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Trentadue pagine con le indicazioni per disegnare il nuovo Piano di governo del territorio. Dove c'è scritto, per esempio, che l'indice edificatorio verrà ridotto a 0,35, che difficilmente si realizzerà la metropolitana leggera denominata «circle line», che scomparirà il tunnel sotto la città. Si racconta che all'origine il titolo del documento fosse la «Milano arancione», poco apprezzato dalla fetta più rossa della città che pure ha contribuito a far vincere il centrosinistra. Sarà per questo che oggi, in cima alla relazione elaborata dalla Consulta del Centro studi per la programmazione intercomunale dell'area metropolitana (Pim) si legge un più neutro «Linee guida per l'esame delle osservazioni al Pgt di Milano».

Il plico è arrivato in questi giorni negli uffici comunali e nelle mani di qualche politico della maggioranza. Ci hanno lavorato i 10 esperti, tra docenti universitari e architetti (alcuni dei quali tra gli estensori delle osservazioni) nominati il 28 settembre e incaricati dall'assessore all'Urbanistica, Lucia De Cesaris, di «supportare» l'amministrazione e in concreto di trovare un bandolo alla matassa delle 4765 osservazioni da riesaminare senza perdere troppo tempo.

Il primo punto sta proprio qui: l'attenzione si potrà rivolgere solo su «un campo ristretto di questioni». Pena la paralisi della città. Si procederà a una «riaggregazione tematica», con prevedibile battaglia in aula da parte del centrodestra.

Nella passata legislatura le osservazioni erano state controdedotte dagli uffici seguendo la stella polare del piano adottato in consiglio comunale. Ora sembra di capire che gli uffici si dovranno attenere alle indicazioni degli architetti scelti dall'assessore, che vanno nella direzione di una diminuzione delle potenzialità edificatorie ma che dicono tante altre cose.

Per cominciare, come annunciato, il Parco Sud non genererà più volumetrie da spalmare in città e saranno i piani di cintura e l'ente parco a dire l'ultima parola sul futuro dell'area. Cambia inoltre l'indice di densificazione attorno alle stazioni del trasporto pubblico: non sarà più 1 come previsto dalla precedente impostazione. Un'altra novità rispetto al piano adottato dall'assessore Carlo Masseroli riguarda la riduzione dell'indice unico anche per gli ambiti del tessuto urbano consolidato (Tuc): era dello 0,50. Rispetto al vecchio documento di inquadramento, le aree oggi vengono in sostanza «svalutate», con una potenzialità edificatoria dello 0,35 mq/mq.

«È sempre ammesso — si legge nel documento a proposito di nuove edificazioni o ristrutturazioni — il recupero della Slp esistente con cambio d'uso nel rispetto comunque dell'indice massimo di 1. In tal caso una quota pari a 0,35 dell'edificabilità massima realizzata dovrà comunque essere determinata da finalità sociali e di interesse pubblico». L'impianto del cambio di destinazione d'uso, libero nella testa di Masseroli, è nella bozza attuale assai diverso. Si tornerà all'antico e alla valutazione delle singole proposte. Con i tempi che ci vorranno.

Capitolo scali ferroviari, anch'essi interessati all'abbassamento dei volumi (0,35 per diritti edificatori liberi, idem per le finalità sociali). «Vi sono problemi — sottolinea il documento — di tipo programmatico/progettuale, emersi dall'accoglimento delle osservazioni in fase di adozione e poi approvazione. Le 2 grandi complicanze sono: quota di verde e housing inserite in adozione, stralcio dell'obbligo di accordo di programma in approvazione del Pgt». Troppo verde e housing sociale diventano «complicanze». E ancora: «Altro nodo è la previsione della circle line, che secondo Rfi andrebbe in conflitto con l'attuale servizio». Sul fronte della mobilità, «lo scenario di medio periodo» conferma oltre alla realizzazione della MM5 fino a San Siro anche la MM4.Il tunnel Expo-Forlanini appare «non coerente con il Pgt». Da «approfondire» la strada interquartiere Nord.

Il nuovo Pgt, troppo blando e poco coraggioso

Jacopo Gardella – la Repubblica, ed. Milano, 13 novembre 2011

Caro direttore, il Comune aprirà un dibattito sul nuovo Piano di governo del territorio; un documento che convince poco. Ci si aspettava una svolta radicale rispetto alla passata amministrazione; una franca dimostrazione di discontinuità. E invece dobbiamo constatare soltanto una blanda modifica del vecchio Piano; non la risoluta volontà di rifarlo; non la ferma decisione di abolirne le tante aberranti proposte. Eppure il tempo non sarebbe mancato, tenuto conto dell’ampio lavoro preparatorio - indagini, analisi, raccolta di dati - già pronto ed utilizzabile.

Ci si aspettava la cassazione della folle crescita demografica all’interno dell’area urbana, causa di ulteriore consumo di terreno verde, secondo la esecrabile "espansione a macchia d’olio", ormai universalmente censurata, ma nel Documento del nuovo Piano neppure nominata. Ci si aspettava il ribasso degli abnormi indici di volumetria; e la fine della incontrollata proliferazione di grattacieli, destinati - secondo le irresponsabili affermazioni del sindaco Albertini - a crescere in mezzo al verde, ma in realtà sorti a ridosso di costruzioni esistenti, ora soffocate e prive di aria e di luce.

Ci si aspettava la rinuncia alla dissennata moltiplicazione dei parcheggi interrati a rotazione, colpevoli di attirare traffico. Nel Documento del nuovo Piano non si dice che i parcheggi dovrebbero essere trasformati in parcheggi a posti fissi, riservati ai soli residenti in zona; così da togliere le auto in sosta lungo i marciapiedi e migliorare il traffico nelle strade. L’argomento dei parcheggi sotterranei apre un capitolo doloroso. Il Comune non intende sospendere la costruzione del parcheggio in piazza Sant’Ambrogio e non vuole dare ascolto alla petizione firmata da quasi mille cittadini, decisi a impedire lo scempio di quel luogo monumentale.

Altro capitolo doloroso è il destino dell’antica Darsena. Sventato il pericolo del parcheggio sott’acqua, spunta il pericolo del giardino spontaneo, rapidamente cresciuto dentro al bacino rimasto asciutto e destinato a distruggere il delicato sistema idrico dei Navigli e della Darsena. Di fronte al nuovo pericolo, il Documento del nuovo Piano non prende posizione. Ci si aspettava un esplicito ripudio del deleterio ricorso all’"urbanistica contrattata", per effetto della quale i volumi costruibili vengono definiti al di fuori di regole, indici, verifiche certe ed attendibili. Il nuovo Piano non dice nulla. Leggendo l’incoraggiante proposito di avviare «una partecipazione dei cittadini allo sviluppo della città» ci si aspettava che venisse spiegato come organizzare la partecipazione, con quali nuovi strumenti e con quale nuovo personale; ma la spiegazione non viene data. Se alla vittoria di Pisapia avevamo esultato, ora, passati alcuni mesi, ci sentiamo delusi.

Nel nuovo Pgt indici di edificabilità più bassi

Ada Lucia De Cesaris – la Repubblica, ed. Milano, 14 novembre 2011

Caro direttore, ho letto su Repubblica di ieri la lettera di Jacopo Gardella su quello che lui chiama «il nuovo Pgt». Nella consapevolezza che la decisione della nuova amministrazione di tornare alla fase delle osservazioni permetterà di eliminare le maggiori criticità del Piano elaborato dalla precedente giunta, non vi è dubbio che questa operazione non consentirà la totale riscrittura del Piano. Una scelta che questa amministrazione ha fatto dovendo tener conto delle scadenze normative (approvare il Piano entro il 12 dicembre 2012 e non perdere la possibilità di utilizzare il periodo di salvaguardia) e, quindi, della necessità di agire in tempi rapidi senza fermare il processo di sviluppo della città. Nondimeno ho l´impressione che all´autore della lettera sia sfuggito che nel documento di indirizzo è scritto espressamente che nel lavoro di esame delle osservazioni si terrà conto della necessità di introdurre una riduzione degli indici di edificabilità e delle possibilità di densificazione. Obiettivo confermato durante l´incontro con le associazioni ambientaliste e di tutela del territorio. Peraltro il documento si pone altri importanti obiettivi quali il rafforzamento della città pubblica, il rilancio della qualità urbana e la sostenibilità ambientale.

In verità mi pare che si usi strumentalmente la critica al lavoro sul Pgt al solo fine di ribadire che non si condivide la scelta di questa amministrazione di non bloccare la realizzazione del parcheggio in piazza Sant´Ambrogio. Un´opera, come noto, ereditata dalla precedente amministrazione e che la giunta Pisapia non avrebbe mai realizzato. Ciò non ha però nulla a che fare con i nuovi indirizzi di pianificazione territoriale ma semmai con la necessità di non incorrere nel pagamento di penali estremamente onerose, circa 10 milioni di euro, ponendo in essere un comportamento censurabile anche dalla Corte dei Conti. L´amministrazione comunale ha accolto positivamente l´idea, lanciata con un appello ma non ancora effettivamente avviata, di una sottoscrizione per raccogliere i fondi necessari a coprire le spese per le penali da pagare a chi si è aggiudicato l´appalto per l´opera. Altrettanto privo di fondamento è il riferimento all´intervento sulla Darsena. Anche in questo caso si tratta di una questione che nulla ha a che fare con il documento di indirizzo. È noto che della Darsena ci stiamo occupando nell´ambito del progetto Expo sulle vie d´acqua.

Da ultimo, l´obiettivo di uno sviluppo metropolitano richiede necessariamente l´attivazione di azioni cooperative e negoziali, i soli strumenti in grado di mobilitare e rappresentare soggetti diversi. Questo non significa che l´ente pubblico smetterà di svolgere la sua funzione di regia e controllo a garanzia del rispetto delle regole. Ingiusto, infine, il riferimento alla mancata spiegazione della modalità di partecipazione. Non si tiene conto che proprio questa amministrazione ha già dimostrato ampiamente cosa intende per partecipazione, avendo deciso di esaminare le quasi 5mila osservazioni dei cittadini, nonché di confrontarsi sul lavoro che sta svolgendo con tutti i soggetti (pubblici e privati) coinvolti dall´attività di pianificazione.

Quale disciplina scientifica bisogna scomodare per dimostrare che la nostra civiltà auto-dipendente è destinata all'auto-distruzione? Forse una nuova branca della psicologia, la traffic psychology, che studiando le relazioni tra l'imbottigliamento del traffico e i modelli di comportamento ha «scoperto» che - cuore e polmoni a parte - le particelle di anidride carbonica intasano anche il cervello, in particolare le regioni che sovrintendono ai processi decisionali. Si chiama stress. Quanto alla medicina, periodicamente racconta una strage, ma la «notizia» curiosamente risulta più noiosa che drammatica.

Prendiamo Milano, per esempio, una delle aree urbane più inquinate d'Europa, l'unica città italiana che per affrontare l'emergenza ha approvato la congestion charge (tassa di congestione) seguendo l'esempio di Londra, che dal 2003 impone un pedaggio di 10 sterline a tutti gli automobilisti che si avventurano nelle zone centrali. Secondo uno studio illustrato dal professor Pier Alberto Bertazzi dell'Università degli Studi di Milano, il numero di morti direttamente attribuibili all'inquinamento è tra i 160 e i 200 all'anno. «Viviamo immersi in un aerosol - spiega - e respiriamo in condizioni normali 200 milioni di particelle al minuto, 10 milioni delle quali si depositano nei polmoni». I feti esposti all'inquinamento perdono peso in relazione alla concentrazione di Pm10 e i bambini milanesi hanno i bronchi più malati d'Italia. Non stupisce allora la rilevazione dell'Istat secondo cui, riflettendo sul «grado di soddisfazione per la propria vita», i cittadini italiani hanno messo in cima alle loro preoccupazioni il traffico (41,2%), i parcheggi (38%) e l'inquinamento (36,8%).

Fino ad ora però nessun sindaco di una grande area urbana ha avuto il coraggio di affrontare la questione. Tranne uno. Giuliano Pisapia. Va dato atto alla sua amministrazione di aver preso una decisione (quasi) rivoluzionaria, soprattutto grazie al clamoroso risultato dei referendum ambientali di giugno che ha trasmesso un po' di coraggio a chi aveva il dovere di prendere decisioni che i politici hanno sempre ritenuto impopolari. Sbagliando. L'ottimismo della volontà oggi impone di vedere il bicchiere mezzo pieno, perché non c'è dubbio che con l'introduzione dell'Area C (la zona a pagamento per tutti, entrerà in vigore il 16 gennaio) Milano ha fatto un passo avanti impensabile solo fino a pochi mesi fa - la città soffocava con la farsa dell'ecopass di Letizia Moratti. Eppure, considerando la situazione drammatica, si poteva fare di più.

Il superamento dei livelli di guardia delle polveri sottili (50 mg/mc di Pm10) ormai è un fatto normale. Le automobili uccidono i pedoni e le «utenze più deboli» con impressionante regolarità. Nel 2010 a Milano sono stati uccisi 21 pedoni, 7 ciclisti e 15 motociclisti (43 persone), in provincia di Milano ne sono morte 64 (20 pedoni, 9 ciclisti e 35 motociclisti). Giacomo, 12 anni, non rientra in questa statistica: è stato ucciso domenica scorsa in via Solari mentre tornava a casa in bicicletta. Un'automobile parcheggiata in doppia fila ha aperto la portiera, lui, per scartala, è finito sotto un tram. Il giorno dopo, solo il giorno dopo, i vigili hanno multato 400 automobili in sosta vietata lungo la carreggiata di via Solari. Una non soluzione che incattivisce e serve solo per fare cassa (il Comune nel 2011 ha incassato 126 milioni di euro di multe). E non è una boutade la richiesta di dimissioni del capo dei vigili Tullio Mastrangelo avanzata dal comitato GenitoriAntiSmog per la morte di Giacomo: «Non vogliamo un caprio espiatorio ma pretendiamo un cambio di impostazione nel controllo della sicurezza e vigilanza rigorosa sul rispetto delle regole» (in netta discontinuità col passato, dunque, visto che Mastrangelo, con l'ex vicesindaco De Corato, ha sempre concepito i vigili urbani come un corpo di polizia al servizio dell'ideologia sicuritaria).

I ciclisti ormai non chiedono più rispetto, lo pretendono. La rivoluzione a pedali è una delle poche buone notizie che prima dell'elezione di Giuliano Pisapia ha reso più respirabile l'aria in città. Il sindaco lo sa e adesso dovrebbe sentirsi in dovere di proteggere un'utenza che debole non è: secondo l'ultimo censimento di Fiab Ciclobby, in una giornata lavorativa si registrano oltre 33 mila passaggi in bici nella cerchia dei navigli (+ 8% rispetto all'anno scorso e + 13% rispetto al 2009). I picchi nelle fasce orarie confermano che si usa la bicicletta per gli spostamenti casa-lavoro. Dunque non c'è che una soluzione per agevolare questa tendenza: disincentivare l'uso dell'automobile investendo nel trasporto pubblico e nella ciclabilità. E Milano è una delle poche metropoli che può permettersi di giocare d'azzardo, sfidando luoghi comuni e la lobby dei commercianti: più della metà degli spostamenti giornalieri (2,5 milioni di passaggi) è inferiore ai 3,5 chilometri (40 minuti a piedi, 15 minuti sui pedali). Va in questa direzione la congestion charge adottata da Palazzo Marino? Sì, e no.

Dal 16 gennaio tutti gli automobilisti che vorranno congestionare il centro dovranno pagare 5 euro. Non poco. Si tratta di un cambiamento radicale, la rottura di un tabù: viene tassato il 90% delle auto circolanti (con ecopass il 10%). Ai residenti del centro storico, i più ricchi, sono stati concessi 40 passaggi gratuiti, poi pagheranno solo 2 euro. Qualcuno arriccia il naso. Ma non è qui che il sindaco rischia di dilapidare un pizzico di quel consenso che ha conquistato in campagna elettorale: il fatto è che i commercianti pagheranno solo 3 euro (con ecopass erano 5) e così i veicoli commerciali, quelli di maggiore impatto sul traffico, potranno circolare più liberamente di prima. Non è stata presa in considerazione nemmeno una fascia oraria obbligatoria per il carico/scarico merci (9,30-18,30), una proposta saggia a costo zero per decongestionare le ore di punta. Hanno vinto i commercianti. A Londra, invece, non ci sono categorie esentate (nemmeno i medici) eppure la congestion charge non ha penalizzato il commercio: il volume di affari è cresciuto del 4,4% e la tassa è servita per acquistare 500 nuovi bus.

C'è poi una questione, diciamo così, di classe che in questi tempi non andrebbe sottovalutata. Riassumendo: detto che è già stato aumentato del 50% il prezzo del biglietto del tram, è giusto che una Panda e una Porsche paghino la stessa cifra? Se è vero che il sindaco ha detto che il provvedimento è perfettibile, allora sarebbe carino inventarsi una tassa di ingresso in base alla cilindrata, oppure in base al reddito: se davvero le automobili fanno male, non dovrebbe essere così impopolare stabilire una tassa annuale che va dai 150 ai 1.000 euro per tutti i possessori di automobile.

A proposito di soldi, che fine faranno? Va da sé che Pisapia ha promesso di reinvestirli per la mobilità, ma di questi tempi non si sa mai. Per questo qualcuno ha avuto un'idea semplice: l'istituzione di una sorta di fondo separato e vincolato che non finisca nel calderone del bilancio - conti trasparenti su internet, per dimostrare che ogni centesimo versato dagli automobilisti sarà utilizzato per non auto-distruggersi. E tra sei mesi magari toccare con mano, su due ruote, i risultati ottenuti con la congestion charge: per una pista ciclabile basta poco, una pennellata lungo il ciglio della strada, e tanta buona volontà. Politica.

La scelta scellerata dell’amministrazione Pisapia di revocare la delibera di approvazione del PGT comporta, come stabilito dall’art.13 della legge regionale n°12, l’inefficacia dell’intero provvedimento e la necessità di ricominciare da capo avviando un nuovo unico procedimento che passi attraverso la fase dell’adozione e poi a quella dell’approvazione.

Ciò comporta, evidentemente, il blocco per alcuni anni dello sviluppo edilizio, infrastrutturale e dei servizi della città con ricadute devastanti su di un settore economico che è popolato non solo da costruttori, ma anche da operai, manovali, imbianchini, muratori, carpentieri etc. e dalle rispettive famiglie. A ciò si aggiunga il pregiudizio che ne subirebbe l’intera popolazione cittadina a causa dell’inevitabile impossibilità di edificare le case in housing sociale per decine di migliaia di famiglie nonché il totale immobilismo rispetto alla realizzazione di ogni tipo di infrastruttura e di servizi per la città.

Nell’augurarmi che il Consiglio Comunale di Milano, unico organo legittimato a revocare una propria delibera, non si assuma una simile responsabilità, ho ritenuto doveroso, quale cittadino ed ex consigliere comunale, procedere ad invitare formalmente con apposita diffida (notificata per conoscenza anche al Sindaco, all’assessore all’Urbanistica e al presidente del Consiglio Comunale di cui unisco copia) il responsabile del procedimento nella persona del direttore del settore Pianificazione Urbanistica Generale al pieno rispetto della legge provvedendo senza indugio alla pubblicazione del PGT già approvato da 9 mesi, tenuto conto che si tratta di un obbligo d’ufficio con tutte le conseguenze del caso.

Chi nutrisse ancora dei dubbi dopo la kermesse di Villa Erba può tornare a casa sereno. In fondo i dubbi, salvo che per i seguaci di polverose dottrine filosofiche spazzate via dai signori delle certezze, fanno male, rendono insicuri, deboli e sottomessi. Oggi invece una certezza l’abbiamo:Expo 2015 è una faccenda di Comunione e Liberazione ma soprattutto del suo braccio secolare, la Compagnia delle Opere.

A Cernobbio si è capito chi conta e perché.Che il Celeste sia arrivato in elicottero fa parte della passione per il volo dei potenti: non tutti possono permettersi il jet, come Don Verzè, e poi diciamocelo, l’elicottero è più maneggevole, è una sorta di Smart del cielo, lo parcheggi ovunque. Un elicottero Agusta 109 da 5 Passeggeri + Pilota – costa solo € 38 il minuto e per il volo, compresi gli avvicinamenti immagino un 100 minuti tra andata e ritorno da Cernobbio, insomma solo 3.800 euri. Che sarà mai! Ma non fa sorridere.

Non fa sorridere perché chiarisce una volta per tutte di che pasta son fatti i nostri governanti e in che considerazione tengono la forma che per loro non è mai sostanza.A Cernobbio si parlava, però, di fame nel mondo e forse non era il caso di rintanarsi addirittura nel Monastero di Bose da padre Enzo Bianchi, ma di vie di mezzo ne avrei un pacco da suggerire. Insomma, cominciamo a far festa poi si vedrà. D’altro canto Villa Erba è una sorta di dependance di Fiera Milano Congressi dove Maurizio Lupi è amministratore delegato e vi fa svolgere tutte le manifestazioni che in un modo o nell’altro riesce a dirottare. Va da sé che nel board di Fiera Milano Congressi si entra dalla porta di CL. Se non ci fosse da piangere credo nei prossimi tempi potremo dedicarci a capire chi nell’affair Expo è targato CL e CdO.

Ma detto questo, che non è una novità per la Lombardia, anche se qualche bello spirito nega che vi siano rapporti organici da CdO e CL– “noi siamo un movimento ecclesiale e spirituale”- e tuttavia qualche libro a soggetto c’è nelle librerie. Molti studi di architettura milanesi stanno facendo domanda per diventare anche loro movimento ecclesiale: chi sa mai che basti per essere invitati a progettare qualcosa per Expo, le piccole imprese, quelle non associate alla Compagnia delle Opere, sono ormai centri di meditazione.

L’aspetto che mi preoccupa è anche un altro: ma che diavolo di Expo faranno lorsignori?Per il momento si è capito che ci saranno 400 milioni d’investimenti tecnologici per fare di Expo2015 la prima Ciber-Expo. Per il film Avatar si è speso meno. Avremo robot, realtà virtuali e muri elettronici. Expo potrà essere visitata in remoto da tutte le parti del mondo, sarà un’orgia di cuffiette, visori, tavolette. un gigantesco videogame che altri non ce n’è, una piattaforma informatica innovativa, avveniristica. Insomma un’expo virtuale prima di tutto. Perché allora comprare tanti terreni? Me la vedo da casa.

E la fame nel mondo? Beh agli affamati offriremo del cibo virtuale, un’agricoltura virtuale, potranno nutrirsi via internet senza muoversi dal loro Paese. Così va il mondo.Formigoni si è anche accreditato dei rapporti con i Paesi espositori con i quali, giustamente fedele alle sue abitudini, cercherà di intessere affari, speriamo più decifrabili di quelli petroliferi d’antan. E la fame nel mondo? Beh era la ciliegina sulla torta anche se un po’ piccola per il miliardo di affamati nel mondo. Il Comune che fa? Giuliano Pisapia ci ha ripetuto qualche giorno fa: “Non lasciatemi solo!”. Siamo tutti qui, basta un fischio.

Prati al posto dell´emeroteca, panchine invece che postazioni multimediali di consultazione. La Beic, la grande Biblioteca europea prevista in una parte dell´ex stazione di Porta Vittoria, pensata fin dal 1996 ma rimasta mero progetto fino a oggi, lascerà il posto a un giardino pubblico di 40mila metri quadrati. Il nuovo piano è stato illustrato dall´assessore all´urbanistica Lucia De Cesaris al Consiglio di zona 4 e alla sua commissione territorio, dopo le lamentele di molti residenti per il degrado e l´incuria che regnano nell´area di fatto abbandonata. «O Beic o verde, non ci sono altre alternative possibili» precisa l´assessore.

Ad augurarsi una soluzione rapida è soprattutto chi abita nelle residenze Giardini Vittoria di viale Molise, vendute pochi anni fa come abitazioni di lusso: 5mila euro al metro quadro a pianterreno, 8-9mila per gli attici, con la promessa di una riqualificazione imminente del circondario. Ma per ora non è così: «Per entrare in casa - racconta Elisabetta B. - siamo costretti a percorrere un viottolo malmesso che sbuca da via Cena, delimitato da una rete di alluminio, tra topi e sterpaglie». Via Cena è chiusa; via Ortigara è stata riaperta al traffico da un paio di mesi ma rimane terra di vandali, specie di notte, tra auto sfregiate e portiere divelte.

Tutto l´isolato è in abbandono e le strade sono bloccate da lavori che non procedono secondo i piani: l´enorme cantiere della Porta Vittoria Spa di Danilo Coppola, adiacente allo spazio del Comune, è un cumulo di gru ferme. Erano previsti un cinema, un albergo, un Esselunga, residenze, uffici e 400 parcheggi sotterranei. Da aprile però non si lavora più, ufficialmente in attesa di un cambio nel progetto iniziale ( al posto della Multisala qualche residenza in più), più verosimilmente per la ridefinizione finanziaria. I tempi si allungano, dunque: si parla ora di conclusione dei lavori per il 2015, sempre che ripartano per fine anno.

Il primo passo per il grande giardino sarà una sorta di ulteriore bonifica e la rimozione dell´attuale terreno «perché dal punto di vista ambientale, per commutare una zona a verde destinata anche all´infanzia, ci vuole più attenzione che per mettere in piedi uffici» precisa Fabio Nonis, progettista dell´intervento sull´intera area. Tonnellate di terreno e macerie verranno sostituiti con un tappeto vegetale: alberi, arredi e fiori renderanno fruibile il parco, una grande striscia di verde che collegherà viale Umbria con viale Molise lungo via Ortigara. Nessun cambio di destinazione, data la provvisorietà dello spazio verde: una provvisorietà che comunque potrebbe durare decenni.

Quanto alla Beic, precisano all´assessorato, formalmente l´ambizioso progetto non è stato definitivamente accantonato: ma i fondi necessari, 300 milioni di euro per la realizzazione e 18 milioni annui per la gestione ordinaria, di questi tempi sono davvero introvabili. «La zona però è strategica, relativamente centrale e ben servita - spiega Nonis - non è detto che un domani il grande progetto di Wilson possa essere realizzato». Antonio Padoa Schioppa, presidente della Fondazione Beic, spera ancora che a Roma il ministero della Cultura recuperi entusiasmo sulla Biblioteca europea, sede d´elezione per un patrimonio di 900mila volumi: «Fare un giardino ora è una buona idea - spiega Padoa Schioppa - ma non la vedrei come una mossa che prelude all´accantonamento definitivo della Beic. Noi intanto ci siamo dati da fare e a fine anno metteremo in rete migliaia di volumi appena digitalizzati».

Intanto la società Porta Vittoria, in cambio della volumetria accordata per il lotto più grande, dovrà pensare anche a risistemare l´area oltre viale Molise, verso la periferia: altri 25mila metri quadri di sterpaglie di proprietà comunale avranno, secondo l´ultimo progetto presentato (ma ancora in fase di definizione), una nuova destinazione. Accantonata l´idea di realizzare un´autorimessa, una stazione di pullman e un campo sportivo con un impegno di 10 milioni di euro da parte del privato, ora gli accordi sono cambiati: un grande impianto sportivo con due piscine al chiuso, impegno finanziario raddoppiato, ma facoltà all´operatore privato di gestire la struttura per un certo numero di anni da concordare. Le tariffe al pubblico per l´ingresso all´impianto le deciderà il Comune: ma prima di tuffarsi in piscina, se tutto va bene, passeranno almeno tre anni.

la Repubblica Milano

Un tour di venti appuntamenti per spiegare il nuovo Pgt

di Oriana Liso

Venti incontri serrati, a partire da martedì, tra l’assessore all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris e la città metropolitana: associazioni, categorie produttive, enti amministrativi. Tema: il Piano di governo del territorio, le regole da riscrivere, la Milano del futuro. Una serie di confronti, prendendo a modello quelli per la questione Ecopass, che porteranno al testo definitivo della delibera di revisione, che arriverà in Consiglio comunale non prima di gennaio. Ma già ora il Pgt è terreno di scontro politico, con l’opposizione - cioè l’ex maggioranza che aveva disegnato il piano - che attacca nel merito e nel metodo la giunta Pisapia. Lo scontro, verbale, investe soprattutto i due assessori della partita - la De Cesaris e il suo predecessore Carlo Masseroli, ora capogruppo Pdl - con la prima che respinge al mittente le accuse di decidere tutto «nelle segrete stanze» del secondo.

Per ora quel che c’è - con le 4.765 osservazioni al Piano quasi del tutto riesaminate - sono bozze di documenti di lavoro, «necessari a una istruttoria dell’argomento, in cui registriamo tutti gli elementi che via via emergono: dopo aver deciso la revoca in giunta lavoriamo da tre mesi a una serie di valutazioni», ha spiegato ieri l’assessore ai consiglieri riuniti in commissione Urbanistica. Qualche certezza, pur in un percorso ancora tutto da definire, si sta già facendo largo: il tunnel da Linate a Expo, per esempio, non ci sarà, e sul Parco Sud c’è l’impegno netto a non costruirvi nulla né a utilizzarlo come "terreno di scambio" per volumetrie da trasferire altrove, come invece era previsto dal vecchio piano (uno dei punti più controversi). Ancora tutto aperto, invece, il discorso sugli indici edificatori, che dovrebbero essere differenziati da un minimo di 0,35 a un massimo di 1, mentre la questione delle aree degli scali ferroviari dismessi viene affrontata parallelamente nell’accordo di programma in via di definizione con le Ferrovie dello Stato (e in questo ambito verrebbe anche affrontata la questione "circle line", l’estensione della tramvia leggera su cui i dubbi sono soprattutto di sostenibilità economica).

Sul resto, appunto, il confronto è ancora da fare, per quanto di sicuro gli uffici, assieme alla commissione di esperti del Pim, siano arrivati già a definire una bozza avanzata di linee guida. Il problema vero è capire quanto le osservazioni - di fatto escluse dal Pgt dalla giunta Moratti - possano trasformare il volto del documento programmatico sul destino urbanistico di Milano. Perché se questa trasformazione fosse di sostanza - come tifano associazioni ambientaliste e non solo - i tempi per l’adozione definitiva potrebbero allungarsi parecchio, con la possibilità di una nuova pubblicazione con successiva fase di confronto con la città (tre mesi, come la prima volta), e un nuovo passaggio in Consiglio comunale. Un allungamento che potrebbe ridursi se - come previsto dal documento di lavoro del Pim - le osservazioni venissero fortemente aggregate per temi.

In aula, comunque, approderà il 17 novembre la delibera di revoca del vecchio piano, assieme probabilmente al documento di indirizzo politico sul nuovo Pgt che l’assessore De Cesaris ha presentato due settimane fa ai partiti della maggioranza (con qualche malumore dai partiti stessi per i tempi compressi del dibattito). Un documento su cui ieri il presidente della commissione Urbanistica Roberto Biscardini, del Pd, ha chiesto che ci sia il voto in aula, perché «l’approvazione di quel documento è un fatto politico, perché contiene il profilo strategico per l’esame delle osservazioni e indica con chiarezza la scelta di questa amministrazione di cambiare profondamente il Pgt».

Corriere della Sera Milano

Nuovo Pgt, il Pdl attacca la giunta

di Rossella Verga

Bagarre in commissione Urbanistica sul documento segreto che detta le linee guida per l'esame delle osservazioni al Pgt. Il testo, 32 pagine mai arrivate ai consiglieri, pone le premesse per modificare in maniera sostanziale il Piano di governo del territorio immaginato dall'ex assessore, Carlo Masseroli, e per le opposizioni si tradurrà in una battaglia in aula e in una paralisi per la città. Uno dei nodi principali riguarda l'esame delle 4.765 osservazioni che la giunta Pisapia ha deciso di rivalutare e che verranno affrontate sulla base di una «riaggregazione tematica» contestata dal centrodestra. L'impianto generale del Piano verrà modificato. La bozza elaborata dalla Consulta del Pim, su cui stanno lavorando ora gli uffici, prevede una riduzione delle volumetrie (l'indice edificatorio unico passa a 0,35 di base, con la previsione di alcune premialità che possono far arrivare a 1), la cancellazione del tunnel Expo-Forlanini, la correzione dei passaggi sul Parco Sud che non produrrà più volumetrie da far atterrare altrove. La circle line, definita dagli estensori del documento «altro nodo», è a rischio. «Secondo Rfi — si legge — andrebbe in conflitto con l'attuale servizio». In più mancano le risorse economiche.

L'assessore all'Urbanistica, Lucia De Cesaris, è stata investita ieri dalle polemiche dell'opposizione, ma anche dai malumori nella maggioranza. «Non c'è nessun documento segreto — assicura — ma sono una serie di documenti di lavoro istruttorio in cui registriamo tutti gli elementi emersi. E' stata divulgata illegalmente una copia interna degli uffici». «Dopo aver deciso la revoca in giunta — aggiunge — sono tre mesi che stiamo lavorando a una serie di valutazioni, e si stanno considerando vari scenari». De Cesaris precisa che dal 2 novembre partiranno gli incontri con gli operatori «e solo dopo si arriverà al documento conclusivo che verrà portato in consiglio».

Spiegazioni che però non convincono il centrodestra e che scatenano in commissione Urbanistica una rissa verbale tra maggioranza e opposizione. «Le regole devono essere chiare — attacca Carlo Masseroli del Pdl, il papà del Pgt votato dalla precedente amministrazione — Siamo di fronte a documenti pubblici in cui si scrivono cose generali e a documenti privati nei quali vengono definiti gli aspetti veri. Per di più per modificare il Pgt ci si affida a un gruppo di architetti che recepisce solo le osservazioni di alcuni». Per Masseroli, ci vuole «garanzia della trasparenza dei percorsi per evitare confusioni e allungamenti dei tempi: sarebbe un disastro per l'economia milanese». Il rischio paventato è quello di «ricorsi e controricorsi». «Non può essere una loggia di architetti privati — rincara — a dettare le regole alla pubblica amministrazione. Così si commissariano gli uffici».

Dura anche Mariolina Moioli, di Milano al centro. «Qui si stravolge tutto — sottolinea — L'assessore nega che ci sia un documento segreto, io ho letto 32 pagine che non parlano di feste o di cioccolatini ma che disegnano la città del domani». Manfredi Palmeri, consigliere del Nuovo Polo per Milano, insiste sulla necessità di riesaminare tutte le osservazioni. «L'accorpamento non mi piace — dice — perché non mi piacciono i pasticci. In aula abbiamo ascoltato il parere gli uffici: come potrebbero adesso smentire se stessi sulle medesime osservazioni? Si vuole avere l'autostrada spianata dalla delibera di adozione, ma non è possibile tecnicamente».

Siringone o Formigone? Dopo mesi di polemiche terra-terra su polveri sottili, traffico e super-vitalizi, il dibattito politico a Milano è tornato d’improvviso a volare in quota. Per la precisione a 230 metri dal suolo, dove da un paio di giorni si combatte una battaglia decisiva per il futuro della città: quella per il titolo di grattacielo più alto d’Italia. Roberto Formigoni era convinto di avere il trofeo in tasca grazie ai 161,3 metri del Pirellone-bis, monumento proporzionato alla gloria dei suoi 16 anni da governatore della Lombardia.

Peccato non avesse fatto i conti con "The Spire", l’antenna piazzata a tradimento sabato mattina sul tetto di Torre Garibaldi di Cesar Pelli. In meno di sette minuti, grazie a un’operazione in stile commando di un elicottero Superpuma, il tetto di Milano (e del Paese) è stato alzato di 68,7 metri. A quei 230 metri, appunto, della guglia d’acciaio che ha trasformato il capolavoro del maestro argentino in una copia - scala 4.600 a uno - di una siringa Pic indolor.Il governatore non l’ha mandata giù. E ha puntato i piedi: «L’antenna non vale!». Il Guinness dei primati - sostiene - misura i record dal punto calpestabile più alto di un edificio. E i 161,3 metri del Formigone (come gli intimi chiamano la sede della Regione) svettano di ben 9,3 metri sopra i 152 del dirimpettaio.

La città, dilaniata dalla polemica, ha messo in pista le sue menti migliori. L’Ordine degli architetti, nel timore di offendere uno dei suoi associati, ha preso una posizione netta: «Hanno ragione tutti e due». Stefano Boeri, collega prestato alla politica, la butta in ironia: «Nemmeno a Kuala Lumpur (dove le Petronas di Pelli si perdono tra le nubi a quota 452 metri, ndr) fanno a gara sulle altezze dei grattacieli». Sarà. L’importante è che la guerra del pennone finisca presto. Ne va dell’umore del governatore. Lui sta provando a farsene una ragione: «Un’antenna di mille metri sul Rosa non cambia la geografia: il Bianco resta la montagna più alta d’Europa», ha buttato lì senza convincere nemmeno se stesso.

Il problema resta: ogni mattina, quando entra nel suo ufficio al 36esimo piano del Pirellone-bis e alza la tapparella, si ritrova sotto il naso (anzi, sopra il naso) la punta beffarda di Torre Garibaldi. La Madonnina, dal basso dei suoi 108 metri, assiste silenziosa. Lei – malgrado frequentazioni con il regno dei cieli più solide di Formigoni – non ha fatto polemiche quando è stata superata dal Pirellone. Il resto della città abbozza. Tra pochi giorni, passato l’effetto-favonio, il solito cappotto di Pm10 tornerà a coprire Milano. Lo Spire e la cima del Formigone spariranno nel grigio del cielo metropolitano e il dibattito meneghino, dopo quest’escursione a 230 metri di quota, tornerà con i piedi per terra. Di problemi da risolvere, in fondo, ce ne sono più che a sufficienza anche ad altezza d’uomo.

Nota: avevo già tentato di esprimere, con meno autorevolezza di commentatore of course, i medesimi concetti . qualche giorno fa su Mall (f.b.)

La Repubblica

In arrivo la rivoluzione del Pgt indici più bassi per le costruzioni

di Alessia Gallione



C’è il Parco Sud, che non genererà più volumetrie da far atterrare in altre parti della città. E ci sono le grandi aree di trasformazione, dagli scali ferroviari alle caserme, dove si costruirà di meno, così come saranno limitati - a seconda del contesto - gli indici anche nella città già "consolidata". Ma nel nuovo Pgt targato Pisapia, Palazzo Marino promette anche di riprendere in mano la regia degli interventi: rivedendo il piano dei servizi (per l’ex giunta i privati avevano vasti margini di scelta) per essere in grado di decidere sui bisogni dei diversi quartieri (dalle biblioteche agli asili), aumentando il verde e gli spazi pubblici. Si punterà anche sui trasporti e sull’housing sociale, con «correttivi che rendano effettive previsioni che ad oggi non potrebbero avere riscontri». Sono le linee guida politiche che l’assessore Ada Lucia De Cesaris porterà oggi in giunta: saranno la via maestra da seguire per riscrivere il Piano di governo del territorio attraverso la rilettura delle quasi 5mila osservazioni di cittadini e associazioni. Solo l’inizio, però, di una rivoluzione dell’urbanistica. Nel segno del cambiamento, è la promessa.

Si parte dal Pgt e dalle regole da modificare. Il documento non è stato cancellato, ma l’impianto immaginato dall’ex assessore Carlo Masseroli con queste linee guida subisce un cambiamento notevole. A cominciare dalla perequazione del Parco Sud che scompare, fino alla possibilità che alcuni di quei vasti ambiti di trasformazione, quelli «che comportano un ingiustificato consumo di suolo», vengano addirittura eliminati. «L’obiettivo - è il senso - è superare le previsioni attuali di fatto inattuabili»: troppe costruzioni. Anche nei quartieri già esistenti tornerà, a seconda del contesto, un indice massimo. Ma l’assessore all’urbanistica De Cesaris con questi indirizzi traccia anche una filosofia più vasta, da applicare non solo agli interventi futuri, ma anche - dove sarà possibile - a quelli in corso.

Si parte dalla realtà, da una città che si sta già trasformando, ma che sta vivendo anche una crisi del mercato immobiliare dalle possibili «gravi conseguenze: rischi di sovrapproduzione, rallentamento o blocco di grandi progetti». Anche per questo si pensa a un «tavolo con gli operatori» e, soprattutto, Palazzo Marino traccia una nuova rotta: meglio puntare su una nuova politica di risparmio energetico e ambientale e su una visione metropolitana che guardi ai trasporti, ad esempio, in chiave più vasta. L’assessore guarda alla «crescita "senza governo"» della città e rivendica un ruolo centrale di regia per l’amministrazione. «Il processo non sarà privo di ostacoli», scrive.

Nella nuova visione dovranno rientrare anche i progetti già approvati o i cantieri già aperti (da Porta Vittoria a Porta Nuova fino a Citylife): dove possibile si tenteranno «modifiche in ascolto delle esigenze dei quartieri». Fino a Santa Giulia, definita una «ferita da rimarginare e, in parte, necessariamente da ripensare». I tempi: dopo la giunta di oggi, gli indirizzi politici arriveranno in commissione dalla prossima settimana e, successivamente, in consiglio comunale insieme alla delibera di revoca del Pgt. Allo stesso tempo partirà un tour di ascolto della città, dai consigli di zona agli operatori fino alle associazioni. Seguendo gli indirizzi dell’informativa, si ripasseranno in rassegna le osservazioni, un’operazione che durerà per tutto il 2011. Il nuovo libro mastro dell’urbanistica sbarcherà in aula dal 2012.

Corriere della Sera

Nuovo Pgt: il cemento lascia spazio al verde

di Rossella Verga

Più pubblico e meno privato. Più verde e servizi, meno cemento e «di qualità». Blindatissimo il Parco Sud, da valorizzare prima e dopo Expo. «Potenziato» l'housing sociale. La giunta Pisapia approva oggi il documento di indirizzo per il governo del territorio, ribaltando l'impianto costruito dall'amministrazione di Letizia Moratti e riportando in capo al Comune la regia del Pgt.

L'assessore all'Urbanistica, Lucia De Cesaris, dopo aver illustrato ieri sera il piano ai capigruppo e ai partiti della maggioranza, presenterà la «manovra correttiva» ai colleghi di giunta, illustrando tutti i passaggi per un «rilancio della qualità urbana» che dovrà passare attraverso la «revisione degli indici edificatori connessi al sistema perequativo» del Parco Sud, «con l'eliminazione delle potenzialità edificatorie previste per gli ambiti di trasformazione periurbana», ma anche attraverso la riduzione degli indici per gli ambiti di trasformazione urbana (Ato), dalle caserme agli scali ferroviari.

«Limitazione» è illeit motivdel nuovo Piano di governo del territorio, che segue la stella polare della «città come bene comune» dove si potrà costruire meno. Per l'assessore De Cesaris, per esempio, il piano immaginato dal predecessore Carlo Masseroli avrebbe prodotto «potenzialità edificatorie virtualmente illimitate» nella città «consolidata», ed è anche qui che la giunta Pisapia intende porre rimedio con l'introduzione di un indice massimo compatibile con le singole zone.

Oggi il via libera della giunta. Dalla prossima settimana il documento arriverà nelle commissioni consiliari. Ma saranno necessari ancora un paio di mesi per completare l'esame delle osservazioni che l'amministrazione ha voluto riaprire per dare risposta alle «istanze inascoltate della città». Il piano riveduto e corretto dovrebbe infine approdare all'esame dell'aula di Palazzo Marino nei primi mesi dell'anno prossimo.

Tante le novità nel documento di indirizzo, ma alcuni passaggi per la giunta Pisapia assumono il carattere di pietre miliari. Si parla di «rivisitazione del piano dei servizi» e di «incremento» delle dotazioni pubbliche negli ambiti di trasformazione, dove sarà il pubblico a definire le priorità. Sul tema degli scali ferroviari, si sottolinea nella relazione, occorre separare le esigenze di riqualificazione da quelle d'interesse pubblico, «anche attraverso un nuovo accordo di programma». Va inoltre ripensata la politica della casa, «rilanciando l'affitto». Occorre «rimarginare» alcune ferite, a cominciare dall'intervento di Santa Giulia.

Il documento urbanistico in discussione oggi tratteggia una città dinamica mortificata negli anni. «Da almeno vent'anni — si legge — la dinamicità sociale si accompagna a una scarsa capacità di governo, un vuoto di politiche pubbliche». Si è affermata, rincara De Cesaris, la logica «condominiale» nell'affrontare i problemi della città. Il Pgt per la giunta Pisapia offre anche l'occasione di ribaltare questa concezione. Ma l'assessore non si fa illusioni: il processo verso il ritorno della regia pubblica «non sarà privo di ostacoli e contraccolpi». Ci vuole il «massimo di umiltà» e «chiarezza di obiettivi realistici».

Per ridurre drasticamente il traffico in centro la giunta punta non solo sulla congestion charge, il super pedaggio che da gennaio dovranno pagare tutte le auto che entrano nell’area protetta dalle telecamere, ma anche su un tracciato di nuove isole pedonali sparse per la città. Un progetto ambizioso che mira a rendere più sostenibile la vita, a cui Palazzo Marino sta giù lavorando.

Nel mirino dell’amministrazione c’è sempre il cuore dell’alta moda, via Montenapoleone: 500 metri di strada che la scorsa giunta non riuscì a pedonalizzare per le proteste dei commercianti. Pisapia non solo rispolvera il progetto rimasto in un cassetto per anni, ma si spinge ancora più in là. All’arteria del Quadrilatero si sta pensando di aggiungere via Manzoni (da piazza Scala a piazza Cavour) e via Torino (dal Duomo al Carrobbio) in modo da costruire la più lunga strada commerciale della città, due chilometri di vetrine che vanno dalle firme degli stilisti alle jeanserie che piacciono ai giovani, dove ci si muoverà solamente a piedi. O in tram, visto che il progetto prevede il passaggio dei mezzi pubblici, sul modello di Berlino e Istanbul.

«Ne parleremo con commercianti e residenti - spiega l’assessore alle Attività produttive Franco D’Alfonso -. Ma come è già stato dimostrato dall’esperienza di via Dante, un’arteria commerciale pedonale non fa che favorire le vendite, oltre a rendere il passeggio più piacevole e la città più bella». Ecco allora che nel progetto per la città del futuro c’è un reticolato di piccole zone senz’auto distribuite per la città. «Non solo grandi interventi come quello dei Navigli che faremo insieme alla riqualificazione della Darsena - continua D’Alfonso -, ma anche piccole aree pedonali vicine agli assi di scorrimento che aiutino a alleggerire il traffico in centro. E perché no, anche a ridistribuire in maniera più equilibrata la movida che oggi si concentra in poche zone città».

La giunta guarda avanti, l’obiettivo è il 2021: dieci anni per ridisegnare la mobilità del centro storico e cambiare le abitudini dei cittadini. Gli uffici sono già al lavoro perché l’intenzione del sindaco è quella di realizzare i primi interventi entro un paio d’anni. Il primo potrebbe essere proprio quello di via Torino e via Manzoni, due strade commerciali che diventerebbero zone a traffico limitato dove l’unico mezzo di trasporto che vi avrà accesso sarà il tram. Ma ci sono altre idee.

A partire dalle strade della Milano romana, dalla basilica di Sant’Ambrogio alla Biblioteca Ambrosiana, progetto presentato a Letizia Moratti da Italia Nostra che ora la giunta Pisapia vuole analizzare. «Personalmente vedo bene la pedonalizzazione della parte a Est di piazza Duomo, oggi morta sia dal punto di vista commerciale e della vita notturna: piazza Beccaria, piazza Liberty, piazza Santo Stefano e largo Augusto. Quest’ultima soprattutto. Era il vecchio Verziere, un centro di scambi commerciali importanti, oggi sfruttato poco. Basterebbe riqualificarlo per renderlo un luogo di aggregazione sia diurno che serale». Stessa cosa per piazza Beccaria: la prova generale sarà a dicembre verrà allestito il mercatino di Natale. Ma un domani la chiusura alle auto potrebbe essere permanente.

Tutela e rilancio del parco agricolo sud, dotazione di servizi di qualità che prevedano anche la collaborazione tra pubblico e privato, incentivo al social housing e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente, ridimensionamento delle volumetrie edificabili, costruzione di un progetto per il “dopo Expo” , riorganizzazione del sistema dei trasporti milanesi. Sono i sei punti chiave del documento “Un Pgt che si fa progetto, per il rilancio di Milano” redatto da molte delle associazioni e dei gruppi che in questi anni hanno fatto propria la battaglia per un Piano di Governo del Territorio più vicino alle esigenze della città e di chi la vive. Non solo.

Il documento ha visto la collaborazione pressoché inedita di mondi diversi e opposti: ACLI, AGCI, ARCI, ANCE, Associazione delle Imprese Edili e complementari, Federazione Lombardia Confcooperative, Fiab Ciclobby, Genitori Antismog, Legacoop Abitanti Lombardia, Legambiente Lombardia, Libertà e Giustizia. Imprese edili, cooperative edilizie, associazioni cittadine e ambientaliste da quest’estate si sono riunite con l’obiettivo di consegnare all’Amministrazione un ulteriore contributo in fase di revisione del Piano di Governo del Territorio deliberato dalla Giunta precedente, destinato a tornare in Consiglio Comunale dopo la revoca della delibera di approvazione per la discussione integrale delle osservazioni dei cittadini.

Più qualità e meno quantità, ovvero minor sfruttamento del suolo e investimenti sul patrimonio edilizio esistente.

Se per Damiano Di Simine di Legambiente è fondamentale consolidare il patrimonio agricolo del Parco Sud annullando la logica della perequazione introdotta nel Piano dalla Giunta precedente (che prevedrebbe il dirottamento delle volumetrie di proprietà privata all’interno del parco su altre zone della città), per Claudio De Albertis di Assimprendil è necessario recuperare i vecchi edifici, quelli degli anni 60-70, costruiti con materiali di scarsissima qualità e fortemente inquinanti, e che oggi rappresentano il 70% del costruito. Tutti concordi, questa volta anche i costruttori, sul fatto che l’attuale situazione economica impone un ripensamento sul progetto di espansione e cementificazione ipotizzato dal Piano dell’ex Assessore all’urbanistica Carlo Masseroli.

Un Masseroli inedito, quello intervenuto alla presentazione del documento, improvvisamente –azzardiamo “miracolosamente”- favorevole alla revisione del suo Pgt, dopo aver svilito per mesi il diritto al coinvolgimento della città nella sua stesura e aver sostenuto strenuamente la necessità di costruire case per oltre mezzo milione di nuovi abitanti. “Potrei metterci la firma anche io su queste richieste- ha detto l’ex Assessore di fronte ad una platea quasi incredula- In fondo sono solo piccole modifiche al Piano che abbiamo deliberato. L’incremento del social housing, l’impossibilità di costruire all’interno del Parco Sud, gli incentivi sul risparmio energetico: sono tutte cose già stabilite da noi. Per quanto riguarda la riduzione dei volumi, mi sembra un tema di poco interesse: dipende dai gusti. Il centro città ad esempio è sovraedificato ma piace così e ci si vive bene”.

Sono pochi mesi che Masseroli non ha più lo scettro dell’urbanistica di Milano ma sembra aver già dimenticato alcuni passaggi fondamentali del lungo iter che ha portato all’approvazione del Pgt; di come sia stato duro il lavoro in consiglio comunale del centro sinistra per riuscire a salvaguardare il parco agricolo sud dalla cementificazione (su cui per altro vige la legge regionale che vieta l’edificazione al suo interno), per porre vincoli più stretti alla realizzazione di social housing, per garantire un rafforzamento delle politiche di risparmio energetico per le nuove costruzioni.

“La pianificazione territoriale richiede dialogo tra i soggetti coinvolti e questo documento è la strada giusta- ha detto Lucia De Cesaris, assessore all’Urbanistica- ne terremo certamente conto in sede di redazione del documento di indirizzo che porteremo entro ottobre in consiglio comunale”. A gennaio dovrebbe cominciare invece la discussione di quelle 4765 osservazioni che la Giunta precedente ha ritenuto di liquidare nel giro di una manciata di votazioni. Chissà questa volta come voterà l’ex Assessore Masseroli, ora capogruppo dell’opposizione: prevarrà il sentimento di tutela del Pgt di cui si è orgogliosamente fatto padre o il nuovo spirito ambientalista?

La prima azione antismog della giunta Pisapia è dettata dalle regole scritte dall'ex sindaco Moratti. È in base a quella vecchia ordinanza, che risale al 24 gennaio ed è ancora in vigore, che da oggi vengono bloccate circa 120 mila auto. E domenica nessuno potrà circolare tra le 8 e le 18. Domenica a piedi, dopo la serie di 12 giorni con lo smog sopra le soglie.

Fermi da oggi i veicoli a benzina Euro 0, i diesel Euro 0, 1 e 2 senza filtro antipolveri e le moto e i motorini a due tempi Euro 1 e, se a gasolio, Euro 0 e 1. Il divieto è in vigore a Milano, ma se si considerano tutte le auto immatricolate in Provincia e che spesso entrano in città, i mezzi coinvolti dal blocco potrebbero essere quasi 300 mila. Lo stop al traffico di domenica, invece, riguarderà tutti i mezzi. Queste sono le misure della «Fase 1» della vecchia delibera. Non si dovrebbe arrivare alla «Fase 2» (dopo il 18esimo giorno «rosso») perché, secondo le previsioni meteo, nel fine settimana vento e pioggia dovrebbero disperdere l'inquinamento. La domenica a piedi arriverà probabilmente con lo smog già rientrato nei limiti (per informazioni sui divieti e i blocchi, oltre a visitare il sito del Comune, si possono contattate i seguenti numeri: 020202; 800368636; sabato e domenica, dalle 7 alle 19, 02-77270398).

Potrebbe comunque essere l'ultimo blocco domenicale stabilito all'ultimo momento: insieme alla bozza di modifica per inasprire le misure antismog (fino alla quasi totale chiusura al traffico della cerchia dei Bastioni), l'assessore alla Mobilità, Pierfrancesco Maran, sta valutando l'ipotesi di una serie di domeniche «ecologiche» decise a tavolino, probabilmente una al mese.

Un progetto sul quale è molto critico il Verde Enrico Fedrighini: «Una o anche due domeniche a piedi al mese non servono a nulla per combattere l'emergenza smog». L'ambientalista suggerisce altre misure: «Accesso gratuito in tutti i parcheggi di corrispondenza Atm, tra le 7 e le 9 del mattino, alle auto con 3/4 persone a bordo; tariffa agevolata del biglietto Atm a 2 euro per l'intera giornata; accesso e sosta libera delle biciclette all'interno dei parcheggi di interscambio lungo tutte le linee del metrò; corsie preferenziali riservate al trasporto pubblico che proviene dall'hinterland e alle auto con almeno 3 persone a bordo». Diversa la posizione del capogruppo del Pdl, Carlo Masseroli: «Programmare le domeniche a piedi per favorire altre forme di mobilità può avere senso, ma se può anche essere un'occasione per le grandi arterie commerciali, non si può assolutamente pensare di bloccare tutta la città. Ad esempio, nel periodo natalizio, bisogna lasciare aperto il traffico in periferia e far vivere quei quartieri con eventi e manifestazioni».

Su un altro tavolo di lavoro aperto a Palazzo Marino, ieri sono andati avanti gli incontri con le categorie produttive sulla trasformazione dell'Ecopass incongestion charge, il ticket da 5 euro per tutti. Il Comune sta cercando di capire che tipo di deroghe e agevolazioni potrebbero eventualmente essere concesse al trasporto merci. In piazza San Babila, oggi, partirà invece una raccolta firme per l'abolizione dell'Ecopass. A guidarla, l'assessore regionale del Pdl Stefano Maullu, che spiega: «Occorre creare una cabina di regia che ponga in essere delle linee guida uguali per tutti. Non bastano soluzioni tampone come i blocchi palliativi, le targhe alterne e quant'altro. Adesso si rischia che per entrare a Milano pagheranno tutti. Ecopass è una tassa e basta».

postilla

Sono lustri che la stagione invernale (adesso anche il fine estate virtuale) ci riserba sforamenti clamorosi di tutte le soglie di attenzione e rischio possibili, e che i cosiddetti interventi si limitano in pratica all’emergenza, alla speranza in Giove Pluvio, mentre in parallelo la gestione business as usual evita scrupolosamente qualunque passo per favorire un tipo di mobilità (magari personale, magari volontario, magari chissà) diverso da quello automobilistico privato di massa, unica “soluzione per la vita moderna” in una logica che sarebbe comica, da film di Totò e Peppino, se non ci fosse di mezzo la salute, l’efficienza economica vera, la qualità della vita metropolitana. Le cose proposte in questo articolo sono le stesse di cui si parla da vent’anni, cioè da quando i primi virtuosi e lungimiranti passi (la chiusura totale del centro alle auto, che doveva aprire politiche generali più organiche e meno repressive per un’area vasta) sono stati buttati alle ortiche da particolarismi così meschini da apparire quasi inimmaginabili se non si è dei complottasti. La differenza è che forse, finalmente, come si dovrebbe capire dal piccolo elenco di cose fattibili subito, forse sono davvero cose che si possono fare subito: aprire i parcheggi (realizzati da lustri coi soldi dei contribuenti e lasciati a marcire vuoti), sostituire alla logica dell’azione simbolica ed emergenziale cose prevedibili e a cui ci si può abituare e adeguare, evitare la frammentazione. Tanto per fare qualche esempio. E invece? No: ci vuole una grande Commissione per valutare … e tirare tardi finché passa la nottata, ci si dimentica del passato e si risale in macchina sgommando verso il futuro. Magari un futuro come quello emerso dalle dichiarazioni del “caso Penati”, quando l’imprenditore spiegava che i suoi finanziamenti al partito servivano naturalmente a evitare che si inserisse la linea tranviaria nel piano regolatore, per favorire i suoi torpedoni neorealisti ingolfati nel traffico, no? Oppure per lasciare che le piastrelle di un parcheggio da centro commerciale, di fronte a una stazione delle linee Nord Milano, fossero quasi totalmente scalzate da ALBERI cresciuti mentre quel parcheggio realizzato, recintato, con tanto di casetta del custode, se ne stesse perfettamente VUOTO dieci anni. Ma si sa, il problema è un altro … (f.b.)

«La crisi, paradossalmente, può rappresentare un'occasione».

Non scherziamo.

«Tagliare le spese non deve coincidere con la riduzione dei servizi di trasporto. Ci sono attività che fatte dal Comune determinano costi pesanti e sono poco sfruttate dalla collettività». La crisi, insiste il capogruppo pdl Carlo Masseroli, «può accelerare una riforma quanto mai urgente dell'ente locale. Dobbiamo alleggerire la "macchina" e aumentare l'efficienza dei servizi grazie a un approccio liberale di coinvolgimento dei privati».

La giunta ha investito sulla spending review. Non basta?

«Non è chiaro cosa vuole sacrificare e con quali obiettivi».

Il suo modello, Masseroli?

«L'Inghilterra di Cameron. Il controllo rigido e totale indebolisce la responsabilità, deprime l'iniziativa e l'azione civica. Favoriamo la crescita dal basso, non soffochiamola».

Proposte concrete?

«Partiamo dai 2 milioni di tagli tra progetti di infomobilità e interventi di mobility management. Cos'è stato azzerato? Un uso intelligente dei dati comunali per orientare i flussi di traffico. Ecco l'idea, che presenterò in un emendamento al bilancio: "Pubblicazione e libero utilizzo di tutte le informazioni sulla mobilità". A Londra si chiama "London data store", a Parigi è il "Paris open data". Non è solo questione di trasparenza, ma è soprattutto un'opportunità di business per giovani e innovatori che possano generare applicativi per i parcheggi, gli ingorghi, gli orari di aerei e treni...».

La manovra colpisce anche car pooling e radiobus Atm. Controproposte, consigliere Masseroli?

«Novità. I mezzi serali, per dire, girano semivuoti. Ogni passeggero costa all'Atm circa 5 mila euro l'anno. Troppo. Puntiamo sui taxi collettivi».

postilla

La politica come dicono certi poeti a gettone è l’arte del possibile, ma a volte può anche rivelarsi solo artigianato delle balle un po’ più ben confezionate della media. Non ci vuole una gran memoria per ricordarsi, solo la primavera scorsa (quando avevamo ancora addosso le stesse magliette leggere di oggi) l’adesso serioso e british Masseroli lanciarsi con la sindaca Moratti in sbracate imbrattature del marciapiede, dove verniciava sinistre sagome di biciclette assassinate, e spiegava garrulo as usual ai passanti che toccava stringersi un po’, per far passare le macchine, senza le quali non c’è sviluppo. Passano un po’ di settimane, il voto dei cittadini lo toglie dall’inopinato seggiolino di governo, ed ecco la miracolosa transustanziazione ecologista e tecno-progressista, nel segno dell’altro paravento di oltre Manica, David Cameron. Il quale col tono pensoso e appunto molto british che ha imparato a tenere come cifra personale, copre tutte le miserabili magagne di una classe dirigente tory fatta di servi degli interessi particolari, che se ne fregano di cittadini ed elettori, quando non sono rigorosamente ricchi e finanziatori di campagne elettorali.

Queste brevi note si rivolgono in particolare a chi (beata gioventù) trovasse magari condivisibili tutti quei giri di parole, pieni di termini simil-specialistico-internescional. Che però non ricordano mai la montagna di sciocchezze disservizi e altro combinate dalla maggioranza di chi ora parla con tono tanto saggio, in lustri di governo della città. Studi pure da leader dell’opposizione, questa reincarnazione di Tory allo zafferano: magari in convento di clausura, come si addice a un dichiarato credente (f.b.)

Se l’Italia somigliasse al condominio in via Caduti nelle missioni di Pace 3, vivremmo nel Paese più giovane d’Europa. Se in città valesse la proporzione fra bimbi e adulti che fa risuonare di gridolini e pianti notturni il palazzo, il Comune dovrebbe convertire in asili tutti i centri anziani, i musei, i consigli di Zona. «Cento dei 300 abitanti non raggiungono i 10 anni», dice Bianca Giorgi, portavoce del comitato del quartiere Rubattino.

Una situazione simile riguarda tutti gli undici palazzi di nove piani costruiti dal 2003 a oggi nel quartiere alla periferia Est di Milano: 4mila abitanti, destinati ad aumentare con l’innalzamento, già previsto, di altri tre blocchi di edifici.

L’anomalia di Rubattino è il risultato del piano di edilizia voluto dall’assessore all’Urbanistica della prima giunta Albertini, il ciellino Maurizio Lupi. Una convenzione con i costruttori prevedeva per le giovani coppie vantaggi sull’acquisto di case costruite da zero nell’ex area Innocenti. Ha funzionato: hanno comprato, hanno avuto figli e si è creata la piccola città dei bambini. A Milano gli under 10 sono 127.968, il 9,6 per cento della popolazione. Al Rubattino gli abitanti che non hanno finito le elementari sono quasi uno su tre. E qui viene il problema. «Quando il Comune presentò il progetto - racconta Giovanni Berta Mauri, presidente del comitato - ci furono mostrati rendering del quartiere dove avremmo vissuto. Abbiamo comprato casa proprio perché erano previsti parchi gioco, scuole, campi da calcio». E invece niente.

Il sogno del quartiere dei bimbi si è arenato in una giungla di convenzioni non rispettate, lungaggini burocratiche, fondi mai spesi. La scuola (nido, materna ed elementare), per cui il Comune ha stanziato 3,1 milioni nel 2006, non esiste. I bambini che vivono in via Caduti in missione di pace e in via Caduti di Marcinelle ogni mattina devono percorrere oltre un chilometro per raggiungere via Cima o via Pini. «Un gruppo di nonni e genitori li accompagna a piedi in comitiva - racconta Carla, due figli in età da asilo - ma la buona volontà non basta, ci vuole la scuola». Il campo da calcio, promesso dal Comune nel 1998, non ha porte, il terreno è dissestato e l’erba non viene tagliata. In pratica, non c’è. Come non c’è il campo giochi attrezzato. «È una fregatura», taglia corto Berta Mauri. Eppure, senza dovere spendere un euro, il Comune avrebbe gli strumenti per completare il sogno. Ed è quello che i residenti chiedono a Palazzo Marino e al Consiglio di zona.

«Parte dei servizi previsti dal Piano di riqualificazione del 1998 sarebbe a carico di Aedes, l’azienda che ha costruito le case - dice Bianca Giorgi - ora il Comune pretenda quanto dovuto». Oltre alle strutture per i bambini, sono molti gli interventi previsti e mai realizzati. La Casa di cristallo, immersa nel parco, doveva diventare «centro per sport, spettacoli e aggregazione», invece è una struttura abbandonata. Il piano parcheggi, che prometteva «un posto d’auto per ogni famiglia», si riduce a un silos da 800 posti, chiuso dalle 21 alle 8 e la domenica. Al posto della farmacia, in piazza Vigili del fuoco è arrivata una parafarmacia e si aspettano barriere anti-rumore che isolino le case dalla Tangenziale est. L’ultima richiesta all’assessorato provinciale ai Trasporti è del 2 maggio scorso. «Potrebbe essere il quartiere più felice di Milano - dice Rocco, 36 anni, padre di due bimbe bionde - basterebbe che chi amministra tenesse presente che esistiamo».

Comune e Regione obbligati ad andare d'accordo, con Palazzo Marino che entra con il 34,6 per cento (quindi la medesima quota del Pirellone) nella società Arexpo creata per l'acquisizione delle aree dell'Esposizione universale. E con il consiglio comunale che potrà dire l'ultima parola sui piani di sviluppo per il dopo Expo 2015: avrà poteri decisionali di indirizzo e anche di veto. Mettendo sul piatto 32 milioni di euro la giunta Pisapia ha deliberato ieri il passaggio molto atteso.

Mettendo sul piatto 32 milioni di euro la giunta Pisapia ha deliberato ieri il passaggio molto atteso dell'ingresso in Arexpo, con coordinate che danno forma, secondo l'assessore a Expo Stefano Boeri, a «una società di scopo e non immobiliare».

Il provvedimento ora dovrà passare al vaglio del consiglio comunale, presumibilmente entro la metà di ottobre, e prevede un esborso per il bilancio di Palazzo Marino di 28 milioni di euro, perché quattro saranno scontati per il conferimento di terreni di proprietà comunale. Sette milioni saranno versati subito, mentre la restante parte arriverà in quattro rate annuali.

L'assetto societario di Arexpo vede accanto al Comune e alla Regione la Fondazione Fiera con il 27,7 per cento (ieri anche il consiglio generale di Fondazione Fiera ha approvato all'unanimità la partecipazione nella società), la Provincia con il 2 e il comune di Rho con l'1 per cento e stabilisce che per ogni decisione ci sia l'accordo, appunto, del Pirellone e di Palazzo Marino.

Soddisfatto l'assessore. «Le indicazioni del consiglio comunale — spiega — ci hanno dato una grande forza nella trattativa. È stato sancito il carattere pubblico della società, che sarà una società di scopo e non immobiliare. E stata inoltre definita la possibilità del Comune di avere un ruolo effettivo sull'iter di approvazione delle scelte e degli indirizzi per le fasi successive». L'impostazione di Boeri, però, non piace alla Regione: «Sbaglia il Comune a metterla sul piano dei diritti di veto — fa sapere il Pirellone — La nostra è un'ottica puramente costruttiva».

La delibera di ieri fissa dunque alcuni passaggi importanti, tra cui il costo «congruo» delle aree. «I prezzi restano indicati alla forbice più bassa, 164 euro al metro quadrato», segnala ancora Boeri.

Nel Cda di Arexpo siederanno 5 membri, 3 con diritto di voto (Comune, Regione e Fondazione Fiera, e due osservatori, la Provincia e il comune di Rho. Ma l'assessore assicura che i costi «saranno bassissimi»: «Il presidente sarà a costo zero e ai consiglieri verranno rimborsate solo le spese».

Sugli scenari successivi all'Esposizione universale l'assessore ricorda che il Comune ha di fronte «la stella polari del referendum». «Sono in campo varie ipotesi — sottolinea — ma il futuro dell'area è legato a un interesse collettivo pubblico».

Ma l'aspetto su cui l'assessore delegato a Expo insiste è «l'ampissima garanzia di governo e controllo sulla trasformazione dell'area». «È un risultato politico di grande valore», commenta. Boeri infine ringrazia gli interlocutori «che sono stati disponibili a rivedere posizioni inizialmente rigide».

Il 25,26 e 27 ottobre il Bie sarà a Milano. Il giorno prima il sindaco e l'assessore inviteranno tutte le comunità straniere presenti in città a una grande convention su «come lanciare Expo».

Intanto si lavora anche sul fronte della deroga al Patto di stabilità. Giuliano Pisapia ieri ha annunciato di essere stato convocato per il 5 ottobre in audizione davanti alla commissione Lavori pubblici del Senato.

«È un segnale che il Parlamento si sta occupando del problema — afferma il sindaco — in quella sede si discuterà anche la deroga al Patto per Milano, e spero anche per la Provincia e per la Regione, per tutte le spese di investimento per Expo 2015. È un passaggio fondamentale per le istituzioni, anche perché vogliamo ricordare ancora una volta che l'evento riguarda tutto il Paese e non solo Milano».

Salvate il Parco Agricolo Sud. Dalle ruspe, dalla cementificazione, da strade e autostrade «che rischiano di frantumare i poderi dei contadini», dalla destrutturazione di un patrimonio «fondamentale per Milano». Il presidente onorario del Fai, Giulia Maria Mozzoni Crespi, rinnova il suo appello a difesa della cintura verde cittadina, 47 mila ettari di coltivazioni, cascine, abbazie. E con lei scendono in campo gli agricoltori e il Comitato Expo, sostenuti da Intesa Sanpaolo. Con una priorità: far conoscere ai milanesi le ricchezze del Parco Agricolo Sud. Il primo appuntamento: domani in piazza dei Mercanti e domenica nelle campagne. All'aria aperta.

Un weekend di itinerari storici, naturalistici, di laboratori, assaggi, visite guidate, gite in bicicletta. Si chiama «Via Lattea» l'iniziativa promossa dal Fai, dalla Confederazione italiana agricoltori, da Expo. Il progetto è quinquennale, da qui al 2015 i milanesi saranno accompagnati alla (ri)scoperta del Parco Sud, «polmone» agricolo della città (ma non sufficiente a nutrirla: l'autonomia alimentare della Provincia è di circa 35 giorni) e culla identitaria della millenaria cultura lombarda.

Ecco quindi il programma. Domani, dalle 10 alle 18, tra piazza e via Mercanti saranno allestiti stand con degustazioni di prodotti lattiero caseari. Si possono portare anche i bambini: per loro ci saranno laboratori, pannelli illustrativi e una piccola fattoria con gli animali. E il giorno dopo si parte: domenica i volontari del Fai Lombardia accompagneranno i milanesi lungo quattro percorsi (pedonali e ciclabili) nei luoghi della produzione del latte (per informazioni, www.fondoambiente.it). C'è il circuito Albairate-Cascina Forestina, quello di Gaggiano, di Zibido San Giacomo, del Parco delle Risaie. Natura e cultura. In mezzo, chiese, cascine, musei, borghi, marcite.

La filosofia, tanto semplice quanto efficace, è quella che accompagna il Fai dal 1975: «Si difende ciò che si ama e si ama ciò che si conosce». Obiettivo non facile. «Ma siamo una squadra unita», dice il vicepresidente esecutivo del Fai, Marco Magnifico. E combattiva: «È necessario conservare questo patrimonio che non è riproducibile — è il messaggio di Giulia Maria Mozzoni Crespi al presidente della Provincia, Guido Podestà —: non servono nuove autostrade (dalla Brebemi alla Tem) che frammentino il territorio». La risposta di Podestà: «Condivido, ma non posso dire che tutto è semplice». Sarà una lunga battaglia. Ma al Fai ci sono abituati: «Certe tendenze vanno invertite. Dobbiamo pensare al domani, non all'oggi».

La tramvia di Desio va in pensione. Oggi, dopo 130 anni, i vagoni che hanno trasportato generazioni di studenti e lavoratori dalla Brianza a Milano si fermeranno dopo l’ultima corsa delle 23.10. Carrozze vecchie di quarant’anni e rotaie senza manutenzione da due anni l’hanno reso «pericoloso per gli utenti», ha sentenziato il ministero delle Infrastrutture in una relazione di sei mesi fa. I Comuni attraversati dal tracciato, Desio e Nova Milanese su tutti, però non ci stanno e annunciano battaglia.

Dal centro della cittadina brianzola fino al capolinea a Milano, in via Ornato, in zona Niguarda, le rotaie in alcuni punti sono così malmesse che i conducenti devono procedere alla velocità di cinque chilometri all’ora. «La linea non viene chiusa, solo sospesa per disposizione del Comune di Milano e di Atm. Mantenerla in attività non aveva senso, in gioco c’è l’incolumità dei passeggeri», taglia corto Giovanni De Nicola, assessore provinciale ai Trasporti. Per ora, al posto delle carrozze scende in campo un servizio sostitutivo di autobus, che si dovrà fare carico dei mille pendolari che ogni giorno usano il tram. «Bus di 18 metri che finiranno per congestionare ancora di più il traffico - replica Roberto Corti, sindaco di Desio - . Ancora non ci hanno nemmeno fornito il percorso e non sappiamo dove sono previste le fermate».

Entro marzo dovrebbero partire i lavori per spostare la vecchia linea che passa dal centro della cittadina brianzola per portarla in periferia, in via Milano. Il progetto, 230 milioni di investimento, è pronto da dieci anni. Il 60 per cento dell’opera è già stato finanziato dal governo, il restante 40 è da suddividere tra Regione, Province di Milano e Monza e Comuni interessati. «Col Patto di stabilità voglio vedere dove troveremo i soldi», si domanda Corti. «In primavera partiranno i lavori e per giugno 2014 tutto sarà a posto», assicura l’assessore. Ma il primo cittadino di Nova Milanese, Laura Barzaghi, è scettico: «Nel 1981 a Vimercate tolsero il tram dicendo che a breve sarebbe arrivata la metropolitana, tutto era pronto. A distanza di trent’anni i cittadini aspettano ancora che inizino gli scavi. Non siamo disposti a fare la stessa fine».

postilla

Quella di smantellare artificiosamente le reti di linee tranviarie di superficie usando via via motivazioni tecniche per modernizzazioni, sicurezza, diseconomicità e compagnia bella, è una pratica iniziata verso la metà del ‘900 dalle grandi compagnie automobilistiche americane a livello nazionale, che faceva tra l’altro anche, localmente, il gioco di alcuni speculatori immobiliari. Là si acquisiva la maggioranza azionaria della compagnia e poi con sotterfugi di vario genere (finanziari, accordi apparentemente vantaggiosi con la pubblica amministrazione, ricerche addomesticate ..) si arrivava al classico trionfo del mezzo privato, e comunque della rete stradale con la sua controparte di “indifferenza localizzativa” e impossibilità di politiche pubbliche territoriali serie. Non è un sospetto da urbanisti dietrologi, ma un fatto documentato da parecchie ricerche storiche negli archivi delle compagnie colpevoli. Si veda ad esempio il bell'articolo di Al Mankoff sul sito istituzionale Trasporti New Jersey.

Noi, indipendentemente da modi e tempi, seguiamo a ruota: ha senso, in un’epoca di discussione su mobilità dolce, spazi condivisi, primato del trasporto su rotaia in diretto collegamento agli spazi pubblici centrali e alla multifunzionalità, cancellare, e/o decentrare una linea del genere? Credo che la risposta non sia necessaria, e neppure un esercizio di dietrologia. Al massimo, di psichiatria (f.b.)

MILANO — Dopo mesi di parole su Expo arriva un segnale importante dal mondo delle aziende. Un segnale che vale 43 milioni di euro e che dimostra, in un momento di crisi mondiale, che i privati cominciano a farsi avanti. Per la prima volta nella storia dell'Esposizione del 2015 un'azienda mette risorse per contribuire alla realizzazione dell'evento, in una logica di partnership. Per dirla con l'ad di Expo, Giuseppe Sala, «i privati ci credono». Così come ci credono i Paesi del mondo: già totalizzate 53 adesioni e si punta ad arrivare a 70 entro dicembre.

A fare da apripista tra i privati (Sala è sicuro che questa collaborazione rappresenta la prima di una lunga serie) è Telecom Italia, che ha vinto la gara d'appalto per la scelta del partner tecnologico di Expo. Il gruppo telefonico doterà il sito di infrastrutture e tecnologie avanzate, investendo 12 milioni di euro cash e oltre 30 nello sviluppo di reti fisse in fibra ottica e wi-fi, reti mobili anche di quarta generazione e altre soluzioni d'avanguardia che resteranno in dote alla città. «Le infrastrutture, sia fisse sia mobili — ha confermato l'amministratore delegato di Telecom Italia, Marco Patuano — rimarranno anche successivamente». In cambio, il gruppo avrà l'esclusiva merceologica, uno spazio commerciale dedicato e potrà sfruttare i diritti d'utilizzo del logo e delle immagini.

Ma con l'arrivo delle risorse private si delinea indirettamente anche il progetto. Sul sito dell'esposizione sorgerà la prima «Smart City» del futuro, con un tandem tra tecnologia avanzata e sostenibilità ambientale e con servizi che consentiranno ai visitatori di cogliere rapidamente tutte le opportunità dell'evento e agli amministratori di risparmiare sui costi di gestione. Qualche esempio? Luci e lampioni potranno essere controllati dai computer. Sarà possibile pagare l'ingresso o il parcheggio con il cellulare, programmare il proprio itinerario tra gli stand, ma anche esplorare i padiglioni dai banchi di scuola o da un letto d'ospedale. Anche questo caratterizzerà la «Città intelligente» nella quale, grazie all'investimento di 43 milioni, si trasformerà l'area dell'esposizione.

«È uno dei giorni più felici della storia di Expo», ha sottolineato Giuseppe Sala annunciando la nuova partnership. «Al mondo delle aziende chiediamo di partecipare con infrastrutture e in conto economico per circa 400 milioni di euro — ha aggiunto — In passato potevano esserci perplessità, oggi ci siamo assicurati un grande partner e circa il 10% di quel budget». Già individuate altre aree tematiche per lanciare nuovi appalti: dai sistemi di sicurezza all'illuminazione, dalla mobilità al settore finanziario.

Intanto si parte. Con una «tappa nuova e importante per la costruzione dell'esposizione», come ha precisato il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, commissario generale di Expo. Per il governatore, la partnership con Telecom «ribalta la concezione di Expo come perennemente rachitica, bisognosa di sovvenzioni e di vitamine» e «va contro quel perdurante scetticismo e pessimismo». L'impegno dei privati per Expo ieri è stato anche al centro di un incontro a Palazzo Marino, dove il sindaco Giuliano Pisapia ha ricevuto il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabé, e l'amministratore delegato Marco Patuano.

Prove inedite di dialogo tra associazioni come Legambiente, Arci, Acli e Libertà e Giustizia, e costruttori. In un "documento condiviso" affrontano proposte comuni per il nuovo Pgt. Gli imprenditori, che si erano schierati per il documento targato Moratti-Masseroli sarebbero disponibili a un «ridimensionamento» del Piano: dalla cancellazione dei volumi da scambiare nel Parco Sud all’abbassamento degli indici in scali ferroviari e grandi aree. «Servono presto nuove regole, ma la crisi ha cambiato lo scenario», dice De Albertis.

Fino a pochi mesi fa si guardavano da barricate opposte. Da una parte associazioni come Legambiente e Libertà e Giustizia che criticavano nel merito e nel metodo (la battaglia delle osservazioni) il Pgt targato Moratti-Masseroli. Dall’altra il mondo economico e, in particolare, i costruttori di Assimpredil Ance che, alla vigilia delle elezioni, si erano schierati con forza a favore della rivoluzione urbanistica tuonando: «Il Pgt entri in vigore immediatamente e non subisca modificazioni che ne alterino i presupposti e gli obiettivi». Ma adesso che a Palazzo Marino ci si prepara a riscrivere le nuove regole, mondi che sembravano agli antipodi tentano di parlarsi. Prove tecniche di dialogo, che hanno portato a scoprire inediti punti di incontro. Dall’accordo a cancellare gli indici volumetrici del Parco Sud da far atterrare poi in altre parti della città, fino alla possibilità di abbassare le quantità di nuovi edifici nelle grandi aree come Stephenson o lo scalo Farini. Una "cura dimagrante" che, molto probabilmente, diventerebbe comunque legge.

Il «documento unitario» sarà presentato martedì prossimo. Ed è il frutto di un primo giro di tavolo e di una prima mediazione raggiunta. A presentarlo all’amministrazione saranno i protagonisti di questo esperimento: le Acli, l’Arci, Assimpredil Ance, le cooperative bianche e rosse (Federabitazione Lombardia-Confcooperative, Legacoop), Legambiente e Libertà e Giustizia. Società civile, ambientalisti e costruttori insieme. Un miracolo? Non proprio perché ognuno, naturalmente, parla dalle rispettive posizioni. Nonostante siano stati trovati argomenti condivisi da offrire al Comune: dalla rinuncia alla "perequazione" del Parco Sud all’attenzione per l’housing sociale; dall’importanza dei servizi alla necessità di collegare i nuovi quartieri alle infrastrutture, fino al rinnovo in chiave energetica degli edifici esistenti. Tutti punti che la nuova giunta non potrà non toccare in quelle linee di indirizzo politico che accompagneranno la rilettura delle osservazioni e che verranno presentate a ottobre in consiglio comunale. L’assessore all’Urbanistica Ada Lucia De Cesaris apprezza l’esperimento: «È sempre positivo che nella città si apra un confronto tra diversi soggetti tanto più se questo, pur mantenendo le proprie differenze, consente di definire obiettivi comuni».

È il presidente di Legambiente Damiano Di Simine a spiegare la filosofia di questo «esperimento»: «La città è troppo importante perché non si tenti un dialogo: per tutti è importante che ci sia un nuovo Piano. In passato ci siamo divisi e su molti punti continueremo a farlo, ma stiamo tentando un discorso a più voci. Spetterà poi all’amministrazione tenerle insieme». I costruttori, naturalmente, non si sono convertiti all’ambientalismo. Ma a scompaginare le carte sembra essere stata la crisi. È un mercato del mattone in stallo, sostengono, ad aver «cambiato lo scenario». Come dire: inutile moltiplicare indici volumetrici e case se tanto, poi, nessuno le compra. Ecco il presidente di Assimpredil Claudio De Albertis, che punta sull’aspetto più importante per gli imprenditori: avere quanto prima un nuovo Pgt. «Una condivisione - dice - serve anche ad accelerare il processo di approvazione delle nuove regole: è quello che chiediamo. La crisi poi ha cambiato tutto e ha imposto alcune riflessioni su un ridimensionamento del Piano». Anche il presidente di Confcooperative Alessandro Maggioni dice: «In passato, pur individuando alcune criticità, abbiamo appoggiato il Pgt. Ma questa crisi profonda impone di essere ancora più laici. Noi terremo la barra dritta sulla necessità di housing sociale, ma il mercato ha già imposto che nei prossimi anni si costruirà meno, a minor prezzo, e meglio».

Ho letto con piacere l'intervento di Giulia Maria Mozzoni Crespi, pubblicato sul Corriere di ieri («Pgt, perché serve un esame») a sostegno della decisione presa da questa amministrazione con riferimento al Pgt e, in particolare, della scelta di esaminare le osservazioni.

La Presidente del Fai si pone tuttavia la domanda in merito a quali siano i principi urbanistici che questa amministrazione intende perseguire. Condivido pienamente questa riflessione e infatti porteremo in Consiglio comunale, unitamente alla proposta di delibera che revoca l'approvazione del Piano, un documento d'indirizzo politico che non solo ci guiderà nel lavoro di valutazione delle osservazioni ma conterrà anche le indicazioni del percorso che l'amministrazione Pisapia intende perseguire. Il documento terrà conto del dibattito avvenuto prima e dopo la campagna elettorale, nonché di tutti i contributi di riflessione elaborati da diverse realtà della città, comprese le associazioni ambientaliste.

Questo documento avrà anche lo scopo di costituire la base per l'avvio di un confronto sul futuro della pianificazione della città, che sicuramente non potrà e non dovrà concludersi con il superamento delle maggiori criticità del Pgt a salvaguardia del territorio milanese. A cominciare, per esempio, dal Parco Agricolo Sud dove è necessaria un'attenta revisione degli indici connessi al sistema perequativo.

Stiamo operando, dunque, un intervento costretto da tempi imposti dalla normativa e dalla necessità di tenere in considerazione anche le esigenze degli operatori, in questo momento di congiuntura economica così delicata.

L'Associazione Costruttori è tornata a protestare per la mancata conclusione della procedura del Pgt, sostenendo che — se il nuovo strumento urbanistico non diverrà presto operativo — «la città si ferma», mentre il settore delle costruzioni è già in crisi profonda. Per dare credibilità a tali affermazioni, sono state indicate le percentuali di decrescita degli investimenti dal 2010. Di tutte le motivazioni sulle origini della crisi mondiale e del suo pericoloso andamento (con i riflessi sulla realtà milanese), la tesi che essa potrebbe essere risolta costruendo più metri cubi è forse la più eccentrica. La prima obiezione è che — andando in giro per Milano — non c'è proprio l'aria di una città dove l'edilizia appaia in ristagno o abbandonata.

Basta guardare la zona Garibaldi–Repubblica o l'ex sede storica di Fiera Milano per vedere alcuni cantieri di dimensioni tali da meravigliare anche chi viene nella nostra città da altri paesi d'Europa; e ciò mentre ancora non è stato messo un mattone che riguardi Expo e tutto il suo estesissimo indotto. Si tratta fra l'altro, di iniziative approvate sulla base del Prg vigente o delle sue moltissime varianti; per cui ci si chiede perché mai Milano avrebbe bisogno di nuovi più permissivi strumenti urbanistici.

È del tutto evidente, del resto, che la prosperità del settore edilizio dipende dalla domanda e non da più estese deroghe alle regole di pianificazione, come si è visto dai modestissimi effetti dei vari «piani casa», e come avverrà in modo identico se verrà varato il piano che la Regione va preparando. Già in occasione del Pgt in itinere, l'Associazione della proprietà urbana aveva fra l'altro segnalato l'esistenza di un'enorme quantità di immobili offerti in affitto e in vendita senza trovare acquirenti (e i cartelli «vendesi» si stanno moltiplicando anche in questi giorni); per cui l'esistenza di questo amplissimo stock di immobili esistenti e privi di utilizzo dovrebbe ulteriormente far riflettere.

Di fronte alle accuse dei costruttori, il sindaco Pisapia e l'assessore all'Urbanistica hanno ricordato la necessità di un esame di tutte le osservazioni. Si tratta di un esame e non di un riesame, per cancellare la frettolosa liquidazione complessiva di tutti i contributi dei milanesi che — ricordiamo — ha mortificato la partecipazione dei cittadini alla costruzione del loro futuro, come se si trattasse di un noioso adempimento burocratico da ridurre ai minimi termini. L'esame analitico delle osservazioni è dunque un adempimento indispensabile per dare dignità a qualsiasi Pgt. Tuttavia sorge spontanea la domanda: come si possono esaminare le 4.700 osservazioni senza avere chiari i principi urbanistici che si intendono sostenere?

È evidente infatti che questo dibattito sulle scelte, sui caratteri e limiti dello sviluppo di Milano deve precedere il vaglio dei singoli contributi; in caso contrario non può essere di grande utilità e si limiterebbe a rettificare alcuni dettagli. Su questo aspetto, nessuna indicazione è ancora venuta dalla attuale Amministrazione, e ci auguriamo che sia invece colta al più presto la necessità di un ampio e prezioso dibattito sul futuro di Milano e del suo assetto territoriale.

*Presidente onorario FAI Fondo Ambiente Italiano

Nota: per chi se lo fosse perso, un breve riassunto delle puntate precedenti del Pgt di Milano, in questa nota di F. Bottini e MC. Gibelli, scritta prima della vittoria della maggioranza Pisapia e dei primi progetti di revisione (f.b.)

Tra un mese, su quel triangolo irregolare di sterpaglie aggrappato alla Fiera, entreranno le ruspe. Dovranno iniziare a sradicare tralicci elettrici, spianare strade, deviare torrenti: il viaggio verso il 2015 comincerà. Ma il milione di metri quadrati su cui sorgeranno i padiglioni di Expo è soltanto un pezzo. Un tassello, fondamentale, di un mosaico più vasto che comprende in tutto 31.500 ettari di territorio: è la corona disseminata su 16 comuni a nord ovest di Milano, già urbanizzata per il 60 per cento. È lì che bisogna andare a ricomporre un puzzle composto da 125 frammenti di terra simili a quelli dell´Esposizione: spazi ancora aperti, agricoli. Isole verdi che in tutto misurano ancora 11.600 ettari e che sono disperse in un mare di capannoni, case, strade, metropolitane, ponti e binari. Di più: rischiano di scomparire, proprio in nome del grande evento, accelerando un processo che negli ultimi anni ha già cancellato troppi spazi. È questa l´analisi e, insieme, l´allarme che lancia uno studio promosso dalla Fondazione Cariplo e condotto dal dipartimento di Architettura e pianificazione del Politecnico. Un messaggio chiaro: «Non toccate queste campagne, sono tutto ciò che ci resta».

È un viaggio attraverso il territorio che circonda il sito Expo, quello fatto dal Politecnico. Uno studio sul consumo di suolo, realizzato anche attraverso un lunghissimo reportage fotografico (diventerà una mostra aperta da domani fino al 9 ottobre alla Triennale, e un volume di Electa) per capire cosa sia successo attorno al futuro sito 2015. Ogni giorno in Lombardia si perdono quindici ettari di spazi agricoli aperti: in nove anni (dal ´99 al 2008) la superficie urbanizzata è cresciuta del 17 per cento, 48.942 ettari in più. Anche nella "corona nord-ovest" vicina ai terreni di Rho-Pero, secondo i ricercatori, in otto anni (dal 1999 al 2007) sono stati urbanizzati più di 1.000 ettari di spazi aperti. Ne rimangono, appunto, solo 12.700 ancora liberi. «E ci auguriamo - spiega Paolo Pileri, docente di Ingegneria del territorio del Politecnico che ha coordinato i lavori - che nel 2015 siano ancora tali». Il senso è chiaro: «Abbiamo già perso molte aree rurali attorno alla città. Dobbiamo essere consapevoli e fermarci in tempo» dice il presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti.

Pileri parte da una considerazione: «Gli spazi aperti sono un bene comune. Perché, proprio in nome di Expo, non pensiamo a un destino agricolo e verde per le aree limitrofe? Attorno ai grandi eventi si sprigionano grandi appetiti o grandi occasioni per correggere rotte che non hanno più senso, se non quello di ipotecare quote di futuro». La «paura» è quella. Anche Elena Jachia, direttore dell´area Ambiente della Fondazione Cariplo, la esplicita: «C´è il timore che Expo possa creare un effetto domino che metterebbe in gioco una grande quota di suolo. Rischiamo di veder nascere parcheggi, strutture ricettive, altri capannoni. E, invece, la riflessione che proponiamo agli amministratori è un´altra: guardiamo a quei frammenti come a una zona unitaria da valorizzare in altro modo, pensiamo a un´Expo diffusa».

Sui destini del post 2015 la ricerca non entra. Anche se Pileri si augura che anche il milione di metri quadrati rimanga il più possibile libero. In generale, secondo il professore, bisognerebbe «rivedere le politiche urbanistiche, perché i Comuni pensano solo ai loro confini perdendo la visione d´insieme»: un´urbanistica «miope e legata alle esigenze di bilancio». È attorno all´area di Expo che 12 ricercatori, impegnati per due anni, hanno fotografato e mappato l´esistente: sono quei 125 frammenti verdi, alcuni con orti o fontanili. Rarità, guardando i numeri. Perché il consumo di suolo, in questa zona, è stato forte. Mille ettari di verde perso che, in termini ambientali, si calcola corrispondano a 316.800 tonnellate di anidride carbonica in più. Tra i Comuni in cui questo processo è stato più forte c´è Rho, dove la superficie urbanizzata è cresciuta del 27 per cento in otto anni. L´altra faccia della medaglia, naturalmente, è quella dei suoli adatti all´agricoltura che se ne sono andati. In tutta la Regione (dal ‘99 al 2008) sono 39mila ettari; 905 (dal ´99 al 2007) nella "corona nord-ovest" presa in esame. Di questi, 83 erano «molto adatti alle coltivazioni». Le proposte in chiave 2015 ci sono: pensare a progetti per coltivare gli spazi liberi attorno a Expo, e a una mobilità "lenta" con percorsi che colleghino l´area di Rho-Pero a cascine, corsi d´acqua e Parco Sud.

La città sale di un piano ogni quindici giorni. In media. E presto l'atteso pennone che svetterà dal palazzone progettato da Cesar Pelli ci regalerà il grattacielo più alto d'Italia. Ma Manfredi Catella, ad di Hines (in testa al gruppo di investitori che nella riqualificazione di Porta Nuova ha scommesso due miliardi) scuote la testa: «Va bene il pennone, ma vogliamo parlare dei 130 appartamenti venduti dall'inizio del collocamento sul mercato?».

Perché il destino di Porta Nuova (almeno nelle intenzioni degli artefici della nuovissima «città che sale», il più grande intervento di riqualificazione mai realizzato nel centro di Milano) è segnato: entro il 2015, anno dell'Expo, sarà un quartiere perfettamente integrato, vissuto dalla città. Con i palazzi, il grande parco, le piste ciclabili e la piazza. Il pennone sul Cesar Pelli verrà apposto a fine ottobre (con una complessa operazione), mentre l'avveniristica piazza, grande come quella della Scala e con un'opera acustico-visiva dell'artista Alberto Garutti, sarà pronta nel 2012. I lavori dell'intero progetto termineranno nel 2013.

Ma, stando ai dati diffusi da Catella, i milanesi hanno già promosso il progetto residenziale: «Centotrenta appartamenti venduti ad oggi su un collocamento di centoquaranta, mentre nei test fatti a Corso Como la metà è stata assegnata in trenta giorni». Il collocamento ha riguardato il palazzone di Solaria e presto verrà immesso sul mercato un lotto misto, con Corso Como, Bosco Verticale e altre aree. Curiosità: gli appartamenti vengono scelti soprattutto da famiglie, che chiedono ampi spazi per bambini e ragazzi. E del verde, pensando al progetto del Bosco di Stefano Boeri.

Altro dato che sorprende: la maggior parte degli acquirenti si prepara a lasciare il centro storico. Per motivi di risparmio, certo, ma anche perché Porta Nuova sarà al centro di una fitta rete di infrastrutture e trasporti, non ultima la nuova linea della metropolitana. E poi c'è l'ambiziosissimo progetto del parco botanico, che andrà a dare un volto verde nuovo a quella che fino a due anni fa era un'area trascurata in città. Ma qui bocche cucite, perché la cosa riguarda il Comune, che ha già tanto a cui pensare.

I prezzi delle case? Vanno dai 7mila al metro quadro dell'Isola fino ai 10-15mila del Solaria. Ma molti stanno comprando casa lì quale investimento sicuro: «Nel secondo semestre del 2010 – conclude Catella – il valore delle case nella zona Brera-Garibaldi è aumentato del 5,9 per cento».

Cento chilometri di nuove piste ciclabili. Progetto impegnativo, rischio che resti solo una speranza. Realizzabile?

«Una città che vuole una svolta per la mobilità sulle bici non può misurarsi solo sui chilometri di piste ciclabili».

E a cosa dovrebbe puntare, assessore?

«Alla visione complessiva e alla capacità di rendere la città nel complesso più vivibile».

È un intento lodevole, ma un po' generico...

«Significa lavorare per rendere più sicure le corsie più usati; aumentare i percorsi nelle zone più delicate, come intorno alle scuole; unire pezzi e tronconi di piste che oggi sono isolati. Questi obiettivi non sono affatto generici. Dobbiamo consentire alla bici di muoversi nel complesso con più sicurezza».

Pierfrancesco Maran è l'assessore all'Ambiente e alla Mobilità. Dai suoi uffici passa buona parte della credibilità che la giunta Pisapia riuscirà a guadagnare: nuovo Ecopass, politiche per i mezzi pubblici, riduzione di traffico e smog, realizzazione dei progetti votati con i referendum sull'ambiente. Scadenze ravvicinate e necessità di dare una risposta. Anche (e soprattutto) ai milanesi più «eco», quelli che si spostano in bicicletta.

Quali sono i primi passi concreti?

«Accanto alla visione d'insieme, bisogna muoversi per risolvere anche problemi più semplici: nella manutenzione delle strade, ad esempio, stiamo dando indicazione per accelerare la rimozione di molti ostacoli vicini ai percorsi per le bici, come pali e segnaletica inutile».

Cosa chiedono i ciclisti milanesi?

«Abbiamo ad esempio aperto il bando per l'acquisto delle nuove rastrelliere, quelle a cui si può legare anche il telaio per contrastare i furti».

Rimuovere i pali inutili e installare le rastrelliere, d'accordo. Ma basteranno ad aumentare gli spostamenti su pedali in città?

«Questi interventi servono se collegati a un impegno più ampio. Stiamo scrivendo una lettera al ministero dei Trasporti, perché il codice della strada è molto rigido sulla ciclabilità e invece per dare una svolta Milano ha bisogno di elasticità e sperimentazione».

Cosa chiedete?

«Per prima cosa la "fermata anticipata" (è una norma applicata in Francia, dove le macchine si fermano a distanza di 3 metri dal semaforo assicurando alle bici di attraversare gli incroci senza rischi, ndr), un meccanismo fondamentale per la sicurezza. Altrimenti le nostre piste avranno sempre problemi agli incroci. Stesso discorso per le corsie per le bici a doppio senso e per la possibilità di colorare l'asfalto sulle carreggiate stradali».

Per i cento nuovi chilometri di piste serviranno 30 milioni di euro. Sarà uno dei capitoli di spesa per gli incassi del nuovo Ecopass?

«La priorità per gli investimenti sono i mezzi pubblici. Di certo le nostre azioni saranno anche a misura di bicicletta».

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