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© 2024 Eddyburg

Tra poche settimane si chiuderà la prima parte (la più complessa e determinante) dell’iter di formazione del nuovo Piano Urbanistico della città di Bologna, che andrà a sostituire il “vecchio” Piano Regolatore Generale.

Nella più completa assenza di dibattito pubblico, di partecipazione diffusa, si chiude una parte importante del processo che costituisce il fondamento dello sviluppo fisico e funzionale di Bologna per i prossimi anni e che – con ogni probabilità – porrà condizionamenti di rilievo a chi governerà la città dopo il 13 giugno.

Alcuni numeri di questo Piano chiariscono la dimensione dell’investimento – o dell’ipoteca – che ci sta per piovere addosso: 20 mila nuove abitazioni previste nei prossimi 15 anni, a fronte di un mercato che oggi non ne assorbe più di cinquecento l’anno. Quasi 3 milioni di metri quadrati di superficie edificabile per la residenza, per gli insediamenti produttivi e per il terziario, di cui almeno due terzi collocati in zone agricole, all’esterno della Tangenziale: e dire che negli ultimi anni del secolo scorso sembrava consolidata la cultura della non erosione di altro suolo agricolo tanto prezioso per il riequilibrio ambientale.

Nulla, o molto poco, verrà impegnato per recuperare la qualità della città già costruita, e nessun progetto viene messo in campo per sviluppare e qualificare gli spazi pubblici, i luoghi di relazione e di produzione sociale.

Ancora, tre linee di metropolitana sotterranea (Staveco-Fiera, Piazza Unità-Aereoporto, Certosa-Due Madonne) i cui costi esorbitanti non trovano copertura nelle casse comunali né in quelle statali, se non per una quota marginale (il primo tratto della linea 1), quota che tuttavia ha già ipotecato per diversi lustri la capacità di spesa dell’amministrazione cittadina, assieme agli ultimi suoli urbani liberi, che ora vengono impegnati con la promessa di edificabilità per pagare proprio la metropolitana.

Contestualmente sta per essere cantierato un “non-tram” su gomma, che costa il doppio di un normale filobus ma trasporta meno persone e corre sulle stesse corsie “preferenziali” degli autobus, con i medesimi problemi di congestione da promiscuità viabilistica (il non rispetto delle corsie preferenziali è un costume patologico dei nostri tempi).

Nel complesso, si tratta quindi di un Piano che non sembra rispondere alle domande collettive: maggiore vivibilità, più qualità ambientale, una politica della casa che aggredisca la speculazione e non i cittadini, un sistema di politiche per la mobilità che riveda nel complesso la disciplina del traffico e non si esaurisca in costose (e di dubbia utilità) infrastrutture. In compenso questo Piano risponde, con messaggi chiari, alle attese di rendita delle società immobiliari.

La Compagnia dei Celestini, nelle prossime settimane, s’impegnerà nella discussione critica dei documenti che stanno per essere licenziati da Palazzo d’Accursio. Lo faremo a partire da una festa: il 3 aprile pomeriggio, alla Multisala di via dello Scalo. Inizieremo lì, con proposte alternative, a raccontare le nostre idee per una città più equa e vivibile.

La Compagnia dei Celestini

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