CAGLIARI.La legge salvacoste elaborata a novembre del 2004 dall’amministrazione Soru è «di particolare rigore, ma trova piena giustificazione nell’esigenza di salvaguardare un paesaggio di incomparabile bellezza, che ha già subìto attentati a causa della propensione italica ad un’e dificazione indiscriminata». Lo scrivono i giudici del Consiglio di Stato che il 7 luglio scorso hanno bocciato definitivamente il progetto della società ‘Cala Giunco srl’. E’ un duro colpo quello inferto al costruttore-editore Sergio Zuncheddu.
A sottoscriverlo è stata la sesta sezione di palazzo Spada, presidente Giovanni Ruoppolo, relatore Rosanna De Nictolis. Sergio Zuncheddu, è da anni impegnato in una battaglia legale con le associazioni ecologiste e poi anche con Regione e Comune di Villasimius per realizzare un villaggio turistico sulle sponde dello stagno di Notteri. Nel respingere totalmente il ricorso in secondo grado presentato dagli avvocati Massimo Massa, Marcello Molè e Marcello Vignolo contro la sentenza emessa dal Tar Sardegna il 12 novembre 2008 i giudici romani entrano come non mai nel merito della questione ambientale, con valutazioni destinate a complicare l’elaborazione della legge sul piano casa, cui lavorano in questi giorni consiglieri regionali e tecnici del centrodestra. Scrivono fra l’altro i magistrati: «Nella valutazione comparativa di contrapposti interessi, quello generale alla salvaguardia del paesaggio anche a tutela delle generazioni future, e quello individuale e impreditoriale allo sviluppo degli insediamenti turistici, trova piena legittimità costituzionale la previsione regionale, estesa anche alle lottizzazioni in corso». In quest’a ffondo di portata storica, che manifesta una sensibilità inedita per i beni ambientali e paesaggistici, i giudici amministrativi non fanno altro che ispirarsi al Codice del Paesaggio, una legge dello Stato che il Piano paesaggistico regionale sardo ha ripreso per la prima volta in Italia provocando pesantissime reazioni da parte dei costruttori e delle amministrazioni comunali votate al cemento. C’è fra l’altro un passaggio della sentenza che sembra calare una pietra tombale sui dubbi più volte espressi dai legali delle imprese, convinti che nei mesi trascorsi fra l’adozione del Ppr e la sua approvazione le misure di salvaguardia delle coste stabilite con la legge 3 novembre del 1952 non fossero più efficaci. Il Consiglio di Stato dà invece ragione all’amministrazione Soru: le misure erano valide anche in Sardegna e nell’attesa che i piani urbanistici comunali venissero allineati alle norme del Ppr esisteva comunque una legge di rango superiore, il Codice Urbani, che fermava i progetti edificatori. E’ qui che la sentenza del Consiglio di Stato sembra voler mettere una zeppa nel cammino del piano casa: i giudici confermano la pronuncia della Corte Costituzionale del 10 febbraio 2006 con la quale è stata affermata la competenza della Sardegna, in base allo statuto speciale, a legiferare in materia di paesaggio. Con il limite dell’articolo 3, dove si fa riferimento alle norme statali di «riforma economico-sociale». Ma su quelle - affermano - prevale la potestà legislativa dello Stato e il piano casa è inquadrabile fra i provvedimenti di riforma economico-sociale. In pillole: il piano casa della Sardegna dovrà attenersi scrupolosamente alle disposizioni del Codice del Paesaggio e di conseguenza a quelle del Ppr varato da Soru, che ne sono una rigorosa conseguenza.
Se qualcuno sperava in un imminente far west edilizio e in un rapido ritorno a su connottu urbanistico dovrà dunque rassegnarsi: non è un caso che nella sentenza per Cala Giunco il Consiglio di Stato faccia riferimento al paesaggio e non al semplice impatto edificatorio sull’area di Villasimius. E’ il Codice Urbani che ha introdotto nella legge italiana il concetto di paesaggio come valore generale da difendere e ora sono i magistrati amministrativi, solitamente avvinghiati ai formalismi, a dire chiaro che la tutela del paesaggio prevale sugli interessi privati. Un principio rimasto inapplicato nel caso di Tuvixeddu ma oggi destinato a entrare in conflitto con le politiche di rilancio dell’e dilizia enunciate dal governo Berlusconi, senza che poi l’orientamento si sia tradotto in una legge-quadro.
Certo la sentenza farà discutere, mentre sul progetto Cala Giunco cala il sipario della giustizia amministrativa. Confermata la sentenza del Tar che aveva respinto i 2 ricorsi presentati dalla società di Zuncheddu, sullo stagno di Notteri non si potrà mettere in piedi neppure un mattone. Ed è una vittoria per il Gruppo di Intervento giuridico e gli Amici della Terra, protagonisti di una battaglia legale in difesa dell’ambiente di Villasimius che va avanti da più di dodici anni. Il progetto della società Cala Giunco prevedeva la realizzazione di edifici residenziali per 140 mila metri cubi in zona F, frontemare e vicinissimo alla zona umida popolata dai fenicotteri rosa. Ma fin dai primi passi amministrativi l’iniziativa del costruttore di Burcei si è scontrata coi ricorsi a raffica di Stefano Deliperi e dei legali che collaborano con l’associazione ecologista. Il 27/6/06 la sovrintendenza ai beni paesaggistici aveva negato l’autorizzazione a realizzare gli immobili malgrado il piano fosse stato ridimensionato nel corso degli anni. Con l’entrata in vigore della legge regionale ‘salvacoste’ le possibilità di edificare si erano ulteriormente ristrette. Da qui la sequenza di ricorsi, compreso uno contro il comune di Villasimius che aveva la colpa di essersi attenuto alle nuove norme regionali e alle successive direttive.
Nei vari passaggi della vicenda sembrava che la società di Zuncheddu qualcosa potesse costruire: il comune di Villasimius aveva infatti autorizzato una volumetria ridotta del 33,36%, partendo dal presupposto che alcune opere di urbanizzazione fossero state avviate. Il ‘niet’ finale - confermato dal Consiglio di Stato - era arrivato dalla direzione generale della pianificazione urbanistica territoriale, che con una nota del 28 dicembre 2006 aveva segnalato al comune di Villasimius un errore commesso nella stima della capacità insediativa residua nelle zone F costiere: dal calcolo dell’area andavano scorporati isole e scogli. Con la rettifica del calcolo alla società Cala Giunco non è rimasto nulla da costruire: la nota numero 1885 del 2-2-2007 firmata dall’a mministrazione comunale stabilisce infatti che «non potrà essere comunque rilasciata alcuna concessione edilizia nè effettuato alcun intervento». E ora il Consiglio di Stato aggiunge che le norme di tutela possono essere applicate anche se le opere di urbanizzazione sono state avviate - come in effetti era, in base ai documenti prodotti in giudizio d’appello - ma non si è verificata una «modifica irreversibile dei luoghi». Di questi presupposti - scrivono i giudici - ne basta uno per giustificare la chiusura definitiva del cantiere. Anche in secondo grado i giudici hanno respinto tutti i motivi di ricorso avanzati dai legali di Zuncheddu, cui si sono opposti per la Regione l’avvocato Giampiero Contu, per Villasimius Roberto Candio e per il ministero l’avvocato dello stato Fabio Tortora.
(15 settembre 2009)
Tra le molte mistificazioni della campagna elettorale, una si ripropone con particolare insistenza. E’ contenuta nello slogan della destra a proposito delle politiche di governo del territorio che avrebbero bloccato lo sviluppo economico della Sardegna. L’argomento, molto capzioso, sottintende l’equivoco alla base degli assalti al paesaggio - soprattutto costiero - che si sono ripetuti in questo mezzo secolo, con danni irreversibili e con scarsi tornaconti per le comunità locali. Turismo è fare case - è il messaggio di Berlusconi molto chiaro a riguardo -; l’obiettivo è insieme quello di saldare tutte le attese, pure quelle in contrasto, come se non ci fosse nessuna differenza tra palazzinari e pizzaioli. Occorre replicare alla cattiva informazione con dati inequivocabili a proposito della crescita della Sardegna in un momento di grave crisi economica.
Non mi soffermo sul successo che l’isola riscuote proprio per le sue scelte di tutela rigorosa dei luoghi, cosa che la premierà in futuro anche perché i turisti si sono fatti esigenti e disdegneranno - già evitano se possono - le falsificazioni dei villaggi vacanze. Ma sono i numeri qui ed ora che incoraggiano e smentiscono alla radice la descrizione dell’isola castigata dalle scelte del Piano paesaggistico. Quelli del 2007 che indicano una crescita degli occupati, pure in quadro drammatico soprattutto per il Sud del Paese; e per stare ai flussi turistici della stagione trascorsa occorre rilevare che, a fronte di un preoccupante calo in molte regioni, la Sardegna segna un incremento significativo di arrivi e presenze. Cresce soprattutto il numero di viaggiatori interessati a paesaggi naturali e culture e tradizioni locali, sempre più distanti, si prevede, dal modello alimentato dal consumo delle risorse ambientali e dal ciclo edilizio che Berlusconi vorrebbe perpetuare. Ma è un altro dato che emerge di recente a smentire la destra: a proposito del blocco dei cantieri che sarebbe provocato dai provvedimenti di questa legislatura.
Dovrebbe fare riflettere - l’indizio è di non poco conto - la crisi del comparto dell’edilizia ad Arzachena cioè in quelle zone a più intensa propensione al rischio d’impresa, per via dei valori sbalorditivi dei volumi edificati da quelle parti. La notizia clamorosa («La Nuova Sardegna» del 24 scorso) è in contraddizione con le affermazioni della destra («Soru ha impedito alla Sardegna di crescere»). Perché se su quattrocento concessioni edilizie in uscita, cento non sono state ritirate vorrà dire qualcosa. Vuol dire che la domanda di case è in calo (e Soru non c’entra proprio nulla), è in calo almeno quanto basta perché alcuni operatori decidano di non investire. Tant’è che il Comune ha pensato, molto saggiamente, di interrogarsi sul modello di sviluppo («si deve creare una mentalità differente rispetto al passato»), usando gli stessi argomenti posti alla base del del Piano paesaggistico che appunto scommette su un nuovo modo di governare il territorio basato soprattutto sulla conservazione delle risorse, sulla qualità degli interventi, sul recupero del patrimonio edilizio esistente. Segno che la propaganda non sempre funziona?
A questo punto, potrebbe diventare una rubrica nella rubrica: «Sardinians», ovvero «impressioni e preoccupazioni estive dei molti innamorati di un'isola unica». Ogni anno, infatti, succede la stessa cosa. Arrivo, deciso a non occuparmi dell'argomento. Poi accade qualcosa, e mi ritrovo le mani sulla tastiera.
So cosa vi aspettate: un commento sulla compagnia di giro a Porto Cervo, che quest'anno ha aggiunto personaggi e trame. C'è — lo sapete — l'ex-banchiere Giampiero Fiorani, diventato intimo di Lele Mora, che vuole una trasmissione TV per «difendere i consumatori dalle banche». Ottima idea. Poi chiediamo a Costantino Vitagliano di celebrare in diretta la prima messa in latino, affidiamo la Domenica Sportiva a Luciano Moggi e andiamo tutti all'estero.
Scherzi a parte: non sono queste, le cose che mettono in ansia i sardi e i sardofili d'Italia. I Costacei che affiorano intorno al Billionaire sono come le meduse: conseguenze inevitabili di un nuovo clima (sociale, morale), ed è sbagliato dargli troppa importanza. Il dramma di quest'isola è un altro: la troppa bellezza della terra e del mare, contro cui non esistono difese. Non è un complimento: è un guaio. Mai vista la Sardegna così affollata, a luglio. Ho trovato la Pelosa di Stintino assediata, Isola Rossa assaltata, Rena Bianca (Santa Teresa) travolta. Cala Battistoni (ora, più banalmente, Baia Sardinia) è un alveare. Mi scrive Lamberto Oldrizzi ( oldrizzi@interfree.it): «Sono tornato da una vacanza a Capo Coda Cavallo.
Sono rimasto colpito da quello che sembra un progressivo suicidio turistico e ambientale. La famosa Cinta, Cala Brandinchi, Lu Impostu, l'Isuledda: tutte colonizzate da migliaia di turisti».
Il lettore ha ragione, ma dimentica una cosa: è un turista anche lui, come lo sono io. La Sardegna sta pagando un amore esagerato, ma spiegabile: non c'è nulla di simile, nel Mediterraneo, e la gente se n'è accorta. Scrivo da Rena Majore, in Gallura: trent'anni fa c'erano duecento case ordinate, oggi ce ne sono duemila, stile volonteroso-approssimativo.
È così dovunque, e l'assalto sarebbe già alla battigia, se non fosse per il «decreto salva-coste». «Da Palau a Orosei fin giù a Costa Rei — continua Olbrizzi — distese di villette costruite/ vendute sulle pendici delle colline o nascoste nel verde; gru e cantieri per centinaia di abitazioni; cartelloni che annunciano nuovi villaggi e residenze estive». Un'altra lettrice, Roberta Nanni ( rbnanni@yahoo.com), scrive da Costa Paradiso, su al nord: «Rocce rosse con forme e tonalità stupefacenti, immerse nel verde, affacciate sul mare più azzurro del mondo. Finora s'era costruito con un minimo di criterio; adesso ogni giorno un cantiere fa saltare rocce e vegetazione per creare alveari di cubicoli uno sull'altro. Che faccio, cerco una ruspa davanti alla quale sdraiarmi?».
Potrebbe essere un'idea. Già che c'è, Roberta, chieda al ruspista o al geometra: perché — tutti insieme — stiamo distruggendo (anche) la Sardegna? Le diranno: perché è un luogo arioso, profumato e bellissimo. Chi viene, ritorna. Chi non è ancora arrivato, arriverà. Alla domanda, ovviamente, segue l'offerta. Volete voli, navi, pizzerie, supermercati, locali, microappartamenti? Eccoli: basta pagare.
È la Legge Naturale del Turismo, quella contro cui il povero Soru sta lottando invano. La LNT prevede infatti che i bei posti vengano scoperti da pochi (1), si sviluppino grazie all'arrivo di alcuni (2), vengano lodati da molti (3) e siano soffocati dalla calata di moltissimi (4). A quel punto i ricchi si barricano, i pochi scappano, e il gioco ricomincia.
Il problema è che i bei posti stanno esaurendosi. Un'altra Sardegna, per esempio, non c'è.
Riguarda la Sardegna il bel servizio su L'Espresso in edicola (n.31/2009). L'inchiesta “ Sommersi dal cemento” dedica due intere pagine all'isola, segno che è avvertito il pericolo grazie al programma della Regione governata da Cappellacci. Nell'articolo di Maurizio Porcu c'è un riferimento a Costa Turchese, cioè al programma -anni Ottanta- di sviluppo edilizio a Capo Ceraso in Comune di Olbia, promosso dalla famiglia Berlusconi.
Colpisce il resoconto della vicenda svolto con l'aiuto del senatore PD Gianpiero Scanu, sindaco del capoluogo gallurese fino ai primi anni Novanta. Ed è il suo ragionamento che suscita qualche preoccupazione specie quando ricorda di avere ridimensionato il progetto dell' impresario pronto a scendere in politica.
Non è la prima volta che si certifica il “successo” nel confronto tra comuni e imprese edilizie costrette a ridimensionare le velleità palazzinare. Riconosce Scanu che la proposta dei Berlusconi era “eccessivamente impattante”; così due milioni e mezzo di metri cubi diventarono -oplà - 450mila.
In verità la prima avance di Berlusconi misurava un milione e mezzo di metri cubi (2mila posti barca, 3mila case), e si trattava del solito giochetto delle imprese di sparare numeri spropositati nel prologo. Come in tutte le trattative si partiva da 100 per accomodarsi su 20. L' epilogo sempre lo stesso. Con ossequiosa disponibilità l'impresa raccoglieva le obiezioni del Comune che a sua volta faceva il figurone di avere impedito il disastro. Più l'impresa azzardava all'inizio, più appariva la fierezza del negoziatore. Tutti ricordano in Sardegna la vicenda del Masterplan di Costa Smeralda. Debuttava con una richiesta di una decina di milioni di metri cubi via via ridimensionati negli anni. Fine alla soluzione accolta da Tom Barrack per aggiustamenti dell'esistente. Poche decine di migliaia di metri cubi per servizi, per non rompere l'equilibrio raggiunto si diceva nello staff del nuovo proprietario.
Insomma, se la prima proposta per Costa Turchese/ Olbia2 (ah, l'amore per le città nuove!) sembrava a me e ad altri amici una volgare assurda provocazione, la mediazione era comunque una roba da matti: 450mila metri cubi in riva al mare - forse un tantino più sopra - sarebbero stati una botta letale in un'area con quei caratteri. Una ventina di ettari di superfici coperte con estese urbanizzazioni strazierebbero quella speciale situazione ambientale in modo irrimediabile. Non se ne fece nulla - per fortuna. La pensata per favorire questa e altre iniziative - l'accordo di programma nella legge urbanistica- era zoppicante sul piano tecnico-giuridico più di quanto sospettassero i suoi fautori.
Poi il Ppr del 2006 ha cancellato, come è noto, ogni previsione in quell'area e in aree simili. Zero volume come doveva essere, sulla base di valutazioni svolte nell'interesse collettivo.
E' per questo che non si capisce la conclusione dell'ex sindaco. “ Evitando l'ombra della speculazione -dice- siamo arrivati ai 450mila metri cubi dell'attuale progetto... non in contrasto con il territorio circostante e con la promessa della realizzazione di un parco faunistico a spese dell'imprenditore”. Ma che vuol dire “attuale” ? Ma quale buon “attuale” progetto? Il progetto per Costa Turchese - sia chiaro - non è “attuale” neanche un pò, e servirebbe una variante molto temeraria al Ppr per resuscitarlo. Con effetto domino assicurato. Basti pensare al valore simbolico che si attribuisce a quel disegno per prevedere le conseguenze.
Vorrei allora che si dicesse a chiare lettere, in questa delicata fase, che le previsioni del Ppr non sono in discussione, almeno per chi sta da questa parte e guarda con preoccupazione ai paesi che si chiudono per alimentare ignobili periferie costiere. Non ho dubbi che il senatore Scanu - persona stimabile- sia oggi di questo avviso (e credo pure che all'epoca del suo sindacato non disponesse di adeguate valutazioni tecniche). Serve piuttosto, in questo clima, evitare i fraintendimenti. La destra è pronta a cavalcare ogni incertezza nei giudizi a sinistra, cosa che potrebbe alimentare la voglia di procedure ipersemplificate (già ben presenti del progetto di legge presentato nei giorni scorsi dalla giunta regionale sarda d'accordo con Berlusconi). Penso agli articoli 13 e 14 del cosiddetto piano casa di Cappellacci: nel caso li avessero pensati per aprire la strada a casi come Costa Turchese. Perchè credo che possiamo aspettarci di tutto.
PALAU. «Sono in Sardegna da 50 anni e l’amo un po’ come se fosse la mia terra. Ne ho vissuto tutti i passaggi. Quel che sarebbe importante è mantenere per le future generazioni un patrimonio che altri vogliono distruggere». É la premessa di Giulia Maria Crespi, presidente del Fai, nella sua casa di Palau prima di una lunga chiacchierata che verte attorno ai problemi di un’isola che ha adottato e che l’ha adottata.
Signora Crespi, non ha mai nascosto di apprezzare la politica ambientale di Soru.
«Trovo che Soru avesse fatto delle norme che proteggevano l’isola dalle mire dei palazzinari. La verità è che chi vuole speculare in Sardegna sono i continentali. Sulla pelle di chi ci abita».
- I sardi stanno cedendo alle lusinghe dei cementificatori?
«Mi sembra che il territorio sia in mano agli speculatori, guardate cosa vogliono fare in Costa Smeralda, Ma non mi pare che ci siano troppi proprietari sardi. Certo l’isola è molto poco aiutata. Ad esempio: un mio vicino agricoltore in primavera ha visto andare in malora i suoi campi perchè mancava l’acqua. Eppure il Liscia è pieno, ma mi dicono che non è stata prevista l’irrigazione per le coltivazioni sulle riva del fiume, come altrove. Eppure ci sono i rondò con l’ erbetta inaffiata e le ville con le piscine piene».
Soru cercò di cambiare le regole: Cappellacci le sembra altrettanto riguardoso delle esigenze ambientali?
«Le regole davano fastidio a molti. Col progetto della nuova Giunta aumentano le volumetrie sino al 20%, anche in sopralevazione; +30% con la riqualificazione dell’immobile; entro i 300 metri dal mare si può costruire il 10% in più. Si può avere il 30% in più per abbattimento e ricostruzione, il 40% per abbattimento entro i 300 metri con trasferimento di cubatura in lotti compatibili previe delibere comunali e cessione dell’area. E dove mettiamo l’autocertificazione dei costruttori? Basta la firma di un professionista qualunque».
- Se Soru difendeva l’isola, perchè l’hanno bocciato?
«Non sono una politica per dirlo. Forse ci sono stati errori nella comunicazione. Il fatto è che la gente pensa solo all’immediato e non pensa al domani. Ma il domani arriva. Quando sarà troppo tardi ci si renderà conto dei disastri compiuti. L’errore che si fa è pensare che a quest’isola occorra il turismo di massa. Ma non porterebbe soldi per davvero».
- E cosa serve, allora?
«Un turismo di qualità, un turismo disciplinato, rispetto per i piani paesistici».
Che suggerimento darebbe a chi sta per approvare il Piano casa sardo?
«Di fare un passo indietro. Di ripensare. Di non avallare l’ autocertificazione. Di aiutare piuttosto l’agricoltura, la zootecnia; di favorire e aiutare i prodotti tipici locali, l’artigianato, di promozionarli».
Lei che in Sardegna è di casa, può dirci se e come l’ha vista cambiare?
«Certo che l’ho vista cambiare. Terribilmente in peggio. Ho visto troppe costruzioni, brutture di ogni tipo. La conseguenza è che anche il turismo negli ultimi anni non va poi così bene. La Sardegna ha un patrimonio di siti antichi non valorizzati, anche quelli nuragici e prenuragici. Tutto questo non fa molto bene. La ripresa in grande stile della piaga degli incendi contribuisce a peggiorare le cose: un incendiario io lo metterei in cella per anni, ci sono stati morti e danni enormi ma tutti se ne infischiano. La proposta dell’ergastolo? Lo sostengo da anni. Perché questi fenomeni prima non si verificavano?»
Che interessi ci sono dietro questi fatti?
«Ci sono in mezzo un po’ di vendette, un po’ di speculazioni e un po’ di “divertimento”. Ci vorrebbero delle leggi speciali, con una notevole rivalutazione del ruolo della Forestale. I ritardi nell’arrivo degli aerei e elicotteri da cosa dipendono? Le disfunzioni nell’ apparato di intervento sono state tantissime».
- Signora Crespi, sta facendo un quadro poco rassicurante. La Sardegna ha parte del territorio intatto, si può ancora salvare?
«La Sardegna è talmente bella, talmente straordinaria, che in molti punti si può ancora salvare. Ma occorre cancellare la mentalità per cui io vendo mio figlio per fare cassa. È una delle regioni che ha recepito nella maniera peggiore il Piano casa nazionale, perchè? Stanno svendendo la Sardegna facendo credere che in questo modo si incentiva la ripresa. Aver dato alle regioni la possibilità di darsi ciascuna le sue regole è come dividere l’Italia in pillole, per dirla con Einaudi. Una cosa triste, L’Italia è una sola, con bellissime specificità. Occorrono regole unitarie: piani paesistici, piani regolatori, puc».
Il mattone come unica soluzione alla crisi?
«Certo qualche soldo in più entrerà. Ma a che prezzo? No, non c’è solo il mattone. Non ci si occupa delle campagne, si potrebbe puntare sulle primizie e non viene fatto. Invece si combinano un sacco di stupidaggini, costruendo nelle zone fluviali, deviando le acque, così da provocare disastri come le alluvioni di qualche mese fa».
Si rende conto che parlare di ambiente non è molto di moda. C’è la crisi...
«Infatti un’ambientalista come me è considerata una specie di cretina. Ma di questi cretini al mondo ce ne sono sempre di più. E vedremo cosa succederà se si permette la distruzione. La distruzione significa che una cosa è distrutta e basta. Ma i cementificatori saranno felici. E’ come un padre che rende la figlia puttana per fare soldi. Vabbene che le puttane ultimamente sono piuttosto in voga... Come dire: piacciono».
Berlusconi e la crisi?
«Preferisco non parlare di politica».
Un bene il G8 spostato all’Aquila? Lei se lo sarebbe ritrovato a domicilio.
«A Palau sono arrabbiati per questo. Probabilmente è un’occasione persa. A La Maddalena sono stati spesi dei soldi per dei lavori, spero che ora non distruggano anche l’arcipelago con la scusa di rilanciare l’ economia. Ma le economie sono tante, c’è ad esempio quella dei pescatori che sono sempre meno, hanno sempre meno pesce, e devono fare i conti con l’inquinamento».
A proposito di inquinamento, la chimica sarda rischia di chiudere.
«Se parliamo di Porto Torres, ci sarebbe da rilevare che la chimica ha distrutto una zona stupenda da sfruttare per il turismo. Però c’è il problema dei tanti disoccupati. Occorre programmare una riconversione, riportare la gente nelle campagne. Invece chi lavora nei campi è considerato di seconda categoria. E’ un lavoro duro che ha una resa limitata. Ma qui in Sardegna ci sono prodotti straordinari, primizie, prosciutti, formaggi, ricotte, miele. Non rendono come un condominio. Ma attenzione, molte case cominciano a essere vuote. Guardiamo cosa succede in Spagna, in che stato si è ridotta con tutti i suoi vani sfitti. Ma i palazzinari, loro sì, possono sorridere».
Vuol dire che l’isola rischia di fare lo stesso?
«Dipende da chi Cappellacci vuole accontentare. Io mi limito a osservare. Il Piano proposto mi spaventa molto. Occorre tornare alle vie legali. Invece cosa si fa? Si educa il cittadino all’immoralità. Chi segue la prassi regolare è un imbecille. Ma la società è anche piena di gente onesta. Qui ne conosco tanta ed è per questo che l’amo questo posto. Come se nelle mie vene scorresse quel sangue sardo che invece non ho».
L’Unione sarda
Piano casa sardo, la Regione è pronta
di Enrico Pilia
La certezza del diritto. Di una "carta" urbanistica sulla quale fare riferimento. Senza intese dalle maglie apparentemente strette: il nuovo Piano paesaggistico che sta nascendo non sarà neanche lontano parente di quello figlio della maggioranza di centrosinistra. «Lo demoliamo, cancelleremo questa vergogna», dice il presidente della Regione Ugo Cappellacci, «la riscrittura del Ppr è vicina alla fine, inseriremo le modifiche all'interno di un progetto di legge che conterrà il Piano casa regionale». Tre mesi dopo lo sbarco in viale Trento, Cappellacci si tuffa nella pianificazione del paesaggio e annuncia: «Porterò entro la prima metà di luglio in Consiglio il provvedimento della Giunta, faremo chiarezza per i cittadini e per li amministratori, costretti fino a oggi a combattere contro una serie di norme complesse e ingiuste».
Ieri, nel corso dell'ultima conferenza regionale sulla pianificazione del territorio, il governatore, l'assessore all'Urbanistica Gabriele Asunis e il direttore dell'assessorato, Marco Melis, hanno ripercorso le tappe del lavoro di ascolto di questi ultimi due mesi, fra un incontro con gli amministratori locali e un tavolo tecnico, per arrivare al nuovo Ppr e al Piano casa, in linea con le strategie del Governo nazionale sul tema della riqualificazione edilizia.
IL PROGETTO Un disegno di legge, quindi, pronto nelle prossime settimane dove ci sarà spazio non solo per i provvedimenti sull'edilizia residenziale, ma anche per le imprese e per gli alberghi. «Dopo un ulteriore confronto con la maggioranza, presenteremo il nostro Piano casa - ha spiegato Cappellacci - siamo convinti che occorra un salto in avanti per lo sviluppo in alcuni settori strategici come il turismo, che attualmente ha un'incidenza solo dell'8 per cento sul Pil regionale».
Ci sarà un importante capitolo legato agli alberghi, all'interno del Piano casa: sarà prevista la possibilità di riqualificare le strutture alberghiere con volumetrie "tecniche" (realizzazione di centri congressi e centri benessere), mentre è ancora all'esame la possibilità di concedere un aumento delle cubature, soprattutto per quanto riguarda gli alberghi nella fascia dei 300 metri dal mare. Ci sarà, per le imprese turistiche, la possibilità di accesso al credito attraverso «strumenti finanziari agevolati, per questo abbiamo avuto già dei contatti con la Banca europea degli investimenti», ha detto il presidente Cappellacci.
CASE E IMPRESE Il Piano casa regionale accoglierà, come è ovvio, i principi-guida di quello nazionale, con le premialità di cubatura per chi ristruttura secondo le norme che regolano il rispetto dell'ambiente e il risparmio di energia. Uno dei nodi ancora da sciogliere riguarda l'edilizia nella fascia sottoposta a tutela assoluta, quella vicina al mare: la Giunta sembra orientata a concedere la possibilità di rimodulare le case vicino al mare, senza "premi" di cubatura, mentre resta l'incentivo ad abbattere e ricostruire oltre i 300 metri, con cubature in più fino al 35 per cento.
Per le imprese sarde ci sarà la possibilità di ampliare e modificare gli stabilimenti, capannoni e impianti seguendo la traccia nazionale del risparmio energetico e della bioedilizia. Infine, il Piano casa conterrà anche norme che modificheranno il Piano paesaggistico regionale sui beni identitari, sulle norme transitorie e sull'applicazione dei Piani urbanistici comunali in vigore alla data di approvazione della legge sulle coste.
L’altravoce.net
Ppr, Piano Casa e Piano Alberghi
Cappellacci e il tris di mattoni
di Marco Murgia
Incassa e rilancia, Ugo Cappellacci. Spenta la candelina sui suoi primi cento giorni alla guida della Sardegna, il presidente della Regione si gode la ciliegina. Soddisfa la bulimia di cemento annunciata a più riprese durante la campagna elettorale e divide la torta con i rappresentanti istituzionali e delle associazioni presenti alla conferenza regionale del paesaggio. Incassa il sì più o meno convinto di tutti e rilancia: Piano casa e Piano alberghi, pronti e cucinati entro la metà di luglio. Tutto con il contentino per gli ambientalisti: «Non è volontà della Giunta mettere da parte quelli che sono i principi ispiratori del ppr», scandisce l'assessore all'Urbanistica Gabriele Asuni.
Un successo, dal punto di vista di viale Trento, questa mattinata al palazzo congressi della Fiera di Cagliari: è l'appuntamento conclusivo delle nove conferenze territoriali messe in campo dalla squadra Cappellacci. Unica azione concreta in cento e passa giorni di governo, a testimonianza dell'ossessione del mattone del nuovo corso di centrodestra. Senza uno straccio di opposizione - parlerà in serata solo Chicco Porcu, consigliere regionale del Pd, per sottolineare che «è evidente che si prepara un nuovo assalto speculativo alle coste sarde» - il gioco è facile facile.
Basta accontentare tutti. Costruttori, albergatori, imprenditori, amministratori in difficoltà con le norme troppo tecniche del piano Soru, e chi più ne ha più ne metta. Gli ambientalisti un po' meno, alla Fiera con il presidente di Legambiente Sardegna. Vincenzo Tiana chiede in sostanza due cose. Che non siano cancellati i principi del ppr vigente: accontentato, almeno nelle dichiarazioni; che al posto del Piano casa ci sia un piano di sviluppo sostenibile che non interessi solo l'edilizia «ma generi posti di lavoro per la gestione di beni paesaggistici sempre più fragili». Ma da quell'orecchio non ci si sente, anzi. Non solo il Piano casa sarà varato entro luglio, ma conterrà anche «le prime modifiche al ppr».
L'annuncio è di Cappellacci, e il rilancio è da brividi. C'è quello per la casa: 11 articoli già in bozza per un piano «che darà grandi possibilità e riguarderà anche gli edifici pubblici, entro metà luglio, dopo un confronto interno alla maggioranza di governo». E c'è quello per gli alberghi, indispensabile per rilanciare il turismo e «consentire alle strutture di recuperare il ritardo finora accumulato», attraverso strumenti urbanistici e «finanziari di largo favore». Centri benessere e turismo congressuale in prima fila, naturalmente: come diceva il premier Berlusconi durante le sue visite nell'isola per la campagna elettorale. Vengono confermate le premialità sulle cubature per chi decide di demolire e spostare la propria abitazione dai 300 metri dalla linea della battigia verso l'interno.
Edilizia senza paesaggio: per quello, il Piano conterrà le norme che andranno a modificare, nell'applicazione, il Piano paesaggistico regionale, in particolare sui beni identitari sulle norme transitorie e sull'applicazione dei Piani urbanistici comunali vigenti alla data di approvazione della Legge salvacoste. Per gli alberghi il presidente della Regione parla di una riqualificazione dell'offerta più che di un aumento dei posti letto: incremento che comunque «non viene escluso». Con l'aggiunta alle concessioni demaniali sulle spiagge, metri quadri in più a seconda del numero delle stanze, gli albergatori possono ben stare tranquilli. Occhio di riguardo anche per il patrimonio produttivo delle imprese sarde: ci sarà la possibilità di ampliare e modificare gli stabilimenti, i capannoni e gli impianti seguendo il principio del risparmio energetico e della bioedilizia.
A fare due più due, il risultato sembra cucito addosso al villaggio turistico-immobiliare di Costa Turchese: guarda caso, robetta che interessa alla famiglia del Cavaliere. La replica di Cappellacci lascia più di un portone aperto: «È nostro interesse garantire a qualunque cittadino regole chiare nel rispetto del nostro territorio. Dopo di che non importa se l'imprenditore si chiama Soru, Cappellacci, Berlusconi o Prodi». Così le cose, il premier non si fa sfuggire l'occasione. L'ostacolo, a questo punto, è solo Paolo Murgia: un pastore che da oltre trenta anni porta nei terreni individuati il suo gregge e tiene testa alle offerte di Edilizia Alta Italia, società del gruppo Fininvest. Battaglia a colpi di carta bollata e soldi, molti, messi sul tavolo: «Su questa terra ho l'usucapione, e non la cedo», racconta a Franco Bechis su “Italia oggi” di ieri: e qualcuno già lo indica come l'unico lin grado di opporsi a Berlusconi. Il Pd, in vista del congresso autunnale e delle beghe interne, ci faccia un pensiero.
Meraviglia sarda sotto minaccia: è il Times di Londra che titola così un servizio di Richard Owen sul caso Tuvixeddu, dopo l’iniziativa di denuncia lanciata dal presidente della Provincia Graziano Milia il 17 giugno a Bruxelles, davanti ai giornalisti di tutta Europa. Ripercorsa rapidamente la storia antica e recente del sito archeologico, il Times riferisce della presa di posizione annunciata dal vicepresidente dell’organo consultivo del parlamento europeo Michel Dellebarre, pronto a portare la vicenda di Cagliari all’attenzione della massima assise continentale. L’autorevole quotidiano londinese - che un anno fa aveva parlato di «immondezza» sulla necropoli punico-romana - fa poi riferimento alle numerose denunce di Italia Nostra, che per bocca di Maria Paola Morittu prevede «modifiche consistenti a un paesaggio antico che ha già sofferto molto». Mentre Dellebarre - come riporta il cronista inglese - taglia corto affermando: «Non capisco come qualcuno possa pensare di danneggiare un patrimonio di questo valore». Se il presidente Ugo Cappellacci avverte che sarebbe «un atto criminale distruggre Tuvixeddu» resta aperta, come spiega il Times, la partita fra chi sostiene, come Nuova Iniziative Coimpresa, che sul colle è stato scoperto tutto fin dal 2000 e chi, come l’Avvocatura dello Stato, parla di oltre mille tombe venute alla luce negli anni successivi all’accordo di programma che ha dato il via all’edificazione.
I sardi alle regionali hanno votato Silvio Berlusconi e i segnali che continuano ad arrivare da Roma non corrispondono neppure un po' alla fiducia accordata. Per ora il fiero popolo - che ci tiene tanto a queste cose («la parola data è data, una e una sola...») - dovrà accontentarsi di promesse. Quello che il premier non ha concesso e ha tolto alla «sua» isola è nel bilancio - provvisorio- che di giorno in giorno si fa sempre più pesante, irriguardoso verso i sardi tutti d'un pezzo. I sardi: scettici o diffidenti? o creduli? Si chiedevano, appunto, Mannuzzu, Fois e Todde in un recente incontro promosso dai "Presìdi del libro" a Sassari, pensando forse all'ultimo test elettorale. I politologi diranno: servirà un po' di tempo per capire. Ora si può solo fare qualche osservazione guardando le notizie che arrivano. Pensando alle ripercussioni delle politiche sulla forma del territorio, oltre che sul corpo sociale: se viene meno lo sviluppo programmato allignano in genere brutte proposte. Si sa come una disperata condizione di crisi si possa realizzare il clima che serve per fare passare le soluzioni «s'afferra afferra». La crisi ti tocca di più se ti avevano fatto sperare. E una comunità in disgrazia è più conciliante verso offerte sconvenienti (di palazzinari casualmente nei pressi, ad esempio) che in tempi migliori sarebbero almeno guardate con giusta dose di diffidenza se non respinte con sdegno. Colpisce quello che in poco tempo è accaduto: varie questioni intrecciate chiamano in causa il governo di Roma che come si capisce decide tutto.
G8. Penso che le parate dei Grandi siano un po' ridicole e troppo costose rispetto ai risultati; se si pensa a Genova si potrebbe dire di farla finita. C'è un però: La Maddalena, isoletta prestata alla guerra da sempre, è una circostanza speciale; la lunga presenza e l' uscita di scena delle basi militari, la necessità di rimettere in ordine un luogo maltrattato, al quale è sempre stato tolto senza dare nulla di durevole. Solo con una eccezionale disponibilità di risorse (che arrivano in condizioni speciali, come un terremoto) si può agevolare un processo di riqualificazione; in alternativa su connottu, i tifosi degli americani che spendono molto nei bar pronti a farsi partito. Perciò si può capire chi ha pensato di farsene una ragione del G8, oltre i pregiudizi, di adottare una tattica opportunista per prendersi i denari. Vigilare perché fossero spesi bene era un bel compito. Ancora oggi non è detto che ci sia la copertura finanziaria per finirli i lavori. Ma non stupisce il marasma: nello sfondo resta il memorabile epilogo, neppure un sms di cortesia alla Regione che apprende del G8 in Abruzzo quando lo sanno tutti, come il coniuge tradito. E se fosse capitato ai tempi di Prodi e Soru?
Fabbriche chiuse. In campagna elettorale il premier ha lasciato intravedere soluzioni pronte e strategie e contatti internazionali (la telefonata a Putin è la messinscena più nota) per scongiurare la brutta notizia della fermata di Euroallumina. Poi l'ecatombe che conosciamo, la lista delle fabbriche che chiudono si allunga con lo sguardo a Roma che dispone, dato che si è capito che la Regione non conterà nella vertenza, non sarà un soggetto antagonista: e sarà un terremoto senza soccorsi. Spontaneo pensare ai telegiornali che avevano fatto titoloni su quella telefonata, mai più ricordata nelle cronache della crisi.
Nucleare. Dicono i ministri che è sicuro: zero rischi ad averlo da qualche parte nel territorio del Paese. Il presidente della Regione aveva garantito: mai un impianto nell'isola delle vacanze. I sardi sarebbero felici se non gli toccassero l'atomo e le scorie dietro casa. Però la terra più adatta è proprio quella sarda: che non trema, c'è il mare, poco popolata. E non si capisce. Berlusconi dice che non c'è pericolo, ma il governo regionale non gradisce, pure se il suolo sardo sembra fatto apposta. Se non credono a quello che dice il premier potrebbe essere che non si fidano? Di Berlusconi o del nucleare?
Grandi opere. E' noto l'elenco delle opere strategiche, la mappa dopo il dramma d'Abruzzo poco cambia. Al primo posto sempre il ponte sullo stretto di Messina: per collegare un'isola attaccata al Continente, servita da traghetti sempre pronti a basso costo. Ecco la Regione nel cuore di Berlusconi: tre volte gli elettori sardi, molti cari amici da quelle parti. La Sardegna, qualche parlamentare, non può chiedere ponti; ha collegamenti inadeguati e costosi con la penisola e infrastrutture viarie e ferroviarie indecenti. Per il ponte in Sicilia miliardi di euro impegnati. Per la Sardegna isola vera ti aspetteresti la compensazione: invece la Tirrenia annuncia la cancellazione di tratte. Ed eccoci nel volubile mercato di arei e navi a basso costo che come sono arrivati inopinatamente, possono uscire di scena se e come dirà il mercato.
Piano casa. I presidenti delle Regioni Veneto e Sardegna sono stati a Roma per concordare il primo provvedimento «edilizia libera», quello poi ricusato che assecondava la inclinazione anarcoide del popolo. La Sardegna è in cima ai pensieri di Berlusconi imprenditore e il provvedimento è proprio quello che potrebbe dare un altro duro colpo al paesaggio sardo. Abbasso il Ppr di Soru, via i vincoli per dare retta a quelli che hanno sempre qualche blocchetto di cls in macchina, che non si sa mai. Tutti liberi! Il messaggio spiazzante, va oltre la cifra pop e costringe l'assessore regionale più competente e solitamente molto prudente a mettere dei distinguo non solamente tecnici. Vedremo.
A questo proposito una domanda a partire dalla notizia, su queste pagine, del sensibile calo di prenotazioni negli alberghi dell'isola. Da non drammatizzare, in fondo è solo un brutto segnale. Ma se fosse accaduto qualche mese fa? La spiegazione l'avreste letta su Il Giornale (Mario Giordano si è già rivolto alla ostinata sinistra del no ricordando che «la lezione di Soru, mandato a casa dagli elettori perché, fermando cantieri e turismo, aveva sclerotizzato l'isola e l'aveva condannata alla povertà, evidentemente non è servita»). Si potrebbe ora replicare, attribuendo la flessione agli annunci della Regione nuovo corso, ma sarebbe la solita propaganda che non vale, almeno per i sardi che non sono creduli fino a questo punto.
«Abbiamo approvato una delibera sui servizi in spiaggia per dare la possibilità ai turisti di avere piÙ servizi». L’assessore Sebastiano Sannitu non riesce a capire gli attacchi portati alla giunta da parte del Pd: «E’ iniziato l’assalto alle coste», è l’accusa. Il provvedimento, firmato martedì scorso da Sannitu che è anche il vicepresidente della Regione, (quel giorno Cappellacci era assente), stabilisce i criteri per le nuove concessioni demaniali marittime. Si tratta, in sostanza, di una delibera «di indirizzo» perché poi, materialmente, le concessioni saranno rilasciate dagli Enti locali. Anche per questo, Sannitu respinge le polemiche: «Vogliamo fare quello che hanno sinora realizzato tutte le regioni che vogliono incrementare il turismo. Credo che tutti siano d’accordo almeno su un punto: in Sardegna è opportuno migliorare la qualificazione e l’offerta dei servizi. E si tratta di venire incontro alle richieste degli operatori che da quel mestiere vivono». L’assessore al Turismo avvalora queste tesi con il giudizio di tutti gli analisti e gli esperti del settore: «I mali del turismo», afferma Sannitu, «si conoscono bene e la diagnosi è chiara da tempo. Sicuramente il primo male è la stagionalità ma la carenza dei servizi viene indicata subito dopo».
L’assessore all’Urbanistica, Gabriele Asunis, non fa mistero in tutti gli incontri territoriali che si stanno svolgendo in questi giorni sul Piano paesaggistico, che «c’è l’esigenza delle amministrazioni comunali di identificare le criticità che hanno bloccato le cose negli ultimi anni». E le concessioni per i servizi in spiaggia che dovranno essere valutate dagli Enti locali sulla base della delibera di martedì scorso fanno parte degli elementi critici da superare. «Tenete conto», avverte Sannitu, «che i paletti previsti sono rigidi». L’ex assessore all’Urbanistica, Gian Valerio Sanna, è di parere opposto: «Quella delibera è stata presa dalla giunta Cappellacci in violazione di legge. Gli ampliamenti delle concessioni già esistenti sono ingiustificati: è una scelta scellerata che mette a rischio la parte più delicata dell’ecosistema costiero. Le norme di legge transitorie, (in attesa che i Comuni approvassero i piani per il litorale), prevedevano il rilascio di concessione per le nuove attività per un periodo di sei mesi». Gian Valerio Sanna fa due conti semplici: «La giunta ha assegnato tre metri quadrati in spiaggia per ogni posto letto. Lungo le coste sarde avremo vincolati per le strutture alberghiere oltre 40 mila ettari di superficie. Lettini, ombrelloni e altre attrezzature verranno sistemati senza alcun controllo su tutte le spiaggie». E’ un ritorno al passato antecedente la giunta Soru che aveva preferito bloccare le nuove concessioni.
«Non c’è dubbio», conclude Sanna, «che la giunta Cappellacci ha ripreso l’assalto indiscriminato alle coste. Questa è un po’ la prova generale». Le norme sull’utilizzo dei litorali erano sino a martedì molto rigide e riguardavano innanzitutto la percentuale complessiva di costa da affidare in concessione. La giunta Soru aveva abbassato la soglia dal 35 per cento al 25 per cento e per accontentare più imprenditori erano state ridotte le dimensioni delle singole concessioni. Per il gruppo consiliare del Pd, guidato da Mario Bruno, il rischio «è un ritorno al passato. Prendiamo il parametro dei tre metri quadri di spiaggia per ogni posto letto alberghiero, basta una semplice moltiplicazione per calcolare quanta parte di litorale verrà privatizzata. Con buona pace dei turisti e dei residenti che si dovranno cercare un posto libero».
A giudizio di Mario Bruno la cosa più grave è poi la discrezionalità che sarà assegnata ai funzionari che dovranno rilasciare le concessioni: «E’ la peggiore discrezionalità degli uffici», afferma il capogruppo, «dal momento che nella delibera si legge la frase sempre che le condizioni della spiaggia lo consentano». Siamo alla più totale restaurazione dei vecchi metodi che, in un tempo non molto lontano, consentivano il rilascio di venti o trenta concessioni in un solo giorno. Tutto questo senza valutazione dell’impatto ambientale».
E' un inatteso colpo di mano, a guardare bene. Senza mettere mano al Piano paesaggistico ecco la prima disinvolta mossa del governo regionale. Si consente di privatizzare, con una semplice delibera della giunta, migliaia di ettari di spiagge: aree demaniali di grande delicatezza che saranno sottratte all'uso pubblico e riservate ai clienti di alberghi e villaggi vacanze.
Il precedente governo aveva fatto una scelta diversa: bloccando nuove concessioni con l’obiettivo di alleggerire il peso di servitù - a vantaggio di pochi- su ambienti molto speciali per un'isola. Prevedendo il rilascio di concessioni solo per le nuove strutture ricettive in modo proporzionale alle dimensioni. Con questo nuovo atto, che lascia ampi margini discrezionali a chi dovrà applicarlo, il governo berlusconiano ritorna al passato, legalizzando l’occupazione intensiva e prepotente dei territori costieri che può arrivare fino al 50 per cento della dimensione complessiva della spiaggia; ed è facile immaginare che questi conteggi e i modi di occupazione saranno a vantaggio delle imprese e senza controlli; tutto nel nome dello sviluppo e con il solito argomento che dobbiamo essere più competitivi nel mercato turistico nazionale ed internazionale, per assicurare la soddisfazione di esigenze socioeconomiche ed occupazionali, eccetera. E' un inizio che fa temere pessimi sviluppi per i beni comuni della Sardegna. (s.r.)
Ugo Cappellacci inaugura stamani alle 10, al teatro civico di Alghero, il processo di "revisione" del piano paesaggistico regionale. Prima di tutto le ragioni del metodo: il presidente della Regione ha messo in moto un sistema ecumenico nel quale affida ai Comuni le proposte cambiamento dello strumento di pianificazione territoriale. Per usare le sue parole: "Vogliamo un processo partecipativo con il territorio, per intraprendere una riflessione condivisa". La cornice filosofica di questo processo Cappellacci l’ha già anticipata in campagna elettorale. Il corollario è condensato in un’affermazione estremamente esplicita, che il presidente ha ribadito nei giorni scorsi nella conferenza stampa preparatoria alle conferenze territoriali che comunciano oggi: "Bisogna riaccendere la fiammella dell’edilizia per riavviare lo sviluppo economico nella nostra regione". Dunque, si riparte dalle ragioni del cemento.
Il Piano paesaggistico non più quindi come strumento di tutela ambientale, ma come contenitore di un’edificazione possibile nella fascia costiera. Un messaggio che era passato in campagna elettorale e che ha sicuramente attecchito, vista la risposta inequivocabile delle urne: il centrodestra ha infatti vinto in 67 dei 72 comuni costieri della Sardegna. L’interpretazione di questo dato non è poi tanto difficile: è la restaurazione di un concetto abbastanza discutibile, anche sul piano economico, secondo il quale la proliferazione del mattone è la molla dell’economia. Non importa se economisti di indubbia autorevolezza hanno bocciato questo teorema, parlando di crescita nel breve periodo, ma investimento nefasto nel ciclo economico di medio e lungo periodo. Si "consuma" la risorsa primaria, cioè l’ambiente, arrivando così a un fatale deprezzamento del capitale immobiliare. Il ciclo virtuoso del turismo, in uno scenario di forte concorrenza internazionale, va verso un pericoloso rallentamento. In estrema sintesi, si dà ossigeno al comparto edilizio attivo sulle seconde case.
Il concetto di edilizia specializzata nel recupero dei centri abitati nella fascia costiera evidentemente non risponde all’aspettativa di utili da parte di molte imprese. Un concetto che si è esteso anche a chi vive di servizi e di attività di supporto a un turismo, chiuso nella prigione della stagionalità. Le pressioni esercitate sui comuni dagli interessi del mattone sono enormi. Perciò è verosimile che, su questo terreno, Cappellacci otterrà significativi consensi nella sua politica di alleggerimento dei vincoli. Il presidente sa molto bene che, comunque, non potrà spingersi molto avanti perché troverà sulla sua strada i limiti imposti dal cosiddetto codice Urbani. Ma per il presidente e per la sua giunta il vero problema sarà quello di trovare un equilibrio tra le spinte che arrivano da grossi gruppi immobiliari (già molto attivi nell’isola) e le esigenze di piccoli proprietari che cercano di investire sulle coste. La partita si giocherà molto probabilmente su questo tavolo, ma comunque vada, si rischia di avere conseguenze permanenti nel campo della qualità ambientale. Al di là degli interessi in gioco, è poi tutta da verificare la forza di una vastissima area culturale (politicamente trasversale) che in alcuni casi ha criticato i metodi forse troppo decisionisti dell’ex presidente Renato Soru, ma che, nella sostanza, ha condiviso la filosofia che ha ispirato un’iniziativa forte come "legge salvacoste" del novembre 2004. E la conferma è arrivata dall’esito clamoroso del referendum promosso dal centrodestra proprio contro la legge salvacoste: solo il 20,4 per cento dei sardi è infatti andato a votare.
Da oggi, comunque, le conferenze territoriali cominceranno a fornire importanti indicazioni politiche. Intanto, nei giorni scorsi il Wwf ha lanciato un appello al presidente Cappellacci perché "vengano garantiti in senso e l’efficacia del piano paesaggisitico regionale". "Il Ppr - scrivono gli ambientalisti - rappresenta l’unico strumento normativo in grado di mettere al sicuro la bellezza del paesaggio e l’integrità dei valori naturalistici della Sardegna. Comprometterne l’efficacia significherebbe esporre al rischio di degrado quel grande patrimonio ambientale sul quale l’isola fonda il proprio sviluppo". Secondo il Wwf, il processo di "coinvolgimento e concertazione con gli enti locali rappresenta un passaggio importante e fondamentale per capire i bisogni e le aspettative delle comunità. Tuttavia occorre grande senso di responsabilità per non esporre il patrimonio ambientale e interessi speculativi e al rischio di una cementificazione selvaggia".
OLBIA. Accusato di fare leggi su misura per Berlusconi, Niccolò Ghedini si sta ora occupando delle forme della Sardegna. Quanti chilometri di costa, quanti metri cubi edificati ed edificabili. L'avvocato numero 1 del premier ha una missione: applicare il piano casa, a cominciare dall'isola. Con un impegno: «Niente cemento nei 300 metri dal mare». E così, alla Certosa, ha convocato Cappellacci e Asunis.
Il summit segreto si è tenuto venerdì scorso. Berlusconi non c'era: era impegnato a Roma, a palazzo Grazioli, con le nomine per la Rai e, poi, è volato in Abruzzo. Il delicato compito di far partire il piano casa senza intoppi, né giuridici né politici, l'ha affidato a lui, Niccolò Ghedini, uno che solitamente lo tira fuori da altri guai: quelli giudiziari. L'avvocato di Padova (e deputato del Pdl) ha ampia autonomia, per via della sua competenza. Sicché ha chiamato a Porto Rotondo sia il presidente della Regione che l'assessore all'Urbanistica. A Cappellacci e Asunis, Ghedini ha spiegato come stanno le cose. «Il piano è pronto, dopo l'intesa alla conferenza Stato-Regioni. Ora il consiglio dei ministri lo approverà, dopodiché la Sardegna, come tutte le altre regioni, avrà tre mesi di tempo per recepirlo». Questo è il ragionamento generale. Quello particolare, Ghedini l'ha fatto, secondo alcune fonti, molto direttamente: la prima Regione che dovrà applicarlo è la Sardegna.
Per Berlusconi, ovviamente, sarebbe un doppio colpo. Da una parte sbloccherebbe l'edilizia, e dunque l'economia, nel giro di pochi mesi. Dall'altra, lancerebbe un segnale chiarissimo: mantenendo fede a un impegno elettorale con i sardi, cambierebbe il piano paesaggistico fatto dall'odiato Soru e aiuterebbe i settori imprenditoriali a lui elettoralmente più vicini.
Cappellacci e Asunis hanno capito il messaggio, adesso dovranno tradurlo in un atto politico e amministrativo. Non a caso, due giorni fa a Cagliari, parlando a un convegno sull'edilizia, l'assessore all'Urbanistica ha detto che il «piano casa sarà pronto entro l'estate». In due mesi la Regione dovrà fare quello che Berlusconi desidera, dunque. Possibilmente, senza mal di pancia degli alleati. Toccherà a Cappellacci, come capo della maggioranza, evitare le polemiche. Con i numeri di cui dispone in consiglio regionale, non dovrebbe avere problemi. Quelli arriveranno dall'opposizione e dall'esterno, specialmente dalle associazioni ambientaliste che temono una colata di cemento sulle coste.
«Sì, ho incontrato Cappellacci e Asunis - conferma Ghedini alla Nuova -. Abbiamo avuto uno scambio di idee sul piano casa, che sto seguendo personalmente. Nessuna imposizione, nessuna volontà cementificatoria. Sia il governatore che l'assessore sono per il massimo rispetto dell'ambiente».
La domanda è: come si fa a costruire subito, se c'è il piano paesaggistico accusato di aver ingessato la Sardegna? Ghedini è abituato ai codici e a interpretarli sempre a proprio favore. «I vincoli permaranno ancora, nella fase di adeguamento - spiega l'avvocato-deputato -. Lo dico con chiarezza: la fascia dei 300 metri dal mare non si tocca, lì non si faranno ville. Ma, siccome l'obbiettivo è costruire case per le famiglie, troveremo una soluzione legislativa per sbloccare i cantieri immediatamente».
Si va a Tuvixeddu «come Leonida a difendere il passo delle Termopili». L’invito e rivolto alle migliaia di cagliaritani che non vorrebbero vedere la necropoli punico-romana affogare nel cemento. Di certo domenica mattina ci saranno quasi tutte le associazioni culturali ed ecologiste che da anni si battono contro i 260 mila metri cubi di edifici targati Nuova Iniziative Coimpresa. «Noi non ci arrendiamo - hanno detto ieri Vincenzo Tiana di Legambiente, Maria Paola Morittu e Fanny Cao di Italia Nostra, Luca Pinna del Wwf - e finchè esiste la possibilità di fermare quel progetto, continueremo a lottare». Come Leonida, appunto. Solo che al posto di archi, frecce e scudi i ‘nemici’ hanno usato con grande perizia le norme della giustizia amministrativa, mandando all’aria ogni tentativo di impedire per via legale l’edificazione del colle. Difficile spuntarla quando «la stessa amministrazione comunale si è schierata in giudizio con il costruttore». Un caso di autolesionismo consapevole, come se i mattoni privati rendessero più di un bene archeologico inestimabile come quello del colle punico.
Ancora più difficile quando persino l’Università, istituzione che in genere sta dalla parte della cultura, anzichè perorare la causa della conservazione «ha preso la sua parte di volumetrie». Tiana - che ha ospitato nella sede di Legambiente una conferenza stampa - ha fatto una rapida cronistoria del caso Tuvixeddu «aperto quasi vent’anni fa e arrivato oggi a una fase molto critica». Forse la fase finale, perchè dopo l’ininterrotta serie di sconfitte giudiziarie Renato Soru, il nemico pubblico numero uno di Coimpresa, ha dovuto lasciare la presidenza della Regione a Ugo Cappellacci: «E abbiamo visto tutti le fotografie del nuovo governatore - ha scherzato Tiana - che brindava alla vittoria delle elezioni insieme a Gualtiero Cualbu...». Resta qualche speranza? «Per noi sì - ha insistito Fanny Cao - perchè negli ultimi anni Tuvixeddu da luogo dimenticato che era, ha raccolto l’interesse della cultura e della stampa nazionale, ne ha scritto il Times di Londra, abbiamo visto servizi televisivi nelle maggiori trasmissioni d’informazione. C’è una nuova sensibilità per la tutela di questo sito fondamentale, possiamo ancora farcela». Se il ministro dei beni culturali Sandro Bondi se n’è lavato le mani («mettetevi d’accordo fra di voi») e l’aria politica attorno al colle vira al grigio calcestruzzo, l’ultima offensiva anti-Coimpresa resta dunque affidata alle associazioni, che nel frattempo hanno reclutato anche il Global Social Forum di Serafino Canepa («quel progetto è un’infamia, non è un problema solo nostro ma di tutto il mondo...») e gli studenti universitari del Movimento Unitario: «Questa battaglia - ha detto Giorgia Loi - non è di destra nè di sinistra, è una battaglia per la cultura».
Domenica ci saranno anche loro. Spunta l’idea, ironica ma non troppo, di un prossimo libro nero: «Potremmo scriverci quanto è accaduto negli anni attorno al colle di Tuvixeddu - sorride Tiana - coi nomi e i cognomi dei protagonisti. Così, a futura memoria». Magari un libro da allegare al fascicolo che la Procura della Repubblica sta per chiudere sulle vicende collegate al grande progetto di edificazione, dove nomi e cognomi si annunciano eccellenti. Ma torniamo alla manifestazione di domenica prossima «una catena umana per Tuvixeddu»: la richiesta rivolta alle istituzioni è di allargare i vincoli paesaggistici sull’area archeologica, con la revisione profonda del progetto Coimpresa. L’appuntamento è alle 10 sul colle, nel prolungamento di via Bainsizza. La conclusione è prevista per mezzogiorno davanti alla Grotta della Vipera in vico I Sant’Avendrace dopo un’esplorazione dell’area. Il passo successivo un contatto con Cappellacci: «Chiederemo al presidente della Regione di venire con noi a fare un sopralluogo all’interno della necropoli di Tuvixeddu - ha annunciato Tiana - vogliamo mostrargli nel dettaglio il vero, straordinario valore di tutta l’area perchè venga conservata così com’è».
COMUNICATO STAMPA
"Serve un grande abbraccio simbolico per Tuvixeddu"
Domenica 5 Aprile: UNA CATENA UMANA PER TUVIXEDDU
Dal 1991 le associazioni ambientaliste e culturali lottano perché vengano garantite adeguate misure di difesa per un sito archeologico di portata mondiale come la Necropoli di Tuvixeddu. Grazie al loro contributo, in questi 18 anni, la Coimpresa ha dovuto dimezzare le cubature del suo progetto ed è stato istituito, solo nel 1997, un vincolo paesaggistico. Aspetto paesaggistico rafforzato dall’inserimento dell’area nel PPR nel 2006. Sono 431 le nuove tombe scoperte negli ultimi 10 anni. Numeri che testimoniano l’urgenza di una tutela integrale del sito in tutti i sui 50 ettari.
"Cagliari e la Sardegna devono far sentire la loro voce per la salvezza della necropoli e del colle di Tuvixeddu". Con queste parole le associazioni ambientaliste Legambiente, Italia Nostra, Cagliari Social Forum, WWF e gli Studenti universitari di Cagliari invitano alla più grande partecipazione possibile i cittadini che hanno a cuore le sorti del Colle di Tuvixeddu e promuovono la manifestazione "UNA CATENA UMANA PER TUVIXEDDU" programmata per DOMENICA 5 APRILE alle ore 10:00 sulla sommità del colle. Esiste una parte della città che non si arrende a un destino segnato per il colle e il sito archeologico racchiuso in esso, che nonostante la serie di ricorsi persi solo per vizi procedurali, è convinta di poter ancora garantire un futuro di tutela per la più grande necropoli punico-romana del Mediterraneo. "La città domenica deve stringere il colle in un grande abbraccio collettivo,.
Le associazioni hanno già chiesto un incontro al presidente della Regione e sollecciteranno anche il Comune di Cagliari . "Il Comune resta il grande assente in tutti questi anni e ha sempre tenuto una posizione che stride con le velleità che questa città ha di candidarsi a "Capitale del Mediterraneo". Anche gli studenti universitari cagliaritani daranno il loro contributo con la mobilitazione per Domenica dei giovani da tutte le facoltà della città .
Programma Domenica 5 aprile 2009
ORE 10 – inizio della catena umana dalla sommità del colle (prolungamento Via Bainsizza);
ORE 11 – concentramento in Via Is Maglias (parcheggio facoltà di Ingegneria);
ORE 12 - conclusione in Viale S. Avendrace Vico I (Grotta della Vipera) dove sono previsti gli interventi di esponenti del mondo culturale come Giovanni Lilliu, Roberto Coroneo, Enrico Corti, Alfonso Stiglitz,Giorgio Todde i consiglieri regionali, Claudia Zuncheddu, Luciano Uras, Massimo Zedda, Chicco Porcu, i parlamentari Amalia Schirru e Francesco Sanna, in rappresentanza dell’Osservatorio parlamentare di Legambiente per Tuvixeddu, il Presidente Nazionale di Legambiente Vittorio Cogliatti Dezza.
Italia Nostra Sardegna - Legambiente Sardegna - Social Forum Cagliari
Studenti Universitari di Cagliari - WWF Sardegna
Per info. Tel/fax 070.659740 salegambiente@tiscali.it
Succede nella necropoli cartaginese di Tuvixeddu, un colle dentro Cagliari Caduta la giunta regionale di centrosinistra, via libera all’edificazione
Ci sono le gru, noiose come zanzare: molestano un sonno profondo, quello dei cartaginesi, sepolti da 25 secoli in questi pozzi scavati nella roccia calcarea. Eccola, la terra dei berluscones. Palazzi sulle necropoli. Anzi, sulla più estesa e antica necropoli fenicio-punica esistente nel bacino del Mediterraneo. È il cimitero di Tuvixeddu, un colle dentro Cagliari. Significa: piccoli fori, piccole cave. Ogni cava, un morto.
Il Tar ha dato ragione alla Coimpresa, ieri per l’ultima volta, rigettando le perplessità degli ambientalisti, «ma sarà almeno la decima occasione in cui il Tribunale e il Consiglio di Stato ci legittimano a costruire», dicono dalla ditta, che adesso spianerà ed edificherà. A frapporsi - oltre ai movimenti verdi - era rimasta la volontà politica della Regione, ma il vento è cambiato con l’avvicendamento fra Soru e Cappellacci. La giunta dell’ex governatore sfruculiava regolamenti per imbastire ricorsi e scongiurare il cemento là dove c’è un po’ di storia da mostrare. Entro poco ci saranno anche 400 appartamenti nuovi di zecca: anche questo è un piano casa.
I lavori sono ripresi, il cantiere carbura piano, «ma finalmente si procede - spiega l’ingegnere Gualtiero Cualbu, titolare della società omonima, che controlla Coimpresa - e abbiamo già ceduto al Comune l’82% delle aree che ci spettavano e comunque faremo il parco». Cualbo ha le sue ragioni di imprenditore, il parco al centro del colle è la merce di scambio, per gli oppositori sarà un giardino in mezzo a 300 mila metri cubi di cemento, e la cessione al comune non dev’essere stata dolorosa. Il gruppo è quello, il sindaco Floris, l’ex assessore al bilancio Ugo Cappellacci, adesso governatore, gli imprenditori del cemento: a Cualbo è toccato un posto nel cda della Fondazione del Lirico. E fu il commercialista Cappellacci che curò il vantaggioso passaggio delle quote di Ca.sa. Costruzioni (in liquidazione) all’imprenditore. La filiera è perfetta.
Di qua dalla barricata restano gli ambientalisti, i “soriani”, e quel gruppo di studenti che ha protestato davanti al cantiere di via Is Maglias e forse la soprintendenza, che difende i vincoli nell’area dove sono emerse le tombe puniche - lì verrà il parco archeologico - ma non ficca il naso nei dintorni, proprio per affrettare la costruzione del parco stesso. «Il danno è evidente: si altera un colle che ha un valore paesaggistico enorme, per decenni sottovalutato», ricorda l’ex assessore della Regione Maria Antonietta Mongiu. Tuvixeddu nel secolo scorso divenne addirittura una cava dell’Italcementi, che ha estratto fino agli anni Ottanta. Così molte tombe andarono distrutte, non tutte, ma quello che è in gioco è più ampio: la vicenda di Tuvixeddu è emblematica dell’incertezza che regna attorno alla conservazione e valorizzazione del patrimonio ambientale. Leggi confuse, altre invece chiare eppure disattese (come quella voluta dal ministro Giuliano Urbani, che vieta edificazioni intorno ai siti vincolati). Al di là della legge: l’idea di sviluppo della regione. Il vento soffia alle spalle dei cementificatori. «Toglieremo i vincoli alla Sardegna», è lo slogan dei berluscones. Quindi, via i vincoli, sotto con le gru. E in fretta: la giunta Cappellacci ha già presentato una bozza della Finanziaria «urgente», quindi blindata da ogni discussione, appetitosa per gli affaristi. Toglie la celebre tassa sugli aerei privati in atterraggio negli scali sardi e le unità da diporto sopra i 14 metri. Quella che la stampa appellò come tassa sul lusso, «distorcendone il significato - secondo Soru - perché era un contributo chiesto a chi sfrutta maggiormente le risorse ambientali». Sempre in Finanziaria torna anche un fantasma: il ricorso ai mutui per finanziare gli investimenti. Si comincia con 500 milioni: era il metodo della giunta Pili, che chiuse i battenti con 3 miliardi di debiti, ma trovò spazi e modi per ingrassare molti costruttori. E intanto sopra il silenzio dei morti, le gru stanno a guardare.
Era prevedibile che Soru potesse perderle le elezioni. Ma una sconfitta così pesante non era in conto. É stata sottovalutata l'onda del berlusconismo: la destra prevale tra i ceti tradizionalmente a destra e continua a fare presa su quelli popolari, fa man bassa di voti tra gli indecisi - quelli dell'ultima ora -, ed erode i bacini elettorali delle forze di sinistra.
Il successo di Berlusconi è favorito da PD e sinistra sfibrati, che sanno poco dell'elettorato dal quale non riescono a farsi capire. Questo vale anche in Sardegna a dispetto di chi si era illuso che il fiero popolo sardo fosse in parte immune dall' incantamento verso gli annunci di Berlusconi. Invece anche i sardi contano su di lui.
Berlusconi sa come colmare la distanza della politica dalla gente. E dispone di mezzi imponenti, usati ordinariamente per la propaganda dei suoi "valori" che si intensifica in ogni competizione elettorale. I suoi messaggi arrivano in ogni casa quando serve. Ogni sua mossa in Sardegna è andata in onda su televisioni molto compiacenti.
Ma vengo al punto: il tema del governo del territorio, indicato come prima causa della sconfitta. Occorre riconoscere in premessa il ritardo che su questo si registra da parte dei partiti del centrosinistra, dappertutto in Italia. Va avanti da anni: nei programmi scritti a Roma gli slogan rassicuranti (basta evocarlo "lo sviluppo sostenibile"!); in periferia si vedono ciclicamente i risvolti sciagurati quando si accondiscende oltre la soglia della decenza agli interessi dell'impresa.
In questo quadro scivoloso si è collocato il Ppr sardo, poco condiviso dagli alleati di Soru; sottoposto a continui attacchi è rimasto sostanzialmente indifeso. Una riforma innovativa è difficile che possa essere apprezzata da tutti ed è facile che susciti reazioni negative; e siccome nessuno si è speso per spiegarne i vantaggi, a parte il presidente e pochi altri, si sono evidenziati solo i difetti e prodotti numerosi travisamenti: a unire in un solo blocco speculatori, piccoli proprietari di aree, manovali. Si dirà che era difficile farsi capire, ma il consenso per le scelte di governo si determina solo se ci si impegna a sostenerle. Per questo servono i partiti. Altrimenti qualsiasi scelta si può ritorcere contro. Inammissibile, ad esempio, che il Piano sia diventato alibi per tutti - proprio tutti - i notori ritardi nell'esame di ogni pratica, tutto per colpa del Ppr di Soru.
La destra ha fatto la sua netta battaglia contro il Piano, e ha vinto perché ha offerto un progetto di governo del territorio marcatamente di destra (simile a quello patrocinato da Sarkozi in Corsica). Ha affermato con convinzione le sue tesi, e ha ottenuto consensi, pure tra quelli che non pensano esattamente che tutto il male stia nel Ppr. (Per questo aspettiamoci una linea cauta: ma una lastra di vetro si può rompere con un paio di colpi oppure si può abradere piano piano: tanti graffi la rendono opaca e comunque inservibile).
Alcuni candidati della coalizione di centrosinistra hanno affrontato la campagna elettorale assicurando la profonda revisione del mostro Ppr, gareggiando sul terreno dove la destra offre maggiori garanzie. D'altra parte autorevoli esponenti della coalizione per Soru erano i padri dei vecchi piani paesaggistici, annullati perché in contrasto con le leggi di tutela di allora. Potevano essere sostenitori convinti del nuovo corso?
C'è il capitolo degli errori di Soru su questo tema. Alcuni tattici e altri più strutturali. Nello sfondo la scelta di invadere, con un approccio estetico un po' aristocratico, gli spazi delle decisioni, anche quelli meno rilevanti (trascurabili nella economia dell'obiettivo: come la forma delle nuove espansioni urbane) e che sarebbe stato più opportuno lasciare interamente al libero arbitrio dei comuni, nel bene e nel male. Soprattutto non è stata buona la scelta del Consiglio Regionale di attribuire alla Giunta il potere di approvare il Ppr (quanto l' irrazionale tentativo di correggerla nella fase del completamento). Ciò ha reso lo strumento più debole, e ha consegnato al nuovo governo regionale la possibilità di fare tutte le varianti senza il dibattito consiliare, così che sarà molto attutito il clamore qualunque cosa accada.
C'è ora da vigilare, senza pregiudizi. Ma la recente irruzione di Berlusconi per liberalizzare l'edilizia - con un occhio di riguardo alla Sardegna - ci autorizza a pensare male e a temere che possa prevalere nella maggioranza una linea mirata a disarmare i pochi custodi di quanto resta del nostro paesaggio.
Che l’edilizia avesse bisogno di una potente iniezione di fiducia e un quadro normativo di sostegno per poter essere rianimata è una premessa ampiamente condivisa. Come è sicuramente un’esigenza sentita da tutti la semplificazione delle complicatissime procedure urbanistiche. Le posizioni si radicalizzano invece quando si entra nel merito della filosofia dell’intervento legislativo di indirizzo. E cioé: una materia complessa e articolata come l’edilizia non può essere ridotta a una cornice “omnibus”, valida quindi per tutte le situazioni. Impossibile non percepire, per esempio, le differenze sostanziali tra interventi nei centri storici o sulle coste, tra riqualificazioni e nuova edilizia residenziale. Si tratta di un problema particolarmente sentito in una regione come la Sardegna che, guarda caso, è stata vista dal premier Berlusconi come uno dei punti di partenza per la sua “rivoluzione”. Non è infatti una semplice coincidenza il fatto che il neo governatore Ugo Cappellacci abbia partecipato all’incontro ristretto con il Cavaliere (insieme al collega del Veneto Giancarlo Galan) per dare il suo “imprimatur” preventivo al piano edilizio che approderà venerdì in Consiglio dei ministri. Eppure la Sardegna, la “sua” Sardegna come amava dire Berlusconi in campagna elettorale, è una Regione assolutamente atipica rispetto alle altre, proprio per il suo specifico che rende particolarmente delicato il fronte urbanistico. A partire dal delicatissimo rapporto tra cemento e ambiente e paesaggio, risorse straordinarie - ma anche fragili e depauperabili - per un possibile sviluppo economico e sociale fondato sull’industria dell’accoglienza.
E non è possibile non pensare alla necessità di una forte mediazione della politica per equilibrare la sostenibilità degli interventi con quella voracità per il cemento che è diventata una pericolosa costante nei comuni costieri dell’isola. La semplificazione della pericolosa equazione: più cemento, più ricchezza. La prova che le pressioni sulle coste siano fortissime è nei dati elettorali stessi. Il successo del Pdl e dei suoi alleati in 67 dei 72 comuni rivieraschi è infatti più una bocciatura alla “legge salvacoste”, fortissimamente voluta da Renato Soru, che un premio al centrodestra. Anche se, per dirla tutta, in molti comuni costieri il centrodestra incarna quella “deregulation” del mattone che tanto piace a piccoli e grandi imprenditori, ma purtroppo piace anche ai piccoli e ai grandi speculatori. E deve far riflettere proprio la dimensione del successo del centrodestra in questi comuni. A volte con risultati addirittura bulgari (anche se oggi sarebbe meglio dire cinesi). Arzachena, per esempio, sintesi perfetta di un benessere nato dal binomio cemento-turismo, la coalizione guidata da Ugo Cappellacci ha raggiunto un incredibile 73,7%. Ma gli esempi sono tanti, tantissimi. Berlusconi, che probabilmente si è dimenticato di telefonare al suo “amico” Putin per perorare la causa dell’Euroallumina o si è dimenticato dei fondi per la nuova strada Sassari-Olbia, ha sicuramente ricordato che nella “sua” Sardegna ci sono praterie di possibilità per un certo mondo dell’edilizia.
Difficile infatti immaginare che con Cappellacci abbia discusso del recupero del centro storico di Desulo, di Armungia o di Bosa come modello di sistema per agevolare un rilancio dell’edilizia. Eppure, proprio quel tipo di filosofia potrebbe offrire straordinarie possibilità alla rimessa in moto dell’edilizia e al sostegno del turismo. Basti pensare all’esempio di Tratalias, piccolo centro del Sulcis, dove il centro storico abbandonato è stato recuperato e trasformato in un bellissimo albergo diffuso, con tanto di ristoranti e bar. E soprattutto a pochi chilometri da uno dei mari più belli di tutta la Sardegna. Per concludere, sicuramente esagerano alcuni ambientalisti quando dicono, estremizzando il discorso, che aumentando del 20% le cubature sulle coste si arriverebbe a qualche decina di “masterplan”. Ma nessuno può però negare che, con la cornice disegnata da Berlusconi, si potrebbe arrivare davvero all’effetto impattante di qualche confuso “masterplan”. E per ora nessuno ha ancora parlato di come dovrebbero essere rivisitati i Puc...
Caro Salzano, leggo ora la lettera del ragazzo sardo, studente di architettura e la sua risposta, e innanzitutto voglio ringraziarla, e vorrei ringraziare anche quel ragazzo che ha anticipato una serie di riflessioni che volevo sottoporle. Ora la sua risposta è molto stimolante, spero che lo stesso Soru la legga e ne faccia tesoro. Ma volevo scriverle anche per chiederle in qualche modo un aiuto.
Io penso che la difesa del Ppr della Sardegna può in qualche modo avere successo solo se diventa un problema nazionale e non solo sardo; allo stesso modo come è accaduto per la difesa di Tuvixeddu, che anche attraverso il suo contributo, tutta l'italia ha potuto conoscerne l'importanza e la peculiarità storica e ambientale. Purtroppo ci troviamo in un momento di emergenza in cui bisognerebbe trovare delle forme di opposizione e lotta immediate. In Sardegna il nuovo presidente Cappellacci sta già mettendo le basi per smantellare il ppr e portare avanti i progetti speculativi sulle coste della Sardegna.
Quando parlo di questi problemi ai "continentali", ricevo risposte di grande sensibilità e amore nei confronti della Sardegna, mentre purtroppo non riscontro altrettanto dagli stessi sardi ancora residenti nell'isola. Ho capito comunque che il turismo stesso-questa specie di fetticcio così ricercato, questo mito che dovrebbe salvare l'economia e trovare le soluzioni ai problemi dell'isola- il turismo stesso dicevo, oggi va in tutt'altra direzione da quella concepita dalla destra che ora per 5 anni dovrà governare la terra in cui sono nato.
Una destra che sostanzialmente coniuga lo sviluppo turistico con quello edilizio, che considera la cultura e l'identità di un popolo come una merce da vendere al miglior offerente. Immagino per esempio che potrebbe essere importante che il ppr della Sardegna diventi materia di studio, in un seminario di una università italiana.
Bisognerebbe inoltre fare in modo che i quotidiani nazionali più disponibili su questi argomenti, dedichino ancora più spazio al problema Sardegna. Inoltre sarebbe utile aprire un dibattito nazionale su questo tema, magari partendo dal suo sito per farlo espandere nella rete. Un dibattito di denuncia che come lei stesso dice dovrebbe allargarsi a tutta l'italia e l'europa. Dibattito che infine potrebbe uscire dalla rete per organizzarsi in un comitato composto da intellettuali e politici che si renda attivo nel controllo e nella denuncia dell'operato del nuovo consiglio regionale nei confronti del patrimonio ambientale della Sardegna.
La Sardegna è un patrimonio culturale e ambientale che riguarda tutti e di cui tutti gli italiani ed europei dovrebbero preoccuparsi.
Grazie ancora.
L'immagine che mi ha inviato è la giusta icona dell'attuale situazione della Sardegna: l'imorenditore (chiamiamolo così) che vuole costruire i suoi palazzoni su Tuvixeddu-Tuvumannu, e fare della necropoli il giardino condominiale, riempie il calice al nuovo presidente della Sardegna. Grato, si suppone.
Per il resto, sono completamente d’accordo con lei. Eddyburg promuoverà un’iniziativa in questo senso. Un appello e una raccolta di adesioni non sono certo sufficienti, ma possono essere un primo passo nella direzione di ciò che bisogna fare per resistere e per prepararsi al contrattacco. Lo promuoveremo appena avremo trovato chi ci aiuta nella gestione delle adesioni.
Nei necrologi si usa, dalle nostre parti, la fotografia del defunto. E alle volte si aggiunge, per un formalismo che può tornare utile anche nell’aldilà, la professione svolta in vita. Così con meraviglia leggemmo, alcuni anni fa, sotto il nome e la foto di un trapassato di Capoterra, nientemeno che la professione del Lottizzatore, anzi, quella di Pioniere delle Lottizzazioni.
Le lottizzazioni di Capoterra. Nomi paradisiaci, Frutti d’Oro, oppure contemplativi, Poggio dei Pini o megalomani, Residenza del Sole, anticipatori, Su Spantu. Insomma, siti dove non si dovrebbe, stando al nome, morire mai, e dove non esiste il dolore. Ma quei nomi sono una pubblicità ingannevole. Il dolore è arrivato anche là e quelle lottizzazioni hanno fatto di Capoterra l’opposto di un buon modello urbano.
Abitato e abitanti dovrebbero – rudimenti di urbanistica – essere riuniti, raccolti in un territorio omogeneo. Il territorio non si butta via costruendo ovunque. Esiste un unico uso saggio del suolo: in un punto finisce il paese o la città e in quel punto inizia la campagna.
Capoterra, invece, è un paese sbracato, insediamenti sparsi che qualche urbanista chiama senza arrossire “trama abitativa fine”. Luoghi pericolosi. E gli abitanti sparpagliati delle lottizzazioni hanno come perduto la cittadinanza. Un cattivo esempio, tra i peggiori.
Chi, oltrepassata la bellezza dello stagno di Santa Gilla, percorre dal bivio di Capoterra l’orrida strada che porta verso Pula vedrà quale brodaglia edilizia è sorta lungo il cammino e le pendici dei monti di Capoterra. Un’edilizia che offende ogni retina educata. Altro che “trama fine”.
Il viaggiatore atterrito vedrà in quel paesaggio l’espressione compiuta dell’inconfondibile “senso sardo del brutto”. Il “senso sardo del brutto” che devasta città e campagne, e rende desolatamente unitaria la nostra isola. Divisi, ma uniti dal senso del brutto. Si è perfino costituito un peculiare “brutto capoterrese”. Un brutto che ha poco a che vedere con la povertà e il bisogno perché non c’è povertà da quelle parti.
Un tempo, anzi, la necessità di fare economie aveva creato, molto prima dell’avvento dei lottizzatori, un paesaggio armonico e città e paesi erano proporzionati e “logici” nel loro contesto.
Noi possediamo nell’Isola ancora in grande quantità il Bello Naturale, senza averne merito e con nessuna coscienza. Il Bello Naturale, considerato addirittura un “niente”, un vuoto da riempire, è un fastidio sociale, un ostacolo allo sviluppo che di questi tempi si identifica tragicamente con il costruire e costruire.
Spesso, però, un paesaggio brutto è anche un paesaggio dannoso e il “brutto capoterrese” coincide con il pericolo. Così, inevitabilmente, la notte tra il 21 e il 22 ottobre di quest’anno, il paesaggio, sfinito, reso deforme dai lottizzatori, ha causato cinque vittime.
Capoterra era un bel paesetto su un pendio, ha subìto piogge per secoli, senza disastri e non appariva nelle cronache delle tragedie, sino ad anni recenti.
Tornare indietro nel tempo aiuta a comprendere e riassumiamo la cronaca di due secoli di alluvioni.
Pirri, 1795, 1796, 1797, cicliche alluvioni autunnali: 6 vittime.
Il paese è l’epicentro di inondazioni da secoli, sempre negli stessi due mesi, ottobre e novembre.
I disastri si susseguono periodicamente.
Selargius, Pirri, Elmas, Quartucciu, Uta, Assemini, Decimo, Sestu sono colpiti con costanza da nubifragi violenti a ottobre e novembre.
Le cronache ci raccontano, dalla fine del ‘700 a oggi, di decine e decine di diluvi rovinosi che si ripetono con ricorrenza impressionante, ad intervalli di pochi anni. Centinaia le vittime nel Campidano di Cagliari.
Nel 1889, il 5 ottobre, piove per poche ore, ma così intensamente che Pirri, Monserrato, Selargius, Quartucciu, Quartu subiscono danni gravissimi. Decine i morti e un migliaio di senzatetto. Il Governo, per la prima volta, assume provvedimenti eccezionali e si progettano opere idrauliche.
Poi nel 1892, centosedici anni fa, una tragedia più grande delle altre.
Le analogie con l’oggi mettono paura.
La notte tra il 22 e il 23 ottobre del 1892 - gli stessi giorni e le stesse ore del dramma di Capoterra - un nubifragio colpisce il cagliaritano. L’alba non arriva mai perché il cielo è buio anche la mattina. La zona intorno a Elmas è devastata. A San Sperate si contano 69 morti e ancora oggi qualcuno ricorda quell’alluvione come “s’unda manna”. Duecento morti in tutto il territorio colpito.
Con sistematica periodicità i nostri autunni sono segnati da alluvioni e lutti. Si contano, negli ultimi due secoli, circa quaranta di eventi catastrofici, concentrati nei mesi di ottobre e novembre, spesso preceduti da siccità, alle volte da invasioni di cavallette e seguiti da epidemie di colera.
Anche in tempi recenti, nel 1946, nella notte tra il 26 e il 27 ottobre, sempre nella solita zona, Elmas, Sestu, Assemini, ci furono 46 vittime dell’acqua, soprattutto anziani e bambini.
Poi iniziano gli anni della ricostruzione post bellica. Poi, ancora, arrivano gli anni del boom economico, i terribili anni sessanta.
Questo sommario smentisce gli sconsiderati sostenitori dell’imprevedibilità del clima nostrano che invece manifesta una puntualità ossessiva. Qualche sfacciato ha perfino proclamato che un evento come quello del 22 novembre si ripete, secondo un calcolo creativo, ogni 20.000 anni. E invece tutto si replica identico. Da due secoli subiamo un’alluvione memorabile ogni 5 anni.
L’imprevedibilità è la scusa degli sventati.
Le alluvioni continuano negli stessi luoghi però con qualche novità perché, nel frattempo, noi abbiamo radicalmente mutato il paesaggio con un’accelerazione ed uno sperpero dei suoli mai visti prima.
Certo, qualcosa è stata fatta dai 200 morti del 1892. E a San Sperate il rischio è stato mitigato. Pirri si allaga ancora sistematicamente, l’onda travolge le auto, ma non ci sono vittime da molti anni. Assemini vive una situazione di incertezza angosciante però le perdite di vite umane sono diminuite. La protezione civile, il sistema dei soccorsi, gli allerta, la coscienza civica. Il progresso, insomma, porta con sé anche qualche vantaggio.
Capoterra appare, insana novità, nella lista dei disastri a partire dagli anni sessanta.
Perché?
Beh, sino a quell’epoca il paese non aveva costruzioni intorno. L’acqua che proveniva dal monte defluiva a valle senza ostacoli.
Ma negli anni ‘60 il Comune affida il piano regolatore a un ingegnere, un caposcuola, lo stesso che ha concorso, carte e bolli in regola, a deturpare per sempre Chia. L’ingegnere si commosse per le campagne bellissime intorno a Capoterra. Le vide. Subito le immaginò costruite e abitate da famiglie lottizzate e felici. Fu l’inizio di una gara. Da allora ingegneri, architetti, geometri e impresari si sono moltiplicati come batteri. E come gli indiani non avevano previsto l’uomo bianco nella loro terra noi non avevamo previsto i lottizzatori nella nostra.
Capoterra diventa il crocevia di nuovi interessi e nel suo territorio crescono a dismisura le Lottizzazioni, del tutto estranee al paese, i cui inquilini apolidi non si considerano neppure capoterresi. I residenti di Poggio dei Pini si identificano con comicità come “poggini”.
E non solo Capoterra fa il suo cupo ingresso tra i paesi con vocazione al disastro ma i suoi abitanti tanto si appassionano alle concessioni edilizie che ravvivano il paese con la polvere pirica e dedicano bombe a chi chiede regole. Uno stato primordiale di illegalità.
Oggi.
A Frutti d’Oro, contrabbandato come il giardino delle Esperidi, spalano fango dalle case. A Su Loi, a Su Spantu, nome che annuncia sventura, soffrono ancora. A Poggio dei Pini il ponte spezzato, gli alberi divelti, i muraglioni di cemento crollati, ricordano, ai fautori dello sviluppo malformato, la forza delle acque.
Noi abbiamo costantemente criticato certi nostri sindaci, certe autonomie locali e certe imprese che hanno avvilito e abbruttito senza speranza il territorio. Ora, dopo il disastro del 22 ottobre, viene alla mente una riflessione che estende la colpa a chi ha scelto di vivere in quei luoghi.
L’azione di comprare e, soprattutto, abitare una casa dovrebbe essere una delle azioni più ponderate della nostra esistenza.
Ebbene, chissà - ce lo chiediamo mentre guardiamo una piana fangosa con le abitazioni sommerse - cosa è passato nella testa di chi ha comprato casa alla foce del rio San Girolamo. Villette costruite in un sito dove anche un ciuccio avrebbe potuto immaginare una vita a rischio o impossibile. Edificate e vendute a inquilini creduloni.
Dicono che i nulla osta di certe lottizzazioni risalgono agli anni ‘70. Miserabile giustificazione. Come se all’epoca fosse stato tutto permesso e non fossero esistite leggi. Come se il rischio idrogeologico e le leggi per evitarlo non fossero mai esistiti.
Gli speculatori, indifferenti ai cinque morti dell’alluvione, raccontano ancora la bugia che costruire è necessario perché Cagliari non ha più case mentre, cifre ufficiali, la città possiede 8000 appartamenti vuoti che corrispondono a circa 25.000 abitanti in meno. Che costruire è necessario mentre tutti sanno dell’eccesso di abitazioni rispetto agli abitanti in diminuzione. Pubblicizzano “città del futuro” fasulle e consegnano case a coppie indebitate e infelici. La pubblicità di un incubo.
Dopo il disastro e i cinque morti del 22 ottobre il Governo regionale ferma i progetti a Capoterra. Poggio dei Pini e i cosiddetti “poggini” insorgono.
Ma la cooperativa di Poggio dei Pini non è una comune cooperativa. E’ controllata nientemeno che da un consiglio d’amministrazione. Non ci sono insalubri riunioni di condominio ma, peggio ancora, c’è un’associazione di affari che vorrebbe un milione di metri cubi sul Poggio, l’equivalente di una delle torri gemelle, l’equivalente di un intero paese di qualche migliaio di abitanti. Una mostruosità.
La Regione blocca la nuova lottizzazione e il cinico consiglio d’amministrazione ricorre sfrontatamente al Tribunale amministrativo. Muoiono cinque persone per l’eccesso di costruito e i lottizzatori ricorrono ai giudici per costruire ancora. Il mondo è davvero uscito dai cardini.
Ancora ingegneri che imbandiscono piani nei quali, anziché prevedere la distruzione di orride case e villette, propongono altri metri cubi, supermercati superflui, “centri di aggregazione” che si disgregheranno con la pioggia, scuole subacquee, outlet (chissà cosa sono), strade, ponti sempre più grandi.
E creeranno, questo è certo, le premesse per disastri più grandi dei loro ponti.
Pubblicato anche su La nuova Sardegna, 31 dicembre 2008
Vedi qui altri articoli su eddyburg.it a proposito di Capoterra
"Abbiamo lasciato costruire villaggi fantasma e reso fantasmi i nostri paesi". Questa amara contraddizione la sottolineò Renato Soru allorché decise di varare in Sardegna il decreto salvacoste. Una contraddizione che riguarda un po’ tutto il Sud e in generale le coste italiane dove, fra villaggi turistici, seconde e terze case, abitate soltanto poche settimane l’anno, si è distrutto un patrimonio ingentissimo senza dar vita ad un turismo e ad altre attività socio-economiche stabili e armonizzate con l’ambiente.
Coerentemente la Regione Sardegna, unica in Italia, ha fatto seguire al decreto salvacoste i piani paesaggistici costieri. Stava per approvare una nuova legge urbanistica quando si sono manifestate, pure nel PD, resistenze e dissensi che hanno indotto Soru a scegliere il chiarimento del voto anticipato. La partita che si gioca in Sardegna è quindi strategica. A Renato Soru, governatore pianificatore e programmatore, si contrappone, non il candidato Cappellacci, bensì lo stesso presidente del Consiglio Berlusconi. Il quale, da immobiliarista privato, non vuole avere vincoli sul territorio. A scapito, ovviamente, dell’interesse generale. Una logica che in Sardegna diventa di tipo "coloniale". Berlusconi l’ha confermato ieri attaccando in modo scomposto e volgare il governatore uscente, come imprenditore, come politico, come sardo. Segno evidente che ne teme la riconferma.
Nell’isola, prima della elezione di Soru, si costruiva a tutto spiano, a pochi metri dal mare, distruggendo dune e macchia mediterranea. Fra 2000 e 2003 i permessi di costruzione accordati erano poco meno che raddoppiati (+ 84 %). Cifra da capogiro se pensiamo che quel cemento rimane inutilizzato per la maggior parte dell’anno, dopo aver distrutto per sempre un patrimonio irripetibile. Le grandi spiagge della Costa Verde sono ancora intatte, con dune che si spingono anche per 2 Km nell’entroterra fra pini e pinastri, cisto, lentischio, ginepro, corbezzolo. Dobbiamo lasciarle spianare dalle ruspe? Berlusconi ha affermato ieri che il decreto salvacoste ha depresso le quotazioni dei terreni costieri e aperta alla speculazione la corsa nelle aree interne: dimentica di dire che i piani paesaggistici in programma avrebbero riguardato anche l’interno e che la legge urbanistica avversatissima dal PdL avrebbe regolamentato l’isola intera. Fra i suoi argomenti c’è l’accusa a Soru di aver bloccato l’economia, di aver soffocato il turismo. Bugie smentite dalle cifre: in un Sud bloccato o in regresso, nel 2007 la Sardegna ha incrementato i propri occupati quasi dell’1 %. In quell’anno arrivi e presenze hanno segnato + 15 e + 18 %. Nell’estate del 2008, rispetto al calo di tante regioni italiane, la Sardegna ha segnato un + 4,42 %.
Il Cavaliere è impegnatissimo in una personale "battaglia di Sardegna". Lo è, frontalmente, in prima persona. La posta in gioco è alta: o si affermano l’idea e la pratica di una pianificazione virtuosa che salvi ed usi al meglio, saggiamente, i beni primari dell’isola, oppure torna la barbarie della "colonizzazione" della Sardegna a base di sempre nuovo cemento. A danno dei sardi, dei loro figli e nipoti.
Ha un sogno: "Trasformare la Sardegna nella più grande oasi ambientale del Mediterraneo". Questo ha confessato Berlusconi lanciando la corsa del suo amico Ugo Cappellacci a candidato governatore. L'ha detta così grossa che ha dovuto subito rasserenare gli amici palazzinari: "Mettendo vincoli a costruire, Soru ha chiuso l'Isola. Noi toglieremo quei lucchetti, e apriremo la Sardegna al turismo". Due concetti opposti. Più vero il secondo del primo, perché i "colonizzatori" si riconoscono da lontano, dal mare. Dove è facile avvistare la mastodontica Villa Certosa, residenza del premier. Un monumento del loro programma di governo: si è costruito in barba alle regole. Poi Tremonti condonò (Silvio pretese la fiducia) e la villa ora può essere mostrata nella sua interezza ai capi di stato stranieri.
AMICI E CONDONI
Da 30 anni Berlusconi fa affari in Sardegna, grazie al socio prestanome Romano Comincioli, plurindagato, assolto spesso dalle leggi ad personam volute per l'amico e ripagato alla maniera del Cavaliere: con il seggio al Senato. Gli affari di Comincioli passano dallo studio di commercialista del padre di Cappellacci. E su Tremonti basta ricordare l'idea alla Totò: "Dipendesse da me, per fare soldi venderei tutte le spiagge del Sud".
"Contro la Sardegna dei vincoli" è lo slogan del gruppo Berlusconi. Vuol prendersi la Regione, e con essa le terre che Soru ha provato a blindare. Fu il governo Berlusconi, nel 2005, ad impugnare davanti alla Consulta la salva-coste. Quella legge ha imbrigliato la mitica, faraonica Costa Turchese, evoluzione di quell'Olbia 2 che Berlusconi, Cappellacci sr. e Comincioli già avevano in mente a fine anni 70. Eccola, la loro oasi: 525.000 metri cubi di cemento su 450 ettari di terreno, 385 ville, due alberghi da 400 posti letto, 995 appartamenti in residence, 1 centro commerciale sulla costa nord-est. Tutto rispolverato allorquando il Tar rivelò un quadro normativo lacunoso sui piani urbanistici. Quella sentenza insieme ai condoni di Tremonti si spansero come l'odore del sangue che scatena la belva. Fu la Finedim di Marina Berlusconi che ripropose l'idea, con una "chicca": lo sventramento della spiaggia per realizzare un canale navigabile per collegare il mare con un porticciolo da costruire ex novo. Quel lacunoso quadro normativo è stato puntellato da Soru, e così si è impedita la più violenta colata di cemento a memoria d'uomo. Nella foto di gruppo a ridosso del palco a sostegno del Grande Sconosciuto ci sono anche altri due amici storici del Cavaliere: l'editore Zuncheddu e il sindaco di Cagliari Floris. Sono due candidati "mancati", ma non portano rancore. L'editore pubblica il quotidiano più letto dell'Isola, l'Unione Sarda, che da 4 anni picchia durissimo sull'inventore di Tiscali. Ieri il ringraziamento del premier, che ha rilasciato al quotidiano un'intervista a tutta pagina firmata dal direttore. Controlla anche le tv regionali e Videolina ha per Cappellacci la cura che la Pravda aveva per Breznev. Zuncheddu è un Berlusconi in sedicesimo. Come l'altro, parte dall'edilizia. A Capoterra, su un terreno che nel 1969 fu trasformato da paludoso a edificabile e che due mesi fa ha scontato con alluvioni e morti quell'affronto alle leggi della natura, Zuncheddu ha spadroneggiato con le centinaia di case costruite dalla sua cooperativa sullo stagno di Santa Gilla. Su quei terreni che i cagliaritani usavano per i capanni utili nella caccia e che d'incanto si rivalutarono, era già ingrassato Mario Floris, padre dell'attuale sindaco di Cagliari, con la sua Agricola immobiliare srl.
IL CERCHIO È CHIUSO
Si dirà: il candidato ha la faccia nuova e pulita. Ma è vaccinato pure il piccolo Ugo: è stato per anni al comando della Sardinia Gold Mining, che ebbe nel 1998 in concessione dalla Regione 400 ettari di territorio dei comuni della Marmilla. Si cercava l'oro, e il prezzo per la multinazionale fu ridicolo: 20 milioni di lire l’anno. Sono state estratte 10 milioni di tonnellate d'oro, per circa 100 milioni di euro di ricavo e una modestissima bolletta di 100 mila. Ma un enorme danno ambientale: la Sgm s'è divorata 3 milioni di tonnellate di colline. A metà di questo periodo Cappellacci andò via, "qualcosa non mi convinceva, c'era un maleodore... ". Era forse il cianuro usato per sgretolare il terreno e far luccicare l'oro?
In Sardegna si torna a votare. “Mi dimetto” dice il presidente dimissionario della Regione Renato Soru, poco prima di rientrare in Consiglio regionale dov’è in corso il dibattito-fiume sulle sue dimissioni. “E’ inutile proseguire, serve un Consiglio forte e non uno che galleggi” taglia corto il fondatore di Tiscali che aveva annunciato le dimissioni dopo che il Consiglio aveva bocciato a scrutinio palese (con 55 voti contrari e 21 a favore) un emendamento voluto dallo stesso Soru alla nuova legge Urbanistica. In realtà la crisi con la sua maggioranza era nell’aria da tempo, alimentata da forti tensioni nel Pd, spaccato a metà come il gruppo al Consiglio Regionale.
Dopo le dimissioni l’ex governatore aveva rifiutato ogni tipo di ricongiungimento “formale” con la sua maggioranza, mettendo sul piatto una serie di condizioni per tornare sui suoi passi: adozione dei vincoli paesaggistici nelle zone interne dell’isola, approvazione delle linee elaborate dalla Giunta per la manovra finanziaria 2009, completamento della riforma su istruzione e formazione professionale, riduzione a 80 del numero dei consiglieri, moralizzazione della politica con riduzione di sprechi e indennità aggiuntive dei consiglieri regionali.
Nel pomeriggio, poi, dall’opposizione di centrodestra, arriva un secco no all’appello bipartisan del governatore per evitare il voto. Si iscrivono a parlare in 60. Poi arrivano le parole di Soru che chiudono la questione: “E’ inutile perdere altro tempo. Ridiamo la parola ai sardi”. E consegnano l’isola al voto anticipato a febbraio.
“Le dimissioni le avevo presentate perchè ritenevo che stessimo contraddicendo quanto di importante e di buonissimo avevamo fatto nel governo del territorio. Ma oggi, al di là di richiami all’unità o di parole generiche - dice Soru in aula -, volevo sentire dell’importanza del Piano paesaggistico o della sua applicazione nelle zone interne. Così non è stato. Senza alcun dramma rivendico con orgoglio il grande lavoro fatto dal centrosinistra, mettendo al centro l’interesse della Sardegna senza tirare a campare o, a spese di tutti i sardi, cercare facile consenso”.
Dunque è ufficiale: l’ormai ex presidente della Regione Sardegna si è dimesso. La sua colpa, il suo peccato originale, è stato quello di porre un limite alla cementificazione selvaggia delle coste sarde e all’assalto alla diligenza del turismo di lusso, che ha devastato incontrastato per anni una delle zone più belle d’Italia.
Aveva pensato che il compito della politica potesse essere anche e forse soprattutto quello di creare e/o preservare quelle condizioni di vivibilità di un territorio che garantiscano una vita degna e felice alle comunità locali che le abitano e animano. La politica bipartisan della crescita infinita non poteva accettare che una cosa del genere passasse ad un livello così alto, e il voto in consiglio regionale lo testimonia in modo esemplare.
Soru si è dimesso, il suo partito ha perso l’ennesima occasione per tornare in contatto con la realtà…
Marco Boschini è il coordinatore dell'associazione dei Comuni Virtuosi
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"Non si passa. E non c’è nessun responsabile con cui parlare. Qui lavorano tante ditte diverse, ognuna ha i suoi responsabili e non saprei neanche chi chiamare". La guardia giurata che difende l’enorme cantiere dell’ex arsenale de La Maddalena è una statua di
cera. Non sa nulla e non vuole sapere nulla. "E’ il mio lavoro", spiega mentre impedisce
di scattare foto al cancello chiuso. Pochi metri più in là, i locali diroccati dell’ex
area militare sono diventati alloggi per le centinaia di operai che lavorano alla costruzione delle immense opere per il prossimo G8 di luglio. Sono costretti a vivere in 4 in stanzette di due metri per cinque. Altolà. Altra guardia del corpo. Con un accento vagamente latinoamericano l’uomo in divisa si giustifica. "Non posso dirvi nulla sennò mi licenziano". Qualche centinaio di metri più in là si lavora all’ex ospedale militare.
Entro il prossimo luglio dovrebbe diventare un albergo di lusso che accoglierà i capi
di stato dei paesi più potenti del mondo. Adriano è rumeno e fa il muratore. Ma anche
lui ha l’ordine del silenzio. "Sono tutti in riunione, nessuno può parlare". Da una
radiolina all’altra si chiedono informazioni sugli intrusi che vogliono "spiare" i lavori.
I cantieri non sono chiusi solo ai giornalisti. Anche i sindacati non possono entrarci.
Venerdì scorso i carabinieri hanno perquisito l’alloggio di un dipendente della Fillea
Cgil che è stato indagato per infrazione del segreto di Stato. Il sindacalista non aveva
accesso ai cantieri, si limitava ad aspettare i lavoratori fuori dai cancelli all’uscita
del turno e a scattare qualche foto dall’esterno. Quanto basta per far scattare l’indagine
della procura della Repubblica e il sequestro di documenti. "Cgil-Cisl-Uil con
una nota ufficiale hanno chiesto al commissario speciale Bertolaso di poter accedere
– spiega Lorenzo Manca, segretario della Fillea Cgil diOlbia – tutto quello che sappiamo
ce lo raccontano i lavoratori, oppure lo filmano con i telefonini. Ci dicono anche
che gli è stato consigliato di tenersi alla larga dai sindacalisti". E’ stato proprio un
filmato "rubato" a mostrare su "YouTube" che, durante i lavori di bonifica del vecchio
Arsenale, i lavoratori hanno dovuto maneggiare amianto, non protetti.
Il 29 agosto scorso, Palazzo Chigi ha firmato il decreto che designa definitivamente
La Maddalena come sede finale della prossima riunione degli 8 grandi. Berlusconi
ha dovuto rinunciare all’idea di portare il vertice a Napoli per celebrare la sua "vittoria" sui rifiuti. Napoli è indisponibile per "problemi di sicurezza". Anche se il cavaliere
non vuole abbandonare il sogno di spostare tutti a Napoli, almeno l’ultimo giorno,
Quando il governo Prodi decise di svolgere il prossimo G8 a La Maddalena, il governatore Soru esultò: "E’ una dimostrazione di attenzione e sensibilità verso la Maddalena e la Sardegna". Lo "scoglio" infatti è appena rimasto orfano della base di sommergibili nucleari Usa di Santo Stefano. Gli americani dopo aver fatto i comodi loro finalmente se ne sono andati. Gli assetti militari mondiali sono cambiati e non avevano
più interesse a rimanere nell’arcipelago sardo. Preferiscono pretendere dall’Italia l’allargamento della base Dal Molin di Vicenza. Hanno abbandonato tutto, alloggi, case,
uffici militari. Attività che per i maddalenini volevano dire soldi e lavoro. A La Maddalena su una popolazione di 12 mila abitanti, ci sono ben 1800 disoccupati.
E allora, ben venga il G8. Perché porta finanziamenti straordinari insperati e nuovo
lavoro. Il governo Berlusconi ha stanziato 740 milioni di euro per tutti i lavori a
Maddalena e in Sardegna, che si aggiungono ai 150 milioni già stanziati dal precedente
governo. Di questi, 500 milioni dovrebbero venire spesi per i lavori nell’arcipelago.
E’ prevista la costruzione dell’autostrada Sassari-Olbia e l’allargamento dell’aeroporto
di Olbia. Mentre a La Maddalena le aree dismesse della Marina militare diventeranno
alberghi di lusso, l’ex arsenale sarà trasformato in un polo nautico con zona di
rimessaggio leggera per navi da turismo e ospiterà aree per attività fieristiche e alberghiere, oltre alla grande sala riunioni per i capi di stato: un grande parallelepipedo di cristallo e acciaio affacciato sul mare firmato dagli architetti Stefano Boeri eMario Cucinella.
I lavori sono avanti e molti carpentieri sono già stati mandati a casa.
Pare addirittura che Berlusconi, dopo aver visitato i lavori, abbia chiamato Armani
per arredare una delle suite. Il commissario Bertolaso ha assicurato che "non un
euro di quello che stiamo spendendo è destinato al solo G8 bensì al rilancio di una
delle zone più belle del Mediterraneo, dal punto di vista turistico e nel pieno rispetto
dell’ambiente". A La Maddalena, lo scorso agosto, è arrivato anche il presidente Napolitano, che, tra un bagno e un giretto sulle navi militari, ha visitato i cantieri e ha benedetto il vertice assicurando che i lavori saranno terminati in tempo.
Il 22 marzo 2008 il governo Prodi ha conferito ai lavori la "qualificazione di riservatezza e segretezza", in pratica ha imposto il segreto di stato. Significa che la sicurezza e le ragioni di stato prevalgono sugli interessi dei cittadini e dell’ambiente. Infatti il provvedimento permette deroghe a leggi statali e regionali su vincoli ambientali (l’arcipelago è un parco naturale), e procedure accelerate per le norme sulle gare d’appalto. Tanto che sono stati presentati ricorsi alla Ue che non consentirebbero di dribblare i vincoli ambientali e le norme sulla concorrenza sugli appalti, e infatti il 10 dicembre Bruxelles ha accolto il ricorso presentato degli ambientalisti.
Bisogna fare in fretta, rispondono a Roma, dunque le leggi ordinarie sono sospese.
Tutti i poteri sono nelle mani del commissario speciale Bertolaso, in contatto
con il presidente della regione Soru, che però si è dimesso. I maddalenini possono solo
stare a guardare.
Ancora una volta il loro territorio è appaltato alla ragion di stato e
agli interessi geopolitici dei grandi della terra. Una scelta molto gradita agli americani
che quest’isola la conoscono bene. In molti sono disposti a correre il rischio pur di cogliere al balzo l’occasione di fondi straordinari e di lavoro. Le imprese sarde,
però, lamentano di non essere sufficientemente coinvolte. Soru aveva promesso 75
milioni per le aziende sarde ma la Confindustria di Sassari è arrivata addirittura a minacciare lo sciopero della fame di alcuni imprenditori per il mancato "rispetto degli
accordi economici per l’attribuzione degli appalti". Per i singoli lavoratori, poi, le cose
vanno ancora peggio. Il grosso degli appalti è stato assegnato a gruppi edili romani,
su tutti CoGeCo, Anemone e laGiaFi del cavalier Carducci, già coinvolto nelle indagini
di Luigi De Magistris. La bonifica del vecchio arsenale (130 mila metri quadri di cui
18 mila coperti) completamente terminata. Si lavora 24 ore su 24 su tre turni per un
totale di 500 operai che dovrebbero salire fino a 700. L’area è illuminata a giorno da
enormi fari. Sulla banchine continua ad attraccare una nave della Ustica lines da cui
scendono merci e uomini. Molti lavoratori sono stranieri. I sardi, a quanto pare sono pochi, i maddalenini ancora meno. In cantiere Bertolaso ha promesso di istituire un presidio medico permanente e i sindacati hanno chiesto l’istituzione di una "cabina di regia" per potersi confrontare sui temi della sicurezza dei lavoratori.
Nei bar di Maddalena per molto tempo si sono visti gli operai in cerca di cibo,
perché, raccontano, quello della mensa era indecente. La Cgil, ovviamente, non
può che essere contenta dell’opportunità di lavoro offerta dal G8 nella speranza che
le opere realizzate portino anche lavoro per il futuro, ma denuncia l’estremo ricorso
al sub-appalto con relativa perdita di controllo sulle regole per la sicurezza e sul
lavoro. Si parla anche di straordinari pagati in nero. La speranza è che una volta finito
il vertice le strutture garantiscano lavoro nel turismo e nella cantieristica.
Ma le ragioni della sicurezza dei grandi otto (che Berlusconi vuole allargare a venti
paesi) sembrano venire prima di tutto. Durante il vertice due grandi navi ospiteranno
le forze dell’ordine: 16 mila uomini. Il capo della polizia Manganelli ha avvisato:
"Le strutture a terra marciano nel rispetto dei tempi previsti, così come l’allestimento
delle misure di sicurezza. La polizia italiana è impegnata perché il vertice si possa
svolgere nella massima serenità e perché il G8 di Genova possa diventare un ricordo
sempre più lontano". Con i grandi della terra blindati su un scoglio in mezzo al mare.
Procura della repubblica di Tempio Pausania. Decreto di perquisizione e sequestro
n.3885/08 - 525/08. Informazione di garanzia: "Il pubblico ministero visti gli atti nei
confronti di... persona sottoposta ad indagini in ordine al reato di cui all’articolo 256
commesso in La Maddalena il 24-10-2008 dispone perquisizione locale...perquisizione
personale...nomina il difensore d’ufficio". Firma: dott. Mario D’Onofrio. Data: 16 dicembre 2008. Il mandato è stato eseguito una settimana fa. L’indagato è un impiegato
della Cgil di Tempio che si occupava dei lavori per il G8 a La Maddalena. Il reato contestato è nientemeno che violazione del segreto di stato. Come se fosse uno 007 o un terrorista pronto a colpire. In realtà il signor Tonino si limitava ad aspettare i lavoratori fuori dai cancelli e a scattare fotografie dall’esterno ai cantieri. La Fillea Cgil Gallura lo difende: "Non ci faremo intimidire. Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni e denunce perché in quei cantieri vi sono state ripetute violazioni di norme elementari sul salario, sull’orario e sull’igiene e sicurezza del lavoro. Si tratta di cose che avvengono sotto la distrazione, per non dire la tolleranza, del committente pubblico. Forse qualche imprenditore sentendosi disturbato dal nostro lavoro ha pensato di rivolgere qualche assurda segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza". E l’autorità ha preferito indagare il sindacalista piuttosto che sull’enorme affare del G8.
Non serviva proprio a nulla il referendum contro la legge salvacoste. Non avrebbe prodotto alcun effetto, come è stato ampiamente spiegatoanche da eddyburg nei giorni scorsi. Il vincolo temporaneo sui 2.000 metri, operato da quella legge, è stato superato dal piano paesaggistico regionale, approvato ai sensi del Codice del paesaggio.
Comunque è andata meglio delle più ottimisticheprevisioni. L'affluenza alle urne non ha superatoil 20%. I sardi non hanno votato, nonostante la campagna capillare e dispendiosa che hapotuto contare sul contributo di Confindustria, che in Sardegna è ben rappresentata dai costruttori.
Servivaalla destra lo spotpagato con denaro pubblico, utile prova generale, in vista della campagna elettorale prossima. Come ha spiegato Corrado Augias (ieri su la Repubblica)i cinque postulati della destra ( tra cui quello di “prevalenza del privato sul pubblico”) c'entrano con il caso sardo: la Sardegna è un bene comune,diciamo noi, un patrimonio d'interesse nazionale che alcunisoggetti da decenni stanno usando per fini privati con grandi tornaconti: un affarone le coste sarde nel mercato globale.Una casa in Sardegna con buona locationsi può vendere per una ventina di milioni di euro: un migliaio di queste case valgono un pezzo di finanziaria dello stato, tanto per capire i potenziali dividendi che fanno girare la testa agli immobiliaristi di tutto il mondoe prima ancora ai faccendieri di casa.
L'appello di Berlusconiai sardi per andare al voto è statoquindi disatteso, ma resta lagrave, irritualeinterferenza dello “statista”in un affare regionale, di una Regione autonoma, come se niente fosse, come se nonsi sapesse dei suoi interessi d'imprenditore nelle coste sarde, di quellasua proprietà in Gallura dove aveva progettato un mostruoso investimento edilizio che le leggi sarde hanno impedito. L'amico della Sardegna pensa anche in questo caso agli affari suoi, non agli effetti che i provvedimenti del suo governo avranno sulla povera comunitàsarda, quelli sulla scuola ad esempio.
E' andata bene, nonostante Berlusconi,anche se la nostra destra spiega oggi perché ha vinto. Non è così, eppure qualche ragione emerge. Ho già scritto della scarsa convinzione della maggioranza che sostiene Soru sulle scelte di buon governo del territorio, la poca propensione a dibattere su questi temi è spiegata conl' autoritarismo del Ppr e di Soru ( nella cui azione ci sarà qualche difetto ma non è questo il punto). Sarebbe il caso di capire una volta per tutte quanto questa questione assailucrosa –del fareo non fare altre case nelle fasce costiere – pesi nel conflitto anti-Soru. Il quadro politico sardo è confuso, specie nel centro-sinistra e ci sonozone d'ombra . Si pensi che tra le adesioni al referendum promosso dalla destra ci sono quelle del Partito Sardo d' Azione ( il glorioso partito di Emilio Lussu), ci sono i socialisti, e pure i verdi (sì, i verdi del “Sole che ride”!) che in extremis hanno dato ai loro elettori libertà di voto ( gulp!), conuna posizionemolto ambigua su un argomento per ilquale dovrebbero esistere.
A volte si ha l'impressione che latutela del territorio dagli egoismi della rendita non siapiùun valore, un attributo dei partiti e movimenti della sinistra.Rischia di essereuna antinomia di questo tempo, tra le tante. Un altro indizio della frammentazionedella società di cui parlano autorevoli commentatori: lo specchio rotto che riflette in ogni frammento interessi particolari su cui si fa abilmente rifluire l'attenzione.
Le dimissioni del Presidente Soru sono piene di significati e i piccoli chimici della politica isolana che hanno mischiato i loro intrugli sino a produrre un botto, rappresentano perfettamente la condizione di implosione dell’intero Pd regionale. Forse anche quella del partito nazionale.Raffigurano un’insufficienza, una ristretta visione isolana delle cose, ridotta a uno scoraggiante “meglio pochi, meglio sconfitti, purché tutto resti tra di noi”. Quei “noi” che provengono da un partito rimasto così spesso all’opposizione da aver imparato paradossalmente a governare solo stando dall’altra parte, in una minoranza.
Era evidente nel nostro Consiglio Regionale uscente quanto i consiglieri della cosiddetta sinistra esercitassero più “potere” quando erano all’opposizione di quanto ne possedessero con il governo Soru. E ne soffrivano.
Per questo motivo quando si è arrivati alle parti vitali della legge urbanistica - edificare sembra tragicamente l’unica economia possibile da queste parti - è crollato tutto, perfino la voglia di arrivare alle elezioni di maggio 2009 e di cercare di vincerle. E abbiamo visto, tra i banchi del presunto centrosinistra, una pasciuta soddisfazione perché le dimissioni di Soru costituivano, per una parte della maggioranza, un vero obiettivo di legislatura.
Saranno salutari le elezioni di febbraio.
D’altronde la letale legge urbanistica, proposta da questa Giunta, non sarà da rimpiangere. Essa aveva ceduto tanto, troppo agli interessi edificatori. Lo stralcio, ora legge, detto “sblocca-cantieri” è stato un danno. I brevissimi e inverosimili 30 giorni dopo i quali subentra il silenzio assenso a costruire, la pretesa vocazione edificatoria del territorio, l’invenzione di un diritto edificatorio dal quale i sardi sarebbero rivestiti venendo al mondo, avrebbero indebolito il Piano Paesaggistico sul quale si era fondata un’intera buona reputazione di governo. Meglio non avere di questa legge la paternità neppure putativa.
Il Pd è imploso e chissà che non ne derivi un’azione di purificazione della politica anche se è difficile crederci.
Ora resta da sperare nel “mondo civile” – speriamo che esista ancora – che quattro anni fa aveva creduto nella capacità di Soru di innovare e non farsi risucchiare dall’orrendo pantano delle mediazioni e dei patteggiamenti. Noi insistiamo a dire che prima esistono quel mondo e quelle persone e poi, solo poi, esiste chi lo rappresenta. Non vorremmo, davvero non lo vorremmo, affrontare ora l’orribile destino, che tocca all’elettore, del voto al “meno peggio”. Non è detto che disponiamo ancora di quelle energie e quelle intenzioni che cinque anni fa hanno “bucato” la nostra vita politica rassegnata, marginale e consegnata a un fato inevitabile. Chissà se, elettori e eletti, siamo gli stessi. E ammettiamo che la politica – nel senso tossicologico del termine– alla fine ce l’ha fatta, è dilagata ed ha appestato, in modo circolare le azioni di tutti.
Dopo le discussioni alte sulla necessità di salvare l’intatto che l’Isola possiede, le coste e le zone interne, di civilizzare il commercio turistico dei due mesi anfetaminici di luglio e agosto, di limitare l’avvelenamento dei luoghi legato a milioni e milioni di turisti affollati in poche settimane, dopo aver ottenuto un Piano Paesaggistico civile, dopo tutto questo, alcuni nostri “progressisti” hanno incominciato ad utilizzare provette, alambicchi e a mischiare quello che non si doveva mischiare. Sino, appunto, alla deflagrazione.
Forse non c’è nulla da fare. E forse l’Isola è destinata alla distruzione per una sua sottomissione storica alla politica piccola fatta dai rappresentanti dei cantoni in cui la nostra terra è divisa. La politica è anche questo, certo. Ma si ammala se è solo questo.
Questo articolo è stato pubblicato anche da Liberazione, il 27 novembre 2008
di Sandro Raggio A vedere i segnali era prevedibile una crisi del governo Soru; molto probabile che si verificasse sulle scelte urbanistiche. Negli ultimi vent’anni è successo spesso che dietro le dimissioni di un governo regionale vi fossero contrasti, mai spiegati, sui temi del governo del territorio. In questo caso c’è altro. Nello sfondo ci sono da mesi le questioni interne del Partito democratico: quadro fosco e mutevole, difficile da decifrare tra le righe dei vari passaggi, e rivelatore della imminenza delle elezioni. Per cui nello scontro si intrecciano varie questioni, ma il nodo dell’urbanistica resta saldamente al centro, nonostante i tentativi di minimizzarlo. Lo è stato nel corso della legislatura, con conflitti nella fase di redazione del Piano paesaggistico la cui approvazione, con quel contenuto atipico, non è stata mai accettata da una parte della maggioranza, piuttosto subita con malcelato fastidio, espresso in più occasioni sotto altre forme. Credo che al fondo vi sia un serio malinteso, prodotto della sottovalutazione di molti riguardo alle dichiarazioni d’intenti di Soru sul governo del territorio, contenute con evidenza nel programma elettorale della coalizione del centrosinistra. Basta rileggerlo quel documento, arditamente proposto agli elettori - che lo hanno accolto - e si troverebbe descritta la volontà di una rigorosa tutela dei paesaggi sardi, senza spazi per i patteggiamenti tipo quelli che hanno portato i precedenti Ptp alla invalidazione con disonore. Facile immaginare che più di uno abbia pensato che intanto i programmi contano fino a un certo punto, perché poi le cose si aggiustano. Già visto. L’obiettivo di quella parte del centrosinistra che ha condiviso il progetto, è invece rimasto fermo e la indisponibilità alle mediazioni sul programma è sembrata agli avversari insopportabile. Si potrebbe discutere fino ai dettagli per scoprire se l’atteggiamento del governo regionale sia stato troppo discontinuo, e l’idea del “piano senza difetti” inconciliabile con le necessità della politica e dei suoi equilibri. Sarebbe un esercizio inutile. Conta piuttosto evidenziare che questa fase ci ha messo finalmente tra le regioni guardate con rispetto dall’Europa sui temi ambientali. I fatti. Non è chiaro quello che è accaduto come è in tutte le crisi della politica. I contrasti sembrano riconducibili alla questione delle competenze nella approvazione del Ppr, se della Giunta o del Consiglio. Il cui ruolo è sembrato finora marginale (per via del sistema elettorale o per l’ assenza dei partiti un tempo promotori di dibattiti nel territorio?). La necessità di riconoscere al Consiglio maggiori poteri era stata decisa attribuendogli la competenza nella approvazione di un documento preliminare, impegnativo per la approvazione del Ppr. Del quale resta aperta la fase due. La redazione in corso, per le zone interne, da concludersi necessariamente prima delle elezioni (quando se no?) chiede una ovvia accelerazione. La ragionevole tesi di utilizzare, in fase transitoria, il documento d’indirizzo già approvato dal Consiglio nel 2005, è stata contrastata, per affermare il ruolo dell’Assemblea - è stato detto. Ma impossibile non vedere in ciò il segno di una scarsa volontà a completare in tempo il Ppr. Poco in sintonia con fatti recenti: l’insuccesso clamoroso del referendum ammazzacoste e soprattutto le tragedie delle alluvioni. Una prova di forza sul punto più in vetrina del programma e più caro al presidente? Forse. Una strategia palazzinara? Non esattamente. Ci sono nel Partito democratico e nella coalizione di centrosinistra che governa la Regione forze che si richiamano alle migliori tesi dell’ambientalismo, ma c’è, non lo si può negare, l’idea di regolare caso per caso le faccende nel territorio contraddicendo alla radice i principi generali. Quante volte abbiamo sentito declamare la formula: «Siamo per la tutela del territorio e del paesaggio, ma»... Ed è quel “ma” che rivela un’attitudine al compromesso, cronica e temo incorreggibile.