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Il ministro dei Beni culturali Francesco Rutelli ha proposto all´ex soprintendente archeologico di Roma Adriano La Regina di coordinare e guidare il progetto che il suo dicastero sta mettendo a punto per il rilancio dell´Appia Antica da Roma a Brindisi. L´iniziativa sarà collegata alla rete delle vie e degli itinerari storici, culturali e religiosi affidata al coordinamento del professor Antonio Paolucci.

La notizia arriva in serata con una nota del ministero, ma al soprintendente in questione, in carica dal 1976 fino al gennaio 2005, non suscita alcuna emozione.

Anzi. Per lui la priorità è un´altra: sciogliere il nodo sulla sua nomina a presidente del Parco dell´Appia Antica, all´interno della città. La delibera è pronta da mesi. L´ha depositata in giunta regionale l´assessore all´Ambiente Filiberto Zaratti e prima di lui il suo predecessore, Angelo Bonelli, adesso deputato. Ma il veto della Margherita sulla nomina del soprintendente che l´ex sindaco di Roma Rutelli chiamava "signor no" ha paralizzato ogni decisione.

La giunta regionale è convocata per domani alle 14.30, ma nemmeno in questa occasione c´è all´ordine del giorno la votazione sulle nomine, anche se Zaratti potrebbe portarla all´ultimo momento, come si dice "fuori sacco". Dal canto suo Zaratti ha intenzione di andare fino in fondo: «Porterò in votazione la delibera, poi ognuno si assumerà le sue responsabilità», dichiara. Sembra una lotta contro i mulini a vento: l´ordine del giorno è già zeppo di argomenti da discutere e votare.

La Regina ha le idee chiare. «A suo tempo - dice - mi era stato prospettato dalla Regione di occuparmi del parco dell´Appia Antica come presidente del consiglio direttivo. Dopo mesi aspetto ancora una loro decisione in tal senso. Solo se verrò nominato presidente sarò felice di inquadrare il parco dell´Appia in una prospettiva più ampia che comprenda l´intero tracciato della strada consolare, da Roma a Brindisi. Ma l´atto della Regione è prioritario».

Di Carlo: «Inopportuno La Regina all'Appia»

Paolo Brogi – Corriere della Sera, ed. Roma, 5 novembre 2006

Sull'Appia Antica siamo alla partita grossa. Un safari in piena regola. Trofeo più ambito, la testa di Adriano La Regina. Sull'ex sovrintendente archeologico di Roma, candidato alla presidenza dell'Ente Parco dell'Appia, la maggioranza alla Pisana è in difficoltà. A sparare pallettoni contro di lui, candidato al Parco dell'Appia insieme ad altri due esponenti certamente di minor prestigio come Marco Agliata e Daniel Franco, è la «Margherita». Il capogruppo Mario Di Carlo esce allo scoperto e lo definisce «inopportuno».

Il presidente della Regione Piero Marrazzo sembra subire l'offensiva e intanto prende tempo: così è slittata di nuovo, ancora di una settimana, la giunta che stamattina doveva dire sì alle «terne» di candidati per le presidenze degli 11 parchi del Lazio già consegnate a Marrazzo da 15 giorni dall'assessore all'ambiente Filiberto Zaratti. Quelle terne contengono 33 nomi tra i quali Marrazzo dovrà scegliere gli 11 presidenti. Su La Regina è bagarre.

La giunta prevista per oggi è stata rinviata ieri all'ultimo momento. Ufficiosamente per la grana del buco nei conti della sanità, di fatto anche per il mancato accordo sui parchi, un «affaire» scandaloso che si trascina da 18 mesi con gli enti parco commissariati e con una situazione di degrado e incertezza nei fatti che si abbatte sui piccoli scrigni verdi del Lazio. I rischi che incombono su tesori come l'Appia Antica sono evidenti: le immagini della celebre consolare che ci giungono dall'altezza dell'areoporto di Ciampino, dove è ormai ridotta a un parcheggio a cielo aperto insieme alla vicina via di Fioranello, parlano da sole. Così è un parco abbandonato a se stesso.

La Margherita dunque si oppone ad Adriano La Regina. Il celebre archeologo ed etruscologo, di cui una mostra appena aperta alle Olearie Papali celebra di fatto attraverso il lavoro dei suoi collaboratori un quarto di secolo di scavi, ritrovamenti e scoperte a Roma, è dichiarato «inopportuno» dal capogruppo della Margherita alla Pisana, Mario Di Carlo. Il fatto che a favore di Adriano La Regina siano scesi in campo anche altri esponenti della Margherita come l'ex ministro Willer Bordon non stempera la crociata di Di Carlo che dice: «Abbiamo ricevuto decine e decine di sollecitazioni da parte di abitanti e operatori dell'Appia, che ci hanno ricordato che all'atto della discussione del piano di assetto, la sovrintendenza archeologica retta da La Regina si mise di traverso nella formulazione, adducendo come motivo la necessità di fare acquisizione al pubblico delle proprietà interne al Parco dell'Appia. Perciò ritengono inopportuna la nomina. E noi la pensiamo come loro. L'abbiamo fatto presente alla maggioranza e a Marrazzo. Quanto ai nomi dei presidenti, non siamo certo noi a farli...».

Ad essere agitato è lo spauracchio «espropri». Una questione che la responsabile archeologica dell'Appia, Rita Paris, definisce «sorprendente». «La sovrintendenza - spiega Rita Paris - non ha mai fatto neanche un centimetro di espropri. Dall'84 abbiamo acquistato la Villa dei Quintili, Santa Maria Nova e Capo di Bove esercitando una sola prelazione ed effettuando bonari acquisti. La linea seguita è stata quella del graduale accrescimento del Parco tramite acquisti concordati. Nessuno ha mai posto il problema di acquisizioni di massa».

A favore di La Regina sono scesi intanto in campo, con un appello sottoscritto da moltissimi operatori culturali, decine di urbanisti (da Vezio De Lucia a Italo Insolera), archeologi (da Anna Gallina Zevi a Clementina Panella, Silvio Pancera), ambientalisti (da Desideria Pasolini dall'Onda a Gaia Pallottino). Una ferma presa di posizione è stata espressa ieri da Carlo Ripa di Meana e Fulco Pratesi, presidenti di Italia Nostra e Wwf: «Il veto contro La Regina è inaccettabile». Come andrà a finire?

«Veti? Solo perché difendo l'Appia»

Paolo Brogi - Corriere della Sera, ed. Roma, 6 dicembre 2006


Il «professore» è chino sulle carte, nell'ufficio dell'Istituto di Archeologia a Palazzo Venezia. Adriano La Regina viene dalle lezioni di etruscologia alla Sapienza, pensa ai suoi scavi archeologici in Molise, ascolta con aria sconcertata la bagarre che riguarda il suo nome come candidato presidente al Parco dell'Appia Antica. Ma quando sente quanto afferma di lui il capogruppo della Margherita alla Regione Mario Di Carlo inevitabilmente s'infervora. Di Carlo ha posto il veto sul suo nome, perché - ha continuato a ripetere anche ieri - «La Regina ha osteggiato il piano di assetto sull'Appia Antica». Aggiungendo: «La Regina sostenne la tesi dell'acquisizione dell'intero comprensorio al patrimonio pubblico». «Non è così, non è così...», sbuffa subito l'archeologo.

Professore, nel 2002 quale era la sua posizione sul piano di assetto? La dipingono come un incallito espropriatore...

«Feci alcune osservazioni sulla scarsa attenzione ai valori archeologici. L'Ente Parco aveva preparato quel documento senza neanche sentirci. Così facemmo le nostre critiche. In che senso? Nel senso di tutelare non solo i caratteri ambientalistici del parco, ma anche quelli archeologici. Insomma, parliamo del Parco dell'Appia Antica. È un posto noto in tutto il mondo prima di tutto come sito archeologico ancor prima che ambientale».

L'accusano di voler espropriare?

«Ma quando mai! Ho sempre sostenuto che sarebbe stato importante avere disponibilità finanziaria per far fronte non solo alla manutenzione ma anche, al momento giusto, per l'acquisizione di ulteriori proprietà nella zona del parco. Mai messo in conto l'esproprio, un atto forzoso difficilmente realizzalibile e non gestibile se inteso come atto esteso. Ci siamo adoperati invece perché la pubblica amministrazione potesse competere sul libero mercato e perché potesse esercitare, quando possibile, il diritto di prelazione che non lede la proprietà».

Risultato?

«In trent'anni, sotto la mia direzione, tre acquisti importanti come la Villa dei Quintili e la sua messa a disposizione della città, Capo di Bove adesso aperta gratuitamente al pubblico e Santa Maria Nova che completa i Quintili. Questi sono i ritmi della pubblica anmministrazione, in un contesto che non si può certo permettere lussi...».

Oggi l'Appia è più ricca grazie a quei tre acquisti. Basta?

«Mi ha sempre affascinato l'idea di sollecitare una concezione più ampia di tutela dell'Appia, come monumento unitario che va da Roma a Brindisi attraversando varie regioni e paesaggi che richiamano condizioni che non esistono quasi più. C'è necessità di una legge nazionale per tutelare e valorizzare l'intero percorso. Il Parco dell'Appia Antica può svolgere una funzione promozionale importante».

Intanto l'Appia, all'altezza di Ciampino, è ridotta a un parcheggio extra dell'aeroporto...

«È urgente fermare i processi di decadimento. Così come bisogna imprimere più slancio alla promozione degli ambiti naturalistici del Parco, da Tormarancia alla Caffarella. Ci sono spazi destinati a giardino, altri a conservazione naturalistica, altri di tutela archeologica. Ci sono poi nel Parco insediamenti della pubblica amministrazione e dello Stato, strutture ministeriali e militari, che con opportune permute potrebbero essere dislocati altrove. Poi c'è il Forte Appio da recuperare. Insomma, non mancano gli obiettivi da raggiungere. Quanto a me, mi posso impegnare certamente a svolgere funzioni di concerto con l'amministrazione regionale e quella comunale. Alla mia età non si diventa nè migliori nè peggiori, si è quel che si è...».

Della sua candidatura si parla ormai da quasi un anno e mezzo...

«È singolare. Ognuno prenda le proprie decisioni. Gli assessori all'Ambiente mi hanno sollecitato. Non sta a me decidere. Abbiano però la cortesia di far sapere quel che pensano di fare».

«Nel decennale della scomparsa di Antonio Cederna la nomina di Adriano La Regina a presidente del parco dell´Appia Antica pareva a noi doverosa, pressochè scontata». Si apre così l´appello partito sabato scorso sul sito www.eddyburg.it per la nomina dell´ex soprintendente archeologico ai vertici dell´Appia Antica che ha già raccolto numerose adesioni di uomini di cultura. Per esempio, Vezio De Lucia, Paolo Berdini, Stefano De Caro, Anna Gallina Zevi, Rita Paris, Filippo Coarelli, Carlo Pavolini, Maria Annalisa Cipriani, Gaia Pallottino. L´appello è in vista della giunta regionale di domani, in cui l´assessore all´Ambiente Filiberto Zaratti porterà in votazione la delibera sulle nomine dei parchi con il nome di La Regina, contestato dalla Margherita.

La Margherita contro la decisione di mettere l'illustre professor La Regina a capo del parco dell'Appia Antica. Un bel pezzo di maggioranza per niente convinta dal nome di Marco Di Fonzo, caldeggiato dall'assessore all'Ambiente Filiberto Zaratti, per Veio. E ancora tanti mugugni e un accordo che non si trova. Tanto che le nomine dei presidenti degli enti parco sono di nuovo bloccate.

Pochi giorni fa il presidente della Regione aveva fissato l'ultima scadenza: entro fine novembre doveva arrivare la fumata bianca per le aree protette. Invece, dopo tanti rinvii, il nuovo dietrofront.

Zaratti avrebbe dovuto presentare ieri in giunta le terne di nomi tra cui Piero Marrazzo dovrà scegliere i nuovi presidenti. Rinviata a domani la riunione della giunta, le decisioni restano comunque in alto mare. Gli 11 parchi del Lazio, commissariati all'inizio dell'era Marrazzo, sono rimasti a bagnomaria da oltre 1 anno e la voce circolata con insistenza era che quelle poltrone dovevano essere utilizzate come contentino, per chi avesse perso il suo incarico istituzionale, se ci fosse stato un rimpasto in Regione. Ma anche dopo la richiesta di accelerare arrivata

da Piero Marrazzo non c'è stato niente da fare.

Il nodo da sciogliere resta quello dei parchi romani.

«Il nostro partito si è fatto interprete di chi vive e lavora nel Parco dell'Appia: per loro sarebbe una provocazione mandare lì Adriano La Regina, che quando era soprintendente avrebbe voluto l'acquisizione pubblica di tutto il parco, quindi anche delle loro case. Nessuno - spiega un esponente Dielle - contesta il valore di La Regina, basta nominarlo al parco di Veio, anziché all'Appia». E se c'è chi vede in questa posizione il riflesso della vecchia ruggine tra il "signor no" e Francesco Rutelli, sono ancora di più, nel centrosinistra, quelli che si oppongono alla scelta, per Veio, di Di Fonzo, a suo tempo nominato da Storace all'Appia Antica e ora, pare, gradito all'attuale parlamentare Angelo Bonelli. A Di Fonzo anche i Ds preferirebbero Fernando Petrivelli. E nelle polemiche fa capolino pure una resa dei conti fra i Verdi. «Purtroppo Zaratti - commenta Giuseppe Mariani, collega di partito dell'assessore -ha commesso un errore non condividendo le scelte con la maggioranza. È sbagliato il metodo».

I predoni dell'Appia Antica. Catering tra le catacombe

Alberto Custodero – la Repubblica, 19 agosto 2007

Ruspe fuorilegge nel cuore del parco dell'Appia Antica, per trasformare l'ex villa di Silvana Mangano in un centro feste e convegni. Fra le catacombe di Domitilla e san Sebastiano, il mausoleo di Cecilia Metella e gli Aquedotti Romani della valle della Caffarella, è stato sequestrato dalla procura di Roma, nei giorni scorsi, un cantiere destinato a diventare, su un´area di 3500 metri, un parcheggio per 130 auto. Ma chi ha interesse di sfidare i severissimi vincoli ambientali dell'Ente voluto fortemente dal politico-archeologo-ambientalista Antonio Cederna, e rischiare una denuncia per trasformare un prato del parco che ci invidia il mondo (2400 anni di storia in 3500 ettari ai lati del basalto della Regina Viarum), in un parcheggio auto? Il proprietario della società che stava effettuando i lavori, la Veronica Immobiliare Srl, è Sergio Scarpellini (presidente dell'omonimo gruppo che controlla 34 società), titolare di numerosi immobili del centro di Roma affittati al parlamento. E progettista della Romanina, la nuova periferia di Roma che vuole edificare con «cantieri consensuali» in accordo con enti locali e cittadini. Ma perché un imprenditore della sua portata che ha la costruzione della Nuova Roma (come la chiama lui stesso), come sogno nel cassetto, non è riuscito a mettersi d'accordo con l'ente parco? Ma, anzi, ha devastato quel fazzoletto di verde tutelato dai vincoli archeologici e paesaggistici andando incontro al sequestro penale del cantiere? Le indagini dei guardiaparco dirette da Guido Cubeddu - e sotto la supervisione del presidente dell'Ente, professor Adriano La Regina - dopo aver bloccato ruspe, camion e aver apposto i sigilli giudiziari ai lavori, hanno scoperto che il parcheggio sarebbe dovuto servire per trasformare la villa che Scarpellini acquistò dall'attrice Silvana Mangano, in via Appia Antica 199, in un centro di ristorazione di lusso gestito con il sistema del catering. Ma come ha potuto la Veronica Immobiliare entrare nel parco con camion e scavatori convinti di farla franca e portare a termine i lavori? Gli investigatori hanno scoperto che la Srl era in possesso di un «apparentemente anomalo nulla osta» per trasformare «l'area agricola in un fondo stabilizzato». Successivi accertamenti, però, hanno consentito di scoprire che la Srl di Scarpellini aveva ottenuto varie autorizzazioni dal servizio Giardini e dall´Aga (la tutela dei vincoli paesaggistici), del Comune di Roma, dalla Soprintendenza archeologica e, sorpresa, anche dallo stesso Ente Parco. Ma in tutte quelle pratiche burocratiche, formalmente regolari, c´era qualcosa che non quadrava: non ce n´era una uguale all'altra. «Le planimetria - si legge nel verbale di sequestro - e la definizione dei lavori erano diverse a seconda degli enti presso cui erano depositate: al Municipio XI carte, all'Ente Parco altre». E poi timbri non originali e (in una planimetria depositata dalla Veronica al Parco), perfino il disegno di «un cancello di accesso da via Appia Antica 199 che non è mai esistito». La procura, per fare chiarezza su quel vespaio burocratico, sta ora «vagliando la posizione dell'ex direttore del parco» che ha rilasciato alla Srl il nulla osta».

L'Appia Antica, va detto, è da tempo al centro di polemiche per il fenomeno diffuso dell'abusivismo edilizio (le richieste di condoni presentate al comune di Roma sono più di 5 mila), per la presenza delle baracche di nomadi, per il degrado rappresentato dalla prostituzione in località Fioranello, e, infine, per la presenza di numerosi parcheggi abusivi in prossimità dell'aeroporto di Ciampino. Ora il parco sta lentamente perdendo la sua vocazione originaria - la conservazione dei beni archeologici - per diventare il più grande centro di ristorazione abusiva di Roma. Sono molte, infatti, le antiche e lussuose ville - molte delle quali abitate negli anni della Dolce Vita da Vip e attori - trasformate oggi in centri di convegni e feste organizzati da società di catering che offrono anche fuochi d'artificio non autorizzati. Per citarne alcune, villa Apolloni della Appia Antiqua Aedes, una società che ha come proprietaria, fra l'altro, una finanziaria portoghese. Villa san Sebastiano del principe del Gallo di Roccagiovine, villa Dino Editore, villa Dei Quintili e villa Fiorano. Molte di queste, per poter svolgere l'attività commerciale di catering, compiono lavori di ristrutturazione e di cambio di destinazione d'uso del tutto abusivi, salvo poi chiedere i condoni edilizi. È il caso, ad esempio, di villa Apolloni, i cui responsabili legali sono stati denunciati alla procura tempo fa per aver svolto una serie di lavori o abusivi, o difformi rispetto alle richieste di condono. «Proprio in quella villa - ha raccontato Guido Cubeddu - il 9 agosto ci sono stati fuochi artificiali senza permesso. Tutte le nostre squadre, però erano impegnate a spegnere un vasto incendio nel parco, e così non siamo riusciti a sanzionare i fuochi pirotecnici non autorizzati». Un'altra villa, la Sant'Urbano della famiglia Sbarra (attraverso la Erode Attico Spa), ha una storia tutta particolare. La procura di Roma l'aveva confiscata al proprietario, ingegner Danilo Sbarra, coinvolto in una vicenda giudiziaria. Alla sua morte, gli eredi hanno continuato a svolgere l'attività di catering fino a quando, qualche settimana fa, la Corte d'Appello ha annullato la confisca. La vicenda si concluderà in Cassazione alla quale ricorrerà la procura generale.

Il sospetto dei guardiaparco e del presidente dell'Ente, tuttavia, è che tutta questa attività di catering sia incompatibile, se non addirittura fuorilegge, un modo, cioè, per aggirare le normative sulla ristorazione che prevede il rilascio di licenze commerciali e autorizzazioni sanitarie. Documenti che è molto difficile, se non impossibile - in un parco archeologico nel quale non esiste la rete fognaria - ottenere. È per questo che Guido Cubeddu lancia un appello: «venga la guardia di finanza a fare accertamenti su queste ville, perché a mio giudizio dietro i paravento del catering stanno mascherando attività di ristorazione che andrebbero tassate e autorizzate con tutti i permessi previsti dalla legge».

"Bisogna reprimere o il Parco muore"

Intervista di Alberto Custodero ad Adriano La Regina – la Repubblica, 19 agosto 2007

«La situazione di deterioramento della via Appia Antica e del suo comprensorio è un problema gravissimo. Il Parco dal punto di vista sostanziale non esiste ancora: l'ente è ancora sulla carta. Nella realtà, ci sono un quartiere residenziale di lusso con attività anche incongrue. E una serie di monumenti storici». Il professor Adriano La Regina, presidente dell'Ente Parco, richiama l'attenzione della politica e degli enti pubblici affinché intervengano per garantire l'esistenza e la sopravvivenza del parco urbano fra i più grandi d´Europa.

Presidente, perché questo allarme?

«Il parco è ancora una prospettiva. Qualunque visitatore venga, non si rende conto di essere in un'area protetta, ma si trova nell'inferno del traffico della via Appia dove non è neanche possibile camminare. E poi c'è stato questo sviluppo selvaggio delle trasformazioni delle ville».

Cosa si dovrebbe fare per porre in qualche modo rimedio a fenomeni come quello del catering che rischiano di snaturare la vocazione del comprensorio archeologico?

«Se si parla di costituire un parco pubblico, tutti saltano addosso pensando che si vogliano fare espropri. Questo è falso, ma è doveroso costituire un forte nucleo di proprietà pubblica e condizionare i privati a finalità congrue con il parco. Per farlo, ci vogliono anche comportamenti repressivi nell'interesse pubblico».

Come fare a conciliare l'esistenza del parco e il rispetto della proprietà privata presente nella maggior parte del suo territorio?

«Se si vuole veramente costituire il parco bisogna dargli una dotazione finanziaria per poter almeno esercitare il diritto di prelazione quando qualche privato vende».

Oggi il Consiglio Comunale di Marino ha all´ordine del giorno due diverse proposte di lottizzazione nella zona di Santa Maria della Mole, zona che dovrebbe rientrare nell´ampliamento del Parco dell´Appia il cui disegno di legge da due anni è fermo alla Regione. Se le proposte verranno approvate, due nuovi centri commerciali sorgeranno in quello che avrebbe dovuto diventare il parco archeologico d´eccellenza lungo l´antica strada consolare. È solo l´ultimo episodio di uno stillicidio di lottizzazioni che sta snaturando il progetto avviato con la creazione del Parco dell´Appia e il suo presidente, Adriano La Regina, non nasconde la sua preoccupazione:

«Questo Parco sembra interessare molto poco: non esce dalla condizione di crisi in cui l´ho trovato. L´ho detto sin dal giorno dell´investitura: la condizione per la mia permanenza era che si desse luogo all´ampliamento del Parco, passando dagli attuali 3500 ettari a 5000 ettari. Sulla base della prospettiva di questi 1500 ettari in più si poteva pensare ad una valorizzazione del Parco: se invece resta così com´è non vale la pena di impegnarsi».

Ce l´ha col comune di Marino?

«Il comune di Marino sta procedendo tranquillamente come un carro armato, insofferente di ogni norma di attenzione, alla trasformazione di zone pregiate del territorio che dovrebbe entrare a far parte del parco. Ma è l´ultimo anello della catena. Questo succede perché la Regione Lazio tiene da due anni nel cassetto il disegno di legge sull´ampliamento del Parco. Continuando così, con questa lentezza, quando la legge andrà in discussione non servirà più. Questo letargo, a voler essere cattivi, potrebbe essere inteso quasi come voglia di lasciar correre».

Quale altro Comune è interessato all´ampliamento?

«Il Comune di Ciampino e quello di Roma. E anche il Comune di Roma ha responsabilità nello stato di degrado del Parco, nonostante i molti appelli che ho lanciato in passato».

Perché?

«Perché l´Appia Antica oggi è impraticabile a causa del traffico che è infernale, con un inquinamento altissimo, devastante sia per i beni archeologici che per la gente che li visita. Non è possibile nemmeno andare a fare una passeggiata da Porta San Sebastiano all´Appia, si rischia di essere investiti. E si tratta per il 90% di traffico di attraversamento. La soluzione ci sarebbe: non chiudere l´area alle macchine ma proibire solo il traffico di attraversamento».

In che modo?

«Oggi con le telecamere e con i mezzi che si hanno si può selezionare il traffico di attraversamento da quello locale, quello cioè di chi va in un ristorante, oppure a vedere un monumento. Basta controllare le targhe, in entrata e in uscita. Chi entra da Porta San Sebastiano ed esce a Ciampino, o viceversa, non è andato a far visita a un amico, ma ha solo scelto quella strada perché è più corta. È un intervento che il Comune di Roma dovrebbe studiare».

I Comuni, la Regione: sono loro i responsabili del mancato decollo del parco dell´Appia?

«No, ha le sue responsabilità anche il ministero per i Beni culturali, che ha la facoltà di imporre una tutela per i beni archeologici e ambientali, e, quanto a questi ultimi, ha le stesse responsabilità anche il ministero dell´ambiente. Bisognerebbe che ognuno facesse la sua parte, nelle diverse competenze, in sede comunale, regionale e statale. Ma l´importante è uscire da quest´inerzia, non ha senso lasciar rovinare così il progetto del parco».

Un gruppo di tecnici di una società telefonica che - «per allenarsi agli interventi ad alta quota», ci dice candidamente uno di loro mentre scende da una jeep col marchio della Wind - scalano, dotati di caschi e imbracature da montagna, una tomba romana a tumulo, il tutto mentre intorno è un via vai continuo di auto e di uomini che vendono o offrono il loro corpo ad altri maschi. E, qualche centinaio di metri più in la, operai di una ditta edile che fanno la fresatura della strada in vista della gettata di asfalto: ma sullo stesso tratto viario dove gli archeologi si apprestano a lavorare per riportare alla luce le pietre di basalto della Regina viarum. Sembra un film di Bunuel ma è tutto vero. Benvenuti nello stato di abbandono dell´Appia Antica.

Casca dalle nuvole Rita Paris quando l´avvertiamo dei freeclimber impegnati a scalare una delle circa cento tombe monumentali che la Soprintendenza archeologica di Roma ha catalogato e, fondi permettendo, s´appresta a restaurare. «È talmente assurdo che non ci credo» risponde l´archeologa al telefono. Poi, mandato qualcuno a controllare, richiama: «Nessuno ci ha chiesto nulla, anche perché non avremmo mai dato l´autorizzazione a un intervento deleterio per l´integrità del monumento. D´altro canto, siamo talmente pochi che qualcosa ci sfugge».

Ci sarebbero le guardie del Parco regionale dell´Appia, 40 uomini circa a controllare abusi edilizi e tutela del verde: troppo pochi anche loro, vista l´importanza e la vastità del sito. «Così non si può andare avanti» sbotta l´archeologo responsabile dell´Appia. «Lunedì siamo andati a fare un sopralluogo con l´architetto Massimo De Vico - rivela Rita Paris - perché dal primo settembre dobbiamo far partire il restauro dei 650 metri che vanno dall´incrocio di via degli Armentieri verso Sud. Ebbene, abbiamo trovato un cantiere della "Società strade sicure" che, per conto del dodicesimo dipartimento del Comune, ha fatto la fresatura del vecchio asfalto ed è pronta a realizzarne uno nuovo. Anche qui, nessuno ci ha chiesto il permesso».

La Soprintendenza - che ha un budget annuale di un milione per la manutenzione ordinaria di monumenti quali villa dei Quintili e Cecilia Metella - risparmia circa 300mila euro l´anno per interventi speciali. Come il tratto dell´Appia, "asfaltato". «La filosofia è quella dei chilometri già restaurati coi fondi del Giubileo: riportare alla luce il basalto e, dove manca, fare un manto di sampietrini, intervento corretto filologicamente poiché si tratta dello stesso materiale». E i blocchi di peperino e i rocchi di colonna a terra del cosiddetto tempio Ercole? Luogo sacro o stazione di posta andranno a trovare Antonella Rotondi e Giorgio Gatta? «Lo capiremo con lo scavo, dal quale ci aspettiamo notevoli risultati. Dai resti - rivela la Paris - si capisce che è un altro edificio importante della Regina viarum».

Cecilia Metella, guerra intorno a un vincolo archeologico. L'offensiva contro il «vincolo » di tutela posto intorno all'area di Cecilia Metella ha ricevuto un primo contraccolpo ieri nel Comitato di settore dei Beni archeologici del ministero. Il ricorso amministrativo intentato dalla famiglia Greco, Roberto e Gabriella, titolari di una grande proprietà interna all'area posto sotto vincolo, è stato respinto. L'organo consultivo del ministero ha inviato infatti parere negativo alla direttrice generale dell'archeologia, Anna Maria Reggiani. Sullo sfondo si profila un nuovo pericolo, il ricorso che gli stessi Greco stanno promuovendo al Tar.

Sembra incredibile, ma è così: il vincolo su una delle aree più prestigiose dell'Appia Antica, il suo cuore costituito da una quindicina di ettari intorno al famoso mausoleo di Cecilia Metella, non esisteva fino a poco tempo fa. A chiedere di vincolare la prestigiosa area è stata la sovrintendenza archeologica e in particolare la struttura che si occupa del patrimonio dell'Appia, diretta da Rita Paris. E così nel dicembre scorso il direttore regionale dei Beni culturali, Luciano Marchetti, ha finalmente firmato un decreto di vincolo. Il vincolo però è stato subito impugnato dalla proprietà coinvolta, quella dei Greco. «Sotto vincolo - spiega Rita Paris - è l'area che corrisponde al Triopio di Erode Attico, una vasta proprietà che inglobava la Caffarella e i cui limiti a sud ci sono stati confermati dai recenti ritrovamenti a Capo di Bove. La linea è di completare la copertura dell'intero parco dell'Appia col vincolo archeologico».».

A essere tutelato è il quadrilatero che ha come confini il Circo di Massenzio, l'Appia Antica, l'Appia Pignatelli e via di Cecilia Metella. Insomma 15 ettari di altissimo valore archeologico che contengono la parte più spettacolare di Cecilia Metella, le mura del Castrum Caetani, un acquedotto sotterraneo e varie altre meraviglie. L'offensiva anti- vincolo non risparmia però colpi: il primo è stato il ricorso amministrativo bocciato ora dal comitato di settore in cui siedono autorità accademiche come l'archeologo Claudio Sassatelli o il professor Mario Torelli. La battaglia si sposta al Tar.

In occasione della presentazione del volume “Un italiano scomodo. Attualità e necessità di Antonio Cederna”, a cura di Maria Pia Guermandi e Valeria Cicala, 2007 Bononia University Press, si è svolto a Roma, nella sede del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme, il 6 giugno 2007, un convegno dal titolo: “Politiche culturali e tutela: dieci anni dopo Antonio Cederna”. Dell'iniziativa che è stata occasione di ricordo di Antonio Cederna, ma anche di discussione sugli attuali problemi della difesa del patrimonio culturale e paesaggistico e sulla situazione dell'urbanistica italiana ed in particolare romana, pubblicheremo in eddyburg alcuni interventi a partire da quello di Rita Paris dedicato all'Appia Antica, per la cui tutela Cederna si battè per più di quarant'anni. (m.p.g.)

Dell’Appia mi occupo dall’inizio del 1996; pochissime sono state le occasioni di incontri ufficiali in cui era presente anche Antonio Cederna, presidente dell’Azienda Consortile del Parco dell’Appia, ancora non operativa all’epoca.

Grata per la fiducia che Adriano La Regina aveva voluto riporre in me e che Angelo Bottini ha confermato, mi sono resa conto ben presto che l’insieme delle leggi a tutela dell’Appia non era tuttavia sufficiente a garantirne la salvaguardia; sebbene negli uffici della Soprintendenza Archeologica di Roma pervenissero da sempre numerosissime richieste di pareri per ogni tipo di intervento da realizzare e nonostante sembrasse universalmente acclarato che l’Appia riveste elevatissimo interesse archeologico e monumentale.

Nel 1998 siamo riusciti a far approvare il decreto ai sensi della legge 431/85 (legge Galasso) art. 1, lettera m) sulle zone di interesse archeologico che si sovrapponeva alla precedente L. 1497/39 e a estesi settori di vincolo archeologico per buona parte del territorio (ma non la totalità) che riperimetrava tutto il comprensorio dell’Appia (dall’Ardeatina all’Appia Nuova), con aggiunta di aree di grande pregio come la tenuta di Tor Marancia, che Cederna aveva individuato tra le priorità per la salvaguardia di tutto il sistema. Nell’impegno per Tor Marancia ho avuto la fortuna e l’onore di lavorare a strettissimo contatto con Italo Insolera, Vezio De Lucia e Carlo Blasi, illuminanti per questo e altre problematiche a seguire, sempre ancora oggi, insieme a Vittoria Calzolari, punti di riferimento insostituibili.

Mi sentivo più tranquilla con la copertura della L.431/85, lettera m) ma mi sbagliavo, perché, a parte la procedura indicata nell’art.13 della Legge Regionale 24/98 sulla tutela e pianificazione paesaggistica in merito alla necessità anche dei pareri della Soprintendenza Archeologica, la tendenza era ed è, anche in ambito ministeriale, di non riconoscere alla Soprintendenza Archeologica che ha proposto il provvedimento di vincolo non solo la titolarità del procedimento ma alcuna competenza, trattandosi di un vincolo paesaggistico.

Anche l’avvio dell’operatività dell’Ente Parco - nel frattempo la legge istitutiva aveva lasciato il posto alla legge sulle aree naturali protette, con modifiche nello statuto e nella composizione della CdA dell’Ente da cui era scomparsa ogni rappresentanza del Ministero, con cui ho sperato di poter condividere, pur nelle distinte competenze, il peso di un impegno così oneroso - incominciò a creare qualche problema di conflittualità per il ruolo preminente e totalizzante che si voleva riconoscere all’Ente. All’Ente spettano compiti di pianificazione, gestione, tutela, promozione e altro su un territorio il cui preminente valore è archeologico storico monumentale paesaggistico, senza alcuna partecipazione delle Soprintendenze.

Quindi ho dovuto combattere non poco con tutti gli uffici dell’amministrazione comunale per poter continuare, almeno come prima, a svolgere i controlli e esprimere i pareri per ogni intervento. D’altro canto cosa non riveste interesse archeologico in un tale contesto?

Mentre faticosamente si cercava di andare avanti nella tutela quotidiana, con le pochissime ma affiatate persone che compongono il poco attrezzato ufficietto dell’Appia in Soprintendenza, le uniche con me a conoscere effettivamente lo stato delle cose, si è tentato di far passare qualche altro vincolo specifico (con scarsissimi risultati), si è arricchito il patrimonio con scavi, restauri, si sono aperte al pubblico la Villa dei Quintili, il complesso di Cecilia Metella con il Palazzo Caetani, si è ridata dignità alla strada e ai monumenti che la fiancheggiano, si è acquisita qualche proprietà tra polemiche inimmaginabili come quella suscitata per la prelazione di Capo di Bove, rivelatasi area archeologica di primario interesse, dove verrà a brevissimo ospitato l’archivio che la Famiglia Cederna ha voluto donare allo Stato, secondo un piano di ricerca e di studi che sarà ampiamente condiviso.

Ecco, contemporaneamente, manifestarsi travolgente il fenomeno dei condoni edilizi che dalla fine degli anni ‘90 a migliaia si stavano rilasciando per questo territorio, come per altri di pregio della città, senza la minima considerazione dell’esistenza di vincoli.

Riunioni da far venire il mal di fegato dove tra violente manifestazioni di arroganza e incompetenza dovevo cercare di dimostrare che, nell’insieme delle leggi esistenti, il nostro parere era necessario e che si stava trattando dell’Appia per la cui difesa Cederna aveva speso una vita. In questi contesti non ho mai trovato una sola persona a cui stesse a cuore il destino di questo territorio. A nulla sono valsi i tentativi di trovare un sostegno presso il Ministero a vari livelli, le denunce alla Procura e presso gli organi della stampa che sono parsi in questi anni i più interessati al problema e non solo per uno scoop giornalistico.

E’ per questo che chiederei di selezionare attentamente le figure che possano parlare o scrivere o promuovere iniziative per Antonio Cederna, il cui nome, a mio avviso, è stato usato da molti senza consapevolezza e dunque indegnamente.

Potrei parlare ore, far vedere immagini, citare esempi eclatanti. Non riuscirei comunque a rendere l’idea del reale stato delle cose, dell’intrigo dei problemi di competenze, di interessi privati.

Di fatto il piano regolatore dell’Appia è stato l’abusivismo o come si dice lo sviluppo edilizio spontaneo che ha portato a stralciare la zona di Cava Pace dai perimetri del Parco e presto porterà, secondo anche le previsioni di alcuni punti del Piano di Assetto del Parco, a riconoscere di fatto le trasformazioni per gli abusi, distinguendo le zone con una gerarchia che non doveva esistere, perché già 50 anni fa se ne era riconosciuta la continuità e l’omogeneità e quindi prescritta l’integrità della conservazione.

I diritti dei privati sono sempre sostenuti da licenze per commercio o attività del tutto improprie rilasciate da uffici della stessa amministrazione che dovrebbe conoscere le limitazioni imposte dalle proprie leggi. Ci ritroviamo così di fronte, quando va bene, a vivai spontanei cresciuti a dismisura che si attrezzano ovviamente con uffici e ristoranti, a impianti sportivi completamente abusivi con campi, club house, ristoranti, piscine, sempre molto ambite dai poveri sfortunati che non sono riusciti a farle passare nei condoni precedenti e che si presentano travestite da riserve idriche o cose del genere, con tanto di pressioni di personaggi politici. Ma non mancano i rimessaggi di grossi veicoli, di roulottes, di materiale per edilizia, i capannoni industriali e la recente intensa attività edilizia, con una variegata gamma di tipologie, che ha completamente occupato le aree preziose della campagna romana, con continue esigenze di crescita, raramente mascherate da attività agricola. I casali più belli ospitano cerimonie e feste, gareggiando con fuochi d’artificio dove dovrebbe dominare il silenzio, allontanando sempre più la presenza dell’intermittenza luminosa delle lucciole.

E non parliamo degli intoccabili a cui è stato consentito di acquistare importanti proprietà con monumenti universalmente noti e che non hanno voluto o saputo avere il rispetto per il luogo scelto esagerando nelle trasformazioni e negli usi.

Da anni vado ripetendo che almeno dall’approvazione del PRG nel 1965 il decreto introdotto direttamente dal Ministro Mancini a tutela di tutto il comprensorio dell’Appia per i suoi straordinari valori archeologici, storici, paesaggistici, ne aveva prescritto la assoluta inedificabilità e la destinazione a parco pubblico ma tutti sembrano ignorare questo atto fondamentale che solo sarebbe bastato a salvare almeno l’integrità delle aree se non ad acquisirle tutte al pubblico.

La lettura e la periodica rilettura di tutti gli articoli di Cederna sull’argomento fa sembrare tutto più incredibile: ciò che lui ha denunciato dal 1953 e che appariva intollerabile già allora è stato superato da migliaia di altre illegalità portate avanti con arroganza e tenacemente difese da grandi studi legali, spesso sostenute dai pareri dei tribunali, a danno del patrimonio e dell’interesse pubblico.

Rispetto a quel decreto e all’illuminato appello rivolto al Governo nel 1954 da parte di importanti personaggi del mondo politico e culturale (pubblicato da Cederna su il Mondo) che mette in relazione i ruderi, i monumenti, le statue con la campagna romana come un tutto inscindibile e come “monumento da conservare religiosamente intatto, quale patrimonio comune dell’umanità”, si assiste oggi a un vergognoso arretramento nel senso della tutela in particolare archeologica che si vuole circoscrivere sempre più alla testimonianza emergente, neutralizzando ogni tentativo di una visione più ampia.

Spesso credo che dovrei lasciare questo incarico esprimendo pubblicamente l’impossibilità e l’inutilità di andare avanti, se non accade qualcosa, in quanto tutto sembra finire nelle stanze del mio ufficio…., per lo più dovendosi difendere anche da quelle persone o istituzioni dalle quali ci si aspetterebbe aiuto, condivisione, forza.

E questo mentre al di fuori si crede che l’Appia sia un Parco, mentre una cartellonistica ne segna il perimetro, mentre i turisti disorientati si domandano dove sia questo Parco, come può essere visitato, al di là di quel poco di pubblico che esiste (Caffarella, Massenzio, Quintili, la strada stessa).

Non è frequente l’occasione di un incontro così in cui con tante persone amiche e competenti si è nella felice circostanza della presentazione di un volume come questo: oltre al merito degli elevati contenuti sembra sia arrivato, come per magia, un nuovo impulso ai temi trattati e si è accesa, almeno in me, una speranza nuova. Desidero ringraziare per questo splendido dono tutti quelli che vi hanno contribuito e in prima linea le curatrici del volume.

Tra lucciole e auto pirata l'assedio dell'Appia Antica

Corriere della Sera, ed. Roma, 26 aprile 2007

Appia Antica, all'angolo con via degli Armentieri. Giorni scorsi, un'archeologa e una prostituta. «Mi scusi, potrebbe scansarsi?». «Ahò, ma io sto' a lavorà...». «Anch'io...». «E che dovresti fa'?». «Devo guardare l'epigrafe su cui è seduta». «L'epì...che?» Disastri dell'Appia Antica. Auto che vanno su e giù indisturbate rallentando tutt'al più un po' all'altezza dei tratti in basolato. Prostituzione femminile e soprattutto maschile, all'altezza di via di Fioranello dove le auto comodamente parcheggiate sulla strada consolare appartengono indistintamente ai frequentatori gay e agli utilizzatori del vicino aeroporto di Ciampino.

E soprattutto, proprio all'altezza degli Armentieri, ecco il gran ritorno a ridosso della strada di capannoni industriali e commerciali, vendite al minuto e all'ingrosso, rimessaggi estesissimi di roulotte, caravan e perfino gommoni. Capannoni e rimessaggi interamente abusivi. «Certo, noi non abbiamo dato mai nessun assenso - spiega Livia Giammichele della Sovrintendenza archeologica di Roma, reduce da un sopralluogo - . E in passato a più riprese abbiamo segnalato agli organi dello stato questo scempio che deve essere arrestato».

Siamo nel tratto dell'Appia Antica che dal Raccordo Anulare va a sud in direzione di via di Fioranello, la strada che l'attraversa sbucando di fronte ai parcheggi dell'aeroporto di Ciampino. Una gara di appalto è stata appena conclusa e sono stati assegnati i prossimi lavori di risistemazione della grande strada consolare, grazie allo stanziamento di un milione di euro. C'è da rimettere a posto un chilometro circa dell'Appia. L'intervento segue la risistemazione dei tratti a monte dell'Appia Antica che hanno raggiunto e superato il punto in cui grazie al nuovo tunnel del Raccordo Anulare è stato ricongiunto il percorso interrotto negli anni '60 dalla costruzione del Gra.

Un primo tratto, da via di Porta San Sebastiano fino al Gra, è stato restaurato grazie ai fondi del Giubileo. Successivamente il restauro è sta protratto dal Gra a via degli Armentieri. Ora si vorrebbe andare avanti. Ma in quale scenario?

Basta guardare via degli Armentieri, prima traversa a destra sull'Appia Nuova uscendo da Roma dopo il Raccordo, per rendersi conto del nuovo assalto all'Appia in pieno corso. Un'officina meccanica sulla destra, una rivendita di attrezzi da giardino sulla sinistra, il tutto con grandi capannoni e spazi usati per macchine ed attrezzi. Poi ecco il rimessaggio con uno spazio per centinaia di metri ingombro di caravan e mezzi nautici. È un assedio che lascia fuori per fortuna ancora spazi verdi di campagna romana, la povera Appia vivacchia ai limiti subendo la presenza di chi la usano per i propri comodi, scorrazzando con auto e moto di notte e anche di giorno. «È uno scandalo che sembra non interessare a nessuno - spiega Rita Paris, l'archeologa della Sovrintendenza responsabile della zona - . Ma le autorità e gli enti che hanno il potere di decidere sul destino dell'Appia conoscono questa realtà? Mi pare di no, perché la situazione è talmente vergognosa e indecorosa...Senza rendersene conto, però, c'è chi gioca al massacro continuando a dare concessioni che non dovrebbero essere date, ma che procurano insediamenti di attività e innescano nuovo degrado. Qualcuno si riconosce come responsabile di tutto ciò?». Messaggio inviato al Comune di Roma e alla Regione Lazio: si devono svegliare perché quella che potrebbe essere una delle porte del Parco dell'Appia giace in uno stato miserevole.

La Regina: «Colle della Strega, stop al cemento»

Corriere della Sera, ed. Roma, 27 aprile 2007

Appia Antica, si apre una nuova stagione. Insediato finalmente ieri mattina, dopo venti lunghi mesi di parentesi commissariale, il nuovo consiglio di amministrazione del Parco dell'Appia con in testa il suo presidente, il professor Adriano La Regina. Ne fanno parte Toni De Amicis, vicepresidente (rappresentante della Coldiretti), Ivana Della Portella (Zetema), Oreste Rutigliano (Italia Nostra), Romolo Guasco (Provincia), Alessio Amodio (Comune), Sandro Lorenzatti (Regione).

E subito, dopo mesi e mesi di ristagno, costellati da assalti e incursioni, ecco arrivare al pettine i primi nodi. Il primo si chiama Colle della Strega, appartiene al territorio adiacente all'attuale territorio del Parco. La proposta di ampliamento giacente alla Regione dovrebbe tutelare anche questi terreni. Ma lì invece sta per scattare una colata di cemento osteggiata da parte della giunta (con gli assessori Zaratti e Nieri in testa), uno sciopero della fame è in corso davanti alla Regione da parte dei residenti della zona che si battono contro questo nuovo insediamento, a suo tempo osteggiato dallo stesso La Regina quando era ancora sovrintendente archeologico di Roma. E ora?

«Questa colata di cemento al Colle della Strega - dice subito fuori dai diplomatismi Adriano La Regina prendendo la parola come primo atto del suo insediamento - è assolutamente da evitare e questa rimane per me una condizione determinante per restare a presiedere l'ente». Stop. Forse, anche prevedendo queste parole che aggiungono «grana» a grana tra le tante che dirompono dentro la maggioranza alla Pisana, il presidente della Regione Piero Marrazzo ha dato ieri forfait e non ha presenziato così come annunciato e previsto all'insediamento dell'uomo che pure ha scelto. Doveva esserci, un improvviso impegno l'ha dirottato altrove. Al suo posto è rimasto ieri Filiberto Zaratti, verde e assessore all'ambiente, che ha affrontato il tema delle «criticità» che angustiano il Parco. «C'è intorno all'Appia un'eccessiva presenza di capannoni abusivi - ha ricordato Zaratti - . È una vergogna non solo per Roma ma per tutto il Paese». «Quando gli stranieri si chiedono cosa sia un Parco - aggiunbge la regina - non possono certo ritrovarsi in questa situazione dove trionfa il traffico». Zaratti ha anche ricordato che il consiglio regionale deve affrontare la proposta di legge adottata dalla Giunta per il raddoppio del Parco dell'Appia, con l'estensione alle aree in cui dovrebbero sorgere insediamenti abitativi come quello del Colle della Strega o l'altro del Divino Amore dove il comune di Marino vorrebbe costruire 800 mila metri cubi di immobili.

E proprio questi due insediamenti sono stati messi all'ordine del giorno, come prioritari, della prima riunione del Cda del Parco dell'Appia. «Abbiamo deciso di acquisire tutte le carte in materia - spiega De Amicis - . E inoltre abbiamo subito sollecitato una consilenza legale che contiamo di avere per la riunione della prossima settimana».

Lancia in resta, dunque, sul fronte dei problemi che angustiano il grande Parco dell'Appia. Ieri, nel corso dell'insediamento, è stato affrontato anche il problema degli abusi che incombono su varie aree adiacenti all'Appia Antica. Sul problema, l'assessore Zaratti ha proposto «un incontro urgente tra Parco, Regione e Comune per vedere nel concreto che cosa fare». L'assessore all'ambiente del Comune, Luigi Esposito, intervenuto subito dopo ha offerto la propria disponibilità. «Vedremo di che si tratta - ha detto - . Gli insediamenti abusivi vanno aboliti. Bisogna anche appurare se ci siano incongruenze tra i rilasci delle licenze e le zone protette. Per le delocalizzazioni bisogna poi seguire le procedure». Il problema, comunque, è rinviato a un'apposita riunione.

Vandali devastano il mosaico di Montanus

Corriere della Sera, ed. Roma, 28 aprile 2007

Il mosaico del gladiatore Montanus, scoperto pochi giorni fa dagli archeologi nel complesso di Santa Maria Nova sull'Appia antica, notizia che al ritrovamento avevamo subito segnalato per la sua importanza scientifica, è stato devastato la scorsa notte nel corso di un'irruzione vandalica. Nel piccolo complesso termale è stato dissestato anche un pavimento in peperino di un ambiente adiacente al «calidarium» ed è stato scavato un grosso buco sotto un'ipocausto del forno usato per riscaldare l'acqua della struttura termale. Abbattuto infine un muretto a secco residuo degli scavi ottocenteschi nella villa.

Il ministero dei Beni culturali ha espresso «indignazione per l'atto vandalico e viva preoccupazione per l'ipotesi che si tratti di un gesto mirato, come lascerebbero intendere - dice il comunicato del Mibac - la scarsa notorietà dello scavo e la lontananza dalla viabilità di maggior traffico». «Non più tardi di ieri del resto - aggiunge il Mibac - da parte della Soprintendenza erano stati lamentati sulla stampa il degrado e l'indecorosa situazione della zona circostante il Parco dell'Appia Antica».

Più fattivo l'intervento a caldo del Parco dell'Appia che ieri, appresa la brutta novità, ha proposto attraverso il professor Adriano La Regina, suo nuovo presidente appena insediato, un piano di telecamere sull'Appia Antica. «Proporremo al Comune la installazione di telecamere ai principali varchi della strada - spiega La Regina - . Se non altro sapremo chi entra ed esce. Varrà almeno come deterrenza...». L'assessore ai Lavori pubblici Giancarlo D'Alessandro, appresa la proposta, ha sposato l'idea: «Buona proposta, appena ce la formuleranno, la valuteremo molto volentieri».

Ad accorgersi dell'irruzione notturna sono stati ieri mattina gli operai della Socore, la ditta impegnata nei lavori di scavo e di restauro dentro Santa Maria Nova. «Appena arrivati abbiamo visto che i teloni posti sui mosaico erano stati manomessi - spiegano gli operai - . E sotto c'era quel disastro...». Sul posto sono accorsi di lì a poco gli archeologi della sovrintendenza, guidati da Rita Paris. Poi sono arrivati i carabinieri della stazione locale, Quarto Miglio, col comandante Vincenzo Senatore. Un giovane pastore che dorme in una roulotte nelle vicinanze ha avvertito latrati dei cani intorno all'una di notte. Forse l'irruzione è avvenuta allora.

Cosa cercare in un'impianto termale? Era forse un sopralluogo per un intervento futuro? Oppure è stata una pura e semplice intimidazione, portata a termine con facilità in un complesso dove non è difficile superare le barriere esterne? Viva è la preoccupazione degli archeologi per la limitrofa Villa dei Quintili, sorvegliata dai vigilantes dell'Ales, con cui è in corso una rinegoziazione dell'impegno che ora forse verrà esteso anche a Santa Maria Nova. Ma è tutta l'Appia a restare bersaglio di predoni e vandali. Nel piccolo museo dei Quintili c'è da poco la statua di un «togato» che fino allo scorso novembre era sull'Appia, in un mausoleo all'altezza del Gra. Ma un giorno alcuni podisti che facevano jogging chiamarono trafelati alla Villa: qualcuno stava cercando di asportarla. Il togato è stato salvato grazie solo a quella telefonata.

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