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© 2024 Eddyburg

C’è come una cappa che pesa sui cuori. La tortura, quelle immagini, i racconti di chi si è salvato nell’inferno iracheno. Sembrano davvero miserabili le parole di chi distingue, puntualizza, minimizza. Una pratica antica, certo.

A Milano, nel cortile ducale del Castello Sforzesco è esposta la lapide della Colonna Infame piantata in corso di Porta Ticinese ai tempi della peste secentesca, la peste narrata dal Manzoni. «Qui dove si apre questo spiazzo sorgeva un tempo la bottega di barbiere di Gian Giacomo Mora che, con la complicità di Guglielmo Piazza, commissario di sanità e di altri scellerati, nell’infuriare più atroce della peste aspergendo di qua e di là unguenti mortali, procurò fine tremenda a molte persone.

Entrambi giudicati nemici della patria, il Senato decretò che, issati su un carro e dapprima morsi con tenaglie roventi e amputati della mano destra, avessero rotte le ossa con le ruote e intrecciati alla ruota fossero, trascorse sei ore, scannati, quindi inceneriti. (...) Gira al largo di qua buon cittadino se non vuoi da questo triste luogo infame essere contaminato. 1630 alle calende di agosto».

Nel 1776 l’imperatrice Maria Teresa abolì la tortura in tutti gli stati ereditari. Nel 1778 la Colonna Infame fu abbattuta. Poi - come succede - al povero e innocente barbiere fu intitolata una strada in quello stesso quartiere della Vetra. E nel 1804 uscì il libro di Pietro Verri, «Osservazioni sulla tortura»: «Mi pare impossibile che l’usanza di tormentare privatamente nel carcere per avere la verità possa reggere però lungo tempo ancora, dopo che si dimostra che molti e molti innocenti si sono condannati per tortura ch’ella è uno strazio crudelissimo e adoperato talora nella più atroce maniera (...). Questo non è un mezzo per avere la verità né per tale lo considerano le leggi né i Dottori medesimi, che è intrinsecamente ingiusta, che le nazioni conosciute dall’antichità non la praticarono, che i più venerabili scrittori sempre la detestarono, che s’è introdotta illegalmente né secoli della passata barbarie e che finalmente oggigiorno varie nazioni l’hanno abolita e la vanno abolendo senza inconveniente alcuno».

Sono passati secoli e ci sono ancora uomini e donne vittime di «quello strazio crudelissimo». Ne abbiamo sapute tante di storie di torture che violano i principi più elementari dell’umanità, le mozioni, gli appelli, le risoluzioni della Società delle Nazioni e poi delle Nazioni Unite. Anche dopo la seconda guerra mondiale quando parve finito un tempo oscuro. L’Algeria e la sua guerra, gli articoli di Sartre, bombe del cervello, «La battaglia di Algeri», il film di Gillo Pontecorvo (1966), i patrioti algerini torturati, gli spietati parà francesi, la vittoria del Fronte di liberazione nazionale. E poi il Vietnam, la marcia di Davide contro Golia, una lunga bibliografia, le sedute del Tribunale Russell (1966-1967) che denunziano l’orrore. E ancora la Grecia, con la famosa prigione dei colonnelli, in via Boboulinas, ad Atene, dopo il colpo di Stato del 1967. Il Cile di Pinochet, 1973. L’Argentina dei mostri gallonati, dal 1974 in avanti.

E ora si usa la tortura in Iraq e non c’è dubbio che ne siano responsabili i governanti dello Stato più potente e avanzato del mondo moderno. È bambinesco affermare che nulla sapevano di quel che avveniva - sadismo e violenza - nella prigione di Abu Ghraib, alle porte di Baghdad: i militari ubbidiscono soltanto agli ordini ricevuti ed è lampante che quegli ordini sono nati da un piano «scientifico» per distruggere, umiliare, tramortire, «rendere la vita un inferno» a quegli uomini in gran parte innocenti delle azioni terroristiche di cui venivano incolpati. Sono così caduti di nuovo quei frammenti di codici morali che anche in una guerra dovrebbero esistere.

E gli italiani? Un governo che abbia a cuore la dignità nazionale non permette che un prorio corpo di spedizione operi sotto il comando dei generali di un altro Paese, la Gran Bretagna. Motivando come missione di pace quella che è una vera e propria guerra, vietata dalla Costituzione, priva della legittimazione del Parlamento. Gli inglesi possono disporre dei soldati italiani secondo fini strategici non certo umanitari. E i soldati italiani devono soltanto ubbidire, com’è accaduto nella battaglia dei ponti, tipica azione bellica di cui ancora oggi non è per nulla chiaro quale sia stato il numero delle vittime irachene.

Gli italiani brava gente? Non lo sono stati in Somalia negli anni Novanta e del Novecento, non lo sono stati nella caserma di Bolzaneto nel 2001 e la Camera ha approvato di recente un emendamento della Lega Nord, appoggiata da An, che rende possibile la tortura. La legge non ha ancora ultimato il suo corso, ma come sono stati tempisti quei parlamentari di maggioranza! È credibile che il governo italiano non fosse a conoscenza di quel che accadeva in Iraq, come ora si affanna maldestramente a dichiarare? Viene trattato dunque dagli angloamericani come quei maitres dei baretti notturni ai quali i frequentatori di casa si permettono di dare del tu.

È davvero indecente l’offensiva contro la vedova del maresciallo dei carabinieri Massimiliano Bruno ucciso a Nassiriya. Perché non credere che sia veritiero quel che, affranto, le ha confidato il marito, riferito ai superiori, gli orrori visti in quel carcere, gli uomini trattati come scarafaggi? Il Tg3 non l’ha costretta a dire quel che ha detto. Antonio Di Bella ha fatto quel che doveva.

È davvero insensato che ci sia chi voglia partecipare ai festeggiamenti berlusconiani - uno show elettorale - in onore di Bush, il 4 giugno a Roma. I giovani soldati degli Stati Uniti che quel giorno di sessant’anni fa entrarono accolti festosamente nella capitale rappresentavano l’altra America liberatrice, molti erano figli di immigrati e parlavano i dialetti italiani del Sud, contenti come ragazzi tornati a casa. Non avevano nulla in comune, loro, i loro generali, i loro governanti, con il clan dei petrolieri installato oggi alla Casa Bianca che con somma incompetenza politica e militare ha mandato in Iraq un esercito a «portare la democrazia», entità sconosciuta in quel paese. E invece dei diritti ha portato la tortura della guerra psicologica di cui Saddam Hussein si macchiò nei medesimi luoghi. E ha alimentato il terrorismo che voleva combattere, come si è visto dall’orribile decapitazione del cittadino americano Nick Berg. La vendetta. E ha dato vita a una guerra o a una guerriglia di liberazione.

Qual è la morale dolorosa? La storia non insegna mai niente. La Colonna Infame è sempre nell’ombra dietro casa.

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