vecchie una terrazza panoramica ci sarebbe già stato un incontro preliminare con la Soprintendenza veneziana, che non sarebbe però favorevole al via libera. Generali si baserebbe sul fatto che sui tetti delle Procuratìe ci sono già una piccola terrazza e alcune altane in legno e ferro, già a suo tempo rifatte in un precedente intervento di restauro compiuto dall'impresa Innocente & Stipanovich su progetto e sotto la direzione lavori dell'architetto Giampaolo Mar (tra l'altro padre dell'attuale assessore al Turismo Paola Mar, che a suo tempo fu anche autrice di una ricerca storico documentaria per lo studio di fattibilità per il restauro e la ristrutturazione delle Procuratie Vecchie).
La richiesta sarebbe dunque quella di trasformare la terrazza questo sistema di altane già esistenti in un'unica terrazza, rialzata, che permetta appunto la vista della Piazza. E le Generali, per convincere la Soprintendenza, si sarebbero fatte forti del precedente "Fontego dei Tedeschi". Se i Beni culturali hanno già detto sì alla realizzazione della terrazza sul tetto del cinquecentesco edificio, non dovrebbero opporsi all'analoga richiesta delle Generali, che stanno investendo molto in città e nell'area marciana anche con il finanziamento del rifacimento dei Giardinetti Reali. Ma al di là del cambio dei dirigenti - la soprintendente che ha seguito il progetto del Fontego era Renata Codello, mentre al suo posto c'è ora Emanuela Carpani - la Soprintendenza avrebbe finora fatto muro, limitandosi a concedere, per quanto riguarda la copertura delle Procuratie, la sistemazione degli spazi già esistenti. Un rifiuto non bene accetto, mentre intanto i tempi stringono e Generali - pur ancora senza tutti i tasselli a posto - dovrà a fine estate presentare il suo progetto.

Continuano a cincischiare litigando per due soluzioni entrambe devastanti per la Laguna e per la città. L'unica soluzione ragionevole è: via le grandi navi dall'area veneziana. la Nuova Venezia, 3 agosto 2017

Venezia. Botta e risposta tra il presidente dell'Autorità di Sistema Portuale, Pino Musolino e il presidente della Municipalità di Venezia Giovanni Andrea Martini sull'attesa della soluzione scelta dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per risolvere il problema dell'accesso delle grandi navi da crociera a Venezia. «Il ministero da noi consultato ci ha risposto» spiega Martini «che la documentazione da noi richiesta e relativa alle analisi comparativa tra alternative progettuali esiste, ma che trattasi di una bozza presentata dal presidente della Autorità di Sistema Portuale di Venezia, non ancora inoltrata ufficialmente al ministero, in quanto non ancora finalizzata e ancora in corso di ultimazione, dove non si è insediato alcun tavolo tecnico». «Tutte le dichiarazioni del sindaco Brugnaro e di Musolino» aggiunge il presidente della Municipalità di Venezia «che da mesi dicono che la soluzione verrà presto annunciata dal ministero non trovano, quindi, alcun fondamento».

Immediata la risposta dello stesso presidente Musolino: «stiamo lavorando alacremente da mesi per dare al Governo tutti gli strumenti per decidere sul futuro della crocieristica veneziana». «La fretta è nemica del meglio» aggiunge Musolino «sono 5 anni che Venezia e l'opinione pubblica attende una soluzione ed è compito di uno Stato e dei suoi uomini e donne sul territorio agire con consapevolezza e determinazione per raggiungere questo obiettivo. È però evidente che, per elaborare studi e soluzioni comparative ci vuole il tempo necessario, queste infatti devono essere complete, sostenibili sia ambientalmente che economicamente, ma soprattutto dettagliate. Solo così non sarà perso altro tempo in progetti inutili e non realizzabili».
E all'impressione espressa da Martini che «la volontà sia quella di lasciar passare il tempo e far sì che le navi continuino a transitare in Bacino San Marco» Musolino risponde: «Se fino a ieri è stata scelta una metodologia diversa che ha visto il proliferare di progetti e idee che hanno solo alimentato polemiche sterili e creato vane speranze, oggi non abbiamo altro tempo da perdere. In questo senso le numerose riunioni tra Governo, Comune, esperti, compagnie di crociera e operatori che si sono svolte in questi mesi, hanno il compito di approfondire tutti gli aspetti di identificare le analisi necessarie per raggiungere una quadra complessiva e sostenibile che sarà poi presentata a tutti, anche al consiglio di Municipalità dove ho avuto già il piacere di partecipare e dove sarò lieto di tornare con proposte concrete».

Facile per Porto e Venezia terminal passeggeri invocare i dati ufficiali dell'Arpav. Come se non sapessero che a Venezia e in tutta la laguna c'è un'unica e inutile centralina. la Nuova Venezia, 1 agosto 2017 (m.p.r.) con riferimenti

«Se vi recate quest'estate a Venezia per una vacanza, non dimenticate di mettere in valigia la vostra mascherina anti-smog. Preoccuparsi dell'aria inquinata può sembrare strano in una città con poche strade e macchine, ma l'aria di Venezia presenta dei rischi nascosti». Il noto quotidiano britannico The Guardian sposa la causa ambientalista sul problema del passaggio delle navi da crociera in Bacino San Marco e dell'inquinamento da loro prodotto, mettendo in guardia i propri connazionali diretti in laguna. Lo ha fatto pubblicando nell'edizione di ieri un articolo di Axel Friedrich, ambientalista tedesco esperto di inquinamento che lavora con l'Ong tedesca Nabu, e che ha già fatto un paio di anni fa con il suo pool rilevazioni sull'inquinamento prodotto a Venezia dalle navi da crociera, in collaborazione anche con il Comitato NoGrandiNavi.


«Inquinamento in laguna 500 volte superiore a quello in mare»
L'articolo si intitola appunto «Diretti a Venezia? Non dimenticate la mascherina anti-smog». «Ogni giorno cinque o sei delle più grandi navi da crociera del mondo avanzano nel cuore della città antica», scrive Fredrich sul Guardian. «Queste navi pubblicizzano i loro lussuosi ristoranti, le loro grandi piscine e il divertimento esotico ma non dicono nulla sulle esalazioni che sprigionano nell'atmosfera». Friedrich aggiunge che «i veneziani hanno ragione ad essere arrabbiati» per l'impatto del turismo e ricorda il referendum lanciato da NoGrandiNavi per chiedere alle navi da crociera di rimanere fuori dalla laguna.
«Gli operatori delle navi affermano che usano combustibili a basse emissioni inquinanti ma le misurazioni che ho effettuato», continua l'autore, «vicino al porto di Venezia raccontano una storia diversa». Secondo Friedrich «mentre le grandi navi navigavano lungo il canale principale, a pochi passi dalla riva, la mia squadra ha registrato fino a 500 particelle ultra-sottili per centimetro cubo, 500 volte superiore rispetto all'aria pulita del mare». L'autore conclude che «le navi da crociera sono un pericolo non solo per gli abitanti della città, ma anche per gli stessi turisti».Trevisanato (Vtp): «Una "bufala" pazzesca».
«Una "bufala" pazzesca»

Questo il pepato commento di Sandro Trevisanato, presidente dimissionario della Venezia terminal passeggeri (Vtp), la società che gestisce lo scalo crocieristico veneziano, su quanto scritto sul Guardian da Axel Friedrich. Per Trevisanato, dopo l'accordo Venice Blue Flag siglato tra Porto, Capitaneria di Porto, Comune e le società crocieristiche che fanno scalo a Venezia «l'inquinamento da navi passeggeri è pari a zero perché vengono utilizzati carburanti "puliti" ma le stesse navi non possono scaricare "rifiuti" nell'aria a 10 miglia dalle bocche di porto della città, mentre vi transitano e stazionano».
«Le cosiddette grandi navi», ricorda Trevisanato, «non passano più per Venezia viste le restrizioni imposte al tonnellaggio, tutto mentre si aspetta il via libera all'ingresso, per evitare San Marco, alla "bocca" degli Alberoni per poi passare lungo il canale dei Petroli e quindi il Vittorio Emanuele, canale che è da ripristinare perché non più in uso da anni. Lo scandalismo ambientalista di certi personaggi non tiene conto del fatto che le navi da crociera sono un passaggio stagionale mentre ad esempio i mezzi pubblici, i vaporetti, inquinano tantissimo e che i picchi di inquinamento si hanno quando il riscaldamento delle case è acceso mentre la città è attraversata da migliaia di barche a motore anche di stazze notevoli che non hanno limiti sui carburanti».

Musolino (Porto): «Guardate i dati Arpav»

«Non portano dati, portano commenti, su questa vicenda è come parlare della nazionale di calcio: siamo tutti commissari tecnici». Lo afferma Pino Musolino, presidente dell'Autorità portuale di Venezia respingendo le affermazioni sull'inquinamento da passaggio delle navi da crociera sostenuti da Axel Friedrich su The Guardian. «Non si sa nulla su come sia stata fatta questa indagine», rileva Musolino, «quando, seguendo le norme di legge, c'è l'Agenzia regionale per l'ambiente del Veneto che monitora costantemente tutto». «Ci sono associazioni ambientaliste che depositano in procura un esposto ogni tre giorni», aggiunge, «ma non ne è passato uno perché se i dati che pubblichiamo sul web fossero falsi e gli esposti credibili, a quest'ora sarei davanti a un Pm con accuse precise». «Noi produciamo dati scientifici», sottolinea Musolino, «non opinioni e mi stupisce una testata giornalistica che invece di sentire noi o guardare il nostro sito, con dati certificati, vada a dar fiato a una persona che non spiega la fonte e modalità delle sue presunte indagini. Se inquinassimo, saremmo già stati convocati in Procura, ma è anche vero che potremmo andarci noi, considerato ciò che ci è stato detto contro».
Inquinamento a settembre nuova denuncia

«Alla fine di settembre abbiamo intenzione di presentare un nuovo dossier-denuncia sull'inquinamento delle grandi navi agli organi competenti e alla Procura della Repubblica di Venezia», annuncia Luciano Mazzolin per l'associazione AmbienteVenezia e per il Comitato NoGrandiNavi. Mazzolin ricorda che Friedrich, che ha scritto l'articolo sul Guardian, ha fatto una campagna di rilievi in città negli ultimi tre anni. «L'ultima campagna», rileva Mazzolin, «si è tenuta nell'aprile scorso ed avrebbe indicato un inquinamento atmosferico lungo le rive del bacino di San Marco e il canale della Giudecca, dove passano le navi passeggeri, con le polveri sottili per 180 mila particelle al centimetro cubo, a fronte di limiti internazionali che oscillano dalle mille alle duemila "parti"». Mazzolin sostiene che secondo Friedrich «l'inquinamento si verificherebbe anche all'interno delle navi, facendo respirare polveri ultra sottili per 320 mila parti a centimetro cubo».

Riferimenti
Sull'inutilità dell'unica centralina dell'Arpav a Venezia, e sulla gravità dell'incontrollato traffico acqueo in laguna, si veda su eddyburg di Silvio Testa Venezia, le “14.000 auto” che inquinano città e laguna

Forse un giorno a Venezia non si autorizzeranno altre trasformazioni d'uso alberghiero. Comincia la corsa ad attrezzare il resto del territorio: la terraferma e le isole. la Nuova Venezia on line 22 luglio 2017

Lido. Un Lido a 5 stelle. È questo il futuro - solo turistico - dell’isola secondo il masterplan predisposto dall’Agenzia Sviluppo Venezia (voluta dal sindaco proprio per attrarre nuovi capitali su Venezia) e proposto ieri agli investitori che sono accorsi in massa nella sede del Casinò di Ca’ Vendramin Calergi.

Potenziali investitori.
Una fila di potenziali investitori. Non c’erano solo Marco Sangiorgio, direttore generale di Cassa Depositi e Prestiti - che ha in corso con Club Mediterranée e Th Resorts il progetto per la trasformazione dell’ex Ospedale al Mare in un resort di lusso con area benessere - e Matteo Ravà, manager di Coima, che si sta occupando della prossima ristrutturazione degli hotel Excelsior e Des Bains (ne riferiamo a parte). Ma c’era, ad esempio Paolo Giacobbo, del Gruppo Marzotto di Vicenza, che punta a realizzare un resort di lusso da 120 camere nell’ex Colonia Padova agli Alberoni, anche se non ha ancora ottenuto il via libera per la realizzazione di una piscina al servizio del complesso. E Pietro Mazzi e Marco Recalcati alla guida dei settori Real Estate di due colossi bancari come Banca Intesa e Unicredit. Ma anche Vieri Nissim, advisor italiano del Fondo Yida cinese, che ha già messo gli occhi in Italia su Esselunga. O Mauro Sbroggiò, amministratore delegato della Finint di Enrico Marchi.

L'affare.
Perché tutti hanno fiutato l’affare e capito che il Lido è attualmente sottofinanziato e sottovalutato e con la ripresa immobiliare in arrivo e la vicinanza con la Venezia storica, ormai satura di posti-letto alberghieri, può diventare un’opportunità di investimento per un nuovo turismo alberghiero di fascia alta, quello su cui stanno investendo Cassa Depositi e Prestiti e Coima. Una lista di “contenitori” a uso alberghiero. Più che un piano strategico di sviluppo dell’isola, quello che il presidente dell’Agenzia Sviluppo Venezia Beniamino Piro ha presentato agli investitori - con il prosindaco del Lido Paolo Romor - è stata una visione “a volo d’uccello” dei possibili contenitori a uso alberghiero dell’isola, insieme a un po’ di numeri, impietosi, sulla situazione attuale.
«Il Lido ha circa 540 mila presenze alberghiere annue - ha detto - poco più di quelle di Eraclea e le stesse degli anni Cinquanta quando Cavallino Treporti supera i 6 milioni, Jesolo è oltre i 5 milioni e 300 mila e Caorle un milione più sotto. Offre poco più di 4 mila posti-letto alberghieri - con un solo albergo a cinque stelle oggi funzionante- contro i quasi 9 mila di Eraclea, o gli oltre 60 mila di Jesolo o i 72 mila di Cavallino-Treporti. Per questo bisogna puntare su un nuovo sviluppo alberghiero di qualità, anche per il Lido, che crei nuovi posti di lavoro. Nel masteplan abbiamo reinserito anche la grande darsena di San Nicolò che voleva realizzare EstCapital accanto all’ex Ospedale al Mare. Il progetto c’è già per chi volesse investire. Pensiamo ad esempio che l’area balneare vicino via Klinger potrebbe diventare un grande spazio riservato al divertimento e allo svago giovanile, concentrando qui locali e attività».

Distretto sanitario spostato alla Favorita

La riunione è servita anche ad aggiornare lo stato di avanzamento del masterplan dell’ex Ospedale al Mare che sarà presentato a settembre da Cassa Depositi, con Club Mediterranée e Th Resorts. Presente anche il direttore generale dell’Asl Serenissima Giuseppe Dal Ben, si è ragionato anche di un ridimensionamento o di un possibile spostamento del Distretto sanitario del Lido dal Monoblocco nell’area della Favorita, attualmente libera. I servizi attuali saranno mantenuti ma Dal Ben ha chiarito che, essendo già l’Ospedale Civile di Venezia sottoutilizzato, non è possibile pensare a nuovi investimenti di carattere sanitario.
Nel progetto in corso per l’ex Ospedale al Mare, Club Méd si occuperà in particolare del nuovo resort del lusso, mentre Th Resorts dovrebbe curare anche gli aspetti dell’area benessere, compreso il ritorno delle sabbiature, care al sindaco Luigi Brugnaro. Da capire anche quali degli ex padiglioni sanitari dell’Ospedale al Mare verranno mantenuti e ristrutturati e quali abbattuti, anche perché fatiscenti. Su questo, dopo la presentazione del masterplan, si aprirà la delicata trattativa con la Soprintendenza veneziana, tenendo però anche conto del fatto che esiste già un progetto residenziale-alberghiero per l’area presentato da EstCapital e approvato anche dall’organo di tutela, che può rappresentare un punto di partenza.

Nulla di fatto per il progetto del sindaco Brugnaro di spostare le grandi navi a Marghera. In questo articolo si tutte le difficoltà e a chi giova perdere tempo e mantenere lo status quo. la Nuova Venezia, 8 luglio 2017 (m.p.r.)

Il sindaco Brugnaro aveva anticipato ai giornali il disegno che doveva dare - stando alle parole del ministro Delrio - risposta risolutiva al permanere delle navi da crociere nella Laguna di Venezia. La proposta finale sembra essere un disegno che vede le navi da crociera risalire i canali industriali dalla bocca di Malamocco per attestarsi, alcune, in più siti interni all'area di Porto Marghera, altre invece proseguire per raggiungere la Marittima attraverso il canale Vittorio Emanuele. Vi hanno lavorato l'Autorità portuale e gli uffici della Struttura di missione del Mit a stretto contatto con le Compagnie che erano sedute alla stesso tavolo con le pubbliche amministrazioni in ripetute riunioni. L'ultima riunione si è svolta nei giorni scorsi e si è conclusa con la presa d'atto del nulla di fatto e con il rinvio del Comitatone a fine settembre. L'ultima sospensione sembra assumere quindi i contorni dell'ennesimo annuncio seguito da nessuna decisione.
È utile esaminare perché, e quali sono gli ostacoli, non ignoti, che sul piano tecnico delle approvazioni si oppongono, al momento delle verifiche a questo ultimo disegno, prodotto al di fuori di ogni procedura codificata. Per scavi e qualità ambientale, attiva e passiva, allo stato attuale questo è solo un disegno, non ancora un progetto, tanto meno un progetto definitivo: manca ogni dettaglio tecnico e ogni stima numerica e, soprattutto, manca il proponente. Possiamo comunque già dire che, una volta individuato il proponente (necessariamente privato) e sviluppato il progetto, questo dovrebbe essere assoggettato necessariamente alla "Via" se non altro perché il primo requisito della Via è l'impatto sulla salute e sicurezza umana. Il disegno si sviluppa in zona industriale ad altro rischio di incidente rilevante.
È una ipotesi talmente imponente in scavi e stravolgente in logistica, che sembra difficile che coloro che lo stanno sviluppando possano pensare di evitare di sottoporre il progetto alla valutazione per la sicurezza, alla valutazione sull'impatto ambientale delle modifiche territoriali previste, sui cambiamenti delle dinamiche idrauliche, sulla natura dei fanghi da scavare, allo smaltimento dei medesimi, sulla modifica di antiche banchine da sbancare, sulla discarica dei fanghi delle Tresse da dragare, sulle recenti strutture di contenimento del canale industriale da disfare. Infine non sembra nemmeno evitabile la valutazione ambientale strategica riservata ai Piani e Programmi. Il Contorta, chiamato alla Via dal Comitatone, era un progetto di ambizioni molto inferiori rispetto a questa proposta: e non ha superato l'esame della Valutazione di impatto ambientale.
Dico questo perché compito di una Pubblica amministrazione è anche quello di non incorrere - o far incorrere - in azioni temerarie. Aggiungo che il MinAmbiente non sembra sia stato interessato ancora a questo disegno per la valutazione di assoggettabilità alla Via e alla "Vas". Ìl diverso uso delle aree di Porto Marghera, infatti, dovrebbe essere sottoposto a Vas (Valutazione ambientale strategica) in un nuovo e diverso Piano regolatore portuale dato che questo diverso uso comporta una modifica al Piano regolatore vigente e manca di essere compreso nelle recenti indicazioni del progetto di Piano assegnato con bando di gara appena l'anno scorso.
L'Autorità portuale, a firma del precedente presidente, Paolo Costa ha bandito la gara per il nuovo Piano regolatore portuale e queste diverse destinazioni e attività oggi ipotizzate per le crociere nelle aree del porto commerciale non sono comprese nel bando di gara, anche perché, in molti e precedenti Atti ufficiali della stessa Autorità portuale, erano state scartate come incompatibili con le funzione portuale commerciale e industriale. Per l'area Syndial, poi, la bonifica è stata appena finanziata dal Cipe per sistemare la nuovo area container in funzione di "on-port". Ora l'area dovrebbe essere riconvertita nel progetto approvato negli Atti del Cipe ad altra funzione privata e rimarrebbe da chiarire nel Piano portuale dove andrebbero i container e chi pagherebbe la bonifica.
Non è azzardato supporre che questo nuovo disegno per le navi da crociera non possa arrivare ad alcun esito positivo. Tutte le ipotesi sulle aree e sullo scavo del Vittorio Emanuele che questo disegno riunisce, sono state in precedenza più volte valutate, una per una, dall'Autorità marittima e considerate negativamente dal punto della sicurezza della navigazione, per la presenza di impianti industriali ad alto rischio, e per la commistione dei traffici. Il disegno ora preannunciato, stando alle dichiarazioni dei comparti produttivi, porta ad affossare l'attività del Porto commerciale che, a vederla anche dal lato occupazionale, conta migliaia di addetti effettivi e ben strutturati.
Alla fine proporre soluzioni, che sono destinate alla bocciatura, avrebbe l'unico effetto che le navi dovrebbero restare - sine die - sulla rotta di San Marco. Rotta percorsa ora in modo illegittimo: infatti, caduto il Contorta, cui era legata la deroga al divieto del Clini-Passera, non vi è altra soluzione individuata (che deve essere con Via positiva di compatibilità ambientale), cui la Capitaneria di porto può legare la deroga al divieto. L'unica soluzione individuata disponibile rimane il progetto della Duferco. L'esistenza di questo progetto non potrà essere ignorata a lungo, pena l'insistenza di una violazione di legge, come ho avuto modo di segnalare anche alle Autorità responsabili della tutela della legge.
I posti di lavoro della crocieristica dei quali si danno volta per volta numeri diversi, possono essere sicuramente salvati in modo certo spostando la crocieristica nel distretto esterno alla laguna. Certo, sarebbe utile un'indagine - con uno studio dedicato - circa la qualità e natura dei contratti dei lavoratori, dei fornitori dei servizi e dei guadagni dei concessionari e raccomandatari che hanno goduto finora della concessione esclusiva della Marittima che ora le Compagnie hanno monopolizzato con l'ingresso in Vtp. Quali sarebbero gli sviluppi futuri in un ambiente concorrenziale aperto?
Andreina Zitelli è docente Iuav, già membro commissione "Via" nazionale
Concedendo un contentino, un piccolo tratto libero nella spiaggia libera dell'ex Ospedale al Mare, si determins la privatizzazione di tutte le spiagge del Lido. la Nuova Venezia, 6-7 luglio 2017 (m.p.r.)

la Nuova Venezia, 7 luglio 2017
LIDO: C'È L'INTESA SULLE
AREE LIBERE IN SPIAGGIA
di Enrico Tsbtucci

Lido. Spiagge un po' più «libere» nel nuovo Piano degli arenili del Lido. La commissione consiliare di ieri ha visto infatti una parziale retromarcia della Giunta - con l'assessore all'Urbanistica e Ambiente Massimiliano De Martin - sulla "privatizzazione" delle spiagge e l'aumento delle metrature delle concessioni ai gestori degli stabilimenti. La Giunta presenterà infatti un emendamento che consentirà una fascia di 30 metri dalla battigia, in cui - se i gestori dei vari stabilimenti saranno d'accordo - i clienti potranno stare con ombrelloni, asciugamani o sdraio senza dover pagare nulla. Una situazione che servirà soprattutto per spiagge come la Zona A - dove è consuetudine che molti clienti della capanne si spostino in riva - ma che non cambierà invece in altre come quelle di Excelsior e Des Bains, dove i gestori lo consentiranno. In ogni caso, anche aumentando le concessioni di oltre il 30 per cento di spazi, i gestori non potranno aumentare le attrezzature di più del 20 per cento.

Accolta in linea di principio anche la proposta del consigliere comunale della Lista Brugnaro Maurizio Crovato di creare una nuova spiaggia libera nell'ultimo tratto della Zona A - adiacente all'ex Ospedale al Mare - dove chiunque potrà sostare liberamente, anche se dovrà pagare i servizi che deciderà di utilizzare. Una svolta motivata anche dalla consapevolezza che la Lega (con la consigliera Silvana Tosi) e Forza Italia, con il capogruppo Saverio Centenaro, non avrebbe altrimenti votato il Piano degli arenili in Consiglio comunale.
«La proposta originaria della Giunta era, tra l'altro», commenta la consigliera M5S Elena La Rocca, «di vietare agli utenti delle spiagge della zona A e di San Nicoletto di portare in riva propri ombrelloni e seggioline. Per due commissioni abbiamo insistito sull'impatto sociale che questa scelta avrebbe avuto, visto che sono spiagge frequentate da famiglie e persone anziane per le quali il proprio ombrellone in riva è indispensabile. Se si vuole aumentare l'affluenza, basta aggiungere collegamenti acquei verso San Nicolò e gli Alberoni, in modo da rendere il viaggio più comodo e incrementare l'affluenza da Mestre e da Marghera. La nostra proposta prevederebbe sia migliori collegamenti con i battelli sia una pista ciclabile che faccia l'intero giro dell'isola in sicurezza in tutte le sue parti». «Dobbiamo rendere il Lido la spiaggia anche dei mestrini», ha sottolineato Nicola Pellicani del Pd, «e per questo servono collegamenti migliori con la terraferma»

la Nuova Venezia, 6 luglio 2017
LIDO LA SPIAGGIA

NON È PIU' PER TUTTI
di Enrico Tantucci
Lido. Il nuovo Piano particolareggiato degli arenili del Lido predisposto dal Comune - che tornerà in Commissione consiliare dopo le polemiche dell'ultima seduta riguardo alla "privatizzazione" delle spiagge, a cominciare da quella del Blue Moon - prevede complessivamente un aumento delle spiagge in concessione di oltre il 33%. Si passa da 450 mila metri quadri a oltre 600 mila metri quadri.
Ma scorrendo le superficie di concessione previste per i vari stabilimenti, si scopre che in molti casi l'aumento delle spiagge non più libere ma destinate ai servizi attrezzati dei gestori, ha percentuali ben superiori. Ad esempio per la concessione a Venezia Spiagge relativa alla spiaggia di Lungomare d'Annunzio (che comprende anche il Blue Moon oltre alla Zona A) passa da circa 69 mila a oltre 111 mila metri quadri con un aumento di oltre il 60%. Quasi il 55% di aumento di concessione per la spiaggia del Des Bains che passa da oltre 33 mila a oltre 52 metri quadrati e percentuali di crescita simili per la spiaggia dell'Excelsior da passa da poco meno di 29 mila a quasi 44 mila metri quadrati di spiaggia non più libera.

La spiaggia di fronte all'Ospedale al Mare, ora interamente libera, prevederà 75 mila metri quadri di nuove concessione, per i gestori dei nuovi resort del Club Mediterranée e di Th Hotels che dovrebbero recuperare a fini turistici il complesso con Cassa depositi e prestiti. Proprio in quest'area il consigliere della Lista Brugnaro Maurizio Crovato ha proposto di ricavare una porzione di spiaggia libera e vedremo cosa risponderà l'assessore all'Urbanistica e Ambiente, Massimiliano De Martin.

In pratica al Lido per poter trovare un pezzettino di spiaggia libera bisognerà andare fino a San Nicoletto (3 chilometri) oppure ai murazzi (quattro chilometri e mezzo). Ma c'è anche chi, con il nuovo piano degli arenili, vede ridurre la propria spiaggia, come lo stabilimento Sorriso, che passerà da circa 14 mila a circa 11 mila metri quadri di arenile in concessione. Il consiglio di municipalità del Lido, (critica anche la Lega), ha già dato parere contrario al Piano - pur ritenendolo necessario - in particolare per la "privatizzazione" della spiaggia del Blue Moon.

«Il rischio», commenta il consigliere comunale del Pd, Nicola Pellicani, tra i più critici sui contenuti del nuovo Piano anche in commissione, assieme ai consiglieri del Movimento Cinque Stelle, «è che questa operazione si risolva esclusivamente in un aumento degli spazi riservati alle attrezzature da spiaggia, con conseguente aumento del volume di affari degli stabilimenti con aumenti di costi per gli utenti. I vari bagni in concessione potranno, dove c'è spazio, installare nuove capanne oppure ombrelloni, andando anche a snaturare il profilo panoramico della spiaggia dopo decenni. Inoltre la previsione dell'amministrazione di lasciare completamente libera una fascia di 30 metri, a partire dalla battigia verso l'interno, creerà grossissimi disagi in Zona A, dove tradizionalmente tutti coloro che hanno la capanna in seconda, terza, quarta fila, si portano in avanti nella spiaggia per cercare refrigerio con sdraio e ombrelloni. Quello che invece dovrebbe fare l'amministrazione è una politica di turismo balneare, promuovendo la spiaggia del Lido tra gli abitanti della terraferma».

Anche l'Unesco fa finta di non sapere niente di Venezia: l'ennesimo ultimatum è accompagnato da apprezzamenti per il 'lavoro' fatto dai governi per la salvaguardia di Venezia. Blog Il Sole 24 Ore, 6 luglio 2017, con riferimenti (i.b)

Il bicchiere è sempre mezzo pieno o mezzo vuoto. In questo caso caso potremmo dire che è a metà. Da un lato l’Unesco apprezza i progressi per difendere Venezia e chiede continui aggiornamenti, dall’altro dice che bisogna far presto a mettere in campo interventi miranti entro dicembre 2018. Insomma la città lagunare – presa sempre più d’assalto dal turismo, almeno in alcune parti – resta sorvegliata speciale, e a fine 2018 si valuterà se inserirla nella lista dei beni in pericolo del patrimonio dell’umanità.

Di seguito la nota Mibact-Maeci-Comune Venezia sulla posizione Unesco.

Il Comitato del Patrimonio Mondiale, riunito a Cracovia per la sua 41a Sessione, ha adottato la Decisione sullo stato di conservazione del sito “Venezia e la sua laguna”.

La Decisione esprime apprezzamento per il lavoro svolto dal Governo in stretta sinergia con il Comune di Venezia e le autorità locali che hanno pienamente collaborato con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e con la Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO.

L’UNESCO prende dunque atto dei progressi già realizzati e, riconoscendo la complessità delle tematiche inerenti lo stato di conservazione del Sito, conferma la necessità di disporre di tempi adeguati per verificare tecnicamente le soluzioni già individuate e in corso di definizione relativamente alle principali questioni all’attenzione dell’UNESCO (progetto di governance del turismo, alternativa al passaggio delle grandi navi in Bacino San Marco, tutela dell’identità locale e delle tradizioni).

Sottolinea altresì l’opportunità che venga raggiunto un ampio consenso tra le istituzioni e i molteplici portatori d’interesse.

Tra le raccomandazioni incluse nella Decisione la richiesta di un aggiornamento del rapporto sullo stato di conservazione del Sito che illustri i progressi ulteriormente raggiunti, entro il 1 dicembre 2018, affinché sia valutato nella 43a sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale del 2019.

Si tratta di un importante risultato che rafforza l’impegno del Governo e delle autorità locali a proseguire gli sforzi già in atto per la tutela di “Venezia e la sua laguna”, a trenta anni dalla sua iscrizione nella World Heritage List.

Ed ecco – in inglese – quanto l’Unesco ha pubblicato sul proprio sito www.wch.unesco.org

The World Heritage Committee,
1. Having examined Document WHC/17/41.COM/7B.Add,

2. Recalling Decisions 38 COM 7B.27 and 40 COM 7B.52, adopted at its 38th (Doha, 2014) and 40th (Istanbul/UNESCO, 2016) sessions respectively,
3. Notes with appreciation that the State Party and all the institutions involved, having recognized the major risks to the property, are working collaboratively and in an engaged manner to protect the Outstanding Universal Value (OUV) of the property;
4. Notes that progress has been made towards the implementation of some of the 2015 Reactive Monitoring mission recommendations endorsed by the Committee and reiterates its request that the State Party continue to implement all the recommendations put forward in the Decision 40 COM 7B.52, including immediate, short, medium and long-term measures;
5. Acknowledges the drafting of the Climate Plan and encourages the State Party to take into account the “Policy on the Impacts of Climate Change on World Heritage Properties” in the development of the plan, considering that ‘Venice and its Lagoon’ is in a privileged position and might have the potential to influence monitoring and adaptation processes that can be applied elsewhere;
6. Welcomes the details submitted regarding the new sustainable tourism strategy that will make use of the consultative model proposed by the UNESCO Sustainable Tourism Programme;
7. Also notes that the State Party is exploring an option of using existing port channel (Canale Vittorio Emanuele III) with a view to halt the passage of large ships through the San Marco basin and the Giudecca canal, and to avoid the excavation of new ones and requests the State Party to submit detailed plans and a detailed timeframe for the implementation of the selected solution;
8. Also reiterates its request that the State Party submit, in conformity with Paragraph 172 of the Operational Guidelines, details of any newly proposed projects, together with all relevant cumulative Heritage Impact Assessments (HIAs) and Strategic Environmental Assessments (SEA), with a specific section focusing on their potential impact on the OUV of the property;
9. Also acknowledges progress made towards the completion of the MOSE defence system and also requests the State Party to provide detailed and updated information on this project, including its management and maintenance systems;
10. Further reiterates its request that the State Party update the Management Plan and revise its planning approach in order to sustain in the long term the OUV of the property, its landscape and seascape;
11. Further requests the State Party to provide a much clearer detailed road map for the way forward, with measurable benchmarks and a detailed Action Plan to deliver what is needed, commensurate with the major threats to the property;
12. Requests furthermore the State Party to submit to the World Heritage Committee a detailed report on the state of conservation of the property and the implementation of the above, including a detailed road map on the way forward, by 1 December 2018 for examination by the World Heritage Committee at its 43rd session in 2019, with a view to considering, if adequate progress in the implementation of the above recommendations has not been made, the inscription of the property on the List of the World Heritage in Danger.



Riferimenti

E lo chiamano ultimatum? È del luglio 2016 l'ultimatum dell'Unesco (più precisamente del Comitato del Patrimonio Mondiale) che perentoriamente raccomandava di fermare il passaggio delle grandi navi e limitare il numero di turisti entro febbraio 2017 come alcune delle strategie per salvaguardare Venezia e la sua laguna. Si veda a proposito l’artico di Francesco Erbani. Del tutto inascoltati gli altri “portatori di interesse”, istituzionali e non, Municipalità di Venezia, Italia Nostra, Associazioni, che avevano inviato all'Unesco i propri punti di vista e preoccupazioni, raccolti su eddyburg.

Analisi del malessere crescente che porta in piazza migliaia di persone di provenienza diversa. Articoli di Claudia Fornasier e Alon Altaras. Corriere del Veneto online e il Fatto Quotidiano, 3-4 luglio 2017 (m.p.r.)


la Nuova Venezia, 4 luglio 2017
GLI SQUILLI DELL'ALTRA VENEZIA
di Claudia Fornasier

La prima volta è stato il funerale di Venezia, nel 2009, un po’ protesta, un po’ goliardia, con qualche decina di persone. Sette anni dopo, alla protesta dei carrelli della spesa (organizzata dai giovani di Generazione 90), i veneziani in manifestazione erano 500 e altri 500 al corteo dei trolley e a quello delle lenzuola appese alle finestre dei palazzi, con lo slogan «Venezia è il mio futuro». Domenica i cittadini che sono sfilati tra le calli al grido di «mi no vado via» erano quadruplicati. In mezzo c’è stato il contestato referendum sulle navi fuori dalla laguna, organizzato dai No Nav, con i suoi 18 mila partecipanti. Per qualcuno sono i «nemici» della giunta Brugnaro, per altri la sinistra nostalgica, i reduci del movimento ambientalista. Loro si definiscono la città che resiste. Può darsi non siano rappresentativi di tutti i veneziani, ma sono il segnale di un malumore crescente e insieme di una spinta civica che non può essere liquidata con il timbro di «opposizione».

Domenica in corteo c’era la sinistra ma anche la destra, proprietari di immobili, architetti, professionisti, dipendenti pubblici e gente che lavora nel turismo, pensionati, separatisti, anti separatisti, partigiani, artigiani, accomunati dal sentirsi ogni giorno più orfani di un tessuto sociale ed economico che possa definirsi «cittadino». Venezia non è l’unica città a soffrirne. Tutte le capitali dell’arte, soprattutto con centri storici piccoli, devono affrontare il paradosso di vivere e di «morire» di turismo. La città d’acqua ne è l’avanguardia, per i suoi numeri micro (l’estensione) e macro (29 milioni di turisti l’anno), per la rapidità con cui il fenomeno si espande alle isole e a Mestre, dove già scarseggiano le case in affitto a favore di Airbnb. E i proprietari non sono certo stranieri. Mille a protestare, gli altri 49 mila a fare il check-in del b&b ha titolato Lo Schitto, giornale satirico popolare nei social network. Alla velocità di espansione del turismo non corrisponde la velocità delle idee e degli atti amministrativi adatti a gestire i nuovi fenomeni, per trovare un equilibrio tra l’immensa ricchezza che porta a tutta la Città metropolitana e gli effetti da tornado su attività storiche, affitti, prezzi, artigianato.

Il governo non ha ancora indicato una strategia complessiva per le città d’arte e le loro specificità. La Regione ha votato una legge sul turismo adatta al Veneto ma non a Venezia. Il Comune ha mosso i primi passi con la delibera sul blocco dei cambi d’uso, ma con una lista di eccezioni così ampia da renderla meno coraggiosa di quanto poteva essere. Perfino l’Unesco di fronte alla complessità del problema e alla realizzabilità delle ipotesi in campo ha preso tempo... due anni. Ma tempo rischia di essercene poco. Perché rispetto ai grandi dibattiti del passato, oggi non c’è un progetto di Città metropolitana e c’è il quinto referendum per la separazione di Venezia e Mestre alle porte, a cui sempre più cittadini guardano come tentativo in extremis (qualcuno sì di interrompere l’esperienza Brugnaro) di risolvere il problema del turismo, con una sorta di autogestione.

Sottovalutare o ridurre a «dissidio politico» i segnali di malessere crescente che arrivano da una parte di cittadinanza, è rischiare che la città dei «ponti», la più pluralista del Veneto, il capoluogo con ambizioni di metropoli del Nordest si ritrovi divisa in due, ridotta nel peso politico e delle possibilità, a causa dell’esasperazione. Urge fare sintesi politicoamministrativa. La aspettiamo da tempo. Ma il tempo sta per scadere.


il Fatto Quotidiano, 3 luglio 2017
VENEZIA,
ANNI FA HO LASCIATO TEL AVIV
PER VIVERE IN UNA CITTÀ D'ARTE
E ORA DOV'È FINITA?
di Alon Altaras
In questo inizio d’estate una cosa è certa: le città d’arte italiane, e anche europee, soffrono. Le foto dei turisti che si bagnano nelle fontane romane hanno fatto il giro del mondo: i “nuovi barbari”, intitolava il quotidiano israeliano Haaretz. E anche Venezia, la città probabilmente più unica e fragile dell’Occidente, viene assediata da un turismo di massa che porta soprattutto degrado – e non tanti soldi come qualcuno vorrebbe far credere. I politici, in questo caso Virginia Raggi e Luigi Brugnaro, sono due esempi della mancata preparazione ad amministrare città d’arte da parte di chi decide di intraprendere una carriera politica.

Venezia, Pisa, Napoli, Palermo sono, nella maggior parte dei casi, patrimonio dell’Umanità e non mi riferisco tanto a un’etichetta formale, a uno statuto dato da un’organizzazione mondiale, ma a una realtà tangibile e visibile che tutti i visitatori, istruiti o meno, sentono.

Venezia non è di Brugnaro. Una vittoria politica è un fenomeno passeggero, di breve durata, mentre il danno che fa l’entrata in laguna delle grandi navi (una visione inquietante, poiché sono alte quasi quanto il campanile di San Marco) è permanente, colpisce le rive, erode le fondamenta dei palazzi, dei monumenti che sono la ragione per cui il mondo viene a vedere Venezia.

Negli ultimi due anni, da quando si è insediato il sindaco attuale, 1.600 persone hanno lasciato la città, proprio quel Brugnaro che aveva promesso di riportarne 30mila: una fake promessa, la chiamerebbe Donald Trump nei suoi tweet notturni.

Sei anni fa ho lasciato Tel Aviv per vivere a Venezia. Già dai primi giorni mi aveva colpito vedere, nella vetrina di una farmacia a pochi metri dal monumento di Goldoni in campo San Bartolomeo, le cifre che indicavano il numero degli abitanti di Venezia. Mi pare fossero 60mila. Oggi quella vetrina segnala che ce ne sono meno di 55mila. Ma duemila dei suoi cittadini, domenica 2 luglio hanno deciso di ribellarsi ad una visione della città che di fatto li vuole allontanare.

Una cinquantina di associazioni: Fai, Italia Nostra e Confartigianato, coordinate da Venezia mio futuro, è partita dall’Arsenale (sì, quell’Arsenale da cui uscivano le galee e galeazze della Serenissima) per arrivare non lontano dal Palazzo Ducale. Duemila cittadini che hanno gridato “non vogliamo andare via”, “basta alberghi a Venezia”, “più residenti meno turisti”. Si è trattato di una manifestazione pacifica con un chiaro messaggio all’autorità politica: fermatevi! guardate bene ciò che amministrate: non è un casinò, né un cantiere edile o una squadra di pallacanestro!

Una grande manifestazione a Venezia per la difesa di una citta' da vivere e non da consumare. la Nuova Venezia, 3 luglio 2017 (m.p.r.)

Più ostinati del sole, più uniti di sempre, persino più numerosi dei turisti, ai quali - per una volta - tolgono i masegni e l'aria, riprendendo possesso di quella riva che fino a qualche anno era la passeggiata dei veneziani, da Piazza San Marco ai Giardini della Biennale e ritorno, con il gelato in mano. Hanno dai 6 ai 76 anni, la maglietta sudata, il cappello calato sulla fronte, chi il megafono, chi uno striscione, chi il gonfalone di San Marco; rappresentano associazioni, gruppi, piccoli comitati, o non appartengono a nessun circolo ma sono lì a titolo personale, famigliare o in rappresentanza del proprio condominio. Soprattutto, sono tantissimi. In oltre duemila, secondo alcuni fino a 2.500, ieri mattina, hanno gonfiato le file della manifestazione - promossa dal Gruppo 25 Aprile - dal titolo che è l'insegna della resilienza veneziana: "Mi no vado via"; cioè io resto, sono qui, nessuno mi farà sloggiare.

Così tanti, che per una volta organizzatori e vigili urbani sembravano essere quasi d'accordo sui numeri. «Un anno fa eravamo in trecento, e avevamo fatto un fash mob; questo significa che la città ha risposto all'appello, anche in una domenica di luglio - dice Marco Gasparinetti del Gruppo 25 Aprile - Se il sindaco è leggermente sordo, noi alzeremo la voce». Avanza, dietro uno striscione con la scritta "Il mio futuro è Venezia" (tradotto anche in inglese), la città di oltre quaranta associazioni - da Italia Nostra a Fortum Futuro Arsenale, dagli scout della Giudecca all'Assemblea per la Casa, dai separatisti al Sindacato Unione Inquilini, da Generazione 90 a Venezia Cambia a No Grandi Navi - ma anche degli artigiani di Confartigianato, dei sindacati, dei separatisti; si mescolano molti voti noti - Roberto Ellero, Tiziana Agostini, Giantonio Bellati, Andreina Zitelli, Piero Bortoluzzi, Nicola Pellicani, Sara Visman, Giovanni Pelizzato; volano bottigliette d'acqua minerale, fazzolettini di carta, barrette energetiche e tocca sempre ai Pitura Freska, sparati a palla, dare il ritmo al corteo.
Da campo dell'Arsenale al monumento a Vittorio Emanuele II, sui quei pochi metri quadrati di Riva degli Schiavoni normalmente occupati da ambulanti e orde di turisti sbarcate dalla motonavi, il sole di luglio rende quasi festosa una manifestazione che, su ogni ponte, Stazione di una moderna via Crucis, svela invece la rovina che sta consumando la città. Senza ombra di paracadute, toccano picchi impensabili lo spopolamento, il fiorire incontrollato di alberghi e bed & breakfast, la cessione di palazzi per interessi turistici come Ca' di Dio destinata a diventare hotel di lusso, i prezzi degli affitti alle stelle che fanno scappare residenti e artigiani; ma soprattutto covano la spoliazione lenta e costante di servizi, uffici, scuole; lo svuotamento di interi complessi, di porzioni di città, iniziato ormai vent'anni e fa e poi accelerato negli ultimi.
La difesa di "diritti" elementari, la conta ossessiva dei sopravvissuti, le gioia nel ritrovare qua e là un esule di rientro, o nel vedere un'altra associazione che alza la testa, rivelano quanto la città stessa si consideri una riserva. «Questo è il grande cuore di Venezia, una Venezia che resiste» si sgola Tommaso Cacciari dal ponte della Pietà «tutti stanno mettendo da parte il proprio io per costruire il grande noi. Giù le mani dalla città, guai a chi vuole trasformarla in una Dubai». Duemila anime unite nel tirare fuori le unghie, come Giampietro Pizzo di Venezia Cambia. «Chiediamo - dice - che il Comune discuta il Piano degli interventi in un Consiglio comunale straordinario; dobbiamo stare attenti che non passi la logica che chi porta i soldi si possa prendere la città». Prossima mossa, la Misericordia: come fa notare Gasparinetti, appartiene alla città e la Sala Leonardo non basta più.

Si affilano le armi per determinare le scelte del governo. Brugnaro "annuncia l'annuncio del governo", 34 associazioni sfileranno domani contro la monocultura del turismo. Il Comitato No Grandi Navi, dopo il referendum popolare, rilancia con richieste di trasparenza a ministro, governo e porto. Articoli di Enrico Tantucci, Vera Mantengoli e Manuela Pivato. la Nuova Venezia, 1 luglio 2017 (m.p.r.)


IL GOVERNO HA DECISO

GRANDI NAVI A MARGHERA
di Enrico Tantucci

Il Governo sceglierà Porto Marghera come nuovo terminal di attracco delle grandi navi da crociera, prevedendo già dal 2019 due banchine provvisorie nel canale industriale Nord, nell'area che fa riferimento alla Fincantieri. Ma resta in piedi formalmente - come soluzione primaria - anche lo scavo del Canale Vittorio Emanuele, anche se, visti i problemi ambientali e logistici e di sicurezza che l'intervento comporterebbe, sembra al momento più una «candidatura di bandiera», per non sconfessare anche il sindaco Luigi Brugnaro e lo stesso presidente dell'Autorità Portuale di Venezia Pino Musolino - dopo Paolo Costa - che l'hanno inizialmente sostenuta, più che un decisivo via libera, data anche la probabile necessità di sottoporre il progetto alla Valutazione d'impatto ambientale del Ministero dell'Ambiente.
La novità è arrivata ieri per bocca del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro intervenuto al convegno «Invest in Venice» organizzato nella sede della Camera di Commercio da Regione Veneto, Veneto Promozione e Confindustria di Venezia e dedicato agli investimenti su Venezia.Se il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio negli ultimi giorni ha dichiarato più volte come prossima la decisione del Governo sul problema grandi navi, senza però entrare volutamente nel merito, è stato Brugnaro ieri a rompere gli indugi, svelando le intenzioni del ministro, evidentemente concordate anche con lui.
«Due accosti a Marghera per le grandi navi dal 2019».
«Posso annunciare che prima dell'estate il Governo annuncerà la soluzione per il problema delle Grandi Navi e penso e auspico che il progetto alternativo scelto sarà quello dello scavo del canale Vittorio Emanuele, aumentandone la profondità con la rimozione dei fanghi per il passaggio delle Grandi navi. Ma in contemporanea si attrezzerà anche un primo terminal crocieristico a Marghera, per le navi superiori alle 96 mila tonnellate di stazza, che ora non possono entrare in laguna. Sono previsti entro il 2019 due accosti sul canale Nord nelle banchine adiacenti alla Fincantieri. Una terza nave da crociera potrà attraccare a Marghera entro il 2021 in adiacenza al canale Brentelle. In un momento successivo sarà realizzato anche il "dente" già previsto dal progetto dell'architetto Roberto D'Agostino.
Il canale Vittorio Emanuele dunque, resta sullo sfondo - in attesa di valutarne la reale fattibilità tecnica - ma intanto già tra due anni circa il 40% del traffico crocieristico attuale dovrebbe spostarsi su Marghera, lasciando intravedere questo come il vero terminal crocieristico del futuro, mantenendo la Marittima in prospettiva per le navi da crociera più piccole, fino a 40 mila tonnellate e per gli yacht.
L'attacco di Musolino.
Ma sul problema grandi navi è stato duro anche l'intervento del presidente dell'Autorità Portuale di Venezia Pino Musolino, che ha parlato della «puzzetta sotto il naso» di chi ne critica il passaggio in laguna. «C'è chi dice che sono brutte da vedere - ha insistito - ma la bellezza è nell'occhio di chi guarda. Per me brutto sarebbe vedere 4500 persone impegnate a Venezia nel settore crocieristico perdere il lavoro perché la città ha deciso di rinunciare a oltre il 3 % del suo prodotto interno lordo. Il no e basta non è una soluzione. Ci sono invece soluzioni tecniche fattibili, che consentiranno di mantenere e sviluppare il polo crocieristico veneziano».
Zoppas: «La conca di navigazione del Mose è sbagliata».
È stato poi il presidente di Confindustria Venezia Matteo Zoppas a toccare un altro tasto dolente sul piano portuale: quello della conca di navigazione che dovrebbe ospitare le navi quando il Mose è chiuso e non possono entrare subito in porto, che risulta essere largamente insufficiente.«La conca di navigazione già costruita a Malamocco è chiaramente inadeguata a ospitare le navi - ha detto Zoppas - eppure si continua ad andare avanti con i lavori del Mose come se il problema non esistesse. Quand'è che ci decideremo ad affrontarlo?». Anche Brugnaro ha parlato della conca come di «una feritoia in cui nessuno vuole entrare».
Ma il più duro è stato ancora una volta Musolino. «Qui ci sono 653 milioni di euro di fondi pubblici sprecati per un progetto sbagliato - ha detto il presidente del Porto - di cui qualcuno dovrà rendere conto. Non si offenda il provveditore alle opere pubbliche Linetti, perché l'opera è tecnicamente stata realizzata in modo corretto, il problema è la progettazione che l'ha preceduta e che non ha tenuto delle reali esigenze del Porto di Venezia». Fatti incontestabili. Ma va ricordato - per dovere di cronaca - che al tempo, quando si chiese la realizzazione della conca di navigazione, a fornire le indicazioni progettuali per dimensioni e caratteristiche al Magistrato alle Acque e al Consorzio Venezia Nuova fu proprio l'Autorità Portuale di Venezia di allora.
CORTEO PER VENEZIA
SCENDONO IN CAMPO

ANCHE GLI ARTIGIANI
di Vera Mantengoli e Manuela Pivato
«L'Unesco ci ha traditi e ha perso i cittadini veneziani». Ieri mattina vicino a Palazzo Zorzi, sede veneziana dell'Unesco, Marco Gasparinetti, portavoce del Gruppo 25Aprile e del movimento #Veneziaèilmiofuturo, Lidia Fersuoch, presidente di Italia Nostra Venezia e Gianpietro Gagliardi per Generazione'90, hanno spiegato i motivi che hanno spinto 34 associazioni, Confartigianato e Fai a partecipare alla manifestazione #minomenevado, in programma domani con ritrovo dalle 10.30 alle 11.30 in campo dell'Arsenale e successiva partenza del corteo che si snoderà lungo la Riva Ca'Di Dio per poi proseguire lungo la Riva degli Schiavoni con direzione Palazzo Ducale. La manifestazione si concluderà quindi nell'area antistante alla statua di Vittorio Emanuele II°, dove verrà sciolta intorno alle 13. Numerose le adesioni all'iniziativa, tra le quali si è aggiunta ieri anche quella di Confartigianato.
«La deriva che spinge la città storica verso la monocultura turistica» spiega il neo presidente Andrea Bertoldini, architetto e titolare della storica officina fabbrile Bertoldini Torre della Giudecca «sta inesorabilmente mettendo fuori gioco residenti e attività artigianali e di vicinato, accomunati in un destino apparentemente ineluttabile che sta passando tra l'indifferenza. Di fronte a questa situazione, il cui peso non esitiamo a definire drammatico, non vediamo da parte della politica e della amministrazione della città alcuna presa di coscienza concreta e reale». Di qui la decisione di unirsi ad associazioni, gruppi, movimenti che da settimane stanno organizzando la manifestazione di domani.
«Pensiamo» aggiunge il segretario Gianni De Checchi «che gli scatti di orgoglio dei cittadini e lavoratori che vedono ancora un futuro diverso dalla monocultura turistica per la nostra città servano a far sentire che a Venezia esiste ancora una voglia viva e vitale di "normalità"». In sintesi si chiede che si portino avanti quelle politiche a favore della residenzialità e della città che «non si sono ancora viste», ponendo fine «alla svendita di palazzi» e alla «monocultura turistica».
Nel corso della presentazione usate parole molto dure nei confronti dell'Unesco che aveva minacciato lo scorso luglio di mettere Venezia nella black list se non avesse risolto velocemente alcuni questioni come le grandi navi, il turismo e la residenzialità. Ora, proprio l'Unesco che negli scorsi mesi aveva rappresentato per molte associazioni una speranza, è sotto accusa per aver messo da parte i cittadini. «Anche ponendo il caso che l'Unesco abbia abboccato a Governo e Comune» spiegano gli organizzatori «non possiamo accettare il compromesso sulle grandi navi e il fatto che non abbiano considerato le richieste esplicite di molti veneziani».
Il riferimento critico è al documento che Icomos, braccio destro dell'Unesco, presenterà a Cracovia, in occasione dell'incontro mondiale annuale che inizierà proprio il 2 luglio, mentre il corteo veneziano a gran voce si farà sentire sfilando lungo riva degli Schiavoni. «Prima l'Unesco ha detto che non voleva assolutamente le grandi navi» spiega Fersuoch «Adesso scrive che ci sono miglioramenti perché si sta cercando di far passare le navi senza scavare. Questo è un compromesso che non si può accettare».
La domanda di tutte le associazioni è: «A cosa serve allora l'Unesco se non è in grado di affermare le sue posizioni e rimanderà il caso Venezia al 2018?». Conclude Gasparinetti: «Proponiamo che Palazzo Zorzi, anziché continuare a essere una sede inutile e pagata da noi cittadini, diventi sede di appartamenti per veneziani». Ottomila i volantini distribuiti: si attendono oltre un migliaio di persone.

NO GRANDI NAVI

16 ATTIVISTI MULTATI
Vera Mantengoli
Duecentomila euro di sanzioni amministrative e denunce penali. È il prezzo totale delle multe arrivate a 16 attivisti del movimento No Grandi Navi per essersi tuffati nel canale della Giudecca nel corso della manifestazione del 12 giugno 2016. Dopo l'arrivo immediato delle sanzioni amministrative (2.500 euro a testa) per divieto di balneazione, ora è arrivata per ognuno di loro la multa per un secondo tuffo, in questo caso accompagnato dalla denuncia penale. La denuncia, forse per pericolo alla navigazione, verrà impugnata dall'avvocato Giuseppe Romano che farà ricorso.
«È una forma di intimidazione» ha commentato Tommaso Cacciari che, con un altro ragazzo, ha ricevuto 7.500 euro di multa per aver coordinato l'iniziativa «che arriva, guarda caso, proprio subito dopo il grande successo del Referendum che ha fatto il giro del mondo con i 18.105 sì alle navi fuori dalla laguna, arrivando perfino in Australia». L'anno scorso 16 manifestanti si erano tuffati nel canale aggrappandosi a tre boe e ritardando la partenza di tre colossi, senza comunque creare scompiglio a vaporetti o ad altre imbarcazioni che non avevano subito rallentamenti o deviazioni. «Abbiamo subìto un processo anni fa e siamo stati assolti» ha proseguito Cacciari riferendosi alla manifestazione del 16 settembre 2012 «e siamo stati accusati noi e non chi guidava l'elicottero (forze dell'ordine, ndr) che volava basso sulle nostre teste. Anche questa volta affronteremo il tutto, senza mollare la nostra battaglia».
Ieri pomeriggio la notizia della denuncia è stata dato in apertura dell'assemblea No Grandi Navi a San Lorenzo dove è stata confermata la presenza alla manifestazione #minomenevado di domenica e ribaditi alcuni punti. Il movimento ha fatto sapere che distribuirà un documento con il risultato del referendum popolare a tutte le istituzioni, dal sindaco Luigi Brugnaro al premier Paolo Gentiloni. «Nel 2015 al ballottaggio a Venezia centro storico» hanno detto Cacciari, Armando Danella, Luciano Mazzolin e Andreina Zitelli, leggendo il documento «Brugnaro ha ricevuto 15.970 voti e noi, nelle stesse zone, con la metà dei seggi e organizzando in due mesi, 15.406».
Il Comitato No Grandi Navi ha cinque richieste. La prima è che vengano immediatamente rese pubbliche le istruttorie in corso a Roma tra le compagnie da crociera e gli uffici di diretta collaborazione del ministro Graziano Delrio. La seconda è che il presidente dell'Autorità Portuale Pino Musolino mostri pubblicamente quello che ha inviato a Roma sulle soluzioni grandi navi. La terza è la richiesta di spiegare perché il ministro Delrio non si attivi per il progetto Duferco De Piccoli inviandolo al consiglio superiore lavori pubblici e al Cipe dato che è l'unico che ha ricevuto il parere positivo dalla Via. Quarta: il governo spieghi perché non si applichi il decreto Clini Passera ora che il progetto Contorta è tramontato. Quinta, che il governo renda note le aree interessate di Porto Marghera. Il comitato ha inoltre rilanciato i tre giorni di eventi il 23, 24 e 25 settembre.

Continua il lavoro su due fronti dell'associazione "Poveglia per tutti", con il demanio per definire i termini per la concessione, e sul campo con azioni concrete per rendere fruibile un bene comune per anni in abbandono. la Nuova Venezia, 27 giugno 2017 (m.p.r.) con riferimenti

Venezia. Nonostante il brutto tempo, la "Sagràanomala", la festa organizzata dall'associazione "Poveglia per tutti", con la collaborazione quest'anno di una trentina di altre realtà veneziane, è andata molto bene. Oltre ai laboratori, ai giochi e al momento di convivialità, c'è stata l'assemblea rivolta ai soci dove si è letta la bozza da presentare al Demanio per chiedere l'utilizzo a tempo determinato dell'isola.

«Finalmente il direttore attuale del Demanio Dario Di Girolamo» ha detto Lorenzo Pesola, uno dei portavoce «ha dimostrato avere un atteggiamento più pragmatico rispetto ai suoi due vice e ci sono molte possibilità che finalmente l'associazione possa siglare un accordo al fine di utilizzare i soldi che da anni sono pronti per i primi interventi». Entro l'estate si dovrebbe infatti avere una risposta del demanio e, a quel punto, si potrebbe partire utilizzando i soldi raccolti durante la colletta: «Abbiamo raccolto circa quaranta sacchi di spazzatura» conclude Pesola «ma l'abbiamo trovata meglio dell'anno scorso, forse perché la segnaletica che avevamo messo e i sentieri che avevamo curato, hanno trasmesso il fatto che c'è qualcuno che se ne prende cura». I soldi servirebbero per fare lavori di manutenzione: la realizzazione di un pontone, una passerella e un sistema di accesso anche per i diversamente abili.
La giornata ha visto la partecipazione di circa 400 persone che, quando è piovuto, si sono rifugiate sotto la cavana, attendendo che smettesse. La protezione civile di Pellestrina ha offerto un grande supporto nell'organizzazione, ma tutto è filato per il meglio e, dopo il concerto serale, le persone hanno salutato l'isola e sono tornate a casa. (v.m.)
Riferimenti

Si veda su eddyburg la nota Poveglia per tutti: una ricchezza da non perdere e il dossier realizzato dall'associazione "Poveglia per tutti" per «far conoscere le vicende attuali dell’isola veneziana di Poveglia, che l’Agenzia del Demanio ha inserito tra i beni dello Stato da dismettere per essere dati in concessione o venduti a privati». In questo sito trovate numerosi articoli sulle vicende recenti dell'isola: basta che scriviate "Poveglia" sulla casella sensibile in cima a ogni pagina.

L'incredibile abilità del sindaco Brugnaro a coniugare cemento, affari e turismo per distruggere la città diventata "sua". Articoli di Mitia Chiarin e Elisa Lorenzini, la Nuova Venezia, e Corriere del Veneto 13-14 giugno 2017 (m.p.r.)


la Nuova Venezia, 13 giugno 2017
COLPO DI VANGA

VIA AL CANTIERE DEGLI HOTEL A MESTRE
di Mitia Chiarin

Mestre. Primo, simbolico, colpo di vanga da parte del sindaco Luigi Brugnaro, del progettista Luciano Parenti e di Delf Stueven, legale rappresentante e socio della austriaca MTK Ca’ Marcello srl, per il grande cantiere da 75 milioni di euro che entro il 12 aprile 2019, tra meno di due anni, vedrà la realizzazione di quattro grandi alberghi, per 750 camere e 1. 900 posti letto e che intende rivoluzionare il panorama, finora desolato, di via Ca’Marcello, tra via Torino e la stazione.

Anzi, gli investitori austriaci guardano già oltre: l’architetto Parenti spiega di aver inviato all’esame della giunta Brugnaro una proposta di riqualificazione dell’area della stazione di Mestre, dal vecchio parcheggio Touring al palazzo Ex Poste dell’immobiliare Favretti con una soluzione per la piastra di collegamento tra Mestre e Marghera, in linea con le decisioni del sindaco che ha cancellato il vecchio masterplan. Se questo progetto è il futuro, l’oggi è il via ai cantieri che impegneranno 450 operai della azienda Setten e della Di Vincenzo di Pescara.

Nei quattro alberghi andranno a lavorare 250 persone. Ieri l’inaugurazione del cantiere, a cui ha partecipato mezza giunta comunale e i rappresentanti dei gruppi alberghieri che qui si verranno a insediare tra due anni. Tutti hanno grande interesse per investire a Mestre, per la sua vicinanza a Venezia, “gioiello” del settore turistico mondiale.

Per gli ostelli Wombat’s c’era il cofondatore Sascha Dimietrievich; per il colosso cinese Plateno il vicepresidente del settore sviluppo Europa Bastian Erfurth; per Staycity che sceglie Mestre per il suo sbarco in Italia c’era Markus Beike, responsabile Sviluppo Europa mentre per Leonardo, della israeliana Frattal, è intervenuta la responsabile per l’Italia Linda Mariotti. Investimenti che parlano straniero e soprattutto austriaco e Gregor Postl, responsabile Sviluppo economico della ambasciata Austriaca a Padova spera siano i primi di una lunga serie di investitori in città.

Il sindaco, ovviamente, ringrazia: «È un progetto che ci piace molto, di qualità e coinvolge prestigiosi gruppi internazionali. Non ha solo una valenza economica in ambito ricettivo, creando centinaia di posti di lavoro, ma anche sociale, riqualificando un’area degradata. Guardandosi attorno è difficile fare di peggio. Ci sarà anche un ostello, utile visto che qui vicino c’è l’università», dice il sindaco che torna anche sul tema, caldo, del turismo a Venezia.

«Abbiamo fatto il blocco dei cambi d’uso automatici ed è stata polemica ma si è visto chi ci guadagna. Delocalizzare strutture come queste a Mestre significa dare una risposta e un futuro alla terraferma. E mi viene voglia di ricandidarmi tra tre anni».

Il progetto comprende una piazza interna e due autosilos parcheggi per 500 auto. Le vie interne sono ad accesso controllato con ampi spazi pedonali. La vicina ferrovia sarà protetta da recinzioni e un lungo marciapiede per i clienti degli alberghi porterà direttamente al binario uno della stazione ferroviaria.

Nella riqualificazione vi è anche la riorganizzazione della viabilità lungo via Ca’Marcello, ristudiata in relazione alle recenti trasformazioni dei trasporti di Mestre e che vedrà davanti al complesso, sulle ceneri dell’ex Demont dove si spacciava, ricorda il commissario Vomiero che ha portato i saluti del questore, nuovi marciapiedi con dissuasori per le auto per ridurre la velocità a 30 chilometri orari, una nuova pista ciclabile e fermate per il trasporto pubblico.

la Nuova Venezia, 14 giugno 2017
ALBERGHI PER 75 MILIONI
E ALTRI INVESTIMENTI IN VISTA
di Mitia Chiarin

L'architetto Parenti: si studia un programma di sviluppo per tutta la provincia
«Delocalizzare è il nostro obiettivo, valorizzando l'hinterland a fini turistici»

«Chi fa investimenti così importanti non li fa mica rischiando. Il trend di sviluppo del settore ricettivo consente una ampia garanzia di copertura della nuova domanda turistica e il programma di sviluppo prevede ulteriori investimenti in provincia di Venezia. Di cui potremo parlare quando saremo autorizzati». L'architetto Luciano Parenti, progettista dei quattro alberghi di via Ca' Marcello difende il progetto da 75 milioni di euro dalle perplessità di quanti considerano questo investimento nel settore ricettivo della austriaca Mtk come un altro colpo alla gestione dei flussi turistici a Venezia.

Gli investitori guardano, certo, a Venezia ma anche a tutta la provincia, spiega: «La parola d'ordine deve essere delocalizzare. Abbiamo in provincia di Venezia un hinterland turistico che va assolutamente valorizzato». Un territorio vasto che arriva fino a Padova e Treviso passando per la Riviera del Brenta. Accessibile via treno dagli alberghi che saranno pronti per aprile 2019. I turisti arriveranno fino a lì, dicono gli investitori. Per questo la terraferma è scelta come primo avamposto dell'investimento in Italia. Plateno, con i suoi quattromila alberghi in Cina, nel 2015 è diventato il quinto gruppo europeo e ha deciso di investire anche sull'Italia. L'apart-hotel di Stay City vede la società pronta a consegnare 3 mila unità in Europa che diventeranno 5 mila nel 2022. Mestre rappresenta il primo investimento in Italia.
Anche Leonardo, la catena alberghiera del gruppo israeliano Fattal, punta su Mestre per collegarsi a Venezia, il "gioiello" in affanno, che guarda al mondo, ma i dirigenti parlano di un «intero territorio da riscoprire». La catena Wombat's porta un altro ostello a due passi dalla stazione di Mestre puntando sui giovani e la vicina università. Non è l'unico. Entro agosto 2017, infatti, proprio sull'altro lato di via Ca' Marcello, apre il grande ostello nato dalle ceneri dell'ex Vempa, gestito dalla tedesca A&O che pare in corsa anche per accaparrarsi l'ex palazzo delle Poste a fianco della stazione. Una trasformazione imponente che ha ottenuto il via libera della giunta Brugnaro, che ha presenziato con sindaco e assessori alla cerimonia della prima pietra.
Parenti ai giornalisti spiega che la questione del turismo che opprime Venezia va risolta in altro modo. Ovviamente senza bloccare gli investimenti privati. È la «monocultura turistica a dover essere limitata ma non con il blocco dei cambi d'uso», dice, «e lo si fa insediando startup tra Marghera e l'Arsenale che portino lavoro e nuovi residenti. Va riproposta l'idea che fu di De Michelis di una "software house" perché la residenza si difende portando il lavoro. Grandi immobili del centro storico, oggi difficili da piazzare, potrebbero diventare uffici di rappresentanza di aziende».

Corriere del Veneto, 14 giugno 2017

CAMBI D'USO: NON SOLO ISOLE E GIUDECCA
VIA LIBERA A PIAZZALE ROMA E GIARDINI
di Elisa Lorenzini
Raffica di emendamenti alla delibera che blocca i nuovi alberghi. M5s e Pd contro

Venezia. Non solo isole, Lido e Giudecca. I cambi d’uso in alberghi saranno possibili anche in quelle aree soggette a piani particolareggiati. Il capogruppo M5s Davide Scano li elenca: Tronchetto, Marittima, stazione ferroviaria, Piazzale Roma, ex Piazza d’Armi a Santa Marta, Scalo di Santa Marta e di San Basilio, ex Orto Botanico, San Pietro di Castello, Arsenale, ex cantieri Actv, Giardini della Biennale ex cantieri Celli a Sant’Elena, area Muner. «A dirlo sono le norme tecniche richiamate in delibera - spiega il consigliere - sono tutte aree assoggettate a piano particolareggiato che vengono escluse. Per alcune di queste i progetti in accordo con i privati sono già stati fatti ma per altre no». Troppe eccezioni e troppo poche regole certe. Alle opposizioni la delibera della giunta comunale per bloccare cambi d’uso e nuovi albergo in centro storico non piace, tanto che sono pronti una raffica di emendamenti nel consiglio comunale di domani.

A partire proprio dal Movimento Cinque Stelle. Ma forti critiche arrivano anche dal Partito democratico che nei mesi scorsi si è già visto bocciare una mozione in cui proponeva la possibilità del cambio d’uso solo per quegli immobili catalogati in un ristretto numero di tipologie. «L’obiettivo è giusto, bloccare i nuovi alberghi - dice il capogruppo pd Andrea Ferrazzi - ma pone un problema di legittimità perché istituzionalizza la deroga per interesse pubblico come strumento di pianificazione urbanistica che unito al precedente creato dal caso Locatelli aprirà le porte a una moltitudine di ricorsi».

Ferrazzi contesta la mancanza di concertazione nella scrittura del provvedimento che si configura come modifica al Piano regolatore. «Le modifiche al Prg prevedono la concertazione con le categorie e ciò non è stato fatto», conclude. La questione, dopo il parere dell’avvocatura civica durante la commissione di ieri, secondo il consigliere Saverio Centenaro (Fi), è stato risolto: «Per quella fase ci sono 30 giorni più 30 dal momento della pubblicazione per presentare osservazioni». «La maggioranza non è contraria ai cambi d’uso purché avvengano sotto il controllo del consiglio comunale, è un passo importante per questo è importante che la delibera non sia impugnabile e per questo l’avvocatura civica consiglia di motivare la delibera il più possibile», aggiunge Centenaro.

Il punto debole è quel «interesse pubblico» declinato come qualità della struttura, capacità di rivitalizzare un’area e di creare posti di lavoro, che lasciano qualche dubbio. «Chi decide se una struttura è di qualità?» domanda il consigliere fucsia Paolo Pellegrini chiedendosi anche quanti consigli comunali dovranno essere convocati per affrontare ogni specifico caso. Ma poi aggiunge: «Comunque meglio così piuttosto che lasciarla all’arbitrio che ha regnato negli ultimi trent’anni». La nuova delibera non trova il favore nemmeno della Municipalità di Venezia che oggi in consiglio voterà un pacchetto di osservazioni, non vincolanti «Siamo contrari perché lo strumento della deroga alle aperture di nuovi alberghi vanifica i vincoli esistenti – spiega il presidente Giovanni Martini – di fatto in questo modo la trasformazione di un immobile in albergo sarà ancora più a discrezione dell’amministrazione».

© 2024 Eddyburg