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Titolo originale: The Retail Development Strategy and Land Assembly – Traduzione e estratti [dai capp. 2-3, Vol. I] per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Cosa influenza l’insediamento commerciale

“Senza dubbio, la questione più dura è quella dei progetti per le zone centrali. Sembra un miracolo il solo fatto che se ne riescano ancora a realizzare ... tanto per cominciare, non c’è mai una localizzazione fissa ... puoi iniziare a scommettere denaro sulla possibilità che sia modificata ... e poi non c’è mai un orientamento fisso che il progettista possa assimilare. L’idea si evolve condizionata da sottili pressioni commerciali, che cambiano continuamente coi tempi e le mode” (Keith Scott, architetto di centri commerciali)

Introduzione

Il commercio è uno dei più importanti settori, in tutti i paesi economicamente sviluppati. In Gran Bretagna da’ lavoro a più del 20% del totale occupati, e si stima che le vendite costituiscano circa un quarto del prodotto nazionale lordo.

Le imprese commerciali nei paesi sviluppati sono tra le maggiori. In Gran Bretagna, l’edilizia commerciale – negozi e complessi commerciali – costituisce una parte importante dell’ambiente costruito a scala nazionale. Alla fine del 2000, per esempio, nel Regno Unito c’erano circa 1.5000 shopping centres, il che rappresenta un incremento del 10% di superficie (+21 milioni di metri quadri) rispetto al 1998.

Lo sviluppo di nuove superfici commerciali ha costituito una delle principali direzioni di investimento di capitali in Gran Bretagna degli ultimi trent’anni. L’industria dei centri commerciali alimenta grandi quantità di produzione edilizia in tutto il paese, con una stima per il 2000 di oltre 685 milioni di sterline spese nella costruzione di centri e parchi commerciali.

La Gran Bretagna è con ogni probabilità leader internazionale per quanto riguarda l’insediamento di complessi commerciali nei centri urbani. Le città britanniche sembrano essere state fisicamente trasformate da questo punto di vista molto più di quanto non sia accaduto in altri paesi europei come Francia, Germania o Olanda, dove i centri città di solito hanno mantenuto la propria conformazione secolare, senza le grandi trasformazioni della Gran Bretagna.

I centri urbani di varie dimensioni hanno cambiato il proprio aspetto e funzionalità in modo radicale negli ultimi trent’anni. In alcuni casi l’ambiente stradale tradizionale dei piccoli negozi mescolati a uffici, abitazioni e altri usi, è stato rimpiazzato da grandi centri commerciali. I centri urbani britannici sono dominati dai grandi operatori commerciali, in modo molto più massiccio di quanto accada in altre parti dell’Europa Occidentale.

Ci sono alcuni importanti fattori istituzionali ad definire tempi, tipi e localizzazioni dell’insediamento commerciale. Di particolare importanza, sono le fonti di finanziamento per l’urbanizzazione, e l’atteggiamento delle istituzioni rispetto alla minimizzazione dei rischi dei propri investimenti. Inevitabilmente, esiste un conflitto fra le necessità del commercio, degli operatori immobiliari, dei finanziatori e degli urbanisti, e queste tensioni si risolvono spesso in forma di non facili compromessi, non molto soddisfacenti per nessuno dei soggetti coinvolti nell’urbanizzazione commerciale.

Un’altra importante caratteristica dell’insediamento commerciale è la sua dimensione, rapportata a quella del resto degli operatori immobiliari. Gli shopping centres spesso occupano zone estese, e si tratta di strutture complesse e costose in quanto tali. La realizzazione all’interno di un’area commerciale esistente comporta costi aggiuntivi e tempi prolungati, a causa dell’acquisizione degli spazi, dei processi urbanistici, per la predisposizione del sito.



Lo sviluppo commerciale nei centri urbani: una breve storia

Nel secondo dopoguerra il centro commerciale enclosed è emerso come simbolo di un nuovo modello di sviluppo e investimento urbano. Lo shopping mall originariamente nasce in nord America come struttura isolata suburbana, e lo sviluppo nei centri britannici risale alla fine degli anni ’50. Questi primi esempi si realizzano in gran parte su aree bombardate durante la seconda guerra mondiale, e in genere consistono in un gruppi di negozi attorno ad uno spazio aperto, o percorso scoperto. Dopo questi primi progetti, segue una “epoca d’oro” di crescita dei centri commerciali pianificati, che possono essere grosso modo suddivisi in tre categorie, o generazioni:

Prima generazione – Tra le fine degli anni ’60 e i primi anni ’70 si verifica un significativo investimento nei centri commerciali i molte delle principali città britanniche. Il numero dei centri aperti ogni anno aumenta notevolmente in questo periodo. Questa crescita esponenziale nasce dal bisogno di espandere e modernizzare molte aree commerciali centrali del dopoguerra. L’insediamento è alimentato in gran parte da autorità locali favorevoli, e dalla disponibilità di risorse finanziarie per l’edilizia. Ma pochi di questi progetti sono per funzioni miste, e sono stati spesso criticati per essere monolitici, rivolti all’interno, dedicati ad un solo uso, circondati e ricoperti da parcheggi. Molti erano piuttosto poveri dal punto di vista architettonico, e con le loro dimensioni danneggiavano il sistema stradale tradizionale. Il grande commercio era percepito come l’elemento principale dell’insediamento, e veniva conferita poca importanza alla percezione del consumatore, oltre la segregazione dell’automobile. Tra gli esempi di questo periodo ci sono gli Arndale Centres.

Seconda generazione – Nella seconda metà degli anni ’70 si verifica relativamente poco sviluppo nel settore dei centri commerciali. Questa stasi riflette il basso livello di crescita del settore commerciale in generale, e di spesa da parte dei consumatori, unito al crescente rischio per gli investimenti finanziari immobiliari determinato dalle crisi del 1974/75 e dagli alti tassi di interesse a lungo termine. I principali esempi di questo periodo sono quelli nelle new towns, come a Basildon e Milton Keynes.

Terza generazione – Negli anni ’80 c’è una ripresa nella realizzazione di nuove superfici commerciali, e in particolare nell’apertura di shopping centres. Questa crescita è alimentata da un approccio urbanistico e edilizio orientato al mercato, insieme a sostanziali incrementi nella spesa dei consumatori e a mutamenti negli stili di vita. La prima metà del decennio è caratterizzata in modo predominante dagli interventi in centro, con le amministrazioni locali in competizione l’una con l’altra per i nuovi investimenti. Invece la fine degli anni ’80 è caratterizzata dalla crescita degli insediamenti esterni alle città, che cambiano radicalmente il panorama commerciale britannico. Le localizzazioni esterne ai centri urbani sono relativamente facili da reperire e acquisire, e diventano molto popolari per una nuovo generazione di consumatori che trovano un accesso più facile e negozi moderni sotto un solo tetto, servito da abbondanti parcheggi gratuiti. Ma nonostante la tendenza allo sviluppo delle localizzazioni esterne, circa il 75% dello spazio totale realizzato in questo periodo è ancora nel centro città. In più, la metà dei progetti realizzati sono in città dove esisteva già almeno un insediamento del tipo shopping centre. Diventano comuni interventi di infill, e i complessi multipiano superano in numero per la prima volta quelli su un solo livello.

Il risultato di questa vistosa crescita, è la reale e percepita minaccia alla futura vitalità e affidabilità di molti centri città britannici. Ne deriva un mutamento di atteggiamento e politiche pubbliche governative negli anni ’90, che culmina nella pubblicazione del PPG6 [Planning Policy Guidance note 6] nel 1996. Queste linee guida determinano un grande mutamento nelle politiche urbanistiche, dalle aree esterne verso i centri città, sostenute da un ritorno al sistema basato sulla pianificazione.

PPG6 successivamente è stata precisata da vari documenti ministeriali, dallo Urban White Paper, e ora i centri città sono saldamente i fulcro delle politiche pubbliche e del calendario delle decisioni. Le ricerche sui nuovi interventi mostrano chiaramente che questa impostazione funziona, visto che si realizzano più interventi nelle zone interne di quanto non si faccia fuori dai centri. Recentemente, è stata pubblicata una versione rivista della PPG6, che sia di riferimento riguardo alle politiche governative per gli investimenti nei centri urbani.



Sviluppi attuali

Ci sono insediamenti commerciali centrali in corso di apertura o progettati, in molte città britanniche, come Bristol, Cambridge, Canterbury, Cardiff, Chester, Liverpool, Manchester, Norwich, Nottingham, Exeter and Sheffield. Ciò sta creando nuove sfide sia per il settore pubblico che per quello privato, dato che si devono realizzare grossi progetti entro centri che devono anche rispondere alle politiche governative di rinnovo urbano. Per esempio, il progetto Bull Ring nel centro di Birmingham e le proposte per Paradise Street a Liverpool stanno spingendo la tipologia di shopping centre verso una nuova realtà. Questi grandi progetti urbanistici, a funzioni miste, stanno cambiando letteralmente il volto dei centri città, creando quartieri distinti dotati di una rete stradale e di piazze completamente integrata nel tessuto urbano.

Bilanciare una progettazione di alta qualità con il bisogno commerciale di generare sufficiente valorizzazione e ritorno economico per rendere conveniente l’insediamento, è la nuova sfida che sta di fronte a costruttori, investitori, amministrazioni locali. Il problema è ulteriormente acuito dalla scarsità e complessità delle vaste localizzazioni centrali. Di conseguenza, molte delle individuate opportunità di intervento comportano un lavoro su “luoghi vivi”, comprendenti anche una miscela di edificato e attività non ad alto reddito, proprietà differenziata, vincoli di piano. L’elenco seguente riassume alcuni dei più frequenti ostacoli al nuovo insediamento commerciale nelle zone centrali:

I. Comporre localizzazioni di dimensioni sufficienti per consentire una progettazione tradizionale, e offrire contemporaneamente strutture adeguate di accessibilità e servizio, può richiedere parecchi anni in un centro città vecchio e densamente popolato, senza l’assistenza dei poteri di un ufficio urbanistico.

II. Comporre la miscela degli occupanti un complesso commerciale, incluso uno o più anchor store( s) e altri grossi utilizzatori di spazio, può essere difficile, particolarmente quando tutti i potenziali operatori commerciali sono già rappresentati in centro.

III. L’offerta di parcheggi gratuiti, caratteristica degli insediamenti esterni alla città, non è realizzabile in centro dato che lo spazio è scarso e i valori dei suoli troppo elevati. Di conseguenza i parcheggi realizzati come parte del centro commerciale saranno probabilmente multipiano, e anche ciò contribuisce ad elevare il costo di costruzione.

IV. Anche la qualità del progetto, e l’interazione fisica del nuovo shopping centre col centro città nel suo insieme, è un fattore chiave per gli urbanisti municipali, e sempre di più anche per i costruttori negli anni recenti. Una delle questioni è il rapporto fra aspetto generale, altezza, massa e materiali di costruzione del nuovo complesso, e l’affiancarsi all’ambiente stradale esistente nella zona commerciale tradizionale. Molti complessi realizzati negli anni ’60 e ’70 sono stati ampiamente criticati, non solo per aver spazzato via l’edilizia precedente, ma anche per il loro essere “strutture monolitiche di cemento” indifferenti al contesto.

V. Un problema diverso ma connesso è l’organizzazione degli accessi pedonali e della sicurezza interna. Là dove il costruttore preferisce che il centro sia un complesso definito, dove è facile controllare gli accessi indesiderati quando i negozi sono chiusi, l’autorità locale in genere richiede un’apertura degli spazi a tutte le ore, per incoraggiare i flussi pedonali e i collegamenti fra le varie parti del centro città.

Concludendo, l’insediamento commerciale sta diventando dinamico e sofisticato come non era mai stato prima. Nei progetti per le zone centrali ora c’è più dei soli shopping centres. Sono pensati come uno degli elementi di rigenerazione, che offrono opportunità per ridefinire una città, creare spazi pubblici di elevata qualità, diversificare le offerte per il tempo libero, contribuire a sostenere un insieme di altri elementi urbani come la residenza e i trasporti.



[...]

Autorità locali e regolamentazione

Natura, dimensioni e localizzazione degli interventi commerciali nella Gran Bretagna del dopoguerra sono stati massicciamente condizionati dal sistema di pianificazione urbanistica. Le autorità locali di piano hanno giustificato il proprio intervento nel processo di sviluppo commerciale con numerose motivazioni:

• è possibile migliorare l’efficienza del suo funzionamento. Un esempio tipo è l’uso del potere di esproprio per accumulare superfici utili ai grandi insediamenti commerciali.

• l’azione di un mercato incontrollato può condurre a ineguaglianze nel livello di servizio alla popolazione locale. Per esempio, il decentramento della distribuzione alimentare a partire dai tardi anni ’70 ha causato preoccupazioni per i consumatori svantaggiati residenti nelle zone urbane. I pianificatori hanno utilizzato questi argomenti per sostenere posizioni vincolistiche o interventiste.

• i nuovi interventi hanno effetti esterni senza alcuna relazione col successo o fallimento del complesso dal punto di vista commerciale. Gli effetti positivi possono essere di rigenerazione economica e sociale delle aree degradate o abbandonate. Gli effetti negativi alla scala locale possono riguardare i rumori da traffico o l’impatto visivo, o l’azione negativa di tipo economico sulla vitalità e affidabilità del commercio e insediamento preesistente.

Le autorità urbanistiche locali in Gran Bretagna sono state oggetto di numerose critiche per il proprio atteggiamento e intervento nei processi di insediamento commerciale. Molte di queste critiche provengono dall’impresa commerciale, ostile al principio di controllo tramite pianificazione strategica. Esiste anche una generale frustrazione per la cautela e mancanza di comprensione mostrate da uffici urbanistici e autorità locali nei confronti delle proposte innovative per insediamenti commerciali.

Nondimeno, il processo decisionale delle amministrazioni locali è fortemente influenzato dalle politiche del governo centrale, pure pesantemente criticate per l’incongruenza e contraddittorietà delle indicazioni:

- negli anni ‘70, il governo sosteneva che gli urbanisti avrebbero dovuto fissare in linea di massima localizzazioni e tipi di interventi, per proteggere le attività esistenti (in genere di tipo spontaneo) e offrire servizi commerciali di buona qualità alla popolazioen locale.

- ma negli anni ’80 il governo si muove verso posizioni favorevoli a lasciar libera la spinta alla crescita e alla trasformazione tipologica da parte di operatori edilizi e del commercio. Non ci si aspetta più che le autorità locali specifichino localizzazione e tempi dei nuovi interventi. Ad ogni modo lasciare queste decisioni al mercato porta ad una forte pressione verso le localizzazioni decentrate, all’esplosione della tipologia superstore alimentare, ai complessi discount, e agli shopping centres di scala regionale, da metà anni ‘80 in poi, descritte come le “tre ondate” del decentramento degli insediamenti commerciali.

Contemporaneamente, i controlli urbanistici che limitano la disponibilità di localizzazioni hanno gonfiato i prezzi dell’edilizia commerciale al punto che i costruttori devono offrire tipologie standardizzate, che minimizzino i costi, per insediamenti pensati semplicemente a massimizzare la densità delle vendite. Questo Tipo di critica si applica egualmente agli insediamenti centrali e ai grandi complessi e parchi decentrati.

Ma le trasformazioni dei principi urbanistici a partire dai primi anni ’90 hanno avuto effetti significativi si dimensioni e localizzazioni degli interventi commerciali, e ne discuteremo nei paragrafi successivi. C’è stato un crescente interesse a scala nazionale e mondiale, nel corso degli anni ’80, per gli impatti potenziali dovuti al consumo delle risorse naturali e all’inquinamento dell’ambiente. Come conseguenza, le politiche ufficiali governative britanniche, come altrove nella comunità europea, si sono rifocalizzate verso la creazione di insediamenti più sostenibili.



Il sostegno delle autorità locali alle aree centrali urbane

Olter ai poteri urbanistici diretti di regolamentazione degli insediamenti, molte autorità locali hanno avuto un ruolo significativo nei processi di sviluppo commerciale attraverso l’acquisizione di suoli, o entrando in joint-venture col settore privato per la realizzazione dei progetti. Le amministrazioni locali avevano due principali motivi per acquisire superfici in aree centrali e partecipare a processi di riurbanizzazione su larga scala. Il primo motivo era aumentare i livelli di accesso tramite trasporto pubblico e (soprattutto) privato, visto che si stava rapidamente diffondendo la proprietà dell’automobile. Il secondo motivo era quello di ampliare la principale area commerciale della città.

L’acquisizione di terreni in zone che soffrivano di problemi definiti “cattiva organizzazione e edificazione obsoleta” fu autorizzata in un primo tempo dal Town & Country Planning Act 1944. Questo provvedimento era inteso principalmente a consentire alle amministrazioni di acquistare, se necessario tramite esproprio, terreni resi abbandonati a seguito dei bombardamenti del tempo di guerra. Ma l’uso va ben oltre tale limitato scopo.

Negli anni ’50 e ’60, le amministrazioni locali fanno un uso intensivo delle opportunità offerte dalla legge del 1944, per acquisire terreni entro o vicini alle aree commerciali centrali. La perimetrazione di una Comprehensive Development Area (CDA) spesso anticipa interventi di grossa dimensione a carattere commerciale o per altre funzioni appropriate ad una zona centrale, insieme a miglioramenti dell’accessibilità veicolare e delle possibilità di parcheggio. Questo tipo di processo è incoraggiato da una pubblicazione del Ministry of Housing and Local Government (1962), che loda questo tipo di interventi e offre esempi tipo di progetti.

Prima della riorganizzazione del governo locale in Inghilterra e Galles del 1974, molte delle principali città e altri centri minori sono definiti County Boroughs e hanno pieno controllo sulle decisioni urbanistiche e riguardo ai trasporti entro la propria circoscrizione, potere bilanciato solo dai limiti imposti dal governo centrale alle spese. I consiglieri municipali vedono nella spesa per la modernizzazione delle zone centrali commerciali, nel miglioramento dell’accesso motorizzato, un modo di aumentare l’importanza della propria città. Molti imprenditori privati vedono l’opportunità di collaborare con queste amministrazioni. Accade che il costruttore di fatto progetti un nuovo insediamento commerciale, magari con spazi per uffici e attività per il tempo libero, e lo presenti direttamente all’amministrazione, a volte scavalcando anche gli uffici urbanistici responsabili dello stesso ente.

Ma gli imprenditori non potevano completare i propri progetti senza l’intervento del potere pubblico locale di acquisire in tutto o in parte le aree necessarie. Ne risultò una serie di piani di riurbanizzazione comprensiva delle zone centrali, con spazi commerciali, altre funzioni parallele, accessibilità e parcheggi migliorati. Le amministrazioni locali talvolta riuscivano ad ottenere altri servizi, come biblioteche, piscine, stazioni.

Tra questo tipo di interventi spiccano gli Arndale Centres costruiti nei primi anni ’70 dalla Town & City Properties, i più grossi a Manchester e Luton. Parecchi di questi nuovi centri erano realizzati in collaborazione fra privati e autorità locali, ma il ruolo principale di queste ultime era di solito quello di acquisire il controllo delle aree necessarie alla trasformazione.

Nei casi di vera e propria partnership, si concludevano vari tipi di accordo. Il più comune era che l’amministrazione cittadina restasse proprietaria dei suoli, e il costruttore (o finanziatore istituzionale) diventasse principale affittuario, con un interesse a lungo termine e un canone nominale.

A partire dal 1973 il coinvolgimento delle autorità locali nello sviluppo commerciale andò declinando, per diverse ragioni:

I. La crisi economica a partire dalla metà degli anni ’70 rese non profittevoli i grossi insediamenti commerciali. L’alto costo degli interessi superava i probabili ritorni di questi progetti, e dopo l’approvazione del Community Land Act da parte del governo laburista nel 1975, gli affitti per periodi oltre i 99 anni a costruttori o altri soggetti furono proibiti.

II. Le trasformazioni nell’organizzazione delle amministrazioni locali comportano la sostituzione del County Borough col Metropolitan o Shire District. Questo determina una minore identificazione della città con l’autorità locale, e ad un maggior livello di controllo strategico sui grandi insediamenti commerciali nella nuova generazione di structure plans a scala di contea.

III. Nonostante i poteri di acquisire terreni ai sensi dello Act 1944 restino ai District Councils, i tagli alla spesa pubblica da fine anni ’70 e particolarmente negli ’80 rendono piuttosto improbabile l’acquisizione di grandi aree centrali a scopo di trasformazione. Comunque, alcuni progetti vengono portati a termine nel corso degli anni ’80, su terreni acquisiti ai sensi dello Act 1944 (ad esempio il St David’s Centre di Cardiff).

IV. Egualmente importanti, nell’accelerare la crisi dei grandi progetti congiunti pubblico-privati per le aree centrali, sono le trasformazioni di atteggiamento dell’urbanistica per questo genere di zone. I progetto degli anni ’60 avevano spesso comportato la demolizione di aree storiche, e la sostituzione di un ambiente tradizionale, con edifici di piccole dimensioni, con architetture brutalmente moderniste.

V. Un’ultima ragione riguarda la responsabilità. Alcuni consiglieri municipali nei primi anni ’60 avevano potuto stringere alleanze coi costruttori e imporre progetti che potevano essere contrari al pubblico interesse. E non c’è dubbio che alcune collaborazioni di questo tipo per aree centrali siano state dannose sia dal punto di vista dell’impatto ambientale, sia forse anche da quello economico sui centri vicini. Negli anni recenti, le politiche locali per le zone centrali si sono concentrate di più sulle questioni ambientali e, in alcuni casi, su strategie di gestione e di mercato per il centro città nel suo insieme.



[...]

Il settore del commercio

Il sistema della proprietà nelle imprese commerciali e la grande competizione fra i marchi ha influenzato non tanto la domanda di nuove superfici commerciali, ma la loro qualità e localizzazione. A partire dagli anni ’50 in Gran Bretagna c’è stata una marcata trasformazione nella proprietà, dal predominio delle piccole attività indipendenti a quello delle grandi organizzazioni articolate. Questa concentrazione ha conferito ad alcune compagnie un enorme potere di influenza sui processi di insediamento.

La principale caratteristica distintiva dell’insediamento commerciale rispetto ad altri tipi, è il bisogno di affittare tutte le unità di un centro agli operatori prima di aprirlo al pubblico. Una realizzazione di tipo speculativo, intesa a trovare inquilini dopo il completamento, è troppo rischiosa. Quindi l’aspetto della funzione commerciale ha un’influenza massiccia sul processo di insediamento. Per esempio:

I. Non solo deve esistere una domanda totale sufficiente a riempire un insediamento progettato, ma lo stesso tipo di progetto deve riflettere il particolare tipo di domanda dei diversi operatori commerciali.

II. I costruttori di regola non vanno oltre il livello del progetto sin quando non hanno raggiunto un accordo con uno o più utenti di una certa dimensione che fungano da anchor. I negozi minori hanno bisogno di un negozio più grande che provveda attrazione e passaggio, in modo da rendere l’intero spazio commercialmente affidabile. Questo mette i potenziali grandi occupanti in una posizione di potere. In alcuni casi, questo tipo di utenti diventano parte del gruppo promotore.

Le imprese commerciali rispondono ai cambiamenti nei bisogni e preferenze dei consumatori, e questo a sua volta influenza dimensioni, tipologie e localizzazione dei nuovi insediamenti commerciali. Ad esempio, le trasformazioni nella spesa trasformano le decisioni dell’impresa nella ricerca di nuovi spazi, nel restare vicini a quelli esistenti o abbandonarli. In modo simile agiscono le tendenze demografiche, come la crescita di popolazione, i mutamenti nelle classi di età, i sempre più sofisticati cambiamenti nei gusti e nelle preferenze di beni di consumo, degli stessi spazi e del modo di proporli. Per esempio, queste tendenze hanno prodotto commerci legati a “stili di vita” oppure a “nicchie” negli ultimi vent’anni, e questo ha influenzato fortemente progetti e realizzazione della maggior parte dei complessi commerciali.

Un’altra caratteristica specifica dell’insediamento commerciale, se paragonato ad altri tipi di interventi, è l’essere oggetto di considerevoli trasformazioni anche dopo la costruzione. Questo tipo di asset-management è necessario a mantenere l’attrattività del centro e attirare visitatori, e anche ad offrire servizi comuni nei casi in cui ce ne sia bisogno da parte dei diversi utenti.



Conclusioni

La Gran Bretagna ha una posizione avanzata nel settore dell’edilizia commerciale, e ha creato molte aree di attività centrali ad alta efficienza in tutto il paese, anche se non uniformemente diffuse. A seguito di queste operazioni, negli ultimi trent’anni i centri delle città grandi e piccole, e in genere il panorama commerciale, sono radicalmente cambiati.

Gli insediamenti commerciali sono dominati da un numero relativamente piccolo di grandi compagnie ed enti dei settori finanziario, delle costruzioni e del commercio. Il sistema di pianificazione britannico ha influenzato tutto questo, in particolare nell’ultimo decennio, riconcentrando le iniziative di insediamento verso i centri urbani. In particolare i grandi centri, dopo un periodo di insediamenti più dispersi e differenziati.

Il processo di trasformazione dei centri città è altamente complesso e richiede tempo. Si opera attraverso molte fasi, coinvolgendo molti soggetti privati e settori della pubblica amministrazione, spesso con differenti priorità. Lo stesso stato del mercato, e gli effetti dei mutamenti economici, possono provocare consistenti dilatazioni nei tempi di realizzazione, anche più di quanto non sia necessario per rendere disponibile gli spazi necessari. Anche se senza dubbio c’è stato un considerevole sostegno alla trasformazione dei centri urbani e al loro sviluppo commerciale in varie forme nel dopoguerra, questo sostegno non è stato costante. In alcuni casi ha creato insediamenti di qualità e benefici vari, che non sempre hanno corrisposto agli obiettivi pubblici o dell’impresa.

Le posizioni anti-rischio istituzionali, sostenute dal sistema di pianificazione urbanistica, hanno rafforzato la posizione degli insediamenti commerciali di maggior successo. Le zone e gli immobili di alta qualità in Gran Bretagna sono limitate, e questo ne ha aumentato il valore, creando grandi quantità di capitale fisso nei centri di città e cittadine. Le istituzioni si sono associate alle principali imprese commerciali britanniche nel sostenere altri investimenti nelle zone centrali e ciò, si può sostenere, ha ristretto lo sviluppo di altre forme di commercio in altre località.

Riconciliare questi due aspetti, e rendere più efficiente l’intero processo, non è dunque un obiettivo facile. Dato che questo tipo di insediamenti comporta molti soggetti che lavorano in un ambito legislativo complesso, entro condizioni di mercato variabili, un miglioramento del processo può essere affrontato solo in modo selettivo, e per parti. Si stanno effettuando modifiche per migliorarne uno degli aspetti, ovvero la parte urbanistica: ne parleremo con più dettaglio nel prossimo paragrafo.

Ma riteniamo che esista l’opportunità per migliorare gli importanti aspetti connessi al reperimento delle superfici necessarie [land assembly], che esamineremo più avanti.

[...]

L’influenza delle politiche urbanistiche

Abbiamo mostrato come uno dei principali fattori che condizionano le dimensioni e localizzazione dell’insediamento commerciale sia il sistema urbanistico britannico. Un sistema al momento in fase di revisione, con una serie di modifiche proposte dal Planning and Compulsory Purchase Bill ora all’esame del Parlamento.

È importante prendere in considerazione quali linee guida e meccanismi siano a disposizione nel sistema di pianificazione urbanistica a facilitare la disponibilità di aree per insediamenti commerciali, e se un nuovo sistema migliorerà questi meccanismi.



Il sistema di pianificazione attuale

L’attuale sistema britannico si basa su un approccio che vede al centro il development plan. Questo piano esprime la strategia di sviluppo di una amministrazione locale, attraverso una serie di politiche connesse agli usi del suolo, come l’occupazione, la residenza, il commercio, ecc. [schematicamente, secondo il Town & Country Planning Act, 1990, la pianificazione prescrittiva si articola fra i County Structure Plans sovracomunali, a cui sono subordinati nel caso dei centri minori i District Local Plans, e nelle aree metropolitane gli Unitary Development Plans; hanno valore orientativo di una certa forza le linee di politica nazionale della National Planning Guidance, Regional Planning Guidance, Supplementary Planning Guidance n.d.T.].

La Regional planning guidance è uno strumento non prescrittivo utilizzato nella formazione degli Structure Plans e dei Local Plans/ Unitary Development Plans. Offre un quadro di scala regionale per lo sviluppo, identificando zone di crescita economica e/o di rigenerazione, verso cui orientare gli investimenti. Queste linee guida regionali attuano quelle nazionali e gli obiettivi chiave del governo per il riuso dei siti industriali e lo sviluppo urbano sostenibile. Le R.P.G. non offrono linee generali sui metodi di reperimento delle aree.

La Planning Policy Guidance Note 6: PPG6 Town Centre and Retail Developments pubblicata nel giugno 1996 resta il principale documento di orientamento della pianificazione commerciale. La PPG6 è intesa ad attuare l’approccio urbanistico all’insediamento commerciale, e la sua promozione nei centri urbani attraverso varie politiche e l’identificazione dei siti.

Queste linee guida introducono un “approccio sequenziale” per la scelta dei nuovi siti commerciali, per il tempo libero e per altre attività nelle aree centrali urbane e regionali identificate come adatte per tali funzioni. Questo documento, e i successivi Ministerial Statements hanno avuto effetti profondi sulla localizzazione commerciale. È stato utilizzato da numerose amministrazioni locali come strumento di controllo per combattere le localizzazioni decentrate, nel tentativo di rifocalizzare i nuovi investimenti verso le aree centrali. Ma nella loro lotta contro queste tendenze decentratrici, le amministrazioni sono state lente nel facilitare la realizzazione degli insediamenti centrali, principalmente a causa della mancanza di una corretta prospettiva generale a proposito, della mancanza di risorse finanziari disponibili a sostenere il reperimento delle aree, e l’opinione diffusa secondo cui il solo mercato sarebbe riuscito ad offrire spazi a questi progetti.

PPG6 raccomanda che le autorità urbanistiche locali sviluppino un sistema commerciale gerarchico entro la propria circoscrizione, indicando dove debba essere promosso in futuro l’investimento di settore. Questa politica ha avuto come effetto di incoraggiare la crescita dei grossi centri, scoraggiando contemporaneamente un significativo sviluppo in altre localizzazioni.

La Planning Policy Guidance Note 6 non contiene indicazioni su come facilitare il reperimento delle aree [ land assembly] e anche la magior parte dei development plans pur se identificano gli spazi dei centri cittadini offrono poche informazioni sul sistema delle proprietà e sui meccanismi a disposizione per sostenere l’ assembly delel superfici necessarie. Le autorità urbanistiche locali tendono a definire politiche generali per il centro città e le attività commerciali all’interno del development plan, e a offrire linee guida supplementari sotto forma di development brief per ciascun caso di insediamento. Un development brief è un documento non prescrittivo, ma considerato di importanza pratica nel condizionare i progetti di nuovi insediamenti, specialmente se menzionato all’interno del development plan.

Il brief rappresenta un legame fra le linee generali del development plan e i piani di nuovi insediamenti da proporre, offrendo informazioni dettagliate su come dovrebbe essere urbanizzato un sito, il che consente ai promotori di intraprendere studi di fattibilità. Il development brief di solito contiene linee dettagliate di orientamento sulle limitazioni di piano, la progettazione, la miscela di funzioni e la loro organizzazione così come preferite dall’amministrazione locale, insieme a informazioni sulla struttura proprietaria delle aree. Ad esempio, lo Essex County Council fornisce alle autorità municipali della propria circoscrizione un servizio di progetto e pianificazione esecutiva per i programmi di rigenerazione dei centri. L’uso di progetti preliminari all’interno delle supplementary planning guidances, che oriantano concretamente le modalità di presentazione dei piani degli operatori, aiuta a ridurre le incertezze e i rischi per i potenziali acquirenti delle superfici destinate a formare il sito commerciale. I problemi di land assembly possono essere affrontati nel piano esecutivo o nel development brief, offrendo un punto di convergenza ai proprietari riguardo a progetto, tipo e dimensioni dell’intervento. Il brief può rappresentare lo strumento efficace perché le autorità locali di piano trovino sostegno all eproprie linee generali da parte dei proprietari, anche se da solo un simile documento non è sufficiente ad assicurare la conclusione positiva degli interventi.



Riforma del sistema di pianificazione

È opinione comune dell’Ufficio di Vicepresidenza del Consiglio [ora delegato per l’urbanistica, n.d.T.], del Royal Town Planning Institute e altri, che il sistema di pianificazione attuale sia inefficiente. Alcuni dei problemi sono i tempi lunghi per l’adozione del development plan, la mancanza di focalizzazione locale; i tempi denti di adeguamento della pianificazione generale ai mutamenti politici, sociali ed economici, e infine la mancanza di certezze per gli operatori in presenza di numerose e talvolta confliggenti politiche.

La riforma del sistema di pianificazione attraverso l’imminente Planning and Compulsory Purchase Bill 2004 offrirà numerosi cambiamenti significativi. Quello principale è uno spostamento da politiche basate sull’uso del suolo ad altre di definizione spaziale all’interno del development plan. Il Bill intende rafforzare il sistema basato sul piano, entro cui il development plan prescrittivo sia il punto di partenza per l’esame delle proposte di attuazione degli operatori.

Su proposta governativa, un nuovo sistema di linee guida nazionali, chiamate Planning Policy Statements (PPS) sostituirà le attuali Planning Policy Guidances (PPG). Le PPS resteranno documenti non prescrittivi, ma con riferimento obbligatorio nell’esame delle planning applications. Il governo ha pubblicato una bozza del nuovo Planning Policy Statement per l’urbanistica delle aree centrali nel dicembre 2003. A tempo debito questo documento sostituirà l’attuale PPG6 e stabilirà a grandi linee le politiche pubbliche e gli obiettivi per le zone urbane centrali della Gran Bretagna.

A causa della forte concentrazione governativa sulla rivitalizzazione e rigenerazione delle aree centrali urbane, i nuovi PPS6 saranno un importante fattore nel determinare la localizzazione degli insediamenti.

Esistono due ambiti particolari di politiche che risultano rafforzate rispetto alle vecchie PPG6 e che introducono anche nuove idee per lo sviluppo delle zone centrali:

• Lo Statement offre una guida per tutte le attività centrali, non solo per il commercio. Sollecita le autorità locali a pianificare in modo attivo per la crescita del commercio, delle strutture per il tempo libero, per gli uffici ed altre funzioni centrali, selezionando le localizzazioni appropriate per rispondere ai bisogni di nuovi servizi, e identificando gli specifici siti all’interno e nei pressi di questi centri.

• Per la prima volta, lo Statement afferma che le autorità urbanistiche devono programmare la distribuzione della crescita in modo da ri-bilanciare la rete, così che non sia più dominata esclusivamente dagli insediamenti più grandi. Il governo mira ad una più diffusa distribuzione di strutture e ad evitare la superconcentrazione negli insediamenti maggiori. Ciò contrasta con le politiche precedenti (PPG6) concentrate sul definire una gerarchia e sul disporre la crescita secondo questa gerarchia di centri.

• Tra le implicazioni di questo nuovo approccio, il fatto che le autorità locali potranno incoraggiare gli interventi in un ampio numero di centri. Resta però il problema se l’impresa delle costruzioni, investitori e commercianti, coglieranno prontamente queste nuove opportunità riguardo ai gradini bassi della gerarchia.

• Lo Statement è anche molto più deciso nel richiedere che le amministrazioni locali identifichino i siti per gli interventi. Le autorità devono mettere in pratica l’approccio sequenziale alla scelta dei siti (in cui alle localizzazioni centrali viene data priorità rispetto a quelle sui margini o esterne ai centri). Devono anche essere attente alle esigenze dei costruttori, e identificare siti che siano realistici e consentano l’organizzazione di strutture atte a rispondere ai bisogni, come quello di sistemare una vasta gamma di tipologie d’attività. È un tentativo di contestualizzare commerci che si presentano con formati di negozio (ad esempio B&Q o IKEA) che di norma sono associati esclusivamente ai grossi insediamenti extraurbani. Il governo sollecita le autorità locali, nei nuovi PPS6, ad ampliare le dimensioni dei centri, se essi non sono in grado di contenere i formati maggiori entro quelli attuali.

I consigli municipali quindi sono ora in prima linea nella selezione e promozione di zone di dimensioni sufficienti a rispondere ai bisogni futuri su un arco di cinque anni, come indicato dallo Statement, che significativamente incoraggia le amministrazioni a intraprendere azioni in positivo, affermando come:

“…. Un’apparente carenza di spazi delle adeguate dimensioni nella giusta collocazione non deve essere considerata un ostacolo a scelte e interventi per rispondere a questo bisogno. Le autorità urbanistiche locali devono prendere in considerazione la possibilità di acquisire superfici utilizzando i propri poteri di esproprio, per assicurare che siti adatti, all’interno o ai margini immediati del centro urbano, siano resi disponibili alla trasformazione (paragrafo 2.44).

Le linee di pianificazione regionale attuali saranno sostituite da Regional Spatial Strategies (RSS) con poteri di inquadramento ad attuare l’agenda regionale governativa e a costituire una cornice di certezze di piano in ciascuna regione. Le nuove RSS nei contenuti saranno simili alle attuali RPG, ma dovranno fornire una più specifica strategia sub-regionale a rimpiazzare i County Structure Plans che secondo il nuovo di segno di legge andranno aboliti. È improbabile che ci sia alcuna specifica indicazione sulle operazioni di land assembly, nelle RSS, ma determineranno le strategie ampie e le tendenze del nuovo sviluppo commerciale.

Il Bill sostituisce anche gli attuali District Local Plans e gli Unitary Development Plans con un Local Development Framework ( LDF). È una cornice a comprendere una serie di Local Development Documents ( LDD) alcuni dei quali hanno natura e funzioni di development plan, altri delle attuali supplementary planning guidance. Le autorità urbanistiche locali dovranno redigere un Local Development Scheme, che anticipi il LDD che intendono produrre.

Un nuovo significativo strumento che può aiutare nel land assembly è l’ Area Action Plans ( AAP) con poteri simili al development plan, che sarà redatto per zone significative di conservazione o trasformazione. L’ AAP offrirà un chiaro riferimento per lo sviluppo delle aree locali, secondo un meccanismo che è stato carente sinora nel sistema dei piani urbanistici basato sugli usi del suolo.

Gli Area Action Plans possono riunire le informazioni, simili a quelle di un development brief, con in più l’opportunità per le amministrazioni locali di offrire dati dettagliati sull’organizzazione della proprietà nella zona sottoposta a AAP, e le possibilità di land assembly con relative forme di finanziamento.



Conclusioni

Il sistema urbanistico attuale guidato da piani basati sui modi d’uso del suolo è inefficiente e sarà modificato dal Planning and Compulsory Purchase Bill presentato al Parlamento nel 2004. Il development plan continuerà ad essere il principale documento a determinare le modalità di trasformazione, anche se esiste uno spostamento di enfasi da un approccio basato sugli usi del suolo ad uno di tipo spaziale. Il nuovo sistema si concentra più sulla formazione del piano che sul controllo delle trasformazioni.

L’introduzione dell’ Area Action Plan, e di una maggiore flessibilità nell’insediamento commerciale così come proposta dalla bozza di PPS6, consente alle autorità locali di avere un ruolo più attivo e positivo nell’identificazione dei siti, e di assumere l’iniziativa per facilitare la trasformazione. L’ Area Action Plan dovrà essere la base urbanistica per i progetti commerciali, con le amministrazioni locali in una posizione guida nella raccolta e diffusione delle informazioni sul sistema proprietario dei suoli, ad offrire orientamenti sulla disponibilità di finanziamenti, e strumenti per acquisire e trasformare gli spazi.

Le questioni principali che restano aperte riguardano la capacità delle amministrazioni di svolgere effettivamente alcune delle funzioni proposte dal progetto di legge, ad esempio:

• Individuare i siti che il governo richiede di trovare, per nuovo commercio e altre attività;

• Costruire una prospettiva e fungere da guida secondo le indicazioni del PPS6, garantendo l’avanzamento delle attuazioni;

• Ri-orientare i processi di sviluppo lontano dalle città più grandi, dove già agisce l’attrazione del mercato, verso un sistema più ampio di centri. I nuovi PPS aprono la strada alle amministrazioni per agire lateralmente al vecchio approccio di tipo gerarchico. Ma c’è bisogno di un chiaro orientamento per attirare gli investimenti verso i piccoli centri e le cittadine.

• Le autorità locali devono ricomporre i conflitti fra i propri compiti di pianificazione e gli obblighi in quanto proprietari di aree, promuovendo le trasformazioni. Sono conflitti che emergono e possono condurre a soluzioni non ottimali. D’altra parte, se le autorità hanno una corretta prospettiva, questi impegni possono anche ricondursi a vantaggio per i centri.

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Titolo originale: Wal-Mart à la Mexicana – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Ogni anno al solstizio di inverno, decine di migliaia di appassionati di revival indio, accoliti new age o semplici turisti con la macchina fotografica, si arrampicano, con le piume in testa o semplici magliette di cotone, in cima alla Piramide del Sole di San Juan Teotihuacan per assorbire i raggi dei sole e tonificare corpo e anima per l’anno nuovo.

Teotihuacan ha prosperato per quasi mille anni, fra il secondo secolo avanti Cristo e l’anno 700. Nell’anno 500 della nostra era, in città abitavano mezzo milione di persone, e la superficie urbana era di oltre venti chilometri quadrati: più grande di Roma. Governando le acque sotterranee, la civiltà di Teotihuacan creò la prima cultura del mais. Queztalcoatl, il serpente piumato, divinità ubiqua nell’antica Mesoamerica, dominava Teotihuacan, e i suoi sacerdoti mantenevano l’equilibrio delle stagioni agricole e il sole alto nel cielo coi sacrifici umani.

Mentre salivamo i 247 ripidi gradini che in quattro strette linee salgono al culmine della piramide, molti dei miei colleghi pellegrini manifestavano il proprio sdegno per il nuovo Wal-Mart, in bella vista lì sotto, a soli due chilometri di distanza.

“È come un’invasione, una nuova colonizzazione” è l’opinione di Rafael, giovane tecnico informatico di Cordoba, Veracruz.

Falta de respeto” (non c’è più rispetto), sputacchia una donna di mezza età senza i denti davanti. “Questo è il Messico, ecco”.

”Che orrore! Questi insultano gli Dei! Quezalcoatl sarà furioso!” dice l’insegnate di scuola media Xenia Marquez, di Città del Messico, mentre allarga le braccia verso il fioco sole di dicembre sulla cima della Piramide del Sole. La sua sfuriata è interrotta dalla suoneria del cellulare.

La saga della resistenza al Wal-Mart di Teotihuacan è una picaresca nota a piè di pagina, nella battaglia contro il leviatano globale. “Wal-Mart ha profanato la Città degli dei, e non ci sono divinità che possano proteggerlo, in Mesoamerica” avverte fosco Miguel Limon-Portillo, celebrato traduttore di poesia atzeca. Se negli U.S.A. dispute del genere si risolvono davanti a ricorsi amministrativi e commissioni urbanistiche, nel caso di Teotihuacan Wal-Mart ha toccato un nervo nazionale scoperto, e così questa guerra si combatte “alla messicana”.

Wal-Mart è saltato nel piatto del NAFTA acquistando nel 1992 una partecipazione alla catena da 122 punti vendita di Bodega Aurrerá, e ottenendo il controllo totale cinque anni più tardi. Ora possiede 687 superstores in 71 città messicane, coi marchi Wal-Mart, Bodega Aurrerá, Superama, e Sam’s Club – oltre a 52 Suburbias (una catena di grandi magazzini a livello più elevato) e 235 ristoranti Vip. Il totale delle vendite di Wal-Mart del 2003, coi suoi 10,8 miliardi di dollari, fa sembrare un’inezia quelle dei tre più grossi gruppi commerciali prese insieme, che arrivano in tutto a 8 miliardi. E Wal-Mart, il principale datore di lavoro degli U.S.A., lo è anche in Messico, con 100.000 dipendenti.

Come negli U.S.A., alla base del vangelo Wal-Mart in Mexico c’è l’intolleranza per sindacati, e qualunque seccatore nei punti vendita. Gli “associati” non sindacalizzati messicani di Wal-Mart guadagnano in media 13 pesos l’ora (circa 1,2 dollari) contro i 9 dollari dei loro equivalenti non sindacalizzati U.S.A.

”Non è un bene per la nostra sovranità se tutti i vestiti e il cibo arrivano da un altro paese” dichiara Vicente Yanez, direttore dalla Associazione Nazionale dei Negozi Self-Service (ci sono anche più di 2.000 McDonald’s, a macchiare il paesaggio del Messico).

A dieci anni di distanza da quando è atterrata la NAFTA, la fisionomia commerciale del Messico spesso è indistinguibile da quella dei suoi vicini del nord.

Non molti mesi fa, i polleros (passatori di clandestini) di Tapachula, Chiapas, sul confine meridionale del Messico, hanno chiesto 5.000 dollari ciascuno a sei guatemaltechi e altri due lavoratori senza documenti, con la promessa di portarli in modo sicuro negli Stati Uniti.

Spostandosi furtivamente attraverso il Messico in un vecchio autobus con le tende tirate, facendo scivolare nelle tasche dei funzionari dell’immigrazione l’obbligatoria mordida (piccolo morso, o bustarella) per sgusciare attraverso i posti di blocco, i passatori sono arrivati a Chihuahua City, 150 chilometri a sud del confine U.S.A., fino a un grosso sobborgo, scaricando poi il proprio carico davanti a un enorme Wal-Mart, e informando gli ignari clienti che erano arrivati “dall’Altra Parte”. Wal-Mart stava in quel luccicante centro commerciale insieme a un Wendy’s, un KFC, pure un Applebee’s, e il multisala da dieci schermi “Hollywood”.

”Sembrava proprio come si vede in televisione” ha dichiarato un mesto senza documenti al giornalista Froilan Meza, del Chihuahua Herald.

Il fronte civico per la difesa della valle di Teotihuacan ( Frente Civica), tanto per cominciare, ha avuto sentore dei progetti di Wal-Mart molto tardi, quando già le betoniere iniziavano a versare cemento per le fondamenta a meno di due chilometri dalle piramidi. I militanti hanno subito sospettato che ci fosse un accordo fra la grande impresa, l’amministrazione municipale e l’Istituto Nazionale di Storia e Antropologia (INAH), senza il cui permesso il progetto non avrebbe potuto essere approvato.

Il primo di ottobre 2004 Lorenzo Trujillo, insegnante di mezza età, l’autoproclamata “guida spirituale” Emma Ortega, e Emmanuel D’Herrera, poeta e professore, si sono installati sull’area del futuro Wal-Mart, hanno srotolato i loro petates (stuoie di paglia), acceso bastoncini di incenso all’immagine del guardiano Coatlicue, una specie di Shiva atzeco, e nel gesto classico delle cause perse messicane si sono dichiarati in sciopero della fame. Il loro sacrificio ha avuto qualche effetto su una nazione che guarda dubbiosa all’invadenza del NAFTA, ed è stata galvanizzata dalla questione della cultura india da dieci anni di ribellione zapatista.

Il governatore dello stato Arturo Montiel, un potenziale candidato presidente del Partido Revolucionario Institucional, che ha governato il Messico per settant’anni e non chiede di meglio che tornare al potere nel 2006, è stato un grande sostenitore del nuovo Wal-Mart. Vantava i potenziali 3.000 nuovi posti di lavoro per una regione depressa. Ma i commercianti di strada e di bancarella del mercato ritenevano che le loro vite sarebbero state messe a repentaglio dalle concorrenza del super-store e si sono uniti alla baruffa. Ci sono state risse di strada fra chi si opponeva al progetto e chi non voleva farsi trenta chilometri di autobus verso la più vicina città, per lo shopping. Quando il picchetto del Frente Civica è stato assalito da lavoratori edili inferociti, i tre scioperanti della fame si sono spostati verso le rovine. È iniziato un nuovo sciopero sul marciapiede davanti agli uffici INAH di Città del Messico.

Ora molti puntavano il dito sull’INAH per aver dichiarato il sito Wal-Mart di “nessun valore archeologico”. Un muratore licenziato, Martin Hernandez, dichiarò al quotidiano di sinistra La Jornada di aver visto cocci di terraglie e altri reperti trasportati via dal cantiere, e di aver ricevuto ordine di non parlare con nessuno delle distruzioni.

Ma c’erano già Rigoberta Menchú e Subcomandante Marcos ad esprimere commenti sul sacrilegio. Il Wal-Mart di Teotihuacan era un’occasione pronta per organizzazioni come l’Associazione per l’Autonomia Indigena, che subito chiese se la Chiesa Cattolica avrebbe consentito di tirar su un megastore davanti all’ingresso del Vaticano.

Francisco Toledo, il più noto pittore del Messico, che aveva tenuto McDonald’s fuori dalla piazza coloniale di Oaxaca (che come Teotihuacan è una località patrimonio mondiale UNESCO) con una mano sola, disegnò immagini di scimmie che spingevano carrelli della spesa fra le piramidi di un “ Teotihualmart”, come lo etichettò il critico sociale Carlos Monsivais. Dirigenti sindacali vennero a dare il proprio sostegno ai digiunatori e a ricordare alla stampa le inclinazioni antisindacali di Wal-Mart. Anarco-punks, antropologi, attori dichiararono il proprio sdegno, e la regina del cabaret Jesusa Rodriguez favoleggiava dei “ Hualmartas, una tribù del nord”.

Mentre il dissenso cresceva, Wal-Mart lavorava ventiquattro ore al giorno per rendere operativo il nuovo magazzino prima della fine di ottobre. E con l’avvicinarsi della scadenza, si arroventavano gli animi. Il 24 ottobre alcuni coltivatori militanti della vicina San Salvador Atenco, che avevano respinto un progetto di aeroporto internazionale coi loro machete, tre anni prima, si scontrarono con la polizia proprio davanti alle rovine. Furono date alle fiamme un’auto e tre moto della polizia.

Quando il 30 ottobre finalmente Wal-Mart fu pronta a spalancare le porte, c’erano 70 clienti in fila prima delle 9.00. Un camion con altoparlante aveva fatto il giro di tutte le cittadine per giorni pubblicizzando grandi affari e regali. Ma appena prima dell’orario di apertura comparve sulla scena una squadra dell’INAH, chiedendo di entrare per un prelievo di campioni dell’ultimo momento. Furono scavati buchi profondi due metri fra i registratori di cassa numero 6 e 7, nel silenzio più totale. I campioni si rivelarono solo sabbia e frammenti di mattoni del XX secolo, e Wal-Mart ebbe la benedizione INAH per l’inizio dell’attività.

Ma lo scavo aveva lasciato un abisso spalancato nel pavimento del megastore, e la responsabile delle pubbliche relazioni Claudia Algorri decise di rimandare l’inaugurazione a dopo il lungo ponte dei Morti, la tradizionale festa messicana.

Durante il week-end, la Frente Civica costruì altari agli antenati, e pregò a invocare gli dei di Teotihuacan.

Quando i clienti tornarono una seconda volta ad affollarsi al megastore il martedì mattina successivo, c’erano 250 poliziotti in assetto da sommossa a salutarli. La prima scaramuccia iniziò mentre la folla si avvicinava alle porte, e alcuni incaricati Wal-Mart calmarono il pubblico offrendo coca-cola, patatine e “dolcetti”, secondo il racconto de La Jornada. Poi saltò la connessione al satellite, che doveva collegare le casse di Teotihuacan al quartier generale Wal-Mart di Bentonville, Arkansas: gli dei erano in ascolto. Per sei ore, la folla girellò per i parcheggi sotto il sole a picco. Scoppiò un litigio familiare, ci furono nasi sanguinanti, osserva un reporter della Jornada. Infine, alle tre e mezza del pomeriggio, si consentì ai clienti di afferrare un carrello, e la furia consumistica si scatenò. Ma le vendite non furono eccezionali. Molti erano venuti solo per strabuzzare gli occhi davanti alle meraviglie di questo tempio di plastica.

Quella sera, una banda di teppisti sfasciò il campo del Frente Civica davanti alle rovine. D’Herrera, alla quarta settimana di sciopero della fame, fu strappato dal suo petate, e tre studenti feriti a colpi di rasoio da uno dei teppisti. Il Wal-Mart di Teotihuacan era ufficialmente operativo.

A dicembre, era il boom. Anche se “Nueva Wal-Mart” (il braccio messicano della corporation) non ha installato insegne esterne per evitare controversie, l’interno è senza dubbio un emporio nel perfetto stile del prototipo di Sam Walton, stipato fino alle travi del soffitto di merci per la maggior parte fabbricate in Cina.

Data la stagione, le scansie dei giocattoli erano piene di genitori. Dei sei clienti intervistati, tutti concordavano sul fatto che i prezzi di Wal-Mart erano i più bassi della città. Princess Barbie era offerta a 288 pesos (circa 20 dollari), i pupazzi He-Man a 162. Un modellino gigante di fuoristrada Hummer giallo si avvicinava ai 4.000 pesos. Un modellino di megastore Wal-Mart si proponeva per soli 988 pesos, suscitando ooh e aah. Nelle altre scansie, gli attrezzi Black & Decker andavano via in fretta a 97 pesos, e i pomodori e le mele coltivati negli U.S.A. tenevano testa alla produzione locale.

Miguel Angel Nieves, giovane guardiano il cui padre ha lavorato alla ricostruzione della Piramide della Luna negli anni ’60, esulta per i prezzi e i prodotti. “Prima che aprisse Wal-Mart, facevamo spesa per strada o al mercato centrale, che ha un solo proprietario” ci dice. “I prezzi erano alti ... e non era molto pulito”.

Fuori, nel parcheggio, l’antropologo locale Victor Acevedo, che ostenta accessori di produzione artigianale india, sta mestamente caricando la spesa sul vecchio maggiolino Volkswagen. “Non mi piace l’idea che Wal-Mart sia tanto vicino alle piramidi” ci dice “ma dove altro devo andare, a fare spesa?”.

Il Messico è una civiltà vecchia di quattromila anni, con una cultura salda come il granito o l’ossidiana. Quando vennero gli europei, buttarono giù la maggior parte dei templi atzechi. Ma le maestose piramidi di Teotihuacan restarono. E rimarranno ancora, anche dopo che tutti i Wal-Mart del Messico saranno diventati polvere.

Nota: qui il testo originale al sito Alternet ; un articolo de La Jornada citato spesso, e tradotto in italiano (Wal-Mart il bacio della morte) dal Manifesto; qui il sito Wal-Mart Watch dell'immagine di copertina, e sul tema parallelo c'è anche quello molto interessante italiano dei Chainworkers (f.b.)

L'animazione è tratta dal sito City Comforts Blog (f.b.)

Il sito www.eddyburg.it, fondato da Eduardo Salzano (urbanista militante, docente all’Università di Venezia) si occupa di «urbanistica, società, politica e di argomenti che rendono bella, interessante e piacevole la vita», come è scritto nella presentazione.

Una sezione del giornale è dedicata interamente al territorio del commercio. Una questione cruciale nella organizzazione dei luoghi urbani, anche perché, si scopre che «una delle ragioni essenziali della nascita della città, il commercio la sta abbandonando» e le forme dell’abbandono si presentano tutti i giorni diverse.

Di recente il sito ha ospitato due interventi, di Antonietta Mazzette (docente all’Università di Sassari) e dell’architetto Sandro Roggio, che hanno commentato la notizia, data nei giorni scorsi dalla «Nuova Sardegna», della nascita di uno speciale centro commerciale a Porto Cervo, un polo del lusso, con negozi che propongono le merci delle più importanti griffe italiane e internazionali, ideato e finanziato da Tom Barrack. Riportiamo i due interventi in questa pagina per gentile concessione di «eddyburg».

Qui gli articoli ripresi dalla Nuova Sardegna

Retail Planning Guidelines for Local Authorities, gennaio 2005 – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

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Development Plan

Il ruolo delle politiche commerciali nel development plan

Il sistema del development plan, sia a scala urbana che a quella di contea, comprende sia politiche e programmi di tipo strategico, sia azioni più circoscritte e localizzate (come quelle per i centri città). I consigli di contea e municipali devono predisporre politiche commerciali per la propria circoscrizione amministrativa. Comunque, visto che la pianificazione commerciale richiede di prendere in considerazione il bacino di utenza, che di solito non coincide coi confini delle autorità locali, all’allegato 3, paragrafo 8, vengono elencati gli elementi da considerare nel caso di bacini sovracomunali. Anche i piani regionali in formazione devono esaminare la gerarchia dei vari insediamenti e centri urbani, e offrire linee di massima riguardo alle priorità di localizzazione per nuovi complessi commerciali nella regione. Queste linee guida a scala territoriale non devono tener conto del fatto che i bacini di utenza taglino confini amministrativi.

Gli elementi da inserire in tutti i futuri development plans a scala urbana o di contea, sono:

(i) Conferma della gerarchia commerciale, ruolo dei centri e dimensione dei principali centri di città.

(ii) Delimitazione, entro il documento di piano, dei confini dell’area commerciale centrale.

(iii) Valutazione di massima delle necessità di superfici commerciali aggiuntive.

(iv) Linee strategiche di localizzazione, e scala degli insediamenti commerciali.

(v) Predisposizione di politiche e iniziative di sostegno al miglioramento dei centri di città.

(vi) Individuazione di criteri per la valutazione dei progetti di insediamenti commerciali.

Nell’affrontare questi argomenti, le autorità urbanistiche devono tener conto del punto di vista di commercianti, consumatori, proprietari immobiliari, operatori dei trasporti (e nel caso di Dublino, della DTO). Nel valutare il bisogno di nuove realizzazioni per i vari tipi di commercio è importante basarsi su previsioni realistiche sia di spesa che di richieste del mercato. I piani devono poggiare su dati aggiornati riguardo alle superfici commerciali esistenti, e alle tendenze commerciali dell’area. Livelli di dettaglio e complessità di approccio alla pianificazione commerciale variano a seconda del livello di urbanizzazione, densità di popolazione, numero di centri. Nelle aree metropolitane di Dublino, Cork, e negli altri centri urbani principali, esiste un bisogno molto maggiore di politiche insediative di dettaglio, di quanto non avvenga nelle zone principalmente rurali.

Strategie di dettaglio

Di conseguenza sarà necessario, per le contee più urbanizzate, predisporre strategie e politiche commerciali di maggior dettaglio.In più, in alcune zone le contee devono cooperare l’una con l’altra nelle strategie commerciali. Di seguito si elencano Contee e Città che devono predisporre in modo congiunto piani e politiche unificati (sui temi esposti meglio ai paragrafi successivi) da inserire poi nel proprio development plan:


Area

Principali Contee o Città

Grande Dublino (così come definita nelle relative Strategic Planning Guidelines) Dublin City Council e Contee di Fingal, Dun Laoghaire/Rathdown e South Dublin, Kildare, Meath e Wicklow
Grande Cork Contea di Cork e Cork City Council
Grande Waterford Contea di Waterford, Waterford City Council, Contea di Wexford e Contea di Kilkenny
Galway Contea di Galway e Galway City Council
Limerick Contea di Limerick, Contea di Clare e Limerick City Council
Drogheda/Dundalk Contea di Louth e Contea di Meath
Athlone Contea di Westmeath e Contea di Roscommon

Gli studi preliminari da condurre per definire la strategia di urbanistica commerciale devono segnare i confini dell’area interessata.

Per programmare lo sviluppo futuro, le contee devono valutare in linea di massima le necessità di nuove strutture commerciali entro il periodo di validità del piano. Questa valutazione tiene conto sia delle domande emergenti nel mercato commerciale, sia sui bisogni futuri in base a proiezioni riguardo ai cambiamenti nella popolazione e nei livelli di spesa del consumatore. È interesse di tutte le parti che tali stime siano fondate su un approccio comune standard. Le indicazioni per un approccio corretto sono contenute nell’allegato 3. Le valutazioni delle future necessità commerciali hanno lo scopo di offrire indicazioni di massima sulle quantità e proporzioni di offerta di spazi commerciali. Non devono essere considerate in modo eccessivamente prescrittivo, e non devono inibire la concorrenza.

Nel predisporre le linee guida per la localizzazione e dimensioni degli insediamenti futuri, i consigli di contea non devono prendere in considerazione i benefici economici potenziali che si possono trarre (che qualunque amministrazione può trarre) come conseguenza di un previsto insediamento commerciale. Gli effetti sulle finanze locali di un complesso commerciale non costituiscono oggetto della pianificazione urbanistica.

La strategia da inserirsi all’interno del development plan deve fornire orientamenti riguardo alla sommaria localizzazione (nome della cittadina, distretto, villaggio) del nuovo insediamento. Per avere maggiori elementi di certezza sarà necessario dare indicazioni di massima sulle dimensioni dei complessi previsti nei vari luoghi, e insieme i precisi confini della relativa zona commerciale centrale di città.

Per le località indicate, la strategia deve sia indicare specifiche alternative di sito per l’intervento, o quando ciò non sia possibile stabilire criteri per la scelta di tali siti. Nel caso in cui si debbano stabilire criteri, essi devono essere sufficientemente chiari da consentire una precisa valutazione delle domande e progetti.

Le politiche di gestione del traffico da adottarsi per i centri urbani all’interno del development plan devono contenere: le previsioni di comode ed efficienti strutture di trasporto collettivo, con priorità di percorsi per gli autobus, l’offerta e localizzazione di parcheggi per le auto (comprese strutture park and ride, o di rapporti con le zone pedonali), percorsi pedonali e ciclabili, accessibilità senza barriere architettoniche al centro città, misure di contenimento del traffico. Devono essere indicate chiaramente le zone destinate a progetti speciali per migliorare l’accessibilità ai disabili, a frequentatori con carrozzine e passeggini.

I cicli economici sia a livello nazionale che di mercati locali sono soggetti a cambiamenti nel tempo. È quindi inevitabile che qualunque previsione sull’arco di validità del piano possa rivelarsi non del tutto precisa. Questo non mette comunque in discussione l’utilità di predisporre piani strategici di lungo periodo. Contee e Città devono periodicamente monitorare tendenze ed eventi nella propria area, e aggiornare coerentemente le proprie politiche a intervalli non inferiori a sei anni.

Strategie Generali

Nel resto del territorio statale, le contee non indicate in tabella come obbligate a predisporre una strategia di urbanistica commerciale dettagliata, dovranno redigere una dichiarazione generale di intenti strategici e politiche per il futuro. Le questioni sono quelle stabilite ai punti precedenti – da ( i) a ( vi). Nello sviluppo dei punti (iii) e (iv) non sarà necessario stimare in dettaglio i bisogni futuri di ulteriori insediamenti. Per formulare appropriate politiche e criteri relativi alle proposte di nuovi complessi commerciali, sarà sufficiente una valutazione di massima, che rifletta gli interessi di mercato locale e il bisogno di offrire buone opportunità di servizio ai principali centri di popolazione.

Limiti alle superfici dei complessi commerciali

Nel giugno 1998 la Local Government ( Planning and Development) General Policy Directive ( Shopping) ha posto un limite massimo generale alla grande distribuzione alimentare, a livello statale. Nel corso della fase di consultazioni preliminare al presente documento, sono stati presentati molti diversi punti di vista a questo proposito. Il rapporto Goodbody indica che non possono essere assunte economie di scala nel settore alimentare, e comunque esse cessano di operare poco oltre i 2.000 metri quadrati. Di conseguenza l’imposizione di un tetto massimo di superficie oltre questa soglia non avrebbe effetti contrari alla libera concorrenza. Nei fatti, sostenendo a livello locale la concorrenza, uno degli effetti dell’imposizione del tetto massimo potrebbe essere la riduzione del potenziale per monopoli locali.

Sulla base di questa analisi e di altre esperienze in Europa, il principio del limiti alle superfici commerciali è ben fondato. Il tetto fissato esistente è considerato rappresentativo di un accettabile equilibrio fra le varie richieste dei vari gruppi di interesse. È anche stato rilevato che la quantità fissata di 3.000 metri quadrati non riduce la concorrenza. Dunque è corretto proseguire l’applicazione di un principio di tetto dimensionale ai complessi commerciali alimentari.

Ci sono comunque buoni motivi per differenziare i limiti di superficie fra l’area della Grande Dublino e il resto del territorio nazionale. Le maggior dimensioni dell’area e la sua densità di popolazione, la stretta prossimità fra aree residenziali e centri di città, la dimensione demografica dei bacini di riferimento dei centri commerciali, offrono una giustificazione all’aumento del tetto per i complessi commerciali alimentari. In linea di massima, il commercio alimentare nell’area della Grande Dublino è in grado di generare un maggior turnover attraverso il bacino di utenza locale. Come conseguenza di ciò, e del bisogno di rispondere rapidamente ai bisogni crescenti di commercio di Dublino, il limite dimensionale nell’area metropolitana è fissato a 3.500 metri quadrati. Sul resto del territorio nazionale il tetto per i complessi commerciali alimentari è di 3.000 metri quadrati.

Questi limiti alle superfici si applicano ai nuovi complessi o ampliamenti di quelli esistenti con aggiunta di superfici di vendita. Il limite interessa la superficie commerciale netta di superstores e quella alimentare netta degli ipermercati, così come segnata sui progetti approvati.

I consigli di Contea o di Città, nel predisporre le proprie strategie commerciali per l’area devono essere attente a questi limiti di superficie per il commercio alimentare. I casi particolari, i consigli di Contea esterni alla Grande Dublino e alle altre quattro zone, possono introdurre piccole correzioni verso il basso, dove le dimensioni dei centri di città siano piccole rispetto al tetto fissato, e il potenziale di crescita per il settore limitato. In ogni caso, se un’autorità urbanistica desidera proporre una revisione al ribasso del limite, deve motivarla documentatamente con uno studio redatto da esperti, e tenendo conto delle conclusioni del rapporto Goodbody riguardo alla necessità di evitare azioni contrarie al principio di libera concorrenza. In più, occorre tener conto delle conclusioni del rapporto Goodbody sulle dimensioni dell’insediamento a cui si esauriscono le economie di scala, ad esempio quando documentatamente si verifichi che per un negozio alimentare cessino di esistere ad una dimensione di 2.000 metri quadrati. Nessuna riduzione del tetto massimo potrà superare questo limite.

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Valutazione dei nuovi insediamenti – Le singole tipologie

I principi generali di valutazione dei nuovi insediamenti sono stati esposti sopra. Il peso da dare ad alcune considerazioni può variare nei casi di alcuni particolari tipologie. Questa sezione delle Linee Guida si occupa di questi particolari concepts di insediamento commerciale e per il tempo libero.

Centri Commerciali Regionali

I grandi centri commerciali isolati, in località esterne alle città, possono avere effetti significativi sui centri urbani tradizionali. In varie zone d’Europa essi sono stati giustificati sulla base di una consistente crescita nella spesa al consumo entro le grandi conurbazioni con un milione di abitanti ed oltre. Nel contesto irlandese questa forma insediativa non può essere facilmente giustificabile, con l’eccezione possibile dell’area interna alla Grande Dublino. Di conseguenza al di fuori di Dublino non esistono in alcun caso motivi per la realizzazione di grandi centri commerciali regionali.

Entro l’area di Dublino esistono due grandi complessi commerciali progettati come centro di nuove città: Blanchardstown e Tallaght. Un terzo, a Liffey Valley, offre solo comparison shopping. Le Strategic Planning Guidelines per l’area della Grande Dublino indicano che i futuri insediamenti commerciali dovranno comprendere:

• Complessi con un’ampia gamma di negozi di beni di consumo di varie dimensioni, in località accessibili in auto, con priorità a quelle accessibili tramite un buon servizio di trasporti pubblici.

• Un insieme di spazi consolidati e in evoluzione ben serviti dal trasporto pubblico, che insieme al centro di città possano offrire un buon livello di servizio commerciale.

Un numero limitato di insediamenti del tipo retail warehouse in località accessibili in auto.

La realizzazione di ulteriori grandi centri commerciali di scala regionale su aree libere o al di fuori di centri di città consolidati non è considerata sostenibile in relazione agli obiettivi del trasporto. Di conseguenza, esiste una generale posizione contraria al grande insediamento commerciale extraurbano.

Centri Commerciali di Distretto

Di norma all’interno delle aree delle principali conurbazioni o nei sobborghi delle grandi città esistono centro commerciali di scala distrettuale. Sono di solito organizzati attorno a un grosso supermercato e contengono una serie di negozi e punti di servizio di tipo diverso (quali banche, uffici postali, parrucchieri). Svolgono una importante funzione commerciale per la comunità locale, entro un raggio di 15-20 minuti in auto. Non esiste una precisa soglia dimensionale per centri del genere, anche se a seconda della densità di popolazione del bacino di riferimento, sono abitualmente fra i 10.000 metri quadri delle zone adiacenti alle principali città, fino ai 20.000 in alcune parti dell’area di Dublino.

Le previsioni di nuovi centri commerciali di distretto, o ampliamenti di quelli esistenti, sono indicate dai development plans. Di norma, l’offerta di centri addizionali sarà basata sulla crescita di popolazione, o su un chiaramente dimostrato insufficiente livello di servizio. La zona della Grande Dublino rappresenta l’area in cui la popolazione cresce più rapidamente e dove è più probabile che si verifichino carenze di offerta commerciale al momento. I criteri di massima per la localizzazione di questi centri saranno indicati nei piani regionali in formazione. Nonostante sia possibile realizzare centri commerciali di distretto ampliando quelli di scala locale o i centri di villaggio, possono esistere progetti di realizzazione per nuovi complessi a servizio delle nuove zone residenziali. I criteri localizzativi di tali centri devono essere fissati dal development plan.

Grandi magazzini alimentari

I grandi magazzini alimentari, ovvero supermercati, superstores, ipermercati, sono una consolidata componente della gerarchia commerciale. Si rivolgono principalmente ai bisogni di consumo alimentare settimanale delle famiglie. Richiedono grandi superfici libere e adiacenti parcheggi, dato che la maggior parte delle famiglie (ma non tutti) fanno la spesa cumulativa settimanale in macchina.

Ovunque possibile i grandi magazzini alimentari devono essere offerti in città, villaggio o centro di distretto, o ai margini della zona centrale dove è possibile fornire trasporti pubblici a chi non usa l’auto. In casi eccezionali non sarà possibile reperire siti interni o ai margini dei centri urbani a causa delle dimensioni dei negozi, dei vincoli ambientali dei centri storici, o perché la rete stradale non ha la capacità necessaria al traffico aggiuntivo.

Quando un progetto di complesso alimentare comprende anche commercio di significative quote non alimentari (come avviene negli ipermercati) i disegni allegati alla domanda devono indicare chiaramente l’area area da destinare al commercio alimentare. Come indicato in precedenza, si applica un tetto dimensionale di 3.500 metri quadrati per la Grande Dublino, e di 3.000 metri quadrati per il resto del territorio nazionale. Questo limite vale per il totale netto di superficie di vendita dei superstores, e l’area alimentare degli ipermercati così come indicata dai disegni allegati alle domande.

[...]

Factory Outlet Centres

Nella sua forma più semplice questo modello commerciale comporta la vendita di prodotti a prezzo scontato in un negozio di fabbrica, di solito collocato entro o adiacente agli impianti produttivi. Questi negozi, funzioni secondarie dell’attività produttiva principale, non fanno parte della tradizione commerciale irlandese, anche se esistono esempi di negozi del genere legati al turismo per prodotti artigianali (ad esempio i cristalli). I progetti per punti vendita legati a singole fabbriche sono accettabili, se non entrano in conflitto con l’economia dei vicini entri di città, o generano significativi problemi di traffico e trasporti.

Il concetto di factory outlet centre ha la sua origine negli Stati Uniti. Negli anni ’90 ne sono stati realizzati in Europa, a grandi distanze dalle relative fabbriche. Si tratta di raggruppamenti di veri e propri factory outlets e di altri negozi, con particolare riguardo per i prodotti di marca e altri articoli specializzati, e in genere in localizzazioni extraurbane. Presentati in un primo tempo come modo per mettere a disposizione articoli di seconda scelta o fondi di magazzino a fine stagione, essi possono diventare un meccanismo che serve ai produttori per vendere direttamente al consumatore i prodotti correnti, se non vengono esercitati i controlli necessari. Salvo nei casi in cui la vendita possa essere considerata aggiuntiva rispetto al processo di produzione, questi outlets devono essere trattati come comuni insediamenti commerciali, e valutati conseguentemente.

Il successo di questi centri dipende dalla capacità di attirare clienti e visitatori da un vasto bacino di riferimento, compresi turisti, ed essi possono avere effetti su centri turistici esistenti e altri centri di città consolidati, anche a una certa distanza dal sito proposto. In particolare, possono spostare le tendenze di spesa nel comparison shopping, in particolare moda e articoli speciali, che formano una componente chiave delle economie centrali. Al contrario, se un factory outlet centre si localizza in modo da legarsi ad un polo turistico o centro di città, e in tal modo realizzare una sinergia commerciale, può aiutare ad elevare il livello e a migliorare l’offerta generale anche attraverso la concorrenza con le attività commerciali e per il tempo libero.

La popolazione relativamente piccola dell’Irlanda fa pensare che esista un potenziale di mercato solo per un numero limitato di factory outlet centres. Le richieste per la realizzazione di questi centri devono essere prese in considerazione in rapporto alle indicazioni del development plan e dei paragrafi relativi di queste linee guida. Per i benefici potenziali di tipo economico generati dalla prossimità di un factory outlet ai centri urbani, si deve prestare particolare attenzione ai siti sui margini del centro città, o dove sia possibile offrire un rapido trasporto pubblico di alta qualità. Deve comunque essere considerato che questo tipo di centri non ha molte possibilità di successo commerciale nelle vicinanze dei principali centri urbani d’Irlanda, perché i commercianti di norma non scelgono di collocare un’attività discount in diretta concorrenza coni negozi delle vie centrali. Comunque, l’esperienza insegna che questo ostacolo non vale per i centri secondari o quelli più piccoli, specialmente nelle aree di attrazione turistica. Di conseguenza, la localizzazione più appropriata per i factory outlet centres è quella dove si possono realizzare sinergie commerciali fra questi e un centro di città, a beneficio economico dell’area locale. Non si considerano adatte localizzazioni di factory outlet centres in zone libere extraurbane.



Nota: Alcuni commentatori hanno sottolineato come le deroghe al tetto di superficie per l'area metropolitana di Dublino sembrino studiate per favorire la catena IKEA. Il testo integrale, originale e ufficiale messo a disposizione dal governo irlandese, è scaricabile direttamente da Eddyburg qui di seguito (f.b.)

Titolo originale: Amendment to the Retail Planning Guidelines – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Le Retail Planning Guidelines sono state adottate nel dicembre 2000. Il documento comprendeva un limite massimo di 6.000 metri quadrati alla dimensione dei magazzini. Altre indicazioni erano quelle sul contenimento della superficie commerciale negli esercizi alimentari a 3.000 metri quadri, eccetto nell’area metropolitana di Dublino, dove il limite era di 3.500.

Nell’agosto del 2003 il ministro responsabile di Environment, Heritage and Local Government ha iniziato una revisione parziale delle Retail Planning Guidelines. Le modifiche si concentravano sui tetti massimi di superficie commerciale. Si è intrapresa questa iniziativa perché erano state sollevate preoccupazioni per gli effetti dei limiti imposti sulla concorrenza. Sono state invitati a presentare osservazioni i soggetti interessati.

Il 5 gennaio 2005 il Ministro ha annunciato che si era deciso di modificare le Retail Planning Guidelines in modo che il limite di dimensione dei magazzini, per i soli beni durevoli (non alimentari), non si applichi più entro le zone delle quattro amministrazioni che compongono l’area di Dublino, e negli altri territori classificati National Spatial Strategy Gateways. Tali centri Gateway sono: Athlone/Tullamore/Mullingar, Cork, Dublin, Dundalk, Galway, Letterkenny, Limerick/Shannon, Sligo, e Waterford. La deroga si applica solo nelle aree sottoposte a Integrated Area Plans ai sensi dello Urban Renewal Act 1998. Gli emendamenti alle attuali Retail Planning Guidelines entreranno in vigore a partire dal 1 febbraio 2005, data in cui – ci viene detto – sarà resa disponibile una nuova versione del documento.

Il Ministro ha dichiarato che “Gli emendamenti alle Retail Planning Guidelines faciliteranno l’ingresso di nuovi operatori commerciali nel mercato irlandese. Si tratta di una decisione che aumenta le opportunità di scelta per il consumatore e le possibilità di concorrenza. Assicura anche che gli sviluppi di mercato avvengano sulla base di un contributo ai programmi economico-sociali governativi per il rinnovo urbano, e la National Spatial Strategy. Concentrando gli effetti delle modifiche nelle zone soggette a Integrated Area Plan si assicura che le autorità urbanistiche possano controllare meglio i modi in cui si realizzano i principali insediamenti commerciali. Si garantisce la migliore soluzione urbanistica, la più adatta nel contesto complessivo degli obiettivi di rigenerazione fissati dallo Urban Renewal Act”.

È importante notare che le norme correnti continuano ad applicarsi a qualunque progetto di insediamento commerciale oltre i 6.000 metri quadrati nelle zone specificate, e per i complessi destinati a beni non durevoli, come gli alimentari. Qualunque proposta per un singolo negozio che superi i 6.000 metri quadrati, in una zona soggetta a Integrated Area Plan, dovrà dimostrare quanto segue per essere approvabile dal punto di vista urbanistico:

Essere localizzata nei pressi di una rete stradale di capacità sufficiente a servire un insediamento delle dimensioni proposte;

Essere servita da strutture di trasporto pubblico, operanti o in progetto;

Organizzarsi adeguatamente per offrire a chi lo desiderasse la consegna a domicilio, alternativa agli spostamenti in auto privata;

Produrre una valutazione di impatto del traffico che dimostri l’adeguamento ai criteri esposti sopra;

Tener conto dei criteri di vitalità e solidità economica del centro urbano, così come stabiliti nelle Guidelines.

Il limite del 6.000 metri quadri di superficie commerciale continua ad applicarsi a tutte le aree diverse da quelle specificamente esentate.

Gli emendamenti hanno spianato la strada ai grandi magazzini svedesi IKEA per costruire il primo negozio d’Irlanda a Ballymun, Dublino. Ci sono state critiche a queste modifiche da molte parti, che sostengono come esse significhino la morte delle piccole attività a livello nazionale. Altri critici hanno affermato che si porterà altro traffico e congestione nelle aree riclassificate. Ma i sostenitori dell’emendamento credono che farà bene alla concorrenza, e creerà centinaia di posti di lavoro in zone che hanno sofferto disoccupazione e mancanza di investimenti.

Nota: su Eddyburg sono disponibili alcuni estratti delle Retail Guidelines; qui il testo originale al sito della Environmental and Planning Law Newsletter (f.b.)

Office of Deputy Prime Minister, UK (Bozza, dicembre 2003),Planning Policy Statement 6 (PPS6): Planning for Town Centres

Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini. I capitoli riportati di seguito sono dal numero 2 e 3 del documento originale. È stata omessa per facilitare la lettura la numerazione dei singoli “statements”, e quindi i riferimenti alle indicazioni dei “paragrafi precedenti” possono apparire a volte imprecisi (f.b.)

[...]­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­ Pianificazione in positivo per i centri: un approccio basato sul piano

Per conseguire il fine governativo di promuovere centri urbani vitali ed economicamente solidi, lo sviluppo dovrà concentrarsi negli insediamenti esistenti per rafforzarli e, ove necessario, rigenerarli. Le autorità urbanistiche locali hanno il compito di:

·Promuovere attivamente la trasformazione attraverso una crescita pianificata o, dove necessario, contro il declino dei centri;

·Identificare una rete di centri con una più equa distribuzione di funzioni, e una gerarchia di centri ciascuno a svolgere il proprio ruolo più appropriato a rispondere ai bisogni del bacino territoriale di riferimento;

·Adottare un tipo di approccio attivo e basato sulla pianificazione dei centri, attraverso la scala regionale, sub-regionale e locale dei piani;

·Utilizzare strategie specifiche per i centri urbani, a orientare trasporti, reperimento delle superfici per gli interventi, prevenzione del crimine, pianificazione e disegno urbano, connesse alla crescita e gestione di queste zone;

·Consultare la comunità, gli operatori pubblici e quelli privati, ad assicurare che le varie esigenze vengano recepite e i progetti siano realistici ed economicamente affidabili.

Questi problemi saranno sviluppati con maggior dettaglio più avanti (e nell’Allegato B), insieme ad altre considerazioni rivolte alle autorità urbanistiche locali. Nella pianificazione per lo sviluppo, le amministrazioni locali devono anche tener conto della perdita di potenziali benefici per la comunità, nel caso di progetti non in grado di progredire n sede locale a causa della difficoltà di reperire una sede adatta per l’insediamento.

Promuovere e gestire la crescita nei centri urbani

Le autorità urbanistiche locali devono pianificare propulsivamente la crescita delle attività commerciali, per il tempo libero, degli uffici e di altre funzioni centrali nell’arco di tempo di validità degli strumenti di piano:

·Individuando spazi appropriati per sistemare le funzioni necessarie;

·Individuando gli spazi interni e adiacenti al centro per urbanizzazione o riurbanizzazione;

·Promuovendo la crescita delle zone centrali.

Tale crescita può anche trovar posto individuando edifici già esistenti e favorendo un cambio di destinazione d’uso.

Quando nei centri si prevede una crescita di grosse dimensioni, ciò spesso implica un ampliamento dell’area commerciale esistente. Può anche essere opportuna un’estensione del centro città se si riscontra la necessità di grossi insediamenti. Punti vendita di dimensioni maggior possono portare vantaggi ai consumatori e le autorità urbanistiche locali devono renderli disponibili in questo contesto. In tali casi si dovranno individuare e rendere disponibili vaste superfici adiacenti alla zona commerciale principale (ad esempio localizzati ai margini del centro).

Se la crescita può essere contenuta adeguatamente con un uso più efficiente di aree ed edifici esistenti nel centro, le autorità urbanistiche locali devono mirare in primo luogo all’aumento di densità dell’insediamento attraverso edifici multipiano, funzioni miste (vedi paragrafi successivi), con le funzioni a maggior densità, come quelle per ufficio, collocate nelle parti più accessibili.

Nei casi dove il centro esistente è in fase di declino, le autorità urbanistiche locali devono prendere in considerazione la possibilità di consolidarlo e rafforzarlo concentrandovi una più ampia gamma di servizi. Ove questo non è possibile, si dovrà stabilire che questa area è classificata di rango inferiore nella gerarchia locale, e riflettere questa revisione di status nelle politiche da applicare in zona. Questo può significare il consenso al cambio di destinazione d’uso di alcune unità commerciali verso altre funzioni, anche mantenendo servizi vitali di carattere locale come farmacie o uffici postali.

Reti e gerarchie di centri

Nel quadro di promozione e valorizzazione dei centri esistenti, le autorità urbanistiche devono prendere in considerazione il sistema dei vari nuclei – la loro rete – e i ruoli, raggio di influenza e livello di specializzazione, ad esempio la loro posizione all’interno di una gerarchia. Sia a livello regionale che locale, le autorità dovranno pianificare la distribuzione della crescita, usandola per riequilibrare la rete di centri al fine di evitare il dominio dei più grandi, che esista una maggiore omogeneità nella distribuzione di strutture, e che i bisogni quotidiani degli abitanti trovino risposta a livello locale. Le amministrazioni dovranno dunque tendere a:

·Evitare la super-concentrazione della crescita entro i centri maggiori;

·Usare la crescita per rafforzare quelli sui gradini più bassi della gerarchia, compresi quelli bisognosi di rigenerazione;

·Colmare alcune delle disparità promuovendo i centri ad un rango operativo superiore entro la gerarchia.

Reti e gerarchie sono elementi dinamici, che cambiano nel tempo, ma qualunque significativa modificazione in ruolo e funzione, verso l’alto o verso il basso, deve avvenire nel quadro del piano urbanistico [development plan], anziché attraverso interventi singoli [applications]. Le modifiche ai livelli più alti della gerarchia devono interessare inizialmente la scala regionale e sub-regionale, mentre quelle nei ruoli dei centri più piccoli, nonché le fasi applicative di quelli maggiori, devono svilupparsi entro i piani locali, o i development frameworks. In tutti i casi, si devono prendere in considerazione le principali politiche e strategie riguardo ai trasporti.

[...]

Un sistema propulsivo basato sulla pianificazione

Ruolo dei piani regionali

La Regional Planning Guidance (RPG) e, in futuro, le Regional Spatial Strategies (RSS) – compresa la Spatial Development Strategy (SDS) per Londra – devono offrire una visione strategica per la crescita regionale, che comprenda i centri principali dell’area, e offra una cornice alla pianificazione locale. Ulteriori indicazioni sulla predisposizione delle Regional Spatial Strategies sono contenute nel [bozza] Planning Policy Statement 11 (PPS11): Regional Planning.

Nella revisione della RPG e predisposizione di RSS (o di strategie sub-regionali, dove necessario), l’organismo di pianificazione territoriale dovrà:

·Costruire una visione strategica per lo sviluppo di una rete equilibrata di centri entro la regione e per ciascuna sub-regione, evitando eccessiva concentrazione di strutture nei centri di più alto livello;

·Compiere chiare scelte strategiche su dove debba essere incoraggiata la crescita, inserendo zone di importante crescita pianificata; stabilendo quali centri debbano aver crescita minore e, dove necessario, identificando i centri dove debba essere gestita una fase di declino, rafforzando l’insediamento esistente Nel compiere le proprie scelte strategiche, l’organismo di pianificazione regionale dovrà equilibrare i diversi bisogni delle comunità e dei centri entro il proprio territorio regionale e per ciascuna sub-regione;

·Valutare il bisogno generale di superfici aggiuntive entro il periodo di validità del piano, per le funzioni descritte in questo documento, e in particolare per il commercio, le attività per il tempo libero e gli uffici, per un periodo di cinque anni, e considerare se i bisogni identificati per i centri chiave trovino la miglior risposta, tenendo conto degli obiettivi del Governo;

·Valutare la capacità degli centri esistenti di ospitare insediamenti aggiuntivi;

·Riferirsi agli obiettivi del Governo così come contenuti nella Sezione n. 1;

·Monitorare e sottoporre a periodica revisione l’attuazione delle strategie.

Il Governo non ritiene probabile che esista un bisogno di nuovi shopping centres extraurbani di scala regionale o sub-regionale, né di ampliamento di quelli esistenti. Se comunque tale bisogno fosse individuato, deve essere inserito all’interno della Regional Spatial Strategy. Possono essere approvati progetti per rinnovare o sostituire strutture esistenti, quando questo non comporti aggiunta di superfici per commercio o tempo libero, né ulteriori strutture per parcheggi, se tale necessità è stata riscontrata a livello di Regional Spatial Strategy. Può sorgere il bisogno di migliorare i trasporti pubblici verso strutture extraurbane, ma questo non giustifica il loro ampliamento.

Ruolo dei piani locali

Le autorità urbanistiche locali devono adottare un approccio attivo e propulsivo alla pianificazione per il futuro dei centri entro la propria area, sia che si tratti di pianificarne una crescita, un consolidamento, o una diminuzione. In base alla strategia di scala regionale e alla propria strategia locale, le amministrazioni dovranno esprimere una visione relativa al quadro e gerarchia dei centri, compresi quelli di importanza locale, entro la propria area, stabilendo i modi nei quali i diversi centri possano contribuire alla visione generale

Le autorità urbanistiche locali dovranno operare congiuntamente alle imprese e ad altri soggetti interessati, per:

·Valutare i bisogni di nuove superfici commerciali, per il tempo libero e altri usi chiave di tipo centrale, tenendo conto sia dei fattori quantitativi che di quelli qualitativi;

·Individuare carenze o vuoti nell’offerta, valutare la capacità dei centri esistenti di contenere nuove strutture, inclusa la possibilità di ampliare il centro urbano, e identificare centri che possano necessitare di consolidamento o declino pianificato;

·Individuare i centri a livello di città, centro minore, di distretto e locali entro la propria area dove si concentreranno i nuovi interventi, insieme al bisogno eventuale per nuovi centri in zone di crescita o ristrutturazione, e sviluppare strategie di sviluppo e rafforzamento;

·Individuare e destinare i vari siti secondo le linee esposte nei paragrafi successivi;

·All’interno di tale processo, verificare tutte le destinazioni attuali;

·Sviluppare strategie locali che assicurino equilibrato accesso ai servizi;

·Stabilire criteri, coerenti alle politiche chiave esposte di seguito, per valutare e distribuire proposte di nuovi insediamenti per località non previste dal piano.

Le strategie per i vari centri sono elemento essenziale della pianificazione per la loro futura vitalità e affidabilità economica. Tali strategie devono comprendere e riferirsi a un’ampia gamma di questioni urbanistiche, di progetto e gestione dei centri, ed affiancare gli strumenti urbanistici prescrittivi. Esse devono costituire una parte importante nella preparazione del Local Development Framework [...]

Promuovere alta densità, insediamenti a funzioni miste e differenziazione

Il Governo mira ad assicurare che venga fatto un uso efficiente delle aree, interne ai centri come altrove. Le autorità urbanistiche locali dovranno formulare politiche di piano che riflettano il bisogno di promuovere insediamenti ad alta densità, multipiano, all’interno e nei pressi dei centri esistenti, compreso il sostegno a zone multifunzionali, dove appropriato.

Previe altre considerazioni di carattere urbanistico, si deve incoraggiare l’insediamento di residenze e uffici come funzioni adatte, al di sopra di quelle commerciali o per il tempo libero poste al piano terreno. L’inserimento di residenza negli insediamenti commerciali extraurbani non deve di per sé giustificare aggiunta di superfici commerciali, anche se devono essere presi in considerazione tutti i vantaggi connessi.

La diversificazione degli usi nei centri fornisce un importante contributo alla loro vitalità e solidità economica. Funzioni diverse ma complementari, durante il giorno e la notte, possono rafforzarsi l’una con l’altra, rendendo i centri città più attraenti per gli abitanti, i visitatori e la clientela. Le autorità urbanistiche locali devono promuovere la diversificazione funzionale dei centri città nel loro insieme, e assicurare che turismo, attività per il tempo libero e culturali, che attirano un’ampia gamma di gruppi sociali diversi, siano distribuiti in tutto il centro.

Gestire le “economie della notte”

Nel programmare le economie serali dei centri urbani, le autorità locali devono, dove possibile, prendere in considerazione la necessità di individuare quartieri distinti, come quello dei divertimenti nei centri maggiori, dove le attività connesse possano concentrarsi. In questo, devono considerare dimensioni e quantità degli insediamenti connessi al tempo libero che desiderano incoraggiare, e il loro probabile impatto, compreso quello cumulativo sulle caratteristiche generali del centro, i possibili comportamenti anti-sociali, il benessere degli abitanti della zona. Le amministrazioni devono anche accertarsi che le proprie strategie per l’economia della notte siano coerenti con le politiche delle licenze [...].

Le autorità urbanistiche locali possono distinguere all’interno dei propri development plans tra fronti principali e secondari all’interno dei centri. Gli affacci principali dovranno contenere un’alta percentuale di funzioni commerciali, mentre quelli secondari offrono maggiori flessibilità d’uso. Piani o Local Development Documents corretti, dovranno includere indicazioni che chiariscano quali tipi di edificazione siano consentiti in queste aree.

Mercati

I mercati su strada o coperti (compresi quelli di prodotti agricoli) possono dare un valido contributo alla qualità e diversificazione dell’offerta locale di shopping, e alla vitalità generale dei centri città. All’interno di una visione generale da parte dell’amministrazione, i mercati devono essere mantenuti e ingranditi. Le autorità locali devono assicurarsi che restino attraenti e competitivi, investendo nel loro miglioramento.

Scelta dei siti e acquisizione delle aree

Nella scelta dei siti, all’interno dei piani urbanistici locali o Development Plan Documents, le autorità dovranno tenere in considerazione l’obiettivo di promuovere centri vitali e solidi.

Di conseguenza dovranno:

a) valutare il bisogno di nuove strutture;

b) assicurare una dimensione adeguata agli interventi;

c) applicare alla scelta dei siti l’approccio “sequenziale”;

d) valutare l’impatto degli interventi sulla struttura esistente;

e) assicurare l’accessibilità.

Di seguito sono riportati maggiori particolari su ciascuno di questi punti. Le autorità urbanistiche locali devono tener conto di queste considerazioni nel prendere decisioni riguardo ai siti, o ad altre questioni rilevanti.

Le amministrazioni locali devono operare in stretto rapporto con commercianti e operatori del tempo libero, e con la cittadinanza nel suo insieme, nel prendere in considerazione i siti potenziali.

a) Valutare il bisogno di nuove strutture

La valutazione dei bisogni deve essere sviluppata come parte del processo di redazione o revisione del piano, e aggiornata regolarmente. La valutazione dei bisogni locali deve tener conto della strategia stabilita dalla pianificazione di scala regionale nella regional planning guidance o regional spatial strategy, e dell’insieme dei bacini di utenza dei vari centri, anziché semplicemente della propria circoscrizione di competenza. Queste premesse fanno parte della base conoscitiva dei documenti di Development Plan, in particolare la core strategy (così come definita nel Planning Policy Statement 12). È il punto di partenza per una valutazione più dettagliata del bisogno di insediamento aggiuntivo, e delle dimensioni più adeguate per i centri entro la propria circoscrizione amministrativa, tenendo in mente lo specifico ruolo e funzione di ciascuna località.

Commercio e tempo libero

Nel valutare bisogni e capacità per insediamenti commerciali e per il tempo libero aggiuntivi, le autorità urbanistiche locali devono conferire molta importanza agli aspetti quantitativi, basandosi su dati e altre informazioni oggettive. Ma esse devono tenere conto anche degli aspetti qualitativi. Nei casi in cui a comunità socialmente emarginate è negato l’accesso a tutta una serie di servizi e strutture, ed esistono dunque chiari e dimostrabili benefici nell’individuare siti di intervento nei pressi di tali comunità, deve essere conferito grande peso a considerazioni qualitative.

i) Aspetti quantitativi

Nel valutare all’interno del development plan i bisogni di insediamento aggiuntivo in termini quantitativi, un’autorità urbanistica locale deve quantificare la probabile domanda futura di superfici commerciali e per il tempo libero aggiunte, sulla base della popolazione attuale e prevista, sulla spesa per le varie classi di beni, entro le ampie categorie di beni di consumo più o meno corrente. Questo:

·Fornisce sufficienti informazioni su cui basare scelte strategiche sulla localizzazione della crescita, utilizzandola per rafforzare i centri esistenti e riempire i vuoti nella rete;

·Assicura che, nel caso emergano proposte di insediamento in località non previste dal piano, tali progetti sostengano e non mettano in discussione gli obiettivi generali di pianificazione e altre strategie.

ii) Aspetti qualitativi

Nel valutare all’interno del development plan i bisogni di insediamento aggiuntivo in termini qualitativi, la considerazione centrale di un’autorità urbanistica locale deve essere quella di offrire una maggior possibilità di scelta al consumatore, assicurando che:

·Siano messi a disposizione vari siti per rispondere ai bisogni di una varietà di operatori commerciali e del tempo libero;

·Venga conseguita uno buona distribuzione di localizzazioni, applicando un test sequenziale, a migliorare l’accessibilità per l’intera cittadinanza;

·Sia incrementata la possibilità di scelta del consumatore offrendo un vasto raggio di negozi, strutture per il tempo libero e servizi locali, che consentano reali alternative per rispondere ai bisogni dell’intera comunità, inclusi i gruppi socialmente emarginati.

Benefici ulteriori legati alla rigenerazione degli spazi e alla creazione di posti di lavoro non costituiscono indicatori relativamente al bisogno di superfici aggiuntive, per gli scopi del presente documento. Si tratta comunque di questioni rilevanti in sé (si vedano i paragrafi successivi) che le autorità urbanistiche locali devono prendere in considerazione nella stesura del development plan.

Le linee guida specifiche per la valutazione del bisogno di commercio e tempo libero saranno esposte nel documento di orientamento pratico: Assessing Need and Impact for New Retail and Leisure Development.

Uffici

Quantificare la domanda di nuovi spazi per uffici implica fattori differenti da quelli riguardo al commercio, al tempo libero o ad altre tipologie. Il bisogno di superfici a uso ufficio deve essere considerato come parte del bisogno generale valutato dall’amministrazione per le attività produttive. Anche la capacità fisica dei centri di ospitare nuovi spazi ad uffici e il ruolo del centro città nella scala gerarchica è rilevante nella previsione degli eventuali nuovi interventi.

b) Assicurare una dimensione adeguata agli interventi

La dimensione delle nuove strutture deve correlarsi direttamente a ruolo e funzione del centro e al bacino di riferimento che intendono servire. Funzioni che attirano molte persone, saranno così collocate all’interno di centri che ne riflettano la scala. Per le strutture commerciali, del tempo libero e per uffici, le autorità urbanistiche locali devono stabilire nel development plan la superficie lorda massima di ogni tipo di intervento che sarà consentita nei vari tipi di centro della propria giurisdizione. Le dimensioni di ciascun insediamento saranno connesse a:

·Ruolo e funzione del centro nel quadro gerarchico complessivo e all’interno del proprio bacino di utenza;

·Organizzazione dell’insediamento già esistente nel centro;

·Dimensione degli edifici esistenti.

Lo scopo è di collocare tipi e dimensioni appropriati di interventi nel tipo di centro adatto, e assicurarsi che si inseriscano nel contesto.

I centri di carattere locale in genere sono inadatti per nuovi interventi di grosse dimensioni, anche quando si adotta un approccio flessibile. Corrispondentemente, è forse non appropriato nella maggior parte dei casi includere i centri locali entro l’area di applicazione dell’approccio “sequenziale” degli insediamenti maggiori. Le autorità urbanistiche locali devono prendere in considerazione la possibilità di fissare un limite alla dimensione degli interventi in tali centri, orientando i progetti di maggiori dimensioni verso poli di rango superiore, come centri di distretto o di città.

Per i centri di città o cittadina, una volta identificato un bisogno le amministrazioni devono tentare – ove ciò sia appropriato – di mettere a disposizione siti adiacenti alle aree centrali, che possano contenere i formati più grandi.

c) Applicare alla scelta dei siti l’approccio “sequenziale”

Nella selezione delle località più adatte a contenere i bisogni di nuovi insediamenti deve essere adottato un approccio “sequenziale”. Nel caso di un centro città devono essere attentamente valutate tutte le opzioni (compresa quella di una estensione del centro), prima di esaminare la possibilità di destinare funzioni chiave a siti meno centrali. L’approccio sequenziale richiede che le varie localizzazioni siano considerate nel seguente ordine:

·In primo luogo, collocazione nei centri esistenti, dove esistano o si possano trovare spazi disponibili, o edifici per cambio di destinazione d’uso, tenendo conto di una adeguata dimensione dell’intervento in rapporto al centro;

·Se non si verifica la prima possibilità, si opta per una localizzazione ai margini del centro;

·Se non si verificano né la prima né la seconda possibilità, un sito esterno al centro.

Le soglie di applicazione utilizzate nell’approccio sequenziale, alla ricerca del sito più appropriato, variano per i diversi tipi di intervento, e sono specificate negli allegati.

Le autorità urbanistiche locali devono dimostrare di aver, sentite le imprese di costruzione, pianificato la crescita. Il Governo riconosce che questo implica flessibilità e realismo, sia da parte delle amministrazioni che da parte delle imprese. Le autorità urbanistiche devono recepire i bisogni dei costruttori, e identificare localizzazioni realistiche che consentano di contenere il bisogno identificato, compresi siti in grado di organizzare un’ampia gamma di modelli insediativi e funzionali. A loro volta, nelle loro proposte di siti da includere nel piano, le imprese devono essere flessibili, ed esplorare la possibilità di consentire agli insediamenti di adattarsi a sistemazioni più centrali, riducendo le superfici per piano dei progetti.

Le autorità urbanistiche devono includere nei development plans, se necessario, programmi di attuazione scadenzati nel tempo, per assicurare che i progetti più interni ai centri siano realizzati prima di quelli meno centrali, a sostegno degli obiettivi del Governo.

Ulteriori indicazioni sull’uso dell’approccio sequenziale saranno fornite nella guida pratica: Applying the Sequential Approach.

d) valutare l’impatto degli interventi sulla struttura esistente

Nella scelta dei siti per i nuovi interventi da inserire nel piano, le autorità urbanistiche locali devono costantemente tenere in considerazione l’obiettivo di promuovere centri città vitali ed economicamente solidi. Devono valutare esplicitamente l’impatto degli interventi proposti su tali centri. La messa a disposizione di altri siti disponibili, può avere sia effetti positivi che negativi. Quelli positivi possono essere rafforzati quando i nuovi insediamenti avvengono in centro o con un’espansione del centro, o quando un intervento esterno al centro sia ben collegato ad esso e risulti in un numero significativo di spostamenti tra i due, che ne ripaghino i costi aggiuntivi.

e) Assicurare l’accessibilità

Il Governo mira a ridurre la necessità di spostamenti, la dipendenza dalla sola automobile privata, a facilitare i viaggi multi-scopo, ad assicurare accesso generalizzato a una vasta gamma di servizi. Una buona accessibilità ai centri urbani è essenziale. Posti di lavoro, strutture commerciali e per il tempo libero, servizi, devono di conseguenza essere - ovunque ciò sia possibile e opportuno - localizzati nei centri città. Nella scelta delle collocazioni più appropriate le autorità locali devono considerare attentamente:

i) i bisogni di accessibilità tramite una vasta scelta di mezzi di trasporto, inclusi mezzi pubblici, spostamenti a piedi, in bicicletta, in auto;

ii) l’impatto nell’uso dell’auto, sul traffico e la congestione.

Indicazioni dettagliate sulla valutazione dei mezzi di trasporto, sui problemi di accessibilità e parcheggi, sono contenute nella Planning Policy Guideline 13 (PPG13): Transport.

Nelle aree rurali, le autorità urbanistiche devono concentrare gli interventi all’interno o nei pressi dei centri di servizio locali, come le città-mercato o i villaggi chiave dell’insediamento, dove esiste il potenziale per massimizzare l’accessibilità tramite trasporti pubblici, a piedi o in bicicletta, assicurando contemporaneamente che la mancanza di strutture di trasporto pubblico non impedisca lo sviluppo del piccolo commercio o dei servizi quando questi siano rivolti ai bisogni locali.

Altre questioni rilevanti

Nella scelta dei siti per le localizzazioni commerciali, l’autorità urbanistica locale deve stabilire quali particolari elementi e circostanze tenere in considerazione nonché se e in quale misura questi fattori possano controbilanciare i punti da a) a e) così come esposti sopra. Le considerazioni di cui tener conto nella redazione dei piani comprendono:

·La rigenerazione fisica: si devono considerare i benefici dell’intervento su siti già urbanizzati, che possono richiedere miglioramenti;

·Occupazione: l’incremento nella disponibilità di posti di lavoro determinato in una località a seguito della proposta di un insediamento;

·Crescita economica: l’aumento degli investimenti, diretti e indiretti, in un’area, stimolato dalla proposta di insediamento e dall’incremento di produttività, ad esempio da economie di scala;

·Inclusione sociale: è possibile definirla in termini ampi, e spesso comprende alcuni dei fattori descritti sopra, oltre a considerazioni aggiuntive come l’incremento di accessibilità a un certo numero di servizi da parte di tutti i gruppi.

Acquisizione degli spazi necessari

Nello stimolare la crescita in modo pianificato per i propri centri, le autorità urbanistiche locali devono mettere a disposizione spazi sufficienti per rispondere ai bisogni individuati su un arco di cinque anni. Un’apparente carenza di spazi delle giuste dimensioni non deve essere considerata un ostacolo al reperimento dei siti necessari. Le amministrazioni devono prendere in considerazione l’opportunità di acquisire le superfici utilizzando i propri poteri di esproprio, perché vengano messi a disposizione siti di intervento adeguati, all’interno dei centri o in zone immediatamente adiacenti.

Individuazione di nuovi centri

Ove ne sia stabilito il bisogno, devono essere designati nel processo di formazione del piano dei nuovi centri, come nelle aree urbane di maggiore crescita, in altre dove manchi una appropriata rete di centri, in zone dove è necessaria una ristrutturazione a seguito di un declino economico. Il livello a cui operare dipende dalle dimensioni dei centri proposti, dal loro ruolo nella gerarchia di quelli esistenti, da come intendano completare e integrare le tipologie presenti. La disponibilità attuale o futura di infrastrutture di trasporto e opzioni di scelta modale, deve essere una componente chiave delle decisioni di localizzazione dei nuovi centri.

Tranne nel caso in cui essi siano designati come centri di importanza urbana così come descritti sopra, le autorità non devono prendere in considerazione come tali i punti vendita o centri commerciali extraurbani, poli per il tempo, centri direzionali o altri tipi di insediamento simili.

Offerta di commercio e altri servizi alla scala locale

I centri di dimensioni maggiori in passato sono stati punto di concentrazione per investimenti e realizzazioni, ma le autorità urbanistiche locali devono assicurare lo sviluppo di una rete più equilibrata di centri entro la propria circoscrizione. In particolare dovranno rafforzare quelli di scala locale verificando che esista una certa gamma di strutture, adeguata alla loro dimensione e funzione, per rispondere ai bisogni quotidiani degli abitanti e promuovere l’inclusione sociale.

La necessità di commercio e strutture di servizio locale è egualmente importante per le aree urbane e per quelle rurali. Le autorità locali devono predisporre strategie per correggere le carenze del commercio e altre strutture, per rimediare all’esclusione sociale. Le amministrazioni devono anche pratica un approccio propositivo alla pianificazione commerciale e dei servizi, collaborando coi principali soggetti interessati, ovvero la cittadinanza e gli operatori privati. Questo comprende:

·Valutare dove esistano carenze nell’offerta di commercio e servizi locali orientati ai bisogni quotidiani;

·Coinvolgere la comunità locale e gli operatori nella predisposizione di strategie, perché i nuovi servizi previsti corrispondano davvero ai bisogni;

·Collaborare col settore privato ad assicurare che a bisogni identificati corrisponda davvero l’attivazione delle strutture.

Gli orientamenti su questo punto saranno pubblicati nell’ambito di questo documento: Strategies for Smaller Centres [in corso di redazione].

Centri rurali

I centri rurali sede di mercato, e altre cittadine e villaggi, devono costituire i principali centri di servizio nelle zone di campagna, offrendo una gamma di negozi e strutture di scala appropriata ai bisogni e scala del proprio bacino di utenza. Devono costituire il punto focale per lo sviluppo economico e delle attività a base rurale, compreso il mercato delle produzioni alimentari locali, e per il turismo. Va comunque considerato come vivacità e vitalità di tali centri siano diminuite negli anni recenti, e come molti di essi siano vulnerabili ai cambiamenti economici e negli stili di vita.

Il Governo è impegnato a sostenere le città-mercato a gestire i processi di trasformazione, a incoraggiare la necessarie rigenerazione e rafforzamento del loro ruolo come centri vitali dei servizi rurali. Le autorità urbanistiche locali devono adottare politiche che ne riconoscano il ruolo e sostengano uno sviluppo tale da aumentare vitalità e solidità economica alle città-mercato e agli altri centri di servizio rurali. Le amministrazioni devono tenere in considerazione la quantità di popolazione rurale che dipende da un determinato centro o struttura, come un negozio di villaggio, e agire a tutela dei servizi esistenti e alla promozione di nuovi (vedi i paragrafi precedenti sulla tutela e offerta di servizi alla scala locale).

Nella previsione di negozi e servizi di villaggio, le autorità locali devono adottare politiche che:

·Assicurino la considerazione dell’importanza di negozi e servizi per la comunità locale, nel valutare proposte che possano provocare perdita o trasformazione di funzioni;

·Riflettano un atteggiamento propositivo verso la conversione e ampliamento di negozi pensati per migliorare la qualità.

Anche le vendite dirette dal produttore al consumatore [ farm shops] possono rispondere ai bisogni locali in modo sostenibile e contribuire all’economia rurale. Le autorità locali devono favorire queste funzioni.

Le politiche del Governo sullo sviluppo rurale sono esposte esaurientemente in [versione provvisoria] Planning Policy Statement 7 (PPS7): Sustainable Development in Rural Areas.

Controllo degli insediamenti

Per conseguire gli obiettivi del Governo, di promuovere centri città vitali ed economicamente solidi, lo sviluppo dovrà concentrarsi nei centri già esistenti per rafforzarli e, dove adeguato, rigenerarli. Nei paragrafi precedenti si è descritto come le autorità urbanistiche locali debbano pianificare propositivamente per organizzare la crescita, principalmente entro o agli immediati margini dei centri esistenti, selezionando le localizzazioni nel quadro del proprio development plan. Questa parte del documento contiene le politiche da applicarsi da parte delle stesse amministrazioni rispetto ai progetti proposti:

·Ad attuare una previsione di centro contenuta nel development plan;

·Su siti diversi da quelli previsti all’interno del piano.

Le politiche generali di questo documento devono applicarsi a tutti i progetti, di qualunque dimensione, riguardanti:

·Nuovi interventi;

·Ristrutturazione di complessi esistenti;

·Ampliamenti di complessi esistenti;

·Cambi di destinazione d’uso che comportano interventi edilizi;

·Rinnovo di autorizzazioni non realizzate;

·Richieste di varianti o eliminazione di alcuni vincoli, che comportino creazione di superfici aggiuntive (ad esempio ammezzati) o modifiche del tipo di commercio, tali da cambiare dimensioni e/o caratteristiche dell’insediamento.

Valutazione dei progetti

Le considerazioni principali nell’individuazione dei siti, così come riferite nei paragrafi precedenti, si applicano nello stesso modo anche all’esame delle proposte. La presente sezione indica solo alcuni dettagli rilevanti alla valutazione dei progetti, e deve essere letta sempre con riferimento alla sezione precedente.

Nel contesto della vigilanza urbanistica, le autorità locali devono richiedere ai proponenti di progetti che vengano dimostrati:

a) la necessità dell’intervento;

b) la dimensione appropriata dell’intervento;

c) che non esistano altre localizzazioni centrali per l’intervento;

d) che non si verifichino impatti inaccettabili su centri esistenti;

e) che il sito dell’intervento risulti accessibile.

Le autorità urbanistiche locali devono valutare le richieste sulla base di tali considerazioni e sulla documentazione presentata. Come regola generale, gli interventi devono soddisfare tutti i requisiti. Ci possono essere comunque eccezioni, nei casi in cui una consistente e documentata evidenza comporti un giudizio complessivamente positivo anche se l’insediamento non eccelle riguardo ad alcuni aspetti. Nel prendere la propria decisione, le amministrazioni devono considerare altri problemi locali rilevanti.

Queste indicazioni si applicano a tutte le proposte, ma la quantità di analisi e dati richiesti deve essere proporzionata a dimensioni e tipologie dei progetti, e del ruolo del centro. Maggiori informazioni sugli aspetti localizzativi saranno contenute nella guida pratica: Assessing Need and Impact of New Retail and Leisure Development [in corso di compilazione].

a) Valutare la necessità dell’intervento

Non è necessario valutare il bisogno quando le nuove proposte riguardano centri esistenti, ma bisogna comunque considerare una dimensione appropriata dell’intervento (vedi paragrafi successivi).

Commercio e tempo libero

Si deve determinare la necessità di qualunque proposta di commercio o tempo libero localizzata in località ai margini o esterne al centro urbano, e che non sia contenuta nelle previsioni del development plan.

i)Bisogni quantitativi

Ovunque possibile, la valutazione dei bisogni a sostegno di una proposta di progetto deve essere sulla base di quanto stabilito a questo proposito dal piano, ma specificamente per quanto riguarda il tipo di merci offerte. Il bisogno di superfici commerciali aggiuntive non deve superare i cinque anni, periodo entro il quale possono diventare disponibili i siti centrali. Una valutazione che vada oltre questo periodo, potrebbe lasciare non sfruttate occasioni di investimento nel centro. Il bacino di utenza utilizzato nella valutazione del bisogno deve essere realistico, e ben correlato a dimensioni e funzioni dell’intervento proposto, nonché al ruolo del centro.

ii)Bisogni qualitativi

Oltre a considerare i bisogni quantitativi per l’aggiunta di superfici a commercio o attività di tempo libero, le autorità urbanistiche locali devono aggiungere considerazioni qualitative (come descritto nei paragrafi precedenti), che possano offrire motivazioni ulteriori all’intervento.

Le linee guida per la valutazione dei bisogni di interventi comerciali e per il tempo libero sono stabilite nel documento : Assessing Need and Impact of New Retail and Leisure Development. Ulteriori indicazioni per quanto riguarda gli uffici saranno esposte nelle linee guida allegate al prossimo Planning Policy Statement 4 (PPS4): Planning for Economic Development.

b) Assicurare una dimensione appropriata all’intervento

La dimensione massima dell’insediamento (di solito definita in termini di superficie di pavimento lorda) considerata ammissibile nei particolari centri per le diverse strutture può essere stabilita dal development plan. Se non lo è, o nei casi in cui il piano non sia aggiornato, i fattori da considerarsi nel determinare le dimensioni appropriate degli interventi in un centro sono quelli stabiliti nei paragrafi precedenti ( b) assicurare una dimensione adeguata agli interventi).

Come già ricordato sopra, ci si aspetta che gli operatori siano flessibili riguardo a scala e formati delle proposte.

c) Applicare l’approccio sequenziale alla scelta del sito

L’approccio sequenziale alla scelta del sito si applica a tutte le proposte di intervento riguardanti localizzazioni diverse da un centro esistente che non siano già previste da un development plan aggiornato. I centri più rilevanti entro cui localizzare strutture dipendono dalla strategia generale espressa dal piano, dalla natura e dimensioni dell’intervento, dal bacino di utenza che intende servire,

Nella scelta localizzativa, devono essere attentamente valutate tutte le opzioni centrali, prima di prenderne in considerazione altre meno centrali. L’ordine di importanza è quello stabilito nei paragrafi precedenti sull’approccio sequenziale.

Nell’applicazione dell’approccio sequenziale, e nell’esame delle possibili localizzazioni alternative, costruttori e altri operatori devono essere in grado di dimostrare che nella ricerca di siti interni o agli immediati margini del centro si è operato con atteggiamento flessibile, riguardo a:

·Dimensioni del progetto;

·Formato dell’intervento, compreso l’uso di strutture multipiano, insediamenti a funzioni miste, per ridurre al minimo l’occupazione di spazio;

·Offerta di parcheggi.

Scopo di questa operazione è esplorare la possibilità di adattare gli interventi alle località più centrali riducendone le dimensioni planimetriche. Comunque le autorità urbanistiche locali devono essere realistiche nel considerare quali siano i siti più adatti, disponibili e convenienti (vedi paragrafi successivi). Le autorità devono tener conto delle oggettive difficoltà di gestione dei vari modelli di attività entro i siti scelti in base all’approccio sequenziale, come quando a un operatore viene richiesto di restringere in modo significativo la gamma dei prodotti offerti. Non è comunque sufficiente a giustificare una proposta di localizzazione diversa la sola affermazione che il tipo di prodotti offerti non sia commercializzabile in una localizzazione centrale.

Nella valutazione delle proposte commerciali e per il tempo libero per i siti ai margini o esterni al centro che combinino un certo numero di funzioni distinte (ad esempio un warehouse park commerciale e/o un insieme di negozi o altre strutture per il tempo libero), il richiedente deve considerare quanto le varie unità costitutive il complesso non potrebbero essere localizzate in siti più centrali, secondo gli obiettivi e politiche esposte nel presente documento guida. L’esistenza di localizzazioni più centrali che possano contenere uno o più degli elementi costitutivi, deve essere presa in considerazione nel valutare se concedere o meno l’autorizzazione al progetto. Del resto non ci si può aspettare che un singolo operatore spezzetti il proprio punto vendita su diversi siti. Queste indicazioni non si applicano a funzioni diverse da quelle commerciali e per il tempo libero.

Nei casi in cui si sostenga che i siti diversi da quelli dell’approccio sequenziale non siano adeguati al particolare progetto proposto, i richiedenti devono produrre chiara documentazione sull’assenza di alternative praticabili, in termini di:

·Disponibilità: le localizzazioni non sono disponibili al momento, né è probabile che lo divengano entro un ragionevole periodo di tempo (definito caso per caso). Se i siti si rendessero comunque e imprevedibilmente disponibili dopo l’approvazione del progetto, e l’autorità urbanistica locale fosse soddisfatta della documentazione prodotta dal richiedente, essa dovrebbe inserire anche questi elementi nella valutazione complessiva;

·Adeguatezza: nonostante vengano rispettati i requisiti generali di flessibilità (vedi paragrafi precedenti), i siti non sono adatti al tipo di insediamento proposto;

·Economicità: l’insediamento non sarebbe economicamente conveniente in queste localizzazioni.

Ulteriori orientamenti nell’applicazione dell’approccio sequenziale saranno contenuti nella guida pratica: Applying the Sequential Approach [in corso di redazione].

d) Valutazione di impatto

Nei casi di proposte per insediamenti ai margini o esterne al centro si deve seguire la procedura di valutazione di impatto. Ci sono ad ogni modo circostanze in cui anche i principali interventi entro il centro ne possono aumentare considerevolmente l’attrazione ed avere così impatti sugli altri centri. In questi casi, è pure necessaria una valutazione.

Nella scelta dei siti, le autorità urbanistiche locali devono prendere in considerazione gli effetti delle proposte, sia positivi che negativi, su vitalità e stabilità economica dei centri esistenti, compresi se necessario quelli cumulativi sugli altri progetti di recente approvazione, in corso di realizzazione o completati da poco. L’individuazione di un bisogno non significa di per sé che non possano esserci impatti negativi.

In particolare, le autorità locali dovranno considerare:

·Quanto l’intervento possa mettere a rischio la strategia generale per quel centro o per un gruppo o rete di centri, o alterare la gerarchia;

·I probabili effetti sugli investimenti pubblici e privati che saranno necessari a salvaguardare vitalità e solidità economica del centro o dei centri;

·L’impatto probabile, positivo o negativo, dell’intervento proposto sul turnover commerciale e la vitalità dei centri esistenti, nonché sull’economia rurale (un esempio di impatto positivo può essere quello di riattirare la spesa dall’area circostante);

·Potenziali trasformazioni in positivo o in negativo della qualità del centro, nell’attrattività, nel ruolo per la vita economica e sociale della comunità;

·Trasformazioni nella gamma di servizi offerti dai centri che ne subiscono gli effetti;

·Potenziali trasformazioni nelle condizioni fisiche e ambientali del centro o centri;

·Probabili impatti sugli immobili non utilizzati nella zona commerciale principale;

·Conseguenze delle attività per il tempo libero proposte sull’economia notturna del centro.

Orientamenti sulla valutazione di impatto degli insediamenti commerciali e per il tempo libero, sono contenuti nella guida pratica: Assessing Need and Impact of New Retail and Leisure Development.

e) Assicurare l’accessibilità

Nell’esame delle proposte di nuovi interventi, le autorità urbanistiche locali devono prendere in considerazione:

i) il bisogno di accessibilità tramite diversi mezzi di trasporto

Le zone commerciali devono essere accessibili tramite una scelta di mezzi di trasporto, ovvero trasporti pubblici, a piedi e in bicicletta, in automobile (tenendo pienamente conto delle probabili modalità di spostamento degli utenti). Nel determinare se gli insediamenti siano effettivamente accessibili, le amministrazioni devono valutare la distanza dei progetti proposti dalle strutture di trasporto pubblico (fermate dell’autobus, stazioni, nodi di interscambio), e assicurare che l’accesso sia facile, comodo e sicuro. Le distanze devono essere misurate in termini di percorso reale, e non in linea d’aria.

Le autorità urbanistiche locali devono valutare sino a qual punto i proponenti di strutture commerciali per il tempo libero e per uffici abbiano modellato i propri progetti per raggiungere gli obiettivi generali del Governo, così come emerge dalle analisi di accessibilità, quantificazioni dei trasporti, green transport plans, promozioni per ridurre gli spostamenti in auto, come le consegue a domicilio, altri contributi a migliorare accessibilità, gestione del traffico, parcheggi.

Come principio di buona progettazione e organizzazione spaziale, i costruttori dovrebbero essere incoraggiati a orientare i nuovi complessi verso il fronte stradale, a offrire accessibilità a livello e nei pressi della zona commerciale principale. Questo fornisce facile accessibilità ai pedoni e a chi arriva col trasporto pubblico. Si dovrebbero anche incoraggiare i costruttori a collocare i parcheggi sul retro o nei sotterranei dei nuovi insediamenti.

ii) l’impatto sull’uso dell’auto, il traffico e la congestione

Nel valutare le proposte di nuovi insediamenti, le amministrazioni devono considerare:

·Se la proposta possa avere impatti sugli spostamenti complessivi in auto nella regione;

·L’effetto sul traffico locale e la congestione nel centro città, dopo aver attuato gli interventi sui trasporti pubblici, e le misure sul traffico.

Prendere in considerazione fattori locali ed effetti generali

Come già ricordato nei paragrafi precedenti, occorre considerare nella valutazione dei progetti presentati anche il loro possibile effetto in termini di:

·Rigenerazione fisica;

·Posti di lavoro;

·Crescita economica;

·Inclusione sociale.

Ampliamento di complessi esistenti

Le richieste di ampliamento dei complessi esistenti possono sollevare problemi particolari. Occorre conferire un certo peso agli impatti sul centro città dell’ampliamento proposto, nel caso in cui si pensi a nuove categorie di beni e servizi. In più, quando si tratta di determinare un bisogno, le autorità locali devono verificare che la documentazione presentata per richiesta di ulteriori superfici si riferisca specificamente alla classe di merci proposta. L’approccio sequenziale non rappresenta un elemento rilevante nel caso di ampliamenti, ma le autorità urbanistiche devono comunque considerare l’accessibilità al complesso.

Impatto ambientale

Secondo la Schedule 2 (10)(b) delle Town and Country Planning (Valutazione di Impatto Ambientale) (Inghilterra e Galles) Regulations 1999, i progetti di nuovi insediamenti urbani con superficie che ecceda gli 0,5 ettari, e che possono avere significativi effetti di tipo ambientale, sono soggetti a procedura di VIA. Questa categoria comprende la realizzazione di shopping centres e parcheggi, stadi sportivi, centri per il tempo libero, complessi cinematografici multisala.

[...]

Nota: la versione originale e integrale di questi documenti, insieme ad una notevole mole di materiali anche relativi alla pianificazione urbanistica (e devolution, ambiente, trasporti ecc.) si trova nel ricco sito della Vicepresidenza del Consiglio britannica (f.b.)

In un recente intervento sulla propria newsletter (n. 9, 2004), il segretario del National Retail Planning Forum britannico, George Nicholson, lamenta come nel quadro delle ampie discussioni sulla riforma del sistema di pianificazione nazionale (che ha portato al Planning and Compulsory Purchase Act dello scorso maggio) si sia in parte sottovalutata “l’importanza del settore commerciale nell’economia”. E come l’evidenza di questa parziale sottovalutazione emerga dal PPS6, Planning for Town Centres, dove l’orientamento dell’ente pubblico sembra essere quello di costruire spazi ad alta qualità generale: obiettivo entro il quale il ruolo del commercio apparirebbe in qualche modo “diluito” rispetto alle precedenti linee guida sui rapporti fra pianificazione spaziale e attività commerciali e per il tempo libero.

Ovviamente lascio che siano i lettori di Eddyburg a giudicare direttamente se e quanto le nuove direttive – di cui abbiamo pubblicato un ampio estratto – diluiscano poco o troppo i problemi specifici del settore sul territorio. Fosse pur vero, oltre le legittime e sacrosante rimostranze di bandiera degli interessati, forse è il caso di chiedersi: e allora? Se saltiamo idealmente dalle isole britanniche alla nostra Sardegna troviamo una possibile ed equilibrata risposta: “il nuovo sistema della pianificazione commerciale è fondato su una visione urbanistica del settore: l'indicazione delle zone urbanistiche nelle quali insediare le varie tipologie di esercizi commerciali [...] attraverso la definizione di una procedura che faccia salvi i principali interessi in gioco: la tutela dei diritti dei consumatore ad avere un'offerta ampia e varia che comprenda l'esercizio di prossimità; la libera concorrenza e la libertà d'impresa”. I brani sono tratti dalle premesse al recentissimo disegno di legge regionale Disposizioni urgenti in materia di commercio, che con obiettivi paragonabili all’altro, “famigerato” atto tampone sulla inedificabilità delle coste, cerca di dare ai poteri pubblici il tempo di fare il proprio mestiere. Tutto qui: fare il proprio mestiere, anche perché un’idea chiara ed equa di spazio, se è tale, quasi automaticamente dovrebbe per esempio promuovere “la libera concorrenza e la libertà di impresa”, offrendo spazi dove tutti (ma proprio tutti) possano proporre di collocare una qualche attività, coerentemente con le altre attività, coerentemente con quanto attività economica non è, ecc. ecc. Quando si è un’entità con fini eminentemente collettivi, non si ha o non si vuole avere una chiara idea di spazio, di ambiente, e si inseguono le idee altrui (legittime, ma necessariamente parziali), non si fa il proprio mestiere, e di solito si combinano guai.

Se ne sono accorti prima di noi gli amici americani (gli amici nostri, non quelli di Berlusconi), soprattutto nei tempi abbastanza recenti di forte concentrazione finanziaria dell’impresa commerciale, e di transizione a tipologie e dimensioni ad impatti via via sempre più insostenibili, per le città, le comunità locali, le infrastrutture, la società nel suo insieme (ivi compresi gli operatori commerciali). Le azioni proposte ed attuate hanno cominciato ad accumularsi e a prendere forma meno episodica e più generalizzabile.

Come la valutazione di impatto ambientale e congiuntamente socioeconomica, via via standardizzata ed uniformata, parte integrante delle procedure autorizzative per esercizi superiori ad una certa dimensione. Come un sistema pure standardizzato e relativamente omogeneo di linee guida (qui in Europa, quelle britanniche sono un buon esempio, articolate alle varie scale territoriali) che in modo non dirigista ed elastico riescano ad inserire i processi di costruzione dello spazio legati ai grandi complessi commerciali, entro la cornice complessa del sistema insediativo e delle altre funzioni: dall’ambiente in senso lato, al rapporto con le infrastrutture, giù giù fino alla concretezza del progetto edilizio e dei suoi interfaccia visivi e operativi col quartiere, la strada, gli spazi aperti. Ci sono poi i limiti alle dimensioni, anche questi eventualmente articolati per contesti, o la necessità/obbligo di accordi fra le amministrazioni, ad evitare le note “guerre tra poveri” dove l’unica e preziosa risorsa, il territorio comunale (e indirettamente quelli limitrofi), è scambiata col piatto di lenticchie di un’occupazione locale spesso effimera, a fronte di un’altra occupazione – quella del territorio – che effimera non è inducendo trasformazioni di carattere permanente.

Ma tutto questo, come hanno imparato sulla loro pelle tutte le comunità attraversate negli anni recenti dalla “modernizzazione commerciale” non è possibile con azioni singole, per quanto drastiche. Anche il commercio, ce lo ricordano ad ogni piè sospinto gli stessi operatori, fa parte della società e della sua vivacità: è “complesso”, e complesso deve essere anche il suo inserimento e coordinamento in un piano. È questo il senso dello STOP momentaneo all’insediamento della grande distribuzione commerciale da parte di alcune regioni. Niente di più e niente di meno. Del resto non si misura certo sulla propensione o meno al “blocco”, la serietà delle politiche territoriali, ma sulla capacità di diluire (per usare in positivo la critica degli operatori britannici) sapientemente questa offerta di merci, servizi e nuovi spazi ai cittadini: nella città ed eventualmente altrove. Per una “tutela dei diritti dei consumatore ad avere un'offerta ampia e varia”, e anche per una tutela di tutto il resto, che conterà pure qualcosa.

Chi avesse trovato in qualche modo criptici i paragrafi precedenti, forse troverà più chiarezza nei documenti riportati di seguito: il disegno di legge della regione Sardegna, e il documento approvato recentemente dal Friuli, entrambi orientati (seppur con toni e metodi diversi) agli obiettivi di un rapporto meno casuale fra territorio e attività commerciali. Ringrazio gli amici Sandro Roggio e Stefano Fatarella che li hanno notati, capiti, e messi a disposizione.

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA

Oggetto: disegno di legge "Disposizioni urgenti In materia di commercio".

La Giunto regionale,

CONSIDERATO che il nuovo sistema della pianificazione commerciale è fondato su una visione urbanistica del settore: l'indicazione delle zone urbanistiche nelle quali insediare le varie tipologie di esercizi commerciali.

PRESO ATTO che si rende necessario procedere ad una programmazione commerciale per le grandi strutture di vendita attraverso la definizione di una procedura che faccia salvi i principali interessi in gioco: la tutela dei diritti dei consumatore ad avere un'offerta ampia e varia che comprenda l'esercizio di prossimità; la libera concorrenza e la libertà d'impresa.

PRESO ATTO che, come esplicitato dalla giurisprudenza costituzionale, la sospensione delle autorizzazioni per le grandi strutture di vendita può essere giustificabile soltanto ai fine di procedere ad una programmazione delle stesse, attraverso un sistema di valutazione della situazione esistente: dei territorio, dei contesta urbanistico (distributivo e produttivo), della popolazione, dei sistema viario, nonché dell'insieme degli esercizi esistenti.

CONSIDERATO che col presente articolo la RAS, facendo salva la giurisprudenza comunitaria e costituzionale, attiva una procedura di valutazione e programmazione che consente un adeguato e bilanciato sviluppo; evitando una liberalizzazione selvaggia.

VISTAla legge regionale 21 maggio 2002, n.9 (pubblicata sui B.U.R.A.S. n. 16 del 31 maggio 2002) che autorizza la concessione dl Incentivi rientranti nella tipologia "de minimis" a favore delle piccole Imprese commerciali che non abbiano più di quindici dipendenti. Le agevolazioni possono essere concesse sotto forma di contributo In conto capitale, conto Interesse e conto canoni di leasing.

CONSIDERATO che il perdurare della fase transitoria di prima attivazione della legge, Iniziata nel 2003, ha finora impedito l'avvio della fase ordinaria e la presentazione di nuove domande da parte degli imprenditori del settore. AI fine di sbloccare tale situazione, la presente proposta di legge stabilisce una delimitazione delle risorse finanziarie che si intendono utilizzare per i diversi obiettivi. Per l’attivazione della fase ordinaria si prevede l'utilizzo delle risorse finanziarie che saranno disponibili nel bilancio regionale a partire dal 2005.

VALUTATOche, per quanto riguarda la conclusione della fase di prima attivazione, è previsto ]'Impiego del fondi impegnati fino al 31 dicembre 2004. Nel caso in cui tali risorse siano Insufficienti, si procederà alla riduzione proporzionale dell'aiuto concedibile, al fine dì consentire il pagamento dei contributi a tutte le imprese per le quali l'istruttoria abbia dato esito positivo.

PRESO ATTO dei parere di legittimità espresso dal Direttore generale dell'Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio.

DELIBERA

DI approvare l'allegato disegno di legge relativo a "Disposizioni urgenti in materia di commercio".

Disegno di Legge

Disposizioni urgenti In materia di commercio

Art. 1-Piano regionale per le grandi strutture dl vendita e definizioni -

1. L'assessorato regionale competente in materia di commercio provvede - nel termine di due anni dall'entrata in vigore della presente legge - all'elaborazione dei Plano regionale per le grandi strutture di vendita. II piano deve essere approvato dalla Giunta regionale nel successivi 180 giorni e pubblicato sul BURAS.

2. Nell'elaborazione del piano l'amministrazione regionale acquisisce, a titolo consultivo, i pareri delle province, delle associazioni del comuni, dei commercianti e del consumatori.

3. L'Individuazione di zone Idonee per l'insediamento di grandi strutture deve tener conto dell'aspetto demografico, dell'equilibrato sviluppo urbanistico-commerciale, della valutazione dell'impatto dei flussi di traffico riferiti alla grande distribuzione, dell'impatto territoriale ambientale, della vocazione del territorio, dell'impatto sugli insediamenti commerciali già esistenti e operanti sul territorio Interessato.

4. Il piano entra In vigore sei mesi dopo la pubblicazione sul BURAS.

5, Il rilascio di nuove autorizzazioni per l'apertura, variazione dei settore merceologico, ampliamento, trasferimento di grandi strutture di vendita è sospeso fino all'entrata in vigore dei piano regionale per le grandi strutture di vendita.

6. II centro commerciale è la grande struttura dl vendita, promossa o progettata o realizzata o gestita con una politica commerciale unitaria, con più esercizi commerciali, inseriti in una o più strutture funzionalmente collegate, anche se separate da strade o spazi pubblici, Indipendentemente dalla loro destinazione urbanistica e dall'eventuale presenza di altre tipologie di attività.

Art. 2 - Disposizioni sulla L.R. 21/05/02, n, 9 -

I fondi di cui alla L.R. 21/05/02, n.9 impegnati sino al 31/12/04 sono destinati alla definizione delle domande già regolarmente pervenute all'Assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio. Qualora tali risorse non siano suffIcienti, si procederà alla riduzione proporzionale dell'aiuto concedibile, In misura tale da consentire l'erogazione dei contributi a tutte le imprese per le quali l'istruttoria abbia dato esito positivo. La Giunta regionale stabilisce i necessari atti di Indirizzo.

Le risorse finanziarie disponibili a partire dal bilancio regionale 2005 verranno utilizzate esclusivamente per la gestione ordinaria della legge. La Giunta regionale stabilirà i necessari atti di indirizzo e le direttive e criteri di attuazione.

Art. 3 - Entrata in vigore -

La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.

Friuli Venezia Giulia LEGGE REGIONALE 12/11/2004, N. 027

Modifiche alla legge regionale 8/1999 concernenti il Piano per la grande distribuzione.

Art. 1

(Modifiche alla legge regionale 8/1999 concernenti il Piano per la grande distribuzione)

1. Dopo l’articolo 8 della legge regionale 19 aprile 1999, n. 8 (Normativa organica del commercio in sede fissa), è inserito il seguente:

Art. 8 bis

(Piano per la grande distribuzione)

1. La Giunta regionale approva il Piano per la grande distribuzione, previo parere della competente Commissione consiliare, con il quale vengono individuate le aree potenzialmente idonee all’insediamento di strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq., in attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 1, lettera b), tenuto conto delle esigenze di equilibrato e armonico sviluppo del sistema distributivo regionale, di salvaguardia e buon uso del territorio, nonché dell’interesse dei consumatori.

2. L’insediamento di nuove strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq. o l’ampliamento di strutture esistenti comportante una superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq. sono subordinati alla preventiva approvazione del Piano di settore del commercio di cui all’articolo 8, comma 1, lettera b), da parte dei Comuni che intendono allocare sul proprio territorio le suddette strutture.

3. I Piani del settore del commercio di cui al comma 2 devono uniformarsi alle previsioni del Piano per la grande distribuzione..

2. Dopo il comma 15 dell’articolo 13 della legge regionale 8/1999 è aggiunto il seguente:

15 bis. Le autorizzazioni preventive per l’adozione della variante urbanistica Hc per strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq., non possono essere rilasciate oltre i limiti individuati dal Piano per la grande distribuzione..

3. Il Piano per la grande distribuzione di cui all’articolo 8 bis della legge regionale 8/1999, come inserito dal comma 1, è approvato dalla Giunta regionale entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione.

4. Fino alla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del Piano per la grande distribuzione, è sospeso il rilascio delle autorizzazioni preventive per l’adozione della variante urbanistica Hc, previste dall’articolo 13 della legge regionale 8/1999, per l’insediamento di strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a 15.000 mq, richieste dal Comune alla Regione dopo l’entrata in vigore della presente legge.

5. A seguito dell’approvazione del Piano per la grande distribuzione sono apportate le necessarie modifiche al regolamento di esecuzione degli articoli 7 e 8 della legge regionale 8/1999.

6. Sono fatti salvi gli accordi di programma di cui agli articoli 19 e 20 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), promossi e in corso alla data di entrata in vigore della presente legge ovvero le iniziative preordinate alla stipula di un accordo di programma per le quali sia stato accertato con deliberazione della Giunta regionale l’interesse regionale alla relativa partecipazione.

Titolo originale: The Relationship Between Retail and Leisure Development – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Introduzione

Il National Retail Planning Forum ha commissionato uno scoping paper che chiarisca gli ambiti di ricerca da intraprendere allo scopo di:

• determinare le modalità operative attuali della miscela fra attività commerciali e per il divertimento, e quali trasformazioni ci si possa aspettare per il futuro;

• attivare politiche orientate a forme di insediamento che sostengano e migliorino economia e attrattività delle strutture urbane e dei centri città.

Nel prendere in considerazione questi problemi, abbiamo tenuto conto dei seguenti obiettivi, così come specificati nelle indicazioni di massima del NRPF:

1 – Valutare i seguenti ambiti di attività commerciale/tempo libero e il loro significato per il programma di ricerca: strutture di ristorazione; giochi per bambini; sale cinematografiche e teatrali, piste di pattinaggio, bowling, palestre e massaggi, altre strutture sportive come stadi di calcio, infine luoghi di attrazione storica.

2 – Passare in rassegna gli ambiti di ricerca intrapresa in relazione agli insediemanti commerciali/per il tempo libero.

3 – Considerare se l’attività del commercio in sé stessa possa essere considerata una attività di tempo libero.

4 – Considerare gli aspetti localizzativi delle attività, dai centri urbani a quelli extraurbani, compresi i centri commerciali.

5 – Tener conto del fatto che i nuovi insediamenti di grosse dimensioni sono soggetti all’approccio “sequenziale” stabilito dalla Planning Policy Guidance note 6 che si applica a tutti i principali complessi generatori di spostamenti.

6 – Considerare l’importanza delle “economie della notte” e i potenziali collegamenti con le attività commerciali.

7 – Considerare il ruolo dei centri minori nell’ambito commerciale/tempo libero, insieme a quello dei centri delle grandi città e delle localizzazioni extraurbane.

Per conseguire gli obiettivi di cui sopra, abbiamo esaminato le principali ricerche condotte in quattro ampi settori:

- comportamenti dei consumatori

- studi e conformazione delle zone centrali

- progettazione e gestione dei centri commerciali

- politiche: urbanistica, insediamenti commerciali per i centri città.

E pensare a queste quattro aree di riflessione rende chiare le varie domande da porre sull’argomento, nonché i vari soggetti che possono avere diversi interessi per le risposte. Ad ogni modo, prima di esaminare la letteratura scientifica disponibile in questi ambiti, è necessario definire il mercato delle attività per il tempo libero e i suoi rapporti con quello commerciale.

IL MERCATO DEL TEMPO LIBERO

L’ambito del Leisure Market

Il mercato è suddiviso fra tempo libero entro le pareti domestiche e al loro esterno [ Leisure in the Home - Leisure Away from Home]. Quello interno all’abitazione comprende quattro ampi sotto-settori: la lettura, i passatempi da casa, i lavori dentro casa e nel giardino, hobbies e passatempi vari. Ciascuno di questi a sua volta si suddivide in mercati più piccoli, come la lettura che si articola in tre sottomercati: libri, giornali e riviste. [...]

Il mercato delle attività per il tempo libero fuori casa comprende tre sottosettori: mangiare e bere; tempo libero di quartiere (che comprende divertimenti e attività sportive di tipo locale); vacanze e turismo. Ancora, ciascuno di essi si articola in parecchi sotto-mercati. Tutte le attività menzionate all’Obiettivo (1) ricadono in questo mercato. Mangiare e bere dominano, nelle attività fuori casa, con il 56% della spesa totale. Al secondo posto il settore vacanze e turismo (29% del totale). È interessante che la maggior parte dell’attenzione, nelle discussioni sul tema commercio/tempo libero, si sia concentrata su quello che è di gran lunga il settore più piccolo in termini di spesa del consumatore, ovvero il divertimento locale che comprende cinema, teatri, palestre e fitness, piste di pattinaggio, bowling e altre attrazioni di tipo urbano.

Caratteristiche della spesa per il tempo libero

Per la maggior parte del dopoguerra la spesa per il tempo libero è cresciuta ad un tasso leggermente più elevato della spesa generale per i consumi, ovvero la spesa per il tempo libero cresce in quanto percentuale della spesa totale. Nel 2000, ammontava al 29% del totale di spesa in consumi. Nonostante la tendenza di lungo termine all’incremento della quota, altra caratteristica della spesa per il tempo libero nel dopoguerra è stata la sua volatilità.

In generale, questa spesa cresce più dell’economia generale quando questa è in forte crescita, ma quando essa declina aumenta anche il declino nella spesa per tempo libero. Questa volatilità ha avuto effetti molto rilevanti nelle modalità di investimento immobiliare per strutture di tempo libero nel passato, dove le oscillazioni fra momenti di crescita e di declino sono state anche più esagerate. Verso la fine degli anni ’80, ad esempio, con una forte crescita nella spesa dei consumatori, era relativamente facile raccogliere capitali per qualunque investimento nel tempo libero. Il crollo di molti di queste programmi nei primi anni ’90, sta a significare che era diventato quasi impossibile trovare risorse per investimenti del genere.

Comunque, a partire dalla metà degli anni ’90 questa tendenza scompare. Dal 1995 l’economia britannica inizia a comportarsi in modo non caratteristico. Si evita un surriscaldamento, e così anche la necessità di reagire spingendo l’economia ad una recessione. La ampie oscillazioni economiche sono state ridimensionate e pare, almeno per il momento, esistere contemporaneamente capacità di crescita costante, bassa inflazione, disoccupazione relativamente bassa (secondo lo standard della storia recente). Si tratta di notizie particolarmente buone per il settore del tempo libero. In circostanze simili, la spesa in questa direzione continua a crescere ad un tasso più alto di quella generale [...] Una riduzione delle oscillazioni cicliche nella spesa per il tempo libero probabilmente ridurrà anche le oscillazioni negli investimenti in questo settore.

[...]

RASSEGNA DELLE RICERCHE DISPONIBILI

Comportamenti del consumatore

È possibile reperire una notevole quantità di ricerche sui comportamenti dei consumatori riguardo al commercio e tempo rispetto a vari temi. Nell’ambito delle ricerche di mercato, esiste un grosso volume di lavori ad orientamento pratico, per identificare e classificare i comportamenti di acquisto e segmentare i consumatori in gruppi. È qui che talvolta vengono affrontate le questioni dello shopping come possibile attività da tempo libero. Al livello più semplice, indagini mirate di vario tipo hanno chiesto ai consumatori se consideravano lo shopping un modo per trascorrere il tempo libero, e se si quale tipo di shopping, quanto tempo gli dedicavano, e così via. Le raccolte di dati su lunghi periodi di tempo e gli studi su larga scala, però, salvo nel caso di quello dello Henley Centre del 1999 sulle tendenze nel tempo libero. Ci si potrebbe aspettare che i lavori sugli stili di vita dei consumatori ci raccontino di più sugli interessi nelle varie attività di tempo libero e su valori e interessi collegati all’uso delle strutture commerciali, o alle possibilità di interesse per il leisure shopping; in realtà, sembra si rivolga poca attenzione a questi aspetti. La maggior parte dei dati è di proprietà privata, e appartiene a imprese come AC-Nielsen o Experian. Le serie di dati estese nel tempo, che tracciano le linee di trasformazione, non sono frequenti.

Di recente si è sviluppato un insieme di lavori antropologici e sociologici di matrice accademica sullo shopping. Affronta l’esperienza degli acquisti, e la natura dei consumi dal punto di vista del loro significato per l’identità personale e le relazioni sociali. (ad esempio Miller 1999, Glennie 1996, Jackson e altri 1995). Questi studi talvolta ci aiutano a comprendere il modo in cui si comportano i consumatori, anche se non è direttamente legato a politiche o a temi gestionali. Quello che qui ci pare più importante è il modo in cui aiutano a capire il vero significato dell’esperienza dello shopping per il singolo individuo.

Diversi studi nel vasto campo della psicologia del consumatore riguardano commercio e tempo libero. Quelli più significativi per i nostri scopi sono quelli che tentano di identificare e quantificare le motivazioni per gli acquisti. È da notare che la maggior parte delle ricerche è connessa alle decisioni di acquisto o a quelle del tipo di negozio, e non al genere di attività che comporta spostamenti verso i negozi, scelte multiple di destinazione, attività e acquisti. Alcuni lavori interessanti hanno sviluppato concetti e metodi di quantificazione riguardo ai valori non-utilitaristici del consumatore: in altri termini il piacere dello shopping anziché i suoi aspetti strettamente economici. (per esempio Babin e altri, 1994). In generale, la maggior parte degli studi consta di costruzione di modelli sulle decisioni individuali, interessanti ma di poco aiuto per noi quando si tratta di mutamenti nell’economia generale dei comportamenti.

Nonostante esistano frequenti riferimenti a questo concetto nella letteratura scientifica, sia di origine commerciale che accademica, (ad esempio McCarthy 1990, Cavanagh 1996, Timworth 1998, Wood 1999), solo alcuni studi just confrontano davvero, in termini empirici, le rispettive nature delle attività di acquisto e tempo libero, e ciò che significano per gli affari e per l’ambito della decisione. Tauber (1972) propone undici motivazioni per lo shopping:

- giocare un ruolo

- distrarsi

- scoprire nuove tendenze

- attività fisica

- auto-gratificazione

- stimolo sensoriale

- esperienza sociale fuori casa

- comunicazione con altre persone dagli interessi simili

- attrazione verso un gruppo di pari

- godere di status e autorità

- piacere della contrattazione.

Una ricerca svolta da Buttle & Coates (1983) ha tentato di confermare queste motivazioni, offrendo alcune prove di come questi concetti sociologici o psicologici vengono tradotti in realtà da chi fa acquisti. Carr (1990) individua un continuum di attività fra lo shopping inteso come tempo libero e quello di tipo funzionale, che sembra un modello utile, e il recente lavoro di Cox è svolto in una prospettiva simile. Un fattore chiave è il rapporto col tempo da parte di diversi consumatori in diverse occasioni, e ci sono diverse ricerche tese ad esplorare questi aspetti (ad esempio Davies 1994, Whysall 1991.)

Esistono quindi alcuni utili schemi concettuali, e strumenti di misurazione. Ciò premesso mancano ancora:

- dati generali e di buona qualità sui comportamenti dei consumatori negli spostamenti per acquisti e nelle spese, distinguendo fra tipi di comportamento più legati al commercio o al tempo libero

- studi su serie temporali, che mostrino come si sono trasformati atteggiamenti e comportamenti, e come stiano cambiando (quindi con la possibilità di effettuare previsioni)

- studi che colleghino l’aspetto psicologico con quello manageriale, per esempio, analizzando come i consumatori con diversi valori e atteggiamenti verso commercio e tempo libero, in differenti occasioni, reagiscano a diverse “offerte” nelle zone urbane o nei centri commerciali.

Studi sui singoli centri

Il filone dei lavori geografici generali sui centri urbani dovrebbe essere utile per prendere in considerazione le modalità di funzionamento della miscela commercio/tempo libero. La zona commerciale al cuore di un insediamento è considerata come elemento che consente di definirne il rango, ma si possono prendere in considerazione molte altre funzioni per valutare il ruolo generale della città. L’essenza di questi studi è di misurare la “centralità” di un luogo, le funzioni offerte e le dimensioni del bacino di riferimento verso cui si rivolgono questi servizi centrali. Si presume esserci una correlazione dimensione-funzione, con i centri più grandi che offrono più servizi e si rivolgono a un bacino più vasto. I centri con funzioni di tempo libero oltre che di commercio possono avere un ruolo diverso nel bacino di riferimento, e in generale in raggio di attrazione più ampio. Sorprendentemente non esistono studi di carattere generale sull’organizzazione spaziale delle aree urbane, o sulla gerarchia dei centri del Regno Unito, successivi a quelli di Smith (1968, 1970, 1978) fino a quello di Hall e altri di quest’anno.

Carruthers (1957) e Thorpe (1968) hanno affrontato le gerarchie dei centri commerciali. I contemporanei rankings di queste strutture of shopping centres, (ad esempio Schiller 1985, Reynolds & Schiller 1992, Management Horizons 1999) devono molto a queste indagini. Esse tuttavia si concentrano solo sul commercio tradizionale, e non sul tempo libero e altre strutture. Le discussioni sull’interazione fra varie funzioni, o la natura multi-funzionale dei centri, sono rare nei recenti studi di tipo accademico sul commercio. Il recente studio di Hall e altri comunque riesamina la gerarchia dei centri urbani, utilizzando indicatori di status che prendono in considerazione un ambito funzionale e di servizi (inclusi teatri, cinema, club sportivi e studi televisivi) e confrontandoli con le nuove gerarchie di status commerciale. Questo studio mostra l’enorme ascesa di rango delle città meridionali centri di mercato, il declino delle cittadine medie industriali e sulla costa, e le trasformazioni relative fra le città più grandi fino al 1998.

È necessario ulteriore lavoro per indagare le vari combinazioni di commercio e tempo libero connesse a questi rivolgimenti di fortuna fra diversi gruppi di centri urbani. Più in particolare, c’è bisogno di ricerche volte a stabilire se l’introduzione di nuove strutture per il tempo libero, e di diversi tipi di commercio e tempo libero nei vari centri, ha di per sé contribuito all’alterazione della gerarchia e alla trasformazione nella vitalità dei centri: e se si, come?

Un’ulteriore questione è: la crescita di tempo libero e commercio nelle città fa da contrappeso a quella del commercio extraurbano, oppure no? Se un terzo del commercio si trova ora fuori città (Verdict; DETR; cifre non ufficiali) quante attività di tempo libero o miste si collocano pure in area extraurbana?



Gestione

Un terzo campo di ricerca che abbiamo identificato riguarda il management. Naturalmente è relativo soprattutto ai centri commerciali. Che tipo di strutture per il tempo libero possono essere incorporate all’interno di un mall? Come devono essere progettate? Quali ne sono gli effetti sui comportamenti del consumatore? Quali le implicazioni finanziarie? Quali le conseguenze per la pratica di gestione in termini di ore di apertura al pubblico, parcheggi, e così via? A questo proposito circolano parecchi aneddoti, e anche i proprietari di centri hanno svolto proprie ricerche di mercato.

La fine degli anni ’80 e i ’90 hanno visto nascere una serie di progetti per grandi insediamenti extraurbani nel Regno Unito, e una parallela ascesa dell’interesse per inserire all’interno dei malls alcune strutture per il tempo libero. Numerosi articoli e comunicati sulla stampa specializzata e da parte di consulenti privati hanno descritto o elencato varie funzioni del genere nelle zone commerciali, e in particolare nei centri commerciali progettati in quanto tali. Potiriadis (1988) e McCarthy (1990) ad esempio, hanno dato orientamenti a progettisti e proprietari per questa nuova combinazione. Lo OXIRM ha sviluppato alcune ricerche sulle tendenze e i motivi di tutto ciò (Howard 1990). Questo studio identifica anche tre modelli di leisure shopping centre:

- un ambiente generale orientato al tempo libero [ ambient leisure]

- elementi di attrattività da tempo libero nei nuovi malls

- elementi di tempo libero nei luoghi di attrattività storica [ heritage-destination leisure]

Lichfleld nello stesso studio identifica tre bisogni del frequentatore a cui un centro può rispondere:

- riposo

- distrazione

- attrazione

Questo insieme di concetti offre una cornice di analisi per quanto è possibile integrare alle funzioni commerciali (distinto da quanto invece non può assumere questo ruolo).

Gli elementi concettuali esistono. Intuitivamente appaiono realistici; queste stesse, o idee riconoscibilmente simili, sono utilizzate nella gestione dei centri commerciali e nel dibattito sulle politiche. Quello che ci manca è:

- applicazione o verifica dei concetti per offrire una differente classificazione o gerarchia dei centri commerciali;

- ricerche “globali” per identificare la vera natura dell’offerta di attività da tempo libero nei centri città, nei centri commerciali, e in altri tipi di insediamento al momento attuale.

Non esistono risultati generalizzabili di studi o valutazioni di macro-livello su cosa funziona e cosa sta succedendo, oppure no, nel Regno Unito. Harrison (1990) ha individuato le strutture per il tempo libero all’interno dei “principali” centri commerciali del Regno Unito, ne ha ricavato alcuni elementi e raccolto gli studi pubblicati disponibili. Lo OXIRM ha esaminato gli effetti sui frequentatori di questa combinazione di funzioni nel caso del Metro Centre e poi del Meadowhall (Howard 1992). Questo studio riassume le ipotesi del mondo dei costruttori e gestori riguardo all’impatto del commercio/tempo libero (o a quello che da parte degli interessati si riteneva avesse) e le verifica nel caso di questi due soli centri. L’ipotesi è che la combinazione dei due aspetti commercio e tempo libero possa:

- ampliare il bacino di attrazione

- incoraggiare i visitatori a fermarsi più a lungo

- incoraggiare i visitatori a spendere di più

- attirare altri clienti

- attirare in modo più efficace il cliente tipo.

Nei casi studio esaminati si conclude che la combinazione leisure/retail offre un’immagine vendibile, e che nel caso specifico dei due centri la proposta sul mercato ha avuto molto successo.

Sfortunatamente c’è poca ricerca successiva a questo lavoro iniziale. La cosa di cui c’è più bisogno è un lavoro di tipo comparativo. Le ipotesi non sono state verificate su diversi tipi di funzioni da tempo libero e su tipi diversi di centri. Ancora, esiste una situazione in cui è disponibile una cornice teorica generale, ma manca la ricerca empirica sul campo. Servono lavori per stabilire, o mettere insieme, i dati da molti singoli centri, così che se ne possa ricavare:

- che risultati hanno i diversi tipi di combinazioni commercio/tempo libero? Che influenze hanno sui risultati le diverse dimensioni e caratteristiche dei vari centri?

- come si relazione questa “offerta” ai rientri degli investimenti, alla vitalità generale del commercio e a quella del singolo centro?

Si noti che una ricerca di buona qualità su questi problemi dovrebbe utilizzare “controlli”, come comparazioni fra i risultati dei centri con o senza alcuni tipi di combinazione leisure-retail. La sola descrizione dei bacini di attrattività o della spesa ecc., per alcuni particolari centri, non sarebbe sufficiente a dare una risposta.

Si potrebbe ipotizzare anche un lavoro parallelo per i centri città tradizionali.

È necessario pure un lavoro di raccolta dati sugli sviluppi finanziari di questa combinazione. La ricerca OXIRM si concentra su mercati e clienti, non su costi e risultati degli investimenti.

Studi sulle politiche

La quarta area di studi riguarda le politiche: organizzazione dei centri città, pianificazione commerciale e per le attività di tempo libero. L’elemento chiave di alcuni importanti studi è quello delle politiche: sulla città viva 24 ore al giorno o sull’economia della notte (per esempio Jones, Hillier, e Turner, 1999); sulla progettazione urbana e le funzioni miste nel centro; sulla vitalità e affidabilità economica delle zone centrali.

Un lavoro fondamentale è quello URBED, Vital and Viable Town Centres (1994). Una serie di altri studi sviluppa queste tematiche, sulla salute del centro, sull’impatto delle forme di gestione degli spazi, e così via. Sull’argomento del tempo libero lo studio URBED commenta: “gli spazi di maggior successo, come i centri storici, hanno creato una sinergia tra il fascino per i visitatori dell’offerta artistica, culturale, per il tempo libero, e l’attività commerciale, che ha consentito di sostenere servizi che la popolazione da sola non avrebbe potuto permettersi”. Le prove a sostegno di questo punto di vista sono di tipo aneddotico, ma sembrano un’opinione ampiamente condivisa. Quello che è meno chiaro, è come questa sinergia possa essere determinata in centri meno dominati dal turismo. È possibile per tutti i tipi di centro creare una sinergia attrattiva? La tesi di URBED è che un centro città vitale dipenda da accessibilità, bellezza, attrazioni. Queste includono arte, cultura, divertimento, con “diversificazione” e “massa critica”. Abbiamo una buona comprensione dei livelli e tipi di attrazioni da commercio (grazie alle ricerche sulla gerarchia urbana) e su come funziona una miscela di attività commerciali. Ma non abbiamo a disposizione una parallela ricerca che ci aiuti a capire la miscela di arte, cultura e tempo libero, ei loro livelli di attrattività rispetto ai centri. Né disponiamo di lavori su quali attività dipendano o meno da un rapporto con l’offerta commerciale, e in quali modi. E infine mancano buoni lavori analitici sul modo in cui alcune attività commerciali traggono beneficio dalla localizzazione comune con alcune funzioni per il tempo libero nelle città.

Ci sono altre domande sull’importanza relativa delle attività per il tempo libero e le nuove offerte comparate col commercio nei centri urbani. La maggior parte del commercio ora è esterna ai centri città. Alcuni centri sono più vitali di altri. Le attività per il tempo libero possono aiutare a mantenere interesse per gli investimenti nel tessuto e nelle attività de centri cittadini, se tanta parte del commercio sta altrove? Ravenscroft e altri (2000) hanno recentemente messo in dubbio questa possibilità: suggerire che il tempo libero semplicemente debba colonizzare zone non più richieste per il commercio, non basta ad assicurare affidabilità economica ai centri, e significa solo poco più di un rallentamento del degrado. Il problemi sollevati dai casi studio necessitano di ulteriori analisi. Le metodologie devono essere ampliate: si basano su un solo studio locale di usi successivi del suolo. Gli investitori e operatori dei centri città hanno bisogno di studi più completi, che mettano nel conto i risultati economici.

Le verifiche di vitalità dei centri urbani hanno cominciato ad essere comuni. Poche hanno a disposizione dati sui cambiamenti nel corso del tempo. Gli studi comparativi sono relativamente pochi e di obiettivi limitati: nessuno fornisce davvero una prospettiva ampia. Ci si concentra poco sulla comprensione del vero ruolo delle attività per il tempo libero nei centri urbani. L’indagine comparativa di maggior significato (Lockwood 1999) si concentra sulle attività di gestione, non sui rapporti leisure/retail o sulla vera natura dei centri. Le priorità delle ricerche sul town centre management sinora non hanno incluso le domande sulle correlazioni fra commercio e tempo libero.

UN PROGRAMMA DI RICERCA

Questa rassegna sulle ricerche disponibili ha individuato una grande varietà di lavori che danno alcune visuali delle correlazioni fra commercio e tempo libero. Ma molta parte di queste ricerche è stata svolta per rispondere a questioni diverse da quelle sollevate dal presente studio. Se ne deve concludere che semplicemente non esistono materiali che possano rispondere ad alcune delle questioni. Abbiamo indicato i vuoti più significativi.

Oltre alle quattro aree di lavoro passate in rassegna sopra, suggeriamo che nuove indagini sui comportamenti dei consumatori possano fornire importanti risultati rispetto all’investimento in ricerca. Il punto di partenza per questo lavoro potrebbe essere l’arco dei comportamenti shopping/leisure sviluppato da Cox (2001) [fa parte dei paragrafi esclusi da questa traduzione: si rinvia al link al sito originale, alla fine del brano, anche per inquadrare in modo chiaro le questioni seguenti n.d.T.]. La ricerca potrebbe essere organizzata per rispondere alle seguenti domande:

• In una settimana media, quanti spostamenti dei quattro tipi si compiono?

• Qual’è il tempo medio impiegato per ciascun tipo di spostamento?

• Qual’è la spesa media associata a ciascun tipo di spostamento?

• Quali tipi di spostamento sono in crescita, quali in declino, quali restano costanti?

• Possiamo identificare la distribuzione dei tipi di spostamento rispetto a particolari raggruppamenti di stili di vita?

• Quali destinazioni (es. Centro città, extraurbana, grandi città, piccoli centri) sono associate a ciascun tipo di spostamento?

• Quale è il rapporto fra un comportamento di “solo acquisti” e uno di “acquisti casuali” con l’attività di tempo libero?

[...]

Nota: al sito del National Retail Planning Forumil testo integrale originale, con i riferimenti bibliografici (f.b.)

Lodi Shopping Center: Environmental Impact Report, 2004, Vol. 1, II: Environmental Settings, Impacts and Mitigation Measures. A: Land Use Planning – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Premessa

Nel corso del 2004, la City of Lodi (Cal), circa 60.000 abitanti qualche decina di chilometri a sud di Sacramento, sviluppa le procedure di approvazione per un nuovo grande insediamento commerciale nella estrema fascia periferica occidentale. Gli elementi di interesse non solo locale sono almeno due, e strettamente correlati: la presenza di Wal-Mart, che fa la parte del leone nel nuovo complesso (chiudendo un altro negozio nei paraggi), e il fatto che, come insinuano i critici a livello nazionale Sprawl-Busters o Reclaim Democracy , la grande distribuzione commerciale sta incassando i dividendi dei suoi finanziamenti alla campagna repubblicana della California che ha eletto governatore Arnold Schwarzenegger.

L’altro elemento di interesse, è il contesto urbanistico niente affatto smart growth , che vede una progressiva occupazione dei corridoi di mobilità da parte di funzioni specializzate come la grande distribuzione commerciale, a spese delle attività agricole (che in questa zona sono di tipo anche piuttosto pregiato), e in forma di massiccia concentrazione monouso. Insomma, nonostante la ricchezza di procedure e strumenti di controllo e revisione, siamo piuttosto lontani dalle intenzioni progressiste per quanto a volte superficiali e di facciata della cultura new urbanism . O almeno dei suoi tentativi di incoraggiare spazi urbani meno frammentati e socialmente stimolanti dei soliti parcheggi, svincoli, contenitori più o meno luccicanti.

Resta l’interesse indubbio per i metodi e l’approccio della procedura di valutazione ambientale richiesta dalle leggi statali della California, di cui propongo di seguito un breve estratto relativamente agli aspetti urbanistici.

(Fabrizio Bottini)

QUADRO GENERALE

L’area dell’intervento

La zona, di circa 20 ettari, è un’ex area agricola a cereali. La maggior parte dei sito è ora tenuta a maggese (anche se falciata per contenere la crescita le erbe selvatiche), con l’eccezione della parte in cui è prevista la vasca temporanea per le acque piovane, piantata a alfalfa. Non esistono strutture edificate, con l’eccezione di due pozzi ad uso agricolo, più le condutture idriche in cemento e allacciamenti elettrici di servizio ai pozzi. I pozzi un tempo alimentavano un canale di irrigazione che scorre attraverso la parte centro-occidentale del terreno, in direzione nord-sud, e lungo i margini settentrionali e meridionali.

Manca in gran parte vegetazione arborea, con l’eccezione di tre imponenti noci della California e due mandorli, collocati a intervalli lungo il confine meridionale, e di due altri noci più piccoli e una giovane quercia, lungo il fronte della Lower Sacramento Road.

L’area circostante

Il sito di progetto si colloca al margine occidentale dell’area urbanizzata di Lodi, ed è circondato da una miscela di usi urbani e rurali. I terreni a est e nord-est sono occupati da due zone commerciali, ovvero quella Target/Safeway all’angolo nord-orientale fra la Kettleman Lane e la Lower Sacramento Road, e la Sunwest Plaza a est, oltre la Lower Sacramento Road rispetto al sito del progetto. A sud della Sunwest Plaza, oltre la parte sud-orientale del progetto, sta una piccola enclave di 10 abitazioni unifamiliari, collocate all’esterno dell’area municipale di Lodi, e sottoposte all’amministrazione della Contea di San Joaquin. Quattro di queste abitazioni si affacciano direttamente sulla Lower Sacramento Road, e le altre sei sulla Olive Avenue, che corre a est di questa. I terreni adiacenti al margine sud del progetto sono occupati da vigneti di proprietà della Van Rujten-Taylor Winery, e con l’edificio più vicino dell’impresa vinicola circa 100 metri a sud del sito. I terreni a ovest sono tenuti a prato per taglio del fieno. La proprietà a nord oltre la West Kettleman Lane è attualmente in corso di costruzione, per realizzare il centro commerciale di Vintner’s Square. Ci sono poi due o tre edifici di residenza rurale più o meno a 200 metri a ovest della zona di progetto, lungo il margine nord della Kettleman Lane. Tutti i terreni a sud e a ovest della zona di progetto sono esterni alla circoscrizione municipale di Lodi.

PIANIFICAZIONE URBANISTICA

Piano Generale

Il General Plan in vigore designa completamente l’area del progetto NCC: Neighborhood/Community Commercial. Si tratta di una definizione che il piano descrive così:

”Questo tipo di destinazione d’uso offre commercio e altri servizi a scala di parte di città e locale, residenza multifamiliare, spazi pubblici e semipubblici, altri usi compatibili coi precedenti. Il rapporto di copertura non deve superare lo 0,4 per gli usi commerciali, e le densità residenziali lorde devono essere comprese fra 15 e 40 unità per ettaro. Questo calcolo presume una media di 2,25 componenti per famiglia nelle parti residenziali”.

I terreni immediatamente a ovest e sud del sito sono classificati PR: Planned Residential, ovvero una miscela di tipologie residenziali, da quella unifamiliare alle densità maggiori, insieme a funzioni compatibili come parchi, spazi aperti, usi pubblici e semipubblici.

I seguenti obiettivi e politiche del General Plan, sono rilevanti per il progetto preso in considerazione:

Sezione 3. Capitolo: Uso del Suolo e Governo della Crescita

Obiettivo E: Offrire terreni e strutture adeguati allo sviluppo delle funzioni commerciali di distribuzione beni e servizi ai residenti di Lodi e del suo bacino di riferimento.

Politica 1: La Città intende promuovere e sostenere mantenimento e crescita del settore commerciale a Lodi, per rispondere ai bisogni di cittadini e visitatori.

Politica 3: La Città incoraggia nuovi centri commerciali di grande scala localizzati lungo le principali arterie urbane e agli incroci fra queste e le freeways.

Politica 6: La Città assicura la disponibilità di adeguati spazi per nuovi sviluppi commerciali.

Politica 7: Nell’approvazione dei nuovi progetti commerciali, la Città dovrà assicurare che tali progetti riflettano il suo impegno per realizzare e mantenere un insediamento di alta qualità.

Sezione 10: Capitolo: Disegno Urbano e Elementi Culturali

Politica 1: La Città sviluppa particolari standards di progetto per aumentare la qualità delle strade quali la Statale 12 e la Statale 99. Tali caratteristiche comprenderanno gli arretramenti, la segnaletica e insegne, l’arredo a verde, i parcheggi, il miglioramento dell’edilizia commerciale lungo queste strade, la schermatura di strutture commerciali e industriali visivamente poco attraenti.


L'area regionale vasta del nuovo centro commerciale di Lodi

Zoning

L’area di progetto è interamente classificata C-S: Commercial Shopping. Come si afferma alla Sezione 17.30.020 del City of Lodi Municipal Code, scopo delle aree C-S è:

“di consentire lo sviluppo di strutture commerciali localizzate all’esterno dei quartieri terziari centrali. Le relative regole sono fissate per guidare l’edificazione secondo i seguenti principi: proteggere le aree residenziali adiacenti da disturbi e influenze negative, minimizzando gli effetti delle strutture commerciali sulla sicurezza e capacità di traffico delle strade circostanti, promuovere il raggruppamento degli edifici commerciali anziché la loro estensione in fasce longitudinali, incoraggiare la localizzazione delle strutture secondo il piano generale e una loro ordinata e rapida realizzazione”.

Le funzioni consentite nelle aree C-S comprendono una varietà di commercio, uffici e servizi di quartiere. Sono consentiti anche grandi magazzini, piccole sale spettacolo, bar connessi a ristoranti. Sono vietati tutti gli usi di tipo residenziale. L’altezza massima degli edifici permessa nella zona C-S è di due piani, o 12 metri, e la copertura massima il 25 per cento della superficie netta.

Standards di Progetto per i Grandi Insediamenti Commerciali

Questo tipo di progetto è sottoposto agli standards per i grandi insediamenti commerciali, adottati dal Consiglio municipale il 7 aprile 2004. Scopo degli standards di progetto è di affiancare i requisiti richiesti dall’ordinanza di zoning e dal regolamento edilizio, a mitigare gli impatti negativi dell’edilizia commerciale di grosse dimensioni. Le questioni affrontate dagli Standards comprendono: progetto generale dell’insediamento, progetto architettonico e dettagli; minimi e massimi di parcheggi; illuminazione e arredo a verde delle aree a parcheggio; schermatura delle zone di carico e scarico merci; accesso e circolazione pedonale e ciclabile. Oltre gli adeguamenti visivi, obiettivo degli standards è migliorare la qualità dell’insediamento promuovendo caratteristiche architettoniche che aumentino l’interesse spaziale a scala di pedone, riducano l’incombenza fisica dell’edificato, si adeguino ad alcune caratteristiche locali. Gli standards vengono applicati in primo luogo dal personale per l’esame dei progetti presentati, e poi attraverso il Site Plan and Architectural Review Committee (SPARC) della città.

CRITERI DI GIUDIZIO

Per gli scopi di questo studio di impatto ambientale, il progetto verrà considerato come avente significativi effetti urbanistici se:

Impatto 1: coerenza col Piano Generale e l’ordinanza di Zoning. Il progetto di insediamento commerciale proposto è coerente con le funzioni stabilite dal piano generale e dallo zoning di Lodi (Impatto meno-che-sigificativo)

Piano Generale

I tipi di offerta commerciale previsti per il progetto comprendono un grande magazzino discount con alimentari e spazi per servizi automobilistici, tre ristoranti fast-food, due ristoranti tradizionali, una drogheria-farmacia, uno sportello finanziario e altre funzioni commerciali varie. È da tempo politica della città di Lodi, quella di permettere per questi tipi di complessi i criteri della zona di piano generale NCC: Neighborhood/Community Commercial. È la stessa zona applicata alle aree commerciali esistenti sul lato est della Lower Sacramento Road, che contengono tipologie e usi molto simili a quelli proposti.

Il rapporto di copertura proposto dal progetto generale di insediamento è di 0,23, ovvero significativamente inferiore allo 0,40 consentito per le zone NCC.

Il progetto corrisponde a scopi e politiche del piano generale per quanto riguarda la collocazione e organizzazione dei grandi spazi commerciali lungo le principali arterie. Il progetto dovrà seguire i recentemente adottati standards, che assicurano ulteriormente la coerenza rispetto a scopi e politiche del piano generale per un’alta qualità insediativa degli spazi commerciali.

Nell’ambito di questo studio di impatto ambientale, gli obiettivi e politiche del piano generale per i vari aspetti sono sempre elencati in dettaglio. Con la messa in pratica delle misure di adeguamento qui identificate, il progetto sarà coerente a tutti gli obiettivi e politiche.

Zoning

Le attività commerciali proposte sono tutte consentite nell’ambito della zona definita C-S: Commercial Shopping, che si applica anche agli insediamenti commerciali esistenti sul lato est di Lower Sacramento Road e a quello recentemente approvato di Vintner’s Square sul lato nord della Kettleman Lane. Gli edifici del nuovo insediamento occuperanno circa il 23 per cento della superficie netta, che rientra nel 25 per cento consentito per le aree C-S. Tutti i fabbricati saranno entro l’altezza massima di 12 metri delle zone C-S. L’intento della categoria C-S è di offrire un insediamento commerciale ordinato, e si realizza attraverso l’applicazione degli Standards di Progetto per i grandi complessi commerciali, e il processo di Site Plan and Architectural Review.

In definitiva, il progetto proposto è coerente al piano generale e alle norme di zoning previste per l’area. NON SI RICHIEDE ALCUN ADEGUAMENTO.


Foto aerea dell'area del nuovo Shopping Center

Impatto 2: Compatibilità con le funzioni insediate. Il progetto costituisce una trasformazione sostanziale nell’uso del suolo; ad ogni modo, non risulterà in significativi conflitti o incompatibilità con altre funzioni adiacenti o vicine (Impatto meno-che-sigificativo)

Il progetto proposto altererà l’uso del suolo, da spazio aperto di tipo agricolo, a centro commerciale, il che rappresenta un cambio sostanziale. Ma, come argomentato sopra, questa trasformazione non si risolverà in conflitti o incompatibilità con le funzioni vicine.

Il sito è circondato su due lati da altri insediamenti commerciali, esistenti o in corso di realizzazione, e sarà compatibile con queste funzioni. L’edificazione qui potrebbe essere considerata come un logico ampliamento dell’insediamento contiguo sui margini urbani, così come ipotizzato dal Piano Generale. In più, il progetto comprenderà fasce di arretramento organizzate a verde e altre zone verdi interne che, combinate con la qualità notevolmente alta della progettazione architettonica generale (come assicurato dall’adeguamento agli standards di progetto commerciale fissati dalla municipalità) offriranno un elemento esteticamente attrattivo per l’accesso occidentale alla città.

L’analisi delle compatibilità nell’uso del suolo è comunque funzione di altri fattori, come l’estetica, i rumori da traffico, e altre potenziali caratteristiche nocive, che saranno esposte di seguito.

L’illuminazione notturna di parcheggi e edifici può produrre riflessi indesiderati, in particolare verso le residenze oltre la Lower Sacramento Road a est. Gli impatti potenziali di illuminazione e riflessi, saranno ridotti da appositi schermi di interposizione che impediscano l’illuminazione diretta oltre i margini dell’insediamento. Combinato con gli effetti di schermo dell’arredo a verde interno e lungo i bordi, questo impedirà impatti negativi.

Come esposto nella sezione dedicata al Rumore, la realizzazione del progetto non produrrà impatti relativi ai rumori sulle funzioni confinanti e adiacenti. Le funzioni che producono rumore sono connesse alle attività di parcheggio, la circolazione di mezzi pesanti per il carico e scarico merci, macchinari, strumenti di trattamento dei rifiuti, mezzi per la pulizia dei piazzali. Per quanto riguarda le aree più sensibili a questo tipo di effetto, ovvero le residenze oltre la Lower Sacramento Road a est, questi rumori in generale non saranno avvertibili oltre il rumore di fondo dell’arteria di traffico. In modo simile, il nuovo traffico generato dall’insediamento non risulterà in significativi incrementi dei livelli di rumore sulle strade circostanti.

Dato che l’area del progetto è adiacente a zone agricole attive a ovest e sud, esiste un potenziale conflitto con queste funzioni. Tale potenziale si riduce parzialmente perché l’uso commerciale è meno sensibile di quanto non siano le funzioni residenziali, rispetto alla polvere, odori, rumori e altri effetti dell’agricoltura. Ad ogni modo, l’aratura potrebbe generare polvere, fino alla zona commerciale, nonostante questo possa accadere solo occasionalmente, in condizioni di forte vento. Questo effetto sarebbe fortemente ridotto dal fatto che la zona sud del sito è occupata dal bacino per le acque piovane, e in quella nord sono previsti una sottostazione elettrica e un serbatoio d’acqua municipale. Queste strutture saranno essenziali nell’offrire una superficie di interposizione larga 150-200 metri lungo la maggior parte del bordo occidentale. In più, la Westgate Drive corre lungo il margine a ovest, e nella parte centrale offre una fascia di separazione con un minimo di 24 metri di larghezza. Nel progetto sono anche incluse pareti di schermatura alte tre metri lungo due terzi del bordo occidentale, che offriranno protezione da qualunque polvere soffiata dal vento.

Nonostante il sito sia adiacente a vigneti coltivati, a sud, i potenziali conflitti sono ridotti dalla parete di 2,5 metri prevista lungo l’intera lunghezza del margine meridionale. Dato che i venti prevalenti spirano da nord-est, il potenziale di invasione da polvere è ridotto, visto che il progetto sta a nord dei vigneti. In più, i terreni a sud e ovest sono destinati a sviluppo residenziale dal Piano Generale, così che qualunque conflitto fra funzioni urbane e rurali sarà risolto al momento dell’edificazione di quei terreni (come esposto nella sezione III, Impatti Cumulativi, gli spazi adiacenti a ovest e sud sono oggetto di una proposta di annessione alla circoscrizione municipale, inoltrata dalla città di Lodi all’inizio del 2004). Alla luce dei fatti e considerazioni sopra esposte, gli impatti potenziali dei conflitti fra funzioni urbane e agricole saranno meno che significativi. NON SI RICHIEDE ALCUN ADEGUAMENTO.


Progetto del nuovo insediamento, Wal-Mart sulla sinistra

Impatto 3: Potenziale degrado a causa degli impatti socioeconomici. Il progetto comprende nuove attività commerciali che entreranno in concorrenza con altre già esistenti nella città di Lodi; comunque, non esistono prove tali da suggerire che questa aumentata concorrenza si risolva in chiusura di esercizi, e di conseguenza essa non avrà effetti indiretti negativi sul deterioramento fisico, o generale degrado, degli immobili (Impatto Meno-che-significativo)

Premessa

Secondo il California Environmental Quality Act (CEQA), devono essere presi in considerazione solo gli effetti fisici diretti e indiretti di un progetto. La sezione 15064(d) delle Linee Guida CEQA prevede:

”Nella valutazione degli effetti ambientali di un progetto, l’ufficio responsabile considererà le trasformazioni fisiche dirette comportate e immediatamente collegate all’inervento”. La sezione 15064(d)(3) afferma inoltre: “Qualunque impatto fisico diretto di una trasformazione deve essere considerato solo se è ragionevolmente prevedibile. Una trasformazione solo ipotizzata, o che sia di difficile attuazione, non è ragionevolmente prevedibile”. In più il CEQA chiede che l’affermazione della possibilità di significativi impatti da parte di un progetto debba essere sostenuta da prove concrete (Linee Guida, sezione 15064(f)).

Rispetto agli effetti secondari socioeconomici dei progetti, la sezione 15131(a) delle Linee Guida CEQA afferma:

”Gli effetti economici e sociali di un progetto non saranno considerati come significativi effetti ambientali. Uno studio di impatto ambientale può rilevare una catena di cause ed effetti da una decisione di progetto alle previste trasformazioni economiche o sociali indotte, ai mutamenti fisici a loro volta causati da quelli economici o sociali. Le trasformazioni economiche e sociali non devono essere analizzate in dettaglio maggiore di quanto necessario per ricostruire la catena di cause ed effetti. Il fulcro dell’analisi sarà la trasformazione fisica”. In altre parole, i mutamenti economici e sociali non sono, di per sé, presi in considerazione dal CEQA come significativi per l’ambiente.

Dato che il CEQA indica di considerare solo gli effetti fisici, quelli economici e sociali vanno analizzati se a loro volta producono cambiamenti nell’ambiente fisico. In questo contesto, l’effetto fisico specifico che ci si può aspettare come risultato di un impatto negativo socioeconomico, è il deterioramento fisico delle strutture, o degrado [ blight]. Il termine “ blight” ha un significato accettato generalmente nella legge della California. Secondo le sezioni da 33030 a 33032 del California Safety and Health Code, un’area degradata è caratterizzata da alcune caratteristiche che:

”causano una riduzione, o l’assenza, di usi appropriati in un’area, al punto che ciò costituisce un grave carico fisico, sociale, economico per la comunità, che non ci si aspetta di risolvere o alleviare attraverso la sola azione dell’impresa privata”. Fra le condizioni descritte di degrado, ci sono edifici e strutture “inadatti o insicuri all’occupazione ... veicoli di scarsa igiene, trasmissione di malattie, mortalità infantile, delinquenza giovanile e criminalità”, a causa di alcuni elencati fattori.

Alla luce di quanto esposto sopra, anche se si potesse mostrare che il progetto dovesse con qualche probabilità risultare nella crisi e fallimento di una o più attività commerciali concorrenti, la risultante inutilizzazione degli edifici, da sola, non significherebbe condizione di degrado. In quanto tale, la sola inutilizzazione di un edificio non costituisce secondo il CEQA una soglia di trasformazione fisica significativa per l’ambiente. Per causare significativi impatti fisici, sarebbero necessari altri elementi complementari, come la chiusura di attività circostanti, combinata con scarsi o nulli sforzi da parte della proprietà immobiliare per mantenere o aumentarne il valore, fino ad una condizione favorevole all’affitto e utilizzo. Per raggiungere una condizione definibile come impatto fisico secondo il CEQA, sarebbe necessaria trascuratezza, o un totale abbandono delle proprietà per un lungo periodo, in modo tale da provocare sostanziale deterioramento fisico e degrado. Come affermato sopra, un impatto fisico indiretto di questo tipo deve essere un risultato ragionevolmente prevedibile del progetto, con dimostrazione di cause ed effetti, con risultati sostenuti da prove concrete.

Nonostante il CEQA non richieda analisi di effetti economici, si espone la seguente indagine di questo tipo a sostegno delle conclusioni sugli impatti potenzialmente negativi del progetto nei riguardi delle attività commerciali di Lodi:

Analisi Socioeconomica

Al fine di determinare il potenziale impatto del progetto e delle attività connesse su quelle esistenti concorrenti di Lodi, sono stati intrapresi due studi socioeconomici dalla Applied Development Economics (ADE). Il primo si concentrava sugli impatti rispetto alle attività di downtown, il secondo considerava gli effetti a scala urbana. Entrambi gli studi (riportati integralmente in allegato) sono riassunti brevemente di seguito.

Nell’analisi degli effetti sulle attività del centro, ADE ha rilevato che l’impatto generale sarà una perdita di vendite annuali dell’uno per cento, a favore del Lodi Shopping Center. Lo studio ha delimitato l’effetto ad alcune categorie commerciali, escludendone la maggior parte, che non saranno toccate, in primo luogo perché i commercianti downtown si sono già adattati alla concorrenza con le catene nazionali, trovandosi una propria nicchia, stabilendo relazioni di qualità con la clientela e mantenendone la fedeltà. È stato rilevato che le uniche categorie che perderanno affari a seguito della realizzazione del progetto saranno le farmacie, i ristoranti tradizionali e quelli fast-food. Le farmacie del centro perderanno circa il 2 per cento di vendite a favore del progetto. I ristoranti tradizionali perderanno il 4 per cento, e i fast-food il 2 per cento, a favore di servizi del genere collocati all’interno del progetto. Queste percentuali di perdita in affari sono relativamente basse, e non si prevede che provochino chiusura di attività.

Nel secondo studio economico, ADE ha rilevato gli effetti probabili delle attività insediate nel progetto su quelle delle stesse categorie a scala dell’intera città. Le categorie prese in esame sono i negozi discount (ad esempio K-Mart, Target), i supermercati alimentari (Safeway, Raley’s, Albertson’s, Food 4 Less, ecc.), famacie/ drugstore, altri tipi di commercio al dettaglio (abbigliamento, negozi specializzati, arredamenti, materiali per l’edilizia), ristoranti fast-food e tradizionali, e funzioni non di vendita come i servizi personali e professionali, o finanziari.

Complessivamente, l’indagine ha rilevato che le attività del progetto toglieranno approssimativamente l’8,5 per cento delle vendite totali ai negozi esistenti di Lodi nel breve termine, il che rappresenta circa il 55 per cento dei nuovi affari dell’insediamento (il rimanente 45 per cento rappresenta spese che sarebbero effettuate fuori dall’area di Lodi, e che le nuove attività catturerebbero). La percentuale di affari persi varia da categoria a categoria, come segue: negozi discount – 6%; supermercati e alimentari – 11%; farmacie/ drugstores – 9%; ristoranti tradizionali – 20%; fast-food – 9%; servizi alla persona, all’impresa, finanziari, - 0%. Vista la bassa pecentuale di perdite per le categorie toccate, ADE ha concluso che poco probabilmente il progetto provocherà chiusure di attività esistenti a Lodi. Rispetto ai supermercati, è stato anche osservato che le perdite saranno temporanee, e che la futura crescita di aree residenziali e popolazione in città consentirà loro di recuperarle.

Viste le conclusioni degli studi socioeconomici, e il fatto che non sono probabili chiusure di attività come effetto della realizzazione del nuovo insediamento, non esiste prova evidente di probabili edifici resi inutilizzati dagli effetti delle nuove attività, o che una catena di effetti possa causare deterioramento fisico o degrado delle proprietà. Dunque il progetto non avrà effetti socioeconomici che possano indirettamente causare impatti fisici o urbanistici negativi.

Chiusura dell’esistente punto vendita Wal-Mart

Quando sarà completato il Superstore Wal-Mart proposto, verrà chiuso il Wal-Mart esistente nel vicino Sunwest Plaza. Questo produrrà edifici inutilizzati per circa 12.000 metri quadrati. Il promotore del nuovo progetto, che è anche proprietario del Sunwest Plaza, si assume responsabilità degli spazi Wal-Mart lasciati inutilizzati. Dato che gli altri occupanti dell’area sarebbero danneggiati da un lungo periodo di inutilizzazione, il proponente ha un forte incentivo finanziario a riaffittare quello spazio. A questo scopo, lo manterrà in buone condizioni per attirare nuove attività commerciali. Secondo ADE, è ragionevole prevedere che il responsabile riuscirà grazie alla sua esperienza consolidata a collocare uno o più negozi di catene nazionali. Da questo punto di vista, è gia stato comunicato alla municipalità che esiste un interessamento da parte di numerosi potenziali occupanti, e ci si aspetta la firma in breve tempo di una Lettera di Intenti. Considerato tutto questo, è poco probabile che la chiusura di Wal-Mart risulti in una prolungata inutilizzazione degli spazi commerciali, o che il proprietario trascuri e abbandoni le strutture al punto da provocare un serio deterioramento fisico e degrado. Dunque, non esistono prove che la chiusura del magazzino Wal-Mart esistente possa causare impatti socioeconomici che risultino in effetti fisici o urbanistici.

In conclusione, né il calo di vendite delle attività esistenti derivante dal progetto, né la chiusura del Wal-Mart esistente, causeranno effetti socioeconomici che possano causare a loro volta significativi impatti di tipo fisico. NON SI RICHIEDE ALCUN ADEGUAMENTO.

Nota: a titolo complementare, allego qui almeno uno dei documenti citati più volte in questa sezione dello studio di impatto ambientale, ovvero le Project Guidelines adottate dalla città di Lodi nel 2004. Si tratta naturalmente della versione originale e integrale, che comprende tutti i tipi di insediamento e non solo quello commerciale. Per la documentazione integrale (di oltre 600 pagine) sul progetto del nuovi Shopping Center, faccio riferimento al sito ufficiale della Città di Lodi (f.b.)

domenica, maggio 16, 2004

Così, un pò inaspettatamente, Ale lunedì scorso (o martedì, non ricordo di preciso) mi chiede se mi va di fare questo weekend fuori. Contento gli dico di sì. Dato che più o meno abbiamo bazzicato tutto il Veneto, il Trentino - Alto Adige e parte dell'Emilia, optiamo su Mantova. Io non c'ero mai stato, lui sì, ma dice che è carina. E poi non è troppo lontana, circa un'oretta da casa sua. Così si cerca un albergo. Mantova centro è un po’ costosa vista la durata del soggiorno e così Ale, bazzicando nella rete, mi trova quest’alberghetto tre stelle alle porte della città, vicino all’uscita di Mantova sud (a dire il vero un pò scomoda da usare - per raggiungerla abbiamo dovuto prendere l’autostrada a Mantova nord e uscire a Mantova sud...vabbè!). Si arriva e si vede che è attaccato ad una zona artigianale/industriale, chiamata il quadrilatero della moda. Chissà che faranno (la risposta è ovvia, ma lasciamo stare le mie elucubrazioni). Prendiamo l’auto e andiamo a Mantova. Bellina, carina (tra parentesi, cara Franci, il negozio di scarpe non l’ho trovato), molto vivibile, bei negozi, ristoranti un pò meno. Certo che dopo un pò la si è vista tutta. Così, anche perchè io ero stanchissimo e Ale pure abbastanza, decidiamo di tornare all’albergo. Ma è presto: perchè non vediamo che cos’è questo quadrante della moda? Ale non è convinto, crede che ci siano solo fabbriche. In realtà ci troviamo di fronte ilFashion District, un mega centro commerciale fatto solo di spacci e di outlet. Praticamente un paradiso terrestre: da Ferrè all’Energie, da Viceversa alla Fornarina. E senza dimenticare il mio piccolo paradiso: lo spaccio di Intimissimi e Calzedonia. Ognuno ha le proprie fisse: l’intimo e i calzini sono le mie fisse. Non che abbia comprato molto. Ho quasi speso più soldi per Nicolò (una tshirt dell’Adidas) e per Giulia (una tshirt della Fornarina), i miei nipoti. Ma comunque poco. Io voglio vivere lì e ogni giorno avere soldi da spendere. Chissà che la Carrà torni con il suo programma Sogni, così le chiedo almeno 100.000 € da spendere in un tour di questo genere di centri commerciali, fatti solo da outlet. Perchè non c’è solo a Mantova. Eh, no! Ma anche vicino Roma, Santhià, Bari. Perchè non uno sotto casa di ognuno di noi. E’ un nostro diritto. E un dovere di chi eleggiamo. Un impegno concreto: più outlet per tutti.

Nota: qui il link al sito Vibelicious, blog di Nicola Zanchetta da cui è tratta la pagina. Per chi volesse invece annoiarsi con le opinioni del sottoscritto, qui su Eddyburg c'è la cronaca del "parto" dell'Outlet di Bagnolo, nel vecchio pezzo sui Cugini di Campagna Riporto doverosamente, di seguito, lo scambio di messaggi chiarificatore col Dott. Zanchetta (f.b.)

Sono l'autore del testo che voi avete pubblicato, prendendolo tale e quale e presentandolo come una guida turistica che si prende sul serio scritta da quella che gli intellettuali italiani più snob considerano per l'italiano medio.

Dopo questa breve precisazione credo che sia utile spiegarle cos'è un blog. I blog, come il mio da cui voi avete attinto, è uno spazio personale che chiunque, dotato di una minima conoscenza informatica, può sfruttare nell'immenso mare del web. I blog di conseguenza possono essere sia un canale alternativo alle solite fonti di stampa, sia uno sfogo per i pensieri del suo autore.

Il mio blog è strettamente personale. Sia chiaro, non nel senso che scrivo cose molto personali che non voglio confidare (altrimenti sarebbe controproducente), ma nel senso che sono i miei pensieri, le mie "cose". Anche le cazzate, come capita a volte di dire. Capita così che a volte si finisca col parlare di cose vacue, sciocche e completamente inutili, come il colpo di fulmine per un outlet center. Perchè credo che a volte ci si debba gustare anche le cose più futili. Non credo in chi dice che la vita va presa unicamente sul serio. Bisogna dotarsi di autoironia e imparare ad alternare i momenti seri con quelli che lo sono molto meno. Il mio blog, proprio perchè io voglio che sia così predilige i momenti meno seri, ma non esclude gli altri. Non so se l'autore dell'articolo ha letto tutto il mio blog, ma si accorgerà che spesso parlavo dei momenti più neri, delle difficoltà per un laureato in sociologia a trovare lavoro e di mille altre cose.

Mi spiace molto che il mio blog sia stato citato in modo improprio. Perchè così è stato fatto. Mantova è una citta bella, non eccezionale come mi aspettavo, ma bella. Tanto che ho insistito perchè i miei genitori la visitassero.

Che poi mi fa strano sapere che vengo citato ad esempio di chi predilige i centri commerciali ai centri storici, proprio io che ho sviluppato tesi e ricerche nel periodo universitario sull'importanza di un turismo nuovo, focalizzato sulla rivalutazione degli ambienti naturali. Se fosse interessato la mia tesi è disponibile presso la biblioteca dell'università di Trento (la comunità locale e la gestione di un'area protetta. Il caso di Valle Vecchia di Caorle).

Infine vorrei precisare che il mio non è un redazionale. Non ho visto nemmeno un soldo (e visto quello che è stato scritto forse dovrei aggiungere un ahimè). Mi spiace che un classico consiglio da "suocera" sia stato scambiato per un redazionale (ne ho scritti tanti prima di trovare l'attuale lavoro e devo essere sincero con lei: quando mi pagano vengono molto meglio): io ho semplicemente trasposto il classico racconto orale agli amici nel mio blog.

Sperando che l'autore o lei possiate capire il dispiacere che mi avete causato, le porgo i miei più cordiali saluti

Dott. Nicola Zanchetta

gentile Dott. Zanchetta,

ricevo dall'amico Salzano la sua lettera di disappunto, dopo aver letto sul sito Eddyburg il suo resoconto della visita a Mantova/Bagnolo, totalmente decontestualizzato ad opera del sottoscritto.

Me ne dispiaccio moltissimo, ovviamente, e vedremo in qualche modo di rimediare anche in altro modo più concreto, magari pubblicando la Sua lettera o altra comunicazione che vorrà inviarci. Come ha giustamente capito, non ho guardato il resto del suo blog, dentro al quale ero capitato via motore di ricerca, parola chiava appunto Outlet. E devo dire che, a parte il linguaggio molto più brillante della media (il motivo che mi ha fatto decidere di prendere a prestito il suo breve resoconto) i contenuti erano in tutto e per tutto paragonabili ad altri, stavolta reperibili su siti di informazione e/o pubblicità, che trattano lo stesso argomento. C'era appunto il suo paragonare (ironicamente, come avrei dovuto capire) gli spazi dell'outlet di Bagnolo con quelli del centro storico mantovano, ovvero la tesi che da un paio d'anni stiamo sostenendo: ci sono questi centri storici finti, fatti di quinte teatrali, che stanno svuotando quelli veri, fatti di persone e complessità sociale e culturale.

Ecco brevemente il motivo per cui non sono andato tanto per il sottile, provocandole inutilmente quanto involontariamente un dispiacere.

Il secondo dispiacere, quello di sospettare che si trattasse di pubblicità redazionale, si deve allo stesso motivo generale: il tono, simile a quello di altre cose già lette sull'argomento, e il link alla sola Fashion District (ci sono altre tre grosse compagnie presenti in Italia, oltre a siti generali con moltissimi links).

Beh: ecco tutto. Rinnovo le scuse, e la disponibilità ad ospitare qualunque suo chiarimento in proposito vorrà farci pervenire, oppure semplicemente la Sua lettera. E la ringrazio anche per averci aiutato, con il suo gentile messagggio, a stare più attenti in futuro all'uso di alcune fonti di informazione.

Cordiali saluti

Fabrizio Bottini

http://xoomer.virgilio.it/fabrizio.bottini

Gent.mo Dott. Bottini,

la ringrazio per la risposta alla mail che avevo inviato al dott. Salzano. Ho scritto a lui in quanto non ho potuto scrivere direttamente a lei.

Non chiedo retifiche o dichiarazioni particolari al suo breve articolo, se non il fatto che venga modificata l'indicazione del redazionale e la contestualizzazione del mio blog. Soprattutto perchè ci tengo che il mio blog (quindi non solo il testo che lei ha citato) venga inteso nel modo più corretto: un modo leggero di affrontare le cose di tutti i giorni.

Colgo l'occasione, comunque, di complimentarmi sia con lei sia con il dott. Salzano per il lavoro che sta alla base del sito eddyburg.it. In fondo se non ci fossero provocazioni come quella che avete lanciato attraverso la presentazione del testo preso dal mio blog, l'urbanistica rimarrebbe confinata nelle università.

Cordialmente, i miei migliori saluti.

Dott. Nicola Zanchetta

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