loader
menu
© 2025 Eddyburg

"Fidatevi delle mie intuizioni, siamo 4 punti sopra l'opposizione. L'economia mondiale è in ripresa e tutto sommato anche quella italiana va" (Silvio Berlusconi, la Repubblica, 27 ottobre 2004).

"Siamo 5 punti avanti ai nostri avversari. Io le cose me le sento dentro e il sesto senso mi dice che riconquisteremo la maggioranza senza tanti problemi. Forza Italia ha uno zoccolo duro del 20 per cento che non ci abbandonerà mai, poi c'è un altro 10 per cento dei nostro elettorato fluttuante, che stiamo già recuperando. Infine i sondaggi ci segnalano un ulteriore 10 per cento di incerti, i quali potrebbero essere attratti dal nostro messaggio" (Silvio Berlusconi, La Stampa, 23 dicembre 2004).

"Dopo la riforma fiscale, Forza Italia è sopra il 23%" (Silvio Berlusconi, 3 gennaio 2005).

"Siamo 3 punti sopra la Gad" (Silvio Berlusconi, Il Giornale, 26 gennaio 2005).

"La nostra sarà una campagna spirituale, siamo alternativi in tutto ai comunisti. Usiamo il libro nero del comunismo quando facciamo i comizi, è efficacissimo!" (Silvio Berlusconi, la Repubblica, 26 gennaio 2005).

"Vincerà chi avrà più voti nell'insieme di tutte le regioni, e sono convinto che questa parte sarà la Cdl. Le regioni più importanti confermeranno l'attuale governo di centrodestra, perché li si sono registrati concreti vantaggi per i cittadini. Sono convinto che la Cdl sarà vincente. Una regione in più sarà un risultato buono, due in più ottimo" (Silvio Berlusconi, Il Giornale, 13 marzo 2005).

"Ho nei cassetti dei sondaggi molto positivi che fanno sperare in un buon risultato. Spero che la sinistra non inquini i risultati" (Silvio Berlusconi, Il Giornale, 26 marzo 2005).

Da LuxObnubilata

Svezia, la tv di Stato si fa lo spot : "Non siamo come Berlusconi"

la Repubblica del 17 febbraio 2005

Per farsi pubblicità, e sottolineare la sua indipendenza e obiettività, la televisione di stato svedese Svt usa l'immagine di Silvio Berlusconi. In un filmato breve, che va in onda in questi giorni e si può vedere anche sul sito dell'emittente, sfilano alcune riprese di Berlusconi che saluta la folla o che appare su decine di video contemporaneamente. Il sottofondo musicale è il mandolino tipico della peggiore iconografia dell'italietta, con le note ovvie di "O sole mio".

Ad accompagnare le immagini una serie di scritte: "In Italia, il 90 per cento dei mass media è in mano a Silvio Berlusconi", "Dopo intensiva campagna elettorale (grazie ai propri mezzi di comunicazione) vince le elezioni" ", "Ora è anche presidente del consiglio" e per finire: "Svt: noi siamo una televisione libera".

La televisione svedese non sottolinea solo la concentrazione dei mezzi di comunicazione in mano al presidente del consiglio, ma anche la qualità dei programmi. Le riprese di Berlusconi, che saluta sorridente, sono alternate a quelle di ballerine poco vestite nei varietà italiani.

.Due episodi rinfocolano gli spiriti animali d´una destra belluina o lassista secondo i rei. Nel giudizio abbreviato contro imputati d´associazione terroristica un giudice si dichiara incompetente ma revoca la misura cautelare dissertando sulla qualità dei fatti, e sbaglia perché tali decisioni spettano all´organo competente. Nel secondo caso vengono alla sbarra delle nomadi: l´accusa è tentato sequestro di persona ma, dicono i resoconti, manca quel commencement d´exécution fuori del quale non esiste tentativo; le parti pattuiscono una pena d´otto mesi, sospesa, sotto il titolo "tentata sottrazione d´una persona incapace"; e il tribunale l´applica; senza quest´accordo m´aspetterei una condanna per minaccia (massimo 1 anno) o tentato furto con strappo (minimo 1 anno, massimo 6, diminuiti da uno a due terzi); se la minaccia fosse seria ("la borsa o il bambino"), il nome penale sarebbe estorsione (da 5 a 10 anni); e l´ipotesi ripugna a una clinica aliena da iperboli azzardose. L´esito sta dunque nelle regole: gli accordi sulla pena non sono un trucco curialesco; li codificano gli artt. 444-48. Ma l´Italia al governo freme. L´ingegnere padano succeduto ad Alfredo Rocco racconta d´avere perso il sonno, mentre galoppini del suo partito allestiscono fiaccolate, indi spiega quale sia la missione delle toghe: emettere responsi conformi al "sentimento popolare" d´un "dato momento storico"; l´attuale richiede "pene esemplari"; e inutile dirlo, sensibilità nel distinguere le persone; l´ancora influentissimo ex-ministro della Difesa, sodale del quasi padrone d´Italia, merita riguardi indulgenti, compensati dalla mano dura sui rifiuti sociali, nella cui compagnia cade de iure chiunque pensi storto. Infatti, vuole un pubblico ministero eletto dal popolo; e nella Casa delle cosiddette libertà è dogma l´ufficio d´accusa ancorato al governo: lo chiamano eufemisticamente "carriera separata".

A proposito d´eufemismi, ne alleva tanti il Terzo Reich, dove la Judenfrage, questione ebraica, richiede un´Endlösung, soluzione finale, e "il lavoro rende liberi", scritto sulla porta d´Auschwitz: nel cui anniversario, 27 gennaio, appare sul posto anche il mago d´Arcore; depone un lumino, poi borbotta qualcosa; il senso è che l´odio sia orribile; dobbiamo estirparlo dai cuori, bellissimo pensiero, se non suonasse ad hominem. L´Unico recita sé stesso anche lì, impenitente. La frase va intesa al lume d´altre sue: «io sono il bene»; dove governa lui, fiorisce l´amore; gli avversari portano «miseria, terrore, morte»; «la democrazia è in pericolo». Mi sono permesso la digressione perché sta a pennello: l´ignaro ministro ripete in dialetto padano stereotipi tedeschi anni Trenta e Quaranta; "il sano sentimento popolare" era un Leimotiv della dottrina penalistica politicamente corretta. Anche lo stile segnala vaghe parentele: adunate, rune, camicie, elmi, spade, riti fluviali; sangue e terra, parole d´alto appeal; e come talvolta avviene nei ricorsi della storia, la tragedia diventa farsa, ma il ridicolo nasconde dei pericoli. Non è puro caso che nel secondo governo B. un soi-disant celto sieda in via Arenula: i gangli delle società evolute passano attraverso la funzione giusdicente; il riconquistatore voleva impadronirsene; l´opera richiede una scure manovrata da qualcuno sulla cui pelle gli argomenti in lingua colta scivolino come acqua tiepida; un ignorante dei rudimenti legali era il devastatore giusto. Sa scegliersi gli uomini.

In 44 mesi il crociato dell´amore affonda l´Italia agli ultimi posti nella scala dei paesi usciti dall´economia tribale, ma nelle riforme senza spese combina mirabilia: dovendo salvarsi dai giudizi che trascina, dissesta i codici; siamo l´Eldorado dei falsari in bilancio, bancarottieri, corruttori; l´imputato abbastanza ricco da pagarsi le ugole complica i processi finché i reati cadano estinti dal tempo, quando non esce trionfalmente, avendo fulminato le prove d´accusa con varie chicanes; privilegi parlamentari garantiscono de facto l´immunità penale; qua e là erompono i brulichii del malaffare organico; Stato e mafia coesistono, insegna una massima del realismo politico. Siamo ancora ai primi passi. Gl´insediati nel Palazzo sono baroni, infìdi, qualcuno riottoso ma infine ubbidienti: il sovrano li soverchia; e riformando l´ordinamento giudiziario, elaborano l´arnese d´un controllo ad unguem. Saremo tutti sudditi quando le procure dipendano dal ministro e la carriera dei giudici sia in mano al governo soperchiatore. A che punto stia la metamorfosi dello Stato in Signoria, lo dicono certe cautele: qualche avversario troppo astuto teme le opposizioni nette presupponendo un B. egemone, vita natural durante, o almeno fortissimo, interlocutore più che legittimo e magari utile; poi verranno i diadochi, come dopo Alessandro. Coesisteremo col berlusconismo, meno facilmente di quanto avvenga rispetto al potere mafioso, perché l´impero d´Arcore ha più denti e squame. In politica regna il diavolo, insegnava Lutero. Torniamo al rude parlatore che custodisce i sigilli. Se è lecito qualche riferimento storico, dal ridicolo al terribile, i battaglioni padani stanno a B. come le SA inquadrate da Ernst Röhm stavano al Führer, con una differenza importante: nel giugno 1934 Hitler stermina i quadri alti volendo acquisire gerarchie militari, industriali, finanzieri, burocrati, ai quali riesce ostica l´aggressiva volgarità dei miliziani; stupidi, s´illudono d´addomesticare Kniébolo, come lo chiama Ernst Jünger. Cadono 400 e più teste, inclusi alcuni estranei da liquidare nell´occasione (a esempio, l´ex presidente del consiglio generale Kurt von Schleicher e consorte). Dieci anni dopo, fortunosamente scampato alla bomba nella Tana del Lupo, riconosce l´errore. Non credo che B. lo ripeta. Gli viene troppo utile il braccio leghista negli equilibri interni.

È sintomo d´imbarbarimento che i dominanti vogliano una giustizia servile, feroce nel piccolo in spregio alla legalità, riguardosa verso i potenti. Speriamo che la neoplasia s´arresti. L´Italia futura dipenderà in larga misura dagli affari giudiziari. La sogno così: governi efficienti ai quali nessuno debba insegnare il self-restraint, perché sanno fermarsi; un Parlamento dove il malaffare non trovi asilo; regole inflessibili a tutela della convivenza civile, dall´antitrust ai conflitti d´interesse, sicché la bulimia berlusconiana non sia più nemmeno pensabile; partiti antagonisti nelle scelte contingenti, concordi su poche premesse capitali; giustizia equanime, indipendente, rapida, secondo norme conformi alla migliore cultura, altrettanto bene applicate, da giudici sopra la mischia, in un lessico nel quale non fioriscano più ermetismi ma le parole dicano quel che uno pensa, ridotte al minimo compatibile con l´esigenza del dire tutto l´importante; insomma, motivazioni trasparenti, meglio se lette subito, quando l´autore esce dalla camera di consiglio. Costano poco le fantasie e aiutano a vivere.

MILANO — Poco da fare per i processi di corruzione, compromessi quelli per truffa allo Stato ma anche per attentato alla sicurezza dei trasporti, nel cestino persino i processi per attentato con finalità terroristiche o di eversione: con la salva-Previti, cioè con l a nuova legge in cantiere sulla prescrizione, per “migliaia di processi già fissati in Cassazione” finirà così. Parola del Massimario della Cassazione, l'Ufficio Studi della Suprema Corte, che lo scrive in alcune delle 158 pagine di una sorta di Bibbia degli operatori del diritto: la “Rassegna della giurisprudenza delle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione nel triennio 2002- 2004” . Un viaggio anche fra “mutamenti delle basi normative, radicali disarmonie del sistema e preoccupanti vuoti di disciplina” . Tale da spingere l'Ufficio Studi a non escludere che ormai, alla domanda “cosa sia veramente il processo oggi, la triste risposta possa essere: soltanto un gioco” . Una “metafora” , ma non nel nobile “senso degli illustri processualisti, cioè di un insieme di azioni e reazioni, di strategie finalizzate al risultato migliore; ma nel senso, allarmante, di una istituzione fine a se stessa, ove si impongono interessi strutturali a che i giochi si moltiplichino e durino sempre più a lungo” .

Nel passaggio sulle “plausibili conseguenze” della legge in arrivo, l'Ufficio Studi nota che, se “per le contravvenzioni il trattamento risulta meno favorevole di quello vigente, per cui si applicherà solo ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge, per i delitti la nuova disciplina sostanziale è quasi sempre più favorevole all'imputato e, quindi, sarà di immediata applicazione” .

Con quali effetti concreti? I direttori ( Stefano Evangelista e Giovanni Canzio) e i redattori ( Guglielmo Leo e Gioacchino Romeo) del documento rispondono sulla base di tre premesse. La prima è la legge Vitali- ex Cirielli approvata dalla Camera e ora in discussione al Senato. La seconda è “la durata media di un processo di merito, intorno ai 9 anni” . La terza è che “la fissazione di un ricorso per Cassazione richiede in media 13 mesi” . Su queste basi, “può ragionevolmente concludersi che risulta assai serio il rischio della prescrizione per quasi tutti i processi in corso per reati puniti con la pena della reclusione compresa nel massimo tra i 5 e i 6 anni, e per la grande maggioranza dei processi per reati puniti con la pena della reclusione massima di 8 anni” .

Ed è sempre l'Ufficio Studi a incaricarsi di tradurre i numeri ( delle pene) in nomi ( dei reati a rischio prescrizione): “Tra gli altri, la rivelazione di segreti di Stato, l'attentato contro i diritti politici del cittadino, la corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, la resistenza a pubblico ufficiale, il millantato credito, la frode nelle pubbliche forniture, il favoreggiamento reale, l'attentato alla sicurezza dei trasporti, la truffa ai danni dello Stato o di enti pubblici, l'attentato per finalità terroristiche o di eversione, la calunnia, numerose ipotesi di falso, la truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche” .

E “pur dando per scontato da parte della Corte di Cassazione un sollecito sforzo organizzativo al fine di evitare l'esito della prescrizione nel maggior numero possibile dei casi”, non ci sarà nulla da fare per “migliaia di processi” che “sono stati già fissati confidando sugli attuali termini di prescrizione: i margini di manovra sembrano nulli, essendo praticamente impossibile un "rifacimento" radicale dei ruoli, comunque a sua volta foriero di ritardi e disservizi” .

(in calce il collegamento al testo integrale)

"In passato i governi di sinistra hanno rallentato il potenziamento delle reti i cui fondi sono stati sbloccati grazie all'intervento della legge Obiettivo." Con questa testuale dichiarazione resa all'ANSA il ministro delle Infrastrutture l'ing. Lunardi, recatosi sul luogo del disastro ferroviario il 7 gennaio scorso, ha detto una autentica falsità.

Infatti l'inserimento nella lunga lista delle opere strategiche di investimenti ferroviari sulla rete esistente non ha portato né finanziamenti aggiuntivi né procedure accelerate e tanto meno cantieri aperti.

Quello che in realtà il ministro Lunardi ha fatto è stato allungare a dismisura la lista di nuovi investimenti ad Alta Velocità e nuovi valichi alpini, mentre in ogni Legge Finanziaria il governo ha tagliato le risorse da destinare al potenziamento della rete esistente.

A questo si deve aggiungere la politica di rilancio del settore autostradale adottata dal Governo Berlusconi, che aumenterà lo squilibrio nel sistema dei trasporti nazionale verso la gomma e che assorbirà risorse ed energie che dovrebbero viceversa essere utilizzate per il rilancio del trasporto ferroviario italiano.

Quello che il ministro non ha detto è che cosa intenda fare immediatamente per aumentare la sicurezza delle ferrovie e per migliorare il servizio offerto ai cittadini, a partire dalla tratta Bologna-Verona, su cui è accaduto il gravissimo incidente ferroviario in cui hanno perso la vita 17 persone.

Il caso della tratta Bologna-Verona:

raddoppio ripartito nel 1999, ma ritardi nei lavori

Il ministro Lunardi ha anche rivendicato come grazie alla legge obiettivo il progetto di raddoppio della linea Bologna-Verona sia stato approvato e finanziato. Ma questa è una colossale bugia, perché il raddoppio della tratta è ripartito dal 1999 e nonostante sia stato inserito fra le opere strategiche in quanto facente parte del Corridoio 1 Berlino- Palermo delle reti TEN Europee non ha beneficiato né di finanziamenti straordinari né di procedure accelerate. Ed infatti i lavori procedono purtroppo troppo lentamente ed in ritardo anche rispetto ai tempi previsti dal piano di investimenti di RFI.

E’ opportuno rammentare che il raddoppio di questa tratta ferroviaria era previsto nel Contratto di Programma 1994-2000 e che, dopo anni di mancati investimenti e progetti faraonici, l’opera è stata finanziata in modo significativo a partire dal 1999. Conseguentemente è ripartito l’iter di progettazione, approvazione ed appalto dei lavori.

Nel Contratto di Programma 2001-2005 di RFI (aggiornamento ottobre 2003) si spiega che il raddoppio della linea attualmente a semplice binario per 72 km sui 114 km complessivi, è articolato in 8 opere funzionali, che il costo a vita intera dell’investimento era stimato in 760 milioni di euro, ma che a seguito del completamento della progettazione esecutiva di alcuni tratti e per la previsione di nuove opere di mitigazione ambientali, il costo si è incrementato di 50 milioni di euro, passando complessivamente ad 810 milioni di euro. Incremento di costi che sembra essere stato inserito nel III addendum al Contratto di Programma, adottato sulla base delle risorse della legge finanziaria 2004.

Va anche censurato il fatto che i 40 km di binari già raddoppiati non sono interamente utilizzabili per la mancanza di poche centinaia di metri a Isola della Scala.

RFI ammette anche un ritardo nei lavori dovuto a difficoltà finanziarie dell’impresa aggiudicataria dei lavori della tratta Tavernelle-S.Giovanni in Persiceto e lo stesso problema per i lavori inerenti le opere di fondazione del Ponte sul Po. Come conseguenza dichiara RFI “si ha che l’attivazione delle opere è slittata da dicembre 2006 a luglio 2007”.

Ma questa data sembra già essere ulteriormente slittata almeno al 2008, come purtroppo abbiamo appreso dalla stampa e dalle polemiche successive al gravissimo incidente ferroviario del 7 gennaio, ed i costi dell’opera dichiarati di recente da RFI si attestano su 846 miliardi di euro.

Per quanto riguarda l’ammodernamento ed il potenziamento tecnologico è prevista l’istallazione al 2006 del Sistema di Comando e Controllo sulla linea Bologna-Verona-Brennero del costo di 250 milioni di euro, mentre per l’attivazione del Sistema di Controllo Marcia Treno (SCMT) bisognerà aspettare la terza fase di attivazione della tecnologia, che secondo le previsioni di RFI si concluderà nel 2006. E’ evidente il ritardo dei cantieri e l’arretratezza tecnologica del rete, che sopporta il traffico nazionale, il trasporto pendolari ed il traffico internazionale in particolare delle merci.

Per queste ragioni bisogna predisporre azioni concrete per anticipare sia gli investimenti tecnologici e di sicurezza che la conclusione del raddoppio delle tratte a binario unico.

Il piano di investimenti delle Ferrovie 2001-2005:

si allunga la lista delle grandi opere, ma si tagliano le risorse

Il Piano di investimenti delle Ferrovie dello Stato è contenuto nel Contratto di programma 2001-2005, il cui piano di priorità degli investimenti è stato aggiornato nell’ottobre 2003 da RFI, sulla base delle richieste del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e successivamente approvato dal Cipe il 13 novembre 2003.

La revisione si è resa necessaria sia per adeguare il costo reale degli investimenti in corso di realizzazione, approvazione e progettazione, sia per adeguare il piano degli investimenti ai nuovi elenchi di opere strategiche previsti dalla Legge Obiettivo ed inclusi nella delibera Cipe del 21 dicembre 2001, decisi dal Governo Berlusconi.

Si fa presente che gli investimenti previsti dal precedente Contratto di Programma 1994-2000 sono in corso di esecuzione ed interamente coperti da finanziamenti già deliberati per un totale di costi a vita intera pari a circa 17,5 mld di euro.

Il risultato della revisione effettuata da RFI, d’intesa con il Ministero delle Infrastrutture, ha aumentato notevolmente i costi complessivi degli investimenti ferroviari che passano da 105,5 mld di euro a 147,5 mld di euro.

[omissis]

[…] il costo complessivo degli investimenti aumenta in misura considerevole e soprattutto a causa delle nuove e grandi opere previste dalla legge obiettivo che da sole fanno lievitare di 54 miliardi il costo del Piano. Sono in concreto le nuove tratte ad Alta velocità Torino-Lione, il nuovo traforo del Brennero, l’alta velocità Salerno-Reggio Calabria connessa e funzionale alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, solo per citare le più rilevanti sul piano economico. Basta calcolare la somma di questi nuovi investimenti per tratte ferroviarie ad Alta velocità previste dalla Legge Obiettivo, che richiedono in totale investimenti per 42, 6 miliardi di euro.

L’Alta velocità/Alta capacità cosiddetta “tradizionale” e cioè la Torino-Padova, la Milano-Napoli e la Milano-Genova, inclusi i nodi, costa complessivamente 42,9 mld di euro ( la stima precedente si era attestata su 40,7) ed è utile ricordare che diverse tratte (Roma-Napoli, Bologna-Firenze, Bologna-Milano e Milano-Torino) sono in avanzata fase di realizzazione.

Gli interventi sulla rete convenzionale vengono stimati in 35,6 mld di costo, aumentando di ben 16 miliardi di euro, di cui 9 dovuti a nuovi investimenti richiesti dalla Legge Obiettivo e per la restante parte l’aumento dei costi è dovuto, spiega la relazione tecnica, alla effettiva progettazione ed in alcuni casi alla realizzazione in corso.

Per la manutenzione ordinaria e per l’upgrading della rete si stimano 5 mld di euro (la stima precedente si attestava su 2,9 mld di euro), per un investimento di tipo tecnologico per migliorare e mantenere la sicurezza generale della rete e l’accessibilità delle stazioni, pari al 3,4% del piano complessivo.

Quello che emerge con chiarezza è che il nuovo piano di investimenti per il rilancio delle ferrovie adottato dal Governo Berlusconi, punta con decisione su nuove e grandi opere (tunnel di base alpini del Frejus e del Brennero, Alta velocità Salerno-Reggio Calabria connessa al Ponte sullo Stretto, Alta Velocità Milano-Genova) senza incrementare ed accelerare in misura significativa gli investimenti sui nodi metropolitani, sull’adeguamento della rete esistente, sugli investimenti tecnologici e sul materiale rotabile.

Se si sommano gli investimenti già previsti per l’Alta Velocità (42, 9 miliardi di euro) alle nuove tratte AV previste dalla Legge Obiettivo ( 42, 6 miliardi di euro) si ottiene una somma totale di 85,5 miliardi di euro da destinare alla grandi opere.

Quindi ben il 57,6 % degli investimenti previsti dal nuovo Contratto di Programma è dedicato all’Alta velocità ferroviaria.

Del resto sono le stesse Ferrovie dello Stato a sottolineare nel Documento di aggiornamento del Piano di Investimenti 2003 che rispetto ad un trend storico, che si è sempre attestato al di sotto dei 4 miliardi euro/anno di investimenti, per realizzare questo nuovo piano servirebbero almeno 12 mld euro/anno nel 2004 ed a 23,7 mld euro/anno nel 2005. Somme davvero colossali e che non fanno i conti con le scarse risorse pubbliche effettivamente disponibili.

Infatti come dimostreremo successivamente mentre il Governo Berlusconi allunga la lista delle grandi e costose opere in realtà in ogni Legge Finanziaria taglia le risorse da destinare agli investimenti delle Ferrovie dello Stato per la rete esistente.

Le ultime leggi Finanziarie tagliano le risorse destinate alla rete esistente

Se valutiamo le risorse assegnate dalle diverse Leggi Finanziarie approvate dal Centrosinistra, emerge chiaramente come le polemiche irresponsabili del Ministro Lunardi contro i Governi precedenti che avrebbero fermato tutti gli investimenti sono completamente false.

Il flusso di finanziamenti è stato sostanzialmente costante (4,2 mld di euro per il 1998, 3,8 mld di euro per 1999, 3,1 mld di euro per il 2000 e 3,7 mld di euro per il 2001), con modeste rimodulazioni e rifinanziamenti effettivi. Sono state avviate opere ingenti come l’alta velocità Bologna-Firenze, Bologna-Milano e Torino-Milano, è stato avviato nel 1998 un piano straordinario di manutenzione e sicurezza ed ammodernamento tecnologico della rete, ed opere fondamentali come il completamento del raddoppio del binario tra Bologna-Verona sono state finanziate e sono finalmente ripartite.

Ovviamente questo non ha colmato il deficit infrastrutturale causato da 30 anni di mancati investimenti nelle ferrovie italiane, ma si è operato concretamente e responsabilmente nella giusta direzione.

[omissis]

Le risorse dimezzate della Finanziaria 2004: la sicurezza è rinviata

In concreto quindi le risorse effettivamente disponibili per gli investimenti ferroviari assegnati dalla Legge Finanziaria 2004 sono 2,7 mld di euro, da cui è esclusa l’Alta velocità in corso di realizzazione e che è stata affidata per il finanziamento ad ISPA. Questi ultimi investimenti verranno sempre ripagati e garantiti da risorse pubbliche, che produrranno un mostruoso indebitamento pubblico a partire dal 2008 (come ha segnalato la Corte dei Conti nella sua relazione annuale 2003 su FS), ma al momento sono esclusi dal Piano di Investimenti delle Ferrovie e quindi dal Bilancio dello Stato.

Ma lo “Schema di addendum n. 3 al Contratto di Programma”, recentemente sottoposto al parere delle competenti Commissioni parlamentari e che definisce il dettaglio dei progetti ed investimenti a cui devono essere destinate le risorse della Legge Finanziaria 2004 (e non le risorse nel triennio), continua a riproporre lo stanziamento di 6,7 miliardi di euro per il 2004 che in realtà non è disponibile (vedi Tabella 8 di pag. 32 del III addendum).

Si tratta di investimenti di adeguamento della rete esistente, di ammodernamento tecnologico della rete e degli impianti al fine di garantire l’incremento della sicurezza, ma che non potranno essere realizzati perché praticamente circa 2/3 non sono coperti in Legge Finanziaria e saranno quindi rinviati alla copertura finanziaria in anni successivi.

Tra questi investimenti vi è anche il famoso ed avanzato sistema di controllo della circolazione dei treni Sistema di Controllo Marcia Treni (SCMT) ed il sistema SCC (sistema di Comando e Controllo) a cui questo addendum destina rispettivamente 250 milioni di euro e 155 milioni di euro, che però sono in concreto disponibili solo per un terzo come è stato dimostrato.

Basti pensare che la terza fase di attuazione del sistema SCMT avrebbe bisogno di ulteriori 206 milioni di euro che sono ancora da reperire e che allo stesso modo il sistema SCC secondo il contratto di Programma 2001-2005 costa 1,033 miliardo di euro e che ne restano da reperire ancora ben 878 milioni di euro. Il risultato è che tra ritardi attuativi, risorse assegnate ma non disponibili, e risorse ancora da reperire in leggi Finanziarie future, i tempi di completamento di queste nuove tecnologie che incrementano la sicurezza e l’efficienza della rete non sono vicini.

Ed è ancora più evidente la sproporzione tra queste risorse che mancano per l’adeguamento tecnologico della rete esistente e le opere inutili promesse dal Governo Berlusconi: basterebbero le risorse destinate al Ponte sullo Stretto di Messina, per completare tutti questi investimenti.

Altri tagli alle Ferrovie per finanziare la riduzione delle tasse nella Finanziaria 2005

La legge finanziaria per il 2005, con il comma 299, lettera a) (a copertura del maxiemendamento fiscale), ha provveduto a ridurre una serie di trasferimenti correnti alle imprese pubbliche tra le quali è ricompresa anche la società Ferrovie dello Stato.

In particolare, la riduzione relativa alle Ferrovie opera sul contratto di programma con le Ferrovie dello Stato Spa (Ministero dell'Economia e delle Finanze - upb 3.1.2.8 - Ferrovie dello Stato) nella seguente misura: per il 2005, la riduzione è di 90 milioni di euro, per il 2006 la riduzione è di 100 milioni di euro ed ulteriori 90 milioni vengono tagliati a decorrere dal 2007. Assistiamo quindi ad una decurtazione dei finanziamenti relativi al contratto di programma delle Ferrovie dello Stato Spa per un importo totale nel triennio 2005-2007, pari a 280 milioni di euro, su un totale di 1.860 milioni di euro.

31 anni per realizzare gli investimenti ferroviari promessi dal Governo Berlusconi

In conclusione, solo con la Finanziaria 2002 vi era stato un effettivo incremento assegnando 4,3 miliardi di euro agli investimenti delle ferrovie, (che includeva anche la quota per l’Alta Velocità Torino-Milano-Napoli), mentre nel 2003 le risorse effettivamente spendibili assegnate sono state pari a 3,8 mld euro, nel 2004 si è passati a 2,7 mld di euro, ed infine nella Finanziaria 2005 sono stati previsti fondi per 2,9 mld di euro.

E’ certamente intervenuto un fatto nuovo che deve essere sottolineato: con l’articolo 75 della Legge Finanziaria 2003, il sistema ad alta velocità è stato affidato per il suo finanziamento alla società Infrastrutture SPA, (con adeguate garanzie dello Stato) mentre è stato deciso che nel Contratto di Programma di FS sarà previsto “solo” il finanziamento degli interessi intercalari del debito assunto da Ispa per la nuove tratte AV.

Quindi è logico sostenere che avendo escluso dal Contratto di Programma 2001-2005 le tratte AV, le quote annuali da assegnare in ogni legge Finanziaria si riducono conseguentemente.

Ma i conti non tornano comunque perché della somma assegnata ad FS ogni anno, una quota robusta e crescente è destinata agli interessi intercalari dell’AV: per esempio nel 2004 la quota per le sole tratte Torino- Milano-Napoli, è stata di 560,6 mld di euro, su di un totale di risorse assegnate dalla Legge Finanziaria di 2,7 mld di euro.

In pratica questo significa che le risorse per ammodernare la rete esistente, gli investimenti tecnologici ed il materiale rotabile vengono ridimensionate, mentre aumentano i costi delle opere, aumentano gli interessi intercalari dell’Alta Velocità e si allungano a dismisura la lista delle grandi opere inutili e devastanti promesse dal Governo Berlusconi.

Del resto basta fare un semplice calcolo: se il nuovo Contratto di Programma 2001-2005 costa 147,5 miliardi di euro, calcolando che sono effettivamente già disponibili 12,5 miliardi di euro ed escludendo il finanziamento della rete veloce affidata ad ISPA, al ritmo di assegnazione annuale di circa 3 mld di euro in ogni legge Finanziaria, servirebbero ben 31 anni per realizzare tutte le infrastrutture ferroviarie promesse dal Governo Berlusconi.

Quello che si dice una politica del fare e non solo di promesse!

È evidente la sproporzione fra le parole del Ministro Lunardi che promette di realizzare entro il 2012 il Ponte sullo Stretto e la connessa rete ad alta velocità Salerno - Reggio Calabria, che rilancia l’inutile linea veloce Milano – Genova, l’alta velocità tra Torino e Lione ed il nuovo tunnel di base del Brennero, mentre non dedica invece utili energie e tempo per accelerare gli investimenti per il raddoppio del binario tra Bologna e Verona.

E sembra non accorgersi che anche al nord c’è almeno da un anno una emergenza pendolari, fatta di disservizi, di ritardi, di cancellazioni, di linee a binario unico con scarse tecnologie, di materiale rotabile obsoleto.

Secondo i Verdi, per intervenire a sostegno delle ferrovie servono prioritariamente le seguenti azioni:

un forte ridimensionamento del piano di investimenti faraonico promesso dal Governo Berlusconi, ed una selezione accurata delle priorità per gli interventi per le ferrovie

- l’accelerazione ed il completo finanziamento del piano di ammodernamento tecnologico e messa in sicurezza della rete esistente, anticipandone l’ entrata in funzione

- azioni concrete di miglioramento del servizio per il trasporto ferroviario locale in aree critiche, con investimenti mirati sul materiale rotabile

A pensarci bene, sono molto coerenti. C´è una lucida, anche se viziosa, razionalità in quanto sta per accadere in Parlamento con la legge «Salva Previti!». Ricordiamo brevemente. Per liberare dai grattacapi milanesi se stesso e Cesare Previti, amico, sodale, avvocato, onorevole e ministro di giustizia "ombra", Silvio Berlusconi ha prima modificato il reato (il falso in bilancio). Poi, con la legge sulle rogatorie, ha voluto annichilire le prove. Non è stato sufficiente per mandare per aria il lavoro della procura di Milano. E allora sono state manipolate le regole del processo con la legge Schifani. Bersaglio mancato. La manovra è stata sventata dalla Suprema Corte che ha cancellato la legge perché incostituzionale. Al rosario delle manomissioni del principio dell´uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, mancava all´appello - dopo il reato, la prova e il processo - la sentenza.

L´aggressione alle sentenze si è consumata ieri alla Camera, in commissione giustizia. Come è naturale, una sentenza non si può cancellare. Ma se ne possono cancellare gli effetti, ovvero la condanna. Come? Estinguendo, come si dice, il reato. In una parola, cancellandolo, considerandolo morto.

E´ una mossa meno complicata di quanto si possa immaginare. Se non si può modificare l´esito di un processo - faccenda alquanto ardua: come si fa a gettare nel cestino la corruzione magari aggravata dalla circostanza che il corrotto è un giudice? - lo si può aggirare. Per esempio, definendo dei tempi di prescrizione più ridotti. Se passa troppo tempo dal giorno della consumazione del reato, il reato non c´è più: questa è la prescrizione. Dunque, se si accorciano i tempi della prescrizione anche il reato di corruzione in atti giudiziari può evaporare.

Finora la corruzione in atti giudiziari - reato per il quale Cesare Previti è stato condannato, in un processo, a undici anni di carcere e, in un altro, per corruzione semplice a cinque - si estingueva in quindici anni (dieci più cinque). La commissione giustizia della Camera propone ora di cambiare le regole del gioco. Senza farsi imprigionare dai tecnicismi, è sufficiente dire che i dieci anni più cinque, diventano otto più due. Il massimo della pena prevista da quel reato (otto anni) aumentata per le circostanze aggravanti di un quarto. Dunque otto più due, dieci anni. Non ci crederete, ma il processo milanese ha accertato che l´ultima manovra corruttiva di Cesare Previti (affare Imi-Sir) risale al giugno del 1994 (Previti si preparava a diventare ministro della Difesa e intascava una ventina di miliardi in Svizzera). Dunque, dieci anni e cinque mesi fa. Conclusione. Se la legge dovesse essere approvata come è stata confezionata oggi, il reato di corruzione in atti giudiziari di Cesare Previti, e manco a dirlo anche quello (ancora a giudizio) di Silvio Berlusconi, sarebbe estinto già da cinque mesi. Alla Camera, comunque, non vogliono proprio correre rischi. Si devono essere detti che bisogna garantire a Cesare Previti un´ulteriore opportunità nel caso l´operazione fallisse, la manipolazione saltasse e i tempi della prescrizione restassero quel che sono oggi. Il relatore della legge Luigi Vitali ha infilato così nella proposta un piccolo emendamento. Prevede che gli imputati condannati che abbiano compiuto i 70 anni, «a meno che non siano stati dichiarati delinquenti abituali o professionali», non faranno un solo giorno di carcere. Sconteranno la pena a casa. Anche in questo caso, sarete increduli nell´apprendere che, soltanto per un caso, Cesare Previti ha compiuto i settant´anni il mese scorso, il 21 ottobre.

E´ la legge «Salva Previti!», anche se i burattinai e i burattini di quest´ultima manovra lo smentiscono. Al di là del disegno legislativo che si adatta alla figura di Previti come una giacca tagliata da Caraceni, ci sono due circostanze che lo confermano. La prima la offre, forse inconsapevolmente, proprio il relatore della legge. A frittata fatta, Luigi Vitali salta fuori con una dichiarazione a prima vista senza senso. Dice Vitali: «Ieri Silvio Berlusconi ha inaugurato il nuovo corso, ricatti non li accettiamo». Non si comprende che cosa c´entra il presidente del Consiglio. Il disegno di legge presentato alla commissione giustizia è formalmente un´iniziativa parlamentare, non una mossa del governo. E allora, perché invocare Berlusconi a meno che non sia di Berlusconi la sollecitazione a togliere a se stesso e a Previti le castagne dal fuoco? E´ un´ipotesi che trova una conferma nella seconda circostanza.

Questa doveva essere la settimana del regolamento di conti con la magistratura. La riforma dell´ordinamento giudiziario è all´ultimo giro di boa, alla Camera. E´ la legge a cui il governo e la maggioranza hanno affidato, come sostengono le toghe, la vendetta contro pubblici ministeri e giudici. Ordine giudiziario fortemente gerarchizzato, umiliazione del consiglio superiore della magistratura, invasività dei poteri del ministro e delle commissioni di esame e di disciplina che egli contribuirà a formare. Sembrava fatta. Il ministro di giustizia addirittura sperava di chiudere la partita oggi togliendosi la soddisfazione di vincerla mentre la magistratura scioperava per la terza volta nella legislatura. Così non sarà. Il condono ambientale con la fiducia fa slittare il voto alla prossima settimana. Ma Palazzo Chigi ha fatto sapere che prima dell´ordinamento giudiziario bisognerà approvare la «Salva Previti!». Anche qui con molta coerenza perché prima la fai franca, eviti il pericolo e poi ti vendichi di chi te lo ha procurato. Quindi, prima si salva Previti, poi si puniscono i magistrati. Coerente. Come le riforme di giustizia del governo. Anche se, favorendo uno (Previti), sono riforme che salvano moltissimi e per reati socialmente minacciosi come la rapina, l´usura, la bancarotta... Ma questo a Palazzo Chigi deve essere apparso un insignificante

L'Unità
Salta la maggioranza su Previti, e per la villa di Berlusconi viene messa la fiducia, di red

Sulla delega ambientale il governo ha posto la fiducia: così l'ennesima

legge "salva-Berlusconi" non farà -mercoledì in votazione - la stessa fine della norma "salva-Previti"oggi in commissione. Ad annunciare la fiducia è stato alla ripresa dei lavori in aula a Montecitorio nel pomeriggio, è stato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi.

La delega ambientale in mattinata ha passato per il rotto della cuffia il vaglio di costituzionalità, con uno scarto di soli 16 voti (223 a favore della pregiudiziale, 239 contro). La fiducia ha evitato pesanti scivoloni già successi nella seduta del mattino come quello sulla norma "salva-Previti".

Lo scorso 14 ottobre, il governo aveva ottenuto la fiducia in Senato sul maxi-emendamento alla legge delega in materia ambientale, in cui, tra l'altre cose, si propone il condono edilizio su abusi minori compiuti in zone a vincolo paesaggistico.

Tra i 51 commi dell'emendamento, che riscrive la legge, c'è la norma più criticata dai Verdi, secondo cui si possono condonare con una sanzione pecuniaria le costruzioni edificate in zone protette entro il 30 settembre 2004, purché? i materiali utilizzati siano giudicati «compatibili» con il contesto paesaggistico. Secondo gli ambientalisti il primo beneficiario della norma sarebbe il premier Silvio Berlusconi perché? il provvedimento sanerebbe le opere realizzate nella sua villa Certosa in Sardegna.

Giubila il ministro Giovanardi, ricordando che il ddl che dispone la delega al governo in materia ambientale «è pendente in Parlamento da almeno tre anni

Il provvedimento, ricorda Giovanardi, approda in aula per la quinta volta, dopo una doppia ?navetta? dall'assemblea di palazzo Madama a quella di Montecitorio. E dato che il ddl di delega dovrà essere accompagnato dai relativi decreti attuativi, il governo ha deciso di apporre la fiducia sul testo approvato dal Senato lo scorso 14 ottobre.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

La Repubblica

Delega sull'ambiente il governo pone la fiducia



ROMA - Il governo ha deciso di porre la questione di fiducia sul disegno di legge di delega ambientale, che ieri ha ripreso il suo cammino parlamentare alla Camera. Lo ha annunciato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, spiegando che la legge attende l'approvazione da tre anni.

Già passato al Senato, dove il governo ha posto la fiducia, il testo

contiene il condono per gli abusi edilizi commessi nei paradisi ambientali, e un un giro di vite sugli "ecomostri" da abbattere. Ma soprattutto la legge consente di sanare gli abusi edilizi commessi fino al 30 settembre 2004 nelle aree di interesse ambientale.

L'opposizione punta il dito contro quest'ultima norma, sostenendo che

servirà anche a Silvio Berlusconi per sanare il teatro all'aperto costruito

nella villa in Sardegna. L'annuncio è stato accolto da vibranti proteste del centrosinistra. "Mentre il Paese è afflitto al nord da una gravissima crisi industriale - ha detto il capogruppo Ds Luciano Violante - e al sud da una terribile crisi del settore agricolo, il governo non dà risposte e per difendere interessi personali e un indegno condono edilizio pone la fiducia perchè non si fida della propria maggioranza".

Rivolgendosi ai banchi del centrodestra, Violante ha aggiunto: "Legittimate ogni giorno di più l'illegalità. La verità è che il blocco sociale che vi ha fatto vincere nel 2001 si è sfaldato. Dimettetevi e date la parola al Paese".

Oltre alla sanatoria degli abusi edilizi, il provvedimento prevede una

depenalizzazione degli abusi più "lievi", cioè quelli che non abbiano

determinato la creazione di nuove superfici o volumi come restauri, aperture di nuove porte e finestre, eccetera. Saranno le soprintendenze a decidere volta per volta se i lavori in questione sono compatibili con il vincolo paesaggistico e i trasgressori potranno sanare gli abusi pagando una multa, ma non saranno chiamati a rispondere in sede penale.

Qui potete ammirare l'ecomostro del padrone della repubblica

Quelle bugie del cavaliere

MILANO - Si apre, di buon mattino, il libro delle scommesse al Palazzo di Giustizia di Milano. Quale condanna avrebbe chiesto Ilda Boccassini per Silvio Berlusconi? Le previsioni si colorano subito di nero notte. Undici anni! Dodici anni! No, tredici! Gaetano Pecorella, l'avvocato del presidente del Consiglio e tante altre cose ancora, parlamentare di Forza Italia, presidente della commissione giustizia della Camera, in corsa per un posto da giudice costituzionale, lascia cadere prima una perfidia. "Vedrete, la Boccassini ci metterà due giorni per concludere la requisitoria perché un giorno solo è un titolo di giornale solo. Meglio allora stare lunghi in due giorni e guadagnare due titoli".

Liquidata così la vanità del pubblico ministero, l'avvocato scodella il vaticinio più pessimista. Lancia lì "tredici anni e otto mesi". Perché quegli otto mesi, avvocato? "Ma è chiaro. Per Previti il pubblico ministero ha chiesto tredici anni. Per Berlusconi, che all'accusa appare più colpevole di Previti, chiederà otto mesi in più. Non vi pare?".

Ilda Boccassini entra in aula con un paio di occhiali da sole che ne accentuano la grinta di "cattivissima". Brutto segnale. Appare a tutti l'annuncio di una requisitoria del pubblico ministero aspra nella sostanza e addirittura asprissima nella forma per emotività, aggressività, censura morale. A questo punto - e l'udienza non è ancora iniziata - c'è chi corre al libro delle scommesse e corregge la sua giocata al peggio. Per l'imputato Berlusconi Silvio s'annuncia una pessima giornata, dicono.

Campanello. La faccia, che non sai dire se assorta o distratta o assente, del presidente Castellano fa capolino in aula. L'udienza comincia e nessuna delle previsioni, alla fine, rimane in piedi. In sole sette ore, e non in due giorni, Boccassini liquida il suo impegno. Chiede otto anni di condanna e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici per Berlusconi. Esclude ogni attenuante per l'imputato. Con una mossa a sorpresa, contesta non il reato di corruzione in atti giudiziari, ma la corruzione semplice.

Una requisitoria che fa tesoro delle correzioni dei giudizi precedenti (Cassazione, Tribunale, Corte di appello) per gli altri coimputati (Cesare Previti, Attilio Pacifico: i corruttori. Renato Squillante, Filippo Verde: i giudici corrotti).

Veggenti e scommettitori restano di princisbecco perché è il giorno in cui si scopre una Boccassini molto pragmatica. "Cinica" direbbero, credo, i cronisti sportivi. Il pubblico ministero gioca la sua partita in modo utilitaristico ed essenziale. Bada al sodo senza alcun preziosismo tecnico né alcuna mossa emotiva o vagamente "politica". Secca. Asciutta. L'accusa sta ai fatti, e i fatti - si sa - sono testardi e ostinatissimi. Non lo comprendono - non possono comprenderlo, per necessità - i corifei del Capo che, a udienza chiusa, intonano da Roma la farfallina e fraudolenta litania dell'"accanimento politico-giudiziario".

Fossero stati in aula si sarebbero vergognati delle loro parole perché a Milano la Boccassini elenca - anche a costo di diventare noiosissima - documenti, testimonianze, bonifici bancari, contatti telefonici e, degli imputati e dei testimoni a sostegno, contraddizioni, incongruenze, menzogne. Con una prima, sorprendente variazione.

Questo processo viene spesso definito "processo Sme". E' una deformazione di cui i media, in buona o cattiva fede, hanno abusato e che Berlusconi ha sfruttato con abilità parlando quasi esclusivamente dell'affare Sme. La manipolazione ha permesso, negli anni, al patron della Fininvest di coinvolgere nella mischia polemica il suo antagonista politico Romano Prodi, l'azionista di riferimento del Gruppo Espresso Carlo De Benedetti e "la sinistra" e "la magistratura rossa", insomma lo sfruttamento intensivo dell'armamentario con cui Berlusconi si autorappresenta agli italiani come vittima. E' un ruolo che, è noto, sa recitare meglio, con grande sapienza. Questa cosmesi esorcistica dei fatti lascia in ombra, se non dimenticato, che in questo processo i capi di imputazione, per Berlusconi, sono due. Che l'affare Sme è soltanto il secondo capo.

Nemmeno il più rilevante perché il più importante è il primo. Vi si legge che "Silvio Berlusconi ha agito affinché il consigliere istruttore di Roma Renato Squillante compisse una serie di atti contrari ai doveri d'ufficio e in particolare: ponesse le sue pubbliche funzioni al servizio della Fininvest; violasse il segreto d'ufficio fornendo informazioni a lui richieste; intervenisse su altri uffici giudiziari al fine di indurli a compiere atti contrari ai doveri d'ufficio in modo da favorire quella società". Detto in altro modo, "Silvio Berlusconi, con Cesare Previti e Attilio Pacifico, prometteva e versava ingenti somme di denaro, retribuendo stabilmente, Renato Squillante".

Lo si può dire ancora in un altro modo più essenziale: Silvio Berlusconi ha avuto "a libro paga", come fosse un suo dipendente, il giudice di Roma. Ecco l'accusa che più mette in pericolo, preoccupandolo assai, Silvio Berlusconi. Sul terreno del primo capo d'imputazione (la "stabile retribuzione" di Squillante) e non sulla Sme (che è affare dell'altro giudice, Filippo Verde: il pubblico ministero ne parlerà in coda alla requisitoria e per non più di un'ora) Ilda Boccassini gioca le sue carte. Con uno stile apparentemente scarno - e, ripeto, a tratti addirittura noioso - l'accusa sviluppa a mano ferma una ricostruzione dei fatti, dei trasferimenti di denaro, dei contatti diretti tra Berlusconi e il suo giudice. Una mano - e quanto importante - le è stata offerta anche dal presidente del Consiglio. Che è apparso dinanzi al Tribunale in due occasioni rifiutando l'interrogatorio, ma accettando di fare dichiarazioni spontanee che sono diventate improvvide per il suo destino, provvidenziali per l'accusa. Berlusconi ha sempre negato che Squillante avesse deciso un qualche affare Fininvest. Ha sempre negato di averlo addirittura conosciuto ammettendo poi di aver ricevuto soltanto dal giudice una telefonata, forse per un'autocandidatura politica. Manco a dire, del denaro.

Mai denaro, per carità! Questa era dunque la conclusione di Berlusconi: "In questo processo non c'è il morto, non c'è l'arma del delitto, non c'è il movente".

Difesa incauta. Boccassini se la lavora lentamente. Passo dopo passo, documento dopo documento, il pubblico ministero dimostra che "la semplice esposizione dei dati permette di asseverare che il conto bancario "Polifemo", rifornito con fondi che, come sostiene la difesa, "provenivano da disponibilità personali di Silvio Berlusconi e non dalle casse della Fininvest", veniva utilizzato nel 1991 soltanto per tre mesi e solo per ricevere la somma di 12 miliardi di lire che, immediatamente dopo, venivano girati a due soli destinatari: Cesare Previti e Bettino Craxi. Esaurite tali operazioni il conto veniva chiuso".

"Agli inizi del 1991, continua il pubblico ministero, Cesare Previti destinava parte delle somme ricevute da Silvio Berlusconi (e con il suo accordo) a tre magistrati romani; in particolare: il 14 febbraio del 1991, una parte (425 mila dollari) di un bonifico di 2.732.868 dollari era destinata al giudice Vittorio Metta, relatore della sentenza della Corte d'Appello di Roma sul Lodo Mondadori; il 5 marzo 1991 434.404 dollari erano accreditati sul Rowena di Renato Squillante; 16 aprile 1991 da un trasferimento di 1.800.000.000 di lire, venivano accreditati 500 milioni sul conto "Master" di Filippo Verde e una parte - altri 500 milioni - portata in Italia in contati (se ne sono perse le tracce)". Quindi "un arma del delitto" c'è. Renato Squillante riceveva, intermediario Cesare Previti, denaro da Berlusconi. C'è "il morto"? Ovvero Squillante ha mai conosciuto il presidente della Fininvest?

Ha facile gioco ora l'accusa. Con i tabulati telefonici, può dimostrare le frequenti e ripetute telefonate del giudice all'allora imprenditore. E non solo a lui. Ma, per il Capodanno, al fratello Paolo Berlusconi, a Cesare Previti, ovviamente. Meno ovviamente, a Gianni Letta. Insomma, a tutto l'inner circle del presidente del Consiglio. Forse Renato Squillante voleva candidarsi al Parlamento?, come sostiene Berlusconi. No. Lo dice lo stesso Squillante: "E' stato Berlusconi a chiedermi di candidarmi: diceva di non avere toghe all'altezza dell'incarico". C'è "l'arma del delitto". C'è "il morto". Manca "il movente". Berlusconi: "Squillante non si è mai occupato degli affari Fininvest". E' la più clamorosa bugia che l'imputato ha gettato sul tavolo.

E' spietata Ilda Boccassini quando ricorda come "nel 1984, Squillante decise della possibilità della Fininvest di diffondere il segnale a livello nazionale: una questione di vita e di morte per le televisioni di Berlusconi, dopo l'oscuramento imposto da alcuni pretori. In quell'occasione fu addirittura interrogato da Squillante".

Morto. Arma del delitto. Movente. Il pubblico ministero può ora chiudere il suo affondo. Le interessa sanzionare i comportamenti più gravi di Silvio Berlusconi al di là dei reati (falso in bilancio, esportazione di valuta all'estero). Otto anni e l'interdizione dai pubblici uffici le sembrano una pena equa. Per la cronaca, le scommesse sono state restituite. Nessuno ha imbroccato il risultato.

L'Assemblea del Senato ha approvato il ddl n. 1296-B, con il maxiemendamento che delega il Governo a riformare l'ordinamento giudiziario per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei Conti, oltre che per la riforma delle carriere e per l'esame per la valutazione della capacita' psicoattitudinale a esercitare le funzioni di magistrato.

Il testo torna ora all'esame della Camera per l'approvazione definitiva. Come reazione la Giunta Esecutiva Centrale dell'Associazione Nazionale Magistrati, come preventivato dal Comitato Direttivo Centrale il 26 settembre scorso, ha proclamato l'astensione dalle udienze per il giorno 24 novembre 2004 con le modalita' stabilite dal codice di autoregolamentazione.

Il parlamentino delle Toghe ha commentato anche che " l'ANM, raccogliendo gli inviti al dialogo, non ha mancato fino all'ultimo di fornire il suo contributo di approfondimento e di proposta" ma "il Governo ha dimostrato una totale chiusura di fronte agli appelli al dialogo e alla unanime critica degli operatori della giustizia e del mondo accademico". A giudizio dei magistrati, la riforma approvata "pone in crisi il diritto dei cittadini ad avere un giudice indipendente da ogni altro potere e opera nella direzione opposta a quella di processi piu' rapidi ed efficaci."

Dieci giorni fa il Gruppo europeo dell'Unione Internazione dei Magistrati, dal Messico, dove teneva un meeting mondiale, aveva inviato un messaggio a sostegno della posizione dell'ANM, considerando che "l'attuale sistema giudiziario italiano e' stato preso a modello in numerosi altri Paesi europei… in quanto e' sicuramente uno dei più in linea con gli standard internazionali previsti dai documenti internazionali come".

Il documento citava "ad esempio, i principi base per l'indipendenza del sistema giudiziario fissati dalle Nazioni Unite (1985), la raccomandazione n. R(94)12 del Consiglio dei Ministri del Consiglio di Europa agli Stati membri sull'indipendenza, l'efficienza e il ruolo dei giudici (1994), la Carta Europea dello Statuto dei giudici del Consiglio d'Europa (1998), lo Statuto del giudice in Europa fissato dall'Associazione Europea dei Giudici (E.A.J.) e lo statuto universale del giudice dell'Unione Internazionale dei Magistrati (I.A.J.)."

L'organizzazione, rappresentativa dei magistrati di 65 Paesi del mondo, chiedeva pertanto "alle autorita' italiane di riconsiderare" la proposta di riforma dell'ordinamento che e' stata invece approvata quest'oggi.

La recente proposta di Francesco Rutelli di un tavolo di confronto sulla giustizia aveva suscitato commenti favorevoli da parte della magistratura e una dichiarazione di disponibilita' da parte del ministro della Giustizia Roberto castelli, il quale pero' ha piu' volte mostrato e dichiarato di voler portare a compimento la riforma prima della fine dell'anno.

Speciale Giustizia

by www.osservatoriosullalegalita.org

PORTO ROTONDO

- Il segreto di Stato nel bunker di Villa Certosa vale anche per la magistratura. Per ora, nessun "estraneo" può entrare nella residenza blindata di Silvio Berlusconi, a Punta Lada, sulla costa di Porto Rotondo. Ma il caso è destinato a finire davanti alla Corte costituzionale: la Procura della Repubblica di Tempio, competente per territorio, ha deciso di presentare opposizione contro il divieto annunciato dal prefetto di Sassari, Salvatore Gullotta. Di fatto, l'autorità giudiziaria sta sollevando quello che i giuristi definiscono "un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato". E l'intera faccenda fa nascere già altre polemiche politiche.

In questi giorni il sostituto procuratore Giovanni Porcheddu ha incontrato i legali di Berlusconi, notificando il decreto di ispezione dell'opera. Era l'ultimo atto dell'inchiesta aperta dopo diversi esposti e segnalazioni di ambientalisti e parlamentari sulla violazione della legge urbanistica e delle norme di tutela paesaggistica. I magistrati di Tempio volevano poter fare una serie di verifiche nella residenza estiva del premier. E a questo scopo il sostituto Giovanni Porcheddu aveva anche notificato ai difensori il decreto d'ispezione. La richiesta però è stata bloccata "per motivi di segretezza legati alla sicurezza nazionale". E se il prefetto ha negato qualsiasi contrasto fra organi dello Stato, la Procura ha scelto di far intervenire la Corte costituzionale.

Gli avvocati di Berlusconi si sono detti disponibili a spiegare la posizione del premier. Uno dei legali del premier, Niccolò Ghedini, esponente di Forza Italia, ha innanzitutto precisato che il decreto della magistratura riguarda la società Idra Immobiliare, proprietaria ufficiale della Certosa, e quindi sottolineato come l'intera questione interessi di fatto il rappresentante del governo e la Procura di Tempio. "Esiste ormai un problema tecnico-giuridico - ha aggiunto - Noi abbiamo ribadito massima disponibilità: l'intervento fatto alla Certosa è più che regolare, ben venga dunque il sopralluogo".

Nel frattempo diversi esponenti politici dell'opposizione hanno già protestato. Tra i primi, Ermete Realacci. Il rappresentante della Margherita ha sottolineato che in questo modo "in Sardegna continua l'ambigua telenovela sul segreto di Stato". "Proprio non si riesce a capire quale grave conseguenza verrebbe prodotto da un sopralluogo e da una verifica da parte della magistratura sui lavori svolti alla villa - ha rimarcato - Oppure si deve concludere che persino i magistrati possano attentare alla sicurezza nazionale?" "Più che di Stato, il segreto è di Pulcinella" ha invece commentato Marco Lion, deputato Verde della commissione Ambiente. "La scelta del prefetto è priva di motivazioni realistiche. Conferma solo che Berlusconi ha reintrodotto nel Paese odiosi privilegi per i potenti".

Una visione di Villa Certosa la trovate qui

Altre informazioni e qualche commento rovistando in questa cartella

Le foto sono tratte da “Ville esclusive & Resorts”, edito da Archideos, curato dal fotografo Giancarlo Gardin, scritto da Isabella Brega e Marco Biagi.

Gian Antonio Stella per Corriere della Sera-Magazine

Di camminare sulle acque, per ora, non gli era ancora riuscito. Ma SilvioBerlusconi non è uomo da perdersi d’animo. E si è fatto progettare nella sua tenuta di Porto Rotondo un breve camminamento a pelo d’acqua che solca il magnifico laghetto al centro del cosiddetto «anfiteatro» di duemila piante grasse. Per adesso si allena lì, per Tiberiade si vedrà. Plasmare la natura gli piace. E su questo ha trovato una splendida intesa con il suo Vanvitelli personale, l’architetto Gianni Gamondi, individuando un obiettivo apparentemente ambizioso messo nero su bianco: il «perfezionamento della natura naturans in natura naturata».

Non è che a Dio, infatti, vengano tutte giuste. Ad esempio, raccontano, il Cavaliere si ferma di tanto in tanto davanti a certe grandi rocce dalle parti dell’anfiteatro simil-greco e le guarda perplesso: forse, lavorando di mola e scalpello… Mica facile, correggere le imperfezioni altrui. Lui ci prova. E lo dimostra un libro straordinario in vendita nelle migliori librerie specializzate. Si intitola Ville esclusive & Resorts, è edito da Archideos, curato dal fotografo Giancarlo Gardin, scritto da Isabella Brega e Marco Biagi e illustra ville e giardini progettati dall’architetto Gianni Gamondi, figlio della nobile colonia italiana di Alessandria d’Egitto ma cresciuto, laureato e affermatosi a Milano.

Un libro prezioso. Tra le creature di cui va orgoglioso l’architetto ha inserito infatti, sia pure senza nominare il padrone di casa, l’intera tenuta Certosa di Berlusconi: dalla villa principale (progettata a suo tempo per il faccendiere Flavio Carboni, l’uomo sullo sfondo della misteriosa fuga del banchiere Roberto Calvi finita con la sua morte sotto il ponte dei Frati Neri a Londra) alle dependance, dal viale per gli ulivi all’«agorà», dalla torretta «in guisa di nuraghe» al museo dei cactus.

Risultato: non solo è per la prima volta possibile vedere pezzo per pezzo la residenza sarda del capo del Governo. Ma perfino una mappa della tenuta. Mappa quasi completa: la villa, la cascata, la casermetta, la torretta, la quercia, il lago, l’agrumeto, con i rilievi costieri e le quote altimetriche: tutto. Il che, diciamolo, è una curiosa bizzarria all’italiana.

Più leggendario di Tiberio. Tutte le piante dell’area, tutti i progetti, tutti gli atti procedurali che hanno portato alla realizzazione della Chambord smeraldina sono stati blindati ai primi di maggio, per motivi di sicurezza nazionale, da due decreti di Pietro Lunardi e Beppe Pisanu. Due decreti così segreti ma così segreti che i legali di Sua Emittenza, dopo averli mostrati ai magistrati che avevano aperto un’inchiesta su eventuali abusi edilizi nella tenuta (in larga parte sdraiata entro quella fascia di 300 metri dal mare sottoposta a vincoli rigidissimi, che la difesa contesta) si sono rifiutati di far fotocopiare. Un capolavoro: «i segreti di Stato» negati ai giudici e ai vigili urbani sono pubblicati a pagina 232.

Anche non ci fosse questa chicca, però, il libro sarebbe da non perdere. Vi si vede infatti crescere (con una certa elasticità sui permessi) una reggia vacanziera come, satrapi arabi a parte, non se ne vedeva da un po’. Una reggia che aspira a seguire il solco di villa Pisani a Stra, del castello di Chenonceau sulla Loira o della Villa d’Este di Tivoli voluta da Ippolito II. Paragoni spericolati? Neanche tanto, se un giornale amico come il Foglio è arrivato a paragonare la Certosa alla leggendaria domus Jovis, sul cucuzzolo di Capri, dove l’imperatore Tiberio (che per Tacito si vergognava a farsi vedere in giro per il «nudus capillo vertex», cioè la crapa sempre più pelata) si trasferì per governare Roma attraverso i segnali luminosi con l’avamposto militare di Punta Campanella da cui con quella specie di «telegrafo» antico arrivavano all’Urbe.

Certo è che le «migliorie apportate alla sua proprietà da un privato cittadino», come le ha descritte il portavoce Paolo Bonaiuti, lasciano senza fiato. Piazze circolari di mosaico, filari di antichi menhir, ettari ed ettari di erbetta inglese miracolosamente verde nell’aspra costa smeraldina, chiostri, saloni, piscine coperte e opere d’arte. Prime fra tutte una scultura in marmo di Cascella. Lo stesso che firmò il mausoleo ad Arcore dove un grande sarcofago destinato (fra uno o due millenni) al Cavaliere, è circondato da un sepolcreto con 36 posti e dove un dì Berlusconi invitò Montanelli: «Mi dice: lì andrà Marcello, lì Fedele, lì Emilio… Sarei onorato se anche tu, caro Indro… Gli dissi: Domine, non sum dignus».

Come il committente goethiano. Un solo paragone viene in mente agli autori del libro per descrivere tanta bellezza, Goethe: «Sta andando più o meno, come nelle Affinità elettive la costruzione di questo parco a Punta Volpe. “... A volte con i giardinieri e i cacciatori, più spesso con il suo amico e, di quando in quando da solo, percorse l’intera proprietà: dalle sue osservazioni si potè facilmente arguire che era un amatore e conoscitore di simili parchi e che lui stesso doveva averne creati parecchi.

Quantunque già avanti con gli anni, aveva un modo gioioso di prendere parte a tutte quelle cose che possono abbellire la vita e darle un senso. Fu in sua compagnia che le signore apprezzarono per la prima volta in pieno ciò che le circondava, il suo occhio esperto coglieva ogni effetto con straordinaria freschezza, e tanto più godeva delle sue scoperte, in quanto non aveva mai visto prima quei luoghi e quasi non riusciva a distinguere tra ciò che era opera dell’uomo e quel che invece era frutto della natura”».

Come non riconoscere nell’illuminato committente goethiano il lucido profilo del Cavaliere? «Si può tranquillamente sostenere che, grazie alle sue osservazioni, il parco si accrebbe e si arricchì. Egli sapeva già in anticipo quali risultati avrebbero dato le nuove piante che stavano crescendo. Non dimenticò nessun luogo, dove fosse ancora possibile mettere in risalto o aggiungere qualcosa di bello. Qui indicò una sorgente che, una volta ripulita, prometteva di diventare l’ornamento di un intero boschetto, lì fece notare una grotta che, sgomberata e allargata, avrebbe potuto consentire gradevoli soste, dal momento che sarebbe bastato abbattere soltanto qualche albero per godersi la vista di uno splendido ammasso di rupi. Fece gli auguri agli abitanti per il tanto lavoro che ancora restava e li esortò a non avere fretta, ma a conservarsi anche per gli anni futuri il piacere del creare e del sistemare».

Solo lì, sul «non avere fretta», i conti non tornano del tutto. Perché lui, Silvio il Magnifico, un po’ di fretta ce l’ha. E se non ha tempo di aspettare la crescita di un carrubo di mezzo millennio se lo compra, lo trapianta e ciao. Ma sul resto, parole d’oro: ed ecco infatti che, in nome della bellezza e del piacere, la fetida pozza del depuratore è diventata un placido laghetto, la cabina elettrica cilindrica un simpatico antico nuraghe con dentro un bagno con le vetrate trasparenti sul mare che «con un semplice scatto d’interruttore si polarizzano per garantire la massima privacy», la piazzola dell’eliporto una piscina circondata dai cactus. Per non dire del «capanno di cantiere riattato a bungalow per gli ospiti» (eccellente idea che copieremo tutti senz’altro in caso di grane con l’ufficio urbanistica), dell’anfiteatro in marmo o delle cinque piscine per la talassoterapia costruite, fotografate e pubblicate nel libro (magia!) prima ancora che arrivasse il via libera del Comune.

Il Cavaliere si distende così. È la sua nababbo-terapia. Centrata, per dirla con le auliche parole del libro, sul «gusto della scoperta e l’entusiasmo del riscatto di un antico palinsesto naturalistico». Ecco cosa mancava: il palinsesto!

Dagospia 11 Giugno 2004

Tunnel, stop alle indagini della Procura Su villa Berlusconi cade il silenzio Fermate le indagini della Procura di Tempio «Sicurezza nazionale» ANTONELLO SECHI

PORTO ROTONDO. Sicurezza nazionale. Sull’approdo in costruzione a Villa Certosa non si può più mettere il naso. Si è fermata anche la Procura di Tempio che ha sospeso gli accertamenti avviati su ciò che accade a Punta Lada, a un’estremità del grande parco che ospita la villa privata del presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Il decreto che impone il segreto di Stato è del ministero delle Infrastrutture.

Il decreto porta la data del 7 maggio. Il giorno prima la “Nuova” ha dato notizia e pubblicato le foto del cantiere in riva al mare. Stop informazioni, stop indagini. E avanti con i lavori per l’approdo coperto nel ventre della collina. In segreto. È il risultato del provvedimento del ministero guidato da Pietro Lunardi.

Della sua esistenza si è appreso soltanto ieri. Altrettanto vale per la sospensione dell’attività investigativa della procura della Repubblica, dove il caso villa Certosa è seguito dal sostituto procuratore Giovanni Porcheddu e dallo stesso Valerio Cicalò, il capo dell’ufficio.

Il decreto sarebbe stato emesso sulla base di una procedura avviata da una richiesta della presidenza del Consiglio. In quelle ore stavano partendo anche gli accertamenti della magistratura, investita del caso anche da un esposto delle associazioni ambientaliste Amici della Terra e Gruppo di intervento giuridico. Ipotesi: abuso edilizio nella fascia di protezione assoluta dei 300 metri dal mare. La Procura aveva emesso un provvedimento di ispezione dei luoghi, affidandolo con discrezione alla capitaneria.

Ora lo stop. Il decreto del ministero delle Infrastrutture classifica le opere di Villa Certosa come relative alla sicurezza nazionale. Il provvedimento, che tra l’altro fa riferimento a norme contenute in varie leggi antiterrorismo, consentirebbe di saltare le autorizzazioni edilizie comunali e regionali.

I lavori alla Certosa sono in corso da tempo. Grandi lavori la cui esistenza è stata rivelata dalla cattedrale di tubi Innocenti comparsa improvvisamente sulle rocce di Punta Lada e da un grosso pontone per lavori marittimi all’opera nelle acque antistanti. Sul fianco della collina, peraltro, erano visibili da chiunque navigasse nel golfo di Marinella diversi mezzi meccanici come escavatori e trivelle. Mezzi che sono stati occultati con un grande telone solo in seguito alla pubblicazione della notizia. Da quel momento, inoltre, l’area è stata isolata da alcune motovedette che tengono alla larga diportisti e pescatori.

Comune di Olbia e Regione hanno detto di non saperne niente né c’è stata alcuna reazione, né ufficiale né ufficiosa, che spiegasse il mistero della Certosa. Il grande cantiere in riva al mare ha comunque provocato reazioni forti. La prima è stata proprio quella degli ambientalisti. L’esposto è stato inviato allo stesso presidente del Consiglio e a due ministri, oltre che alla Regione, con la richiesta di esibire permessi e licenze. Sono state presentate anche diverse interrogazioni parlamentari. Una, dei Democratici di sinistra, firmata dai deputati Francesco Carboni e Pietro Maurandi, altre dei verdi Alfonso Pecoraro Scanio e Mauro Bulgarelli. Interrogazioni anche al presidente della Regione. Il gruppo Ds dice a Italo Masala che le norme di tutela della fascia dei 300 metri non possono essere violate per nessun motivo. Luigi Cogodi, di Rifondazione comunista, ha chiesto di fatto la demolizione delle opere in costruzione a villa Certosa ricordando l’intervento con cui, da assessore regionale all’Urbanistica, fece demolire la villa portorotondina del potente ministro Dc Antonio Gava. Masala gli ha risposto mercoledì in consiglio regionale: «Le leggi regionali in materia di urbanistica non possono essere violate», neppure «in nome di presunti interessi di sicurezza nazionale». Ha assicurato accertamenti da parte degli assessori competenti. Ma c’è lo stop.

Un eremo trasformato in cantiere Non c’è solo il tunnel: intorno, strade sbarrate e sentieri ampliati GIAMPIERO COCCO

PORTO ROTONDO.

Al Bunker della “Certosa” si dovrebbe accedere anche da due stradine realizzate a monte di Punta Lada, la penisola diventata ormai “off limits” per motivi di sicurezza dello Stato.

Dal mare alla montagna, dunque, l’eremo portorotondino del presidente del consiglio dei Ministri si è trasformato in un febbrile e affollatissimo cantiere.

Un eremo che dovrebbe essere pronto ad accogliere, a giugno, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush nelle condizioni di massima sicurezza. Per visionare i lavori Silvio Berlusconi vola nell’isola non appena gli impegni di Governo lo consentono. Uno degli accessi a monte è già presidiato dalle forze dell’ordine.

L’altro, quello quasi ultimato, è il preferito da Silvio Berlusconi. Lo scoprì, casualmente, un cronista nell’estate 2003, durante i giorni del vertice smeraldino tra Vladimir Putin e Silvio Berlusconi. Il giornalista, inconsapevolmente, si avventurò su un tratturo di campagna che serpeggiava tra il cisto rinsecchito e la macchia mediterranea che ricopre il promontorio tra Ladunia e Punta Lada. Sul vecchio cancello d’ingresso, realizzato con assi di legno e una rete da pollaio, c’era scritto a mano “F.lli Deiana”.

I vecchi proprietari di buona parte dei terreni di Porto Rotondo.

Fatti pochi passi, resi pesanti da un’afa asfissiante, il sudato cronista venne però bloccato da cinque uomini in minetica blu, cappuccio calato sul volto, giubbotto antiproiettile e mitra. Sbucati dal nulla.

«Questa è zona vietata, non si può passare» dissero gli agenti dell’antiterrorismo dopo aver controllato l’identità dello stupefatto cronista. Primavera 2004.

Quel vecchio tratturo di campagna - utilizzato nell’estate 2003 da Vladimir Putin e Silvio Berlusconi per raggiungere indisturbati i cronisti assiepati all’”Abi D’Oru” per la conferenza stampa -, è diventato una autostrada. Con tanto di bocchette antincendio e predisposizioni per apparecchiature elettroniche di rilevamento. Porta dai confini della proprietà di Silvio Berlusconi ad una scorrevolissima strada asfaltata.

Quella fascia di terreno, che per oltre due anni è stata una servitù di passaggio che il Cavaliere aveva ottenuto dagli eredi Deiana, pare sia ora passata nella disponibilità piena della “Idra spa”, la società immobiliare che gestisce la “Certosa”, la faraonica e multifunzionale villa del presidente del Consiglio dei Ministri.

Sarebbe, quella stradina appena trasformata in una scorrevole strada sterrata, una della quattro uscite di sicurezza dall’immensa proprietà di Berlusconi che una squadra di tecnici e muratori sta approntando al pari della grotta-approdo a prova di bomba in corso di realizzazione sul golfo di “Marinella”. Cercare conferme anche su questo fronte è praticamente impossibile. Il primo degli accessi a monte della “Certosa” è stato blindato dalle forze dell’ordine, mentre quello in questione lo sarà tra breve, il tempo materiale perchè la notizia sia di pubblico dominio.

«Non ci risulta alcuna trattativa con terzi», dice uno degli eredi della famiglia Deiana. Che Silvio Berlusconi fosse da alcuni anni personalmente interessato a quella stradina, necessaria per completare il sistema di sicurezza passiva del compendio della “Certosa”, lo sapevano in pochissimi. Il riserbo è d’obbligo, trattandosi della sicurezza del Premier, dei familiari e dei suoi ospiti.

IL COMMENTO Come un satrapo d’altri tempi SANDRO ROGGIO

C’è un’ appendice sarda nella confusione di ruoli che caratterizza l’ azione di Berlusconi.

La sua villa in Gallura - al centro dell’attenzione per i misteriosi lavori in corso - è da tempo scenario dove privato e pubblico s’intrecciano continuamente.

Le storiche sedi istituzionali della capitale sono sempre più in disuso. Le decisioni che contano sono prese nel mare di Olbia e a palazzo Grazioli a Roma. Come dicono le cronache politiche, omettendo di far notare che la bella casa in via del Plebiscito è la dimora privata del presidente.

Equivoco conveniente per il premier che come il signore degli antichi regimi lascia passare l’idea che tutto avviene sempre sotto i suoi occhi. Che gli ospiti illustri in visita di Stato sono i suoi ospiti. Come quando il potere era amministrato senza e un preciso confine tra dimore private e sedi istituzionali, spesso coincidenti. E il principe era poco propenso a fare e a dire fuori dalle mura domestiche: i palazzi pensati come organismi autosufficienti erano più comodi e sicuri di qualsiasi altro luogo a cui si conferiva qualche valenza pubblica

Le moderne democrazie smettono le antiche consuetudini e si dotano di più sedi ufficiali per accogliere le diverse autorità. Le decisioni che riguardano la collettività è bene siano assunte nei luoghi deputati: non solo per ragioni connesse ad un nuovo ordine politico e protocollare ma diciamo per motivi di stile. Che peraltro gli splendidi palazzi pubblici italiani assicurano.

Ecco l’impressione è che in Italia è che ci sia un ritorno ai comportamenti degli antichi regimi.

A proposito della villa in Sardegna, le cronache recenti, con eloquenti fotografie, raccontano di un poderoso fabbricato realizzato in spregio alle norme urbanistiche, nella fascia di rispetto, a due passi dal mare. Ed è curioso che a distanza di giorni questi lavori siano ancora inspiegati.

Questa inosservanza delle leggi vigenti in Sardegna parrebbe dipendere da superiori ragioni di sicurezza. Che in questa temperie sono irrinunciabili, si capisce. Ma una violazione al paesaggio costiero non era inevitabile. Che appare impertinente, fuori luogo, anche ai più strenui difensori di Berlusconi. Ma non è tanto il danno ambientale che colpisce - grave, ma c’è di peggio nelle coste sarde - quanto l’atto impudente e noncurante di quelle regole valide per tutti, un altro degli indizi della”egocrazia” del premier di cui parla Franco Cordero.

E se si utlizzassero le strutture dello Stato già dotate di adeguati sistemi di sicurezza per gli incontri tra grandi della Terra ? Quanto alla sicurezza delle vacanze, non è immaginabile che ogni alta o piccola carica istituzionale attrezzi la propria abitazione al mare, in montagna in danno del paesaggio (si pensi alla sobria scelta di Ciampi a La Maddalena!).

E ancora: Berlusconi è presidente pro tempore. Non è Cosimo dei Medici che per ragioni di sicurezza - sua e dei suoi discendenti - collegava i suoi palazzi fiorentini vecchi e nuovi con l’elegante corridoio disegnato da Vasari. Senza chiedere il permesso e senza offrire spiegazioni.

Berlusconi - ci auguriamo - è provvisoriamente capo del governo. E dispiace immaginare che quell’ ulteriore danno al paesaggio gallurese possa stare li per sempre. Anche perchè non è, purtroppo, il corridoio vasariano.

Pochi giorni fa: L'ultima spiaggia di Silvio

Continuerà, dopo la visita di Blair, il vai e vieni di ministri e cortigiani nelle case di Berlusconi in Sardegna. Nuove immagini evidenziano lo sfoggio autocelebrativo degli insolenti addobbi del grande parco di parata a Punta Lada. Mentre emerge con nitidezza il disegno, curato nei dettagli, di fare apparire le case di proprietà del presidente come gli scenari veri dell'azione di governo. Un'altra prova per gli analisti della politica italiana che scrivono da un po' a proposito di «riforme istituzionali implicite», di «presidenzialismo preterintenzionale», di «egocrazia» ecc. Nella casa sarda e in quella romana si ostentano comportamenti - le cronache sono ricche di gustosi particolari - che riportano ad altri tempi. A lungo il potere è stato gestito senza che vi fosse un chiaro confine tra dimore private e sedi istituzionali. Le stanze private di splendidi palazzi e ville suburbane hanno fatto da sfondo a decisioni che hanno influito in modo rilevante sulla vita pubblica, e decretato la sorte di uomini che ne ignoravano le fattezze.

Il principe, più o meno illuminato, aveva poco piacere a manifestarsi fuori dalle mura domestiche. Il suo palazzo era più bello, più comodo e rassicurante di ogni altro luogo vagamente pubblico. Ogni stanza e ogni occasione - un pranzo di gala, una festa da ballo, una notte d'amore - erano buone per prendere decisioni.

I moderni governi, abbandonate le ambigue consuetudini, si dotano di più sedi ufficiali per accogliere le diverse autorità. Le decisioni che riguardano la collettività è meglio che siano assunte in luoghi deputati, distinti e riconoscibili: per ovvie ragioni anche connesse ad un ordine simbolico e protocollare. (Nessuno però ha mai creduto a processi decisionali formati esclusivamente in sedi pubbliche ma un qualche rispetto della forma è stato in qualche modo assicurato).

Negli ultimi tempi è successo che in Italia le sedi istituzionali siano sempre più ostentatamente marginali nell'attività politica (anche le sedi dei partiti e le hall degli alberghi romani ormai frequentati da politici di secondo piano). Tutto, proprio tutto succede tra palazzo Grazioli a Roma e le ville in Sardegna (sempre meno ad Arcore). Che spesso ospitano appuntamenti che assumono un significato pubblico tutt'altro che marginale, nonostante si tenga a precisare che si tratta di incontri tra amici come quest'ultimo con Blair. La prima riserva è sulla opportunità che passi l'idea che l'Italia non disponga di sedi all'altezza delle necessità (che, ad esempio, il palazzo già degli eredi Chigi sede della presidenza del Consiglio sia inadatto alle funzioni di rappresentanza). E che solo grazie ad un presidente molto ricco, un grande paese possa assolvere i doveri di buona ospitalità senza sfigurare.

La seconda riserva riguarda l'ostentata e procurata confusione che suscita questo modo di fare (ascritto alla vanità e sottovalutato dalle opposizioni). Sbaglia però chi pensa che sia frutto di improvvisazione. L'equivoco è utile (non all'Italia: a Berlusconi). «Il premier ha incontrato questo e quello a palazzo Grazioli e villa Certosa», titolano tg e giornali (tutto maiuscolo), omettendo di dire che quel palazzo, quella villa sono casa sua. La precisazione è sottintesa, (non è elegante) e va bene così.

C'è infine l'aspetto dell'informazione o dei filtri che possono assicurare queste addomesticate condizioni. Situazioni a prova di imprevisti, al paro dalla presenza di indesiderati, e al popolo si potranno proporre le immagini che la regia dirà. Ciò che accade nelle sue case attraverso le sue tivù.

Tutto già visto tanto tempo fa. Non serviva più o meno a questo il corridoio progettato da Vasari per i Medici che a Firenze potevano così comparire in un palazzo o nell'altro, quello vecchio e quello nuovo, al momento più opportuno?

Ma Blair? Si sarà sentito a disagio, si spera , in questa sguaiata messinscena in terra sarda, spinto paradigma del gusto degli arricchiti (ben evidenziato dal confronto con l'assestata sobrietà della vecchia fattoria dei Guicciardini in Toscana sede principale della sua vacanza in Italia)? Con la questione non chiarita delle autorizzazioni dei lavori, ancora coperte da segreto di stato, il premier di un paese rispettoso delle regole (i suoi connazionali non conoscono il termine abuso edilizio) avrebbe forse preferito un rapido incontro in una sede istituzionale. Pensando ai suoi connazionali appunto, che non apprezzano le esuberanze sprecone e sono ben sicuri che nell'appartamento di Downing Street, di proprietà pubblica, gli inquilini pro tempore non spostino neppure i mobili.

Cliccando qui, la galleria completa delle fotografie scattate il 16 agosto 2004, da la Repubblica online

Vi consiglio l'interpretazione di Votantonio

ROMA - Trentotto minacce di morte, due anni che il Cesis vuole un approdo sicuro, sette primi ministri che attendono di passare l´estate a Villa Certosa. Silvio Berlusconi alla fine non ha potuto resistere e ha dovuto dare il via libera alla costruzione del contestato approdo ad una delle sue ville sarde. Ma «quelle sono coste bellissime» e il premier è «un fanatico dell´ambiente e della natura», ricorda il Cavaliere ai "colleghi" dell´Associazione nazionale costruttori edili. Alla fine, rivela il premier, «ho detto "fate gli scavi" e ho chiamato Pietro, il professionista del tunnel».

Pietro sta per Pietro Lunardi, il ministro delle Infrastrutture, ingegnere, titolare di una azienda che realizza trafori. «Ho chiamato Pietro ? prosegue il presidente del Consiglio ? gli ho detto di non buttare nulla in mare. Allora ho fatto arrivare un chiattone, ho messo un foglio di plastica per non sporcare le rocce e una impalcatura di tubi Innocenti per non toccare nemmeno un cespuglio». Ma come al solito tanta solerzia e buona volontà non è stata apprezzata dalla stampa. Soprattutto quella sarda. «Sono stato accusato di costruire bunker, ascensori con la possibilità di fare arrivare incrociatori, sommergibili». Tutte falsità messe in giro da «pagliacci infiniti».

Dunque il bunker si fa perché lo vuole il Comitato di coordinamento per i servizi di informazione e sicurezza. Per proteggere il Cavaliere e i suoi esigenti ospiti. Uno dei sette primi ministri, rivela il Cavaliere, «mi ha chiesto di poterci rimanere per cinque giorni: pensate che bello!». A rovinare le ferie non saranno comunque le elezioni. Su questo Berlusconi sparge ottimismo. «Non ho preoccupazioni», dice. E si dice sicuro che finirà la legislatura. Anzi vuol fare come la Thatcher, 15 anni di governo, Mitterrand, 14, e Khol, arrivato a 16.

Il Cavaliere spiega ai "colleghi" costruttori quanto sia difficile il mestiere dell´innovatore e il tempo che ci vuole per capire i problemi. Anche perché, dice, l´Italia si porta dietro il peso di un debito pubblico enorme. Un fardello che fa dire al Cavaliere: «Il governo infatti è come un prigioniero. Vorrebbe attuare una politica del deficit superiore al 3 per cento, ma non può, c´è già un debito pubblico troppo altro», E qui il Cavaliere ricorda che noi «non possiamo andare oltre il 3% come Francia e Germania anche in relazione alle agenzie di rating». Berlusconi però non rinuncia all´idea di abbassare le tasse. Dice che «all´interno della maggioranza c´è l´accordo per la diminuzione delle aliquote per i ceti medi, ora stiamo discutendo per introdurre la riduzione anche per i redditi più alti», perché «bisogna ridurre la pressione sui percettori di redditi più alti, non conosco altro modo per far sì che i percettori di redditi più alti possano investire di più». E visto che si ci siamo, il Cavaliere dice che pensa di cancellare l´Irap. Come, non si sa. «E´ da eliminare, ma è un introito forte, bisogna trovare un fatto sostitutivo», dice.

La platea però e tiepida. Qualcuno mormora: «Questo è un comizio, ci manca solo la barzelletta». E allora spunta il prezzo del ferro cresciuto vertiginosamente. Bisogna intervenire con un decreto anche su quello, dice: «E´ già stato proposto al Consiglio dei ministri, ma per ora il ministro dell´Economia non lo ha preso in considerazione». Ma alla fine Tremonti cederà, assicura. Però voi, conclude Berlusconi, «se volete che le cose cambino, non lasciate da solo il governo. Non lasciato da solo uno bravo come Berlusconi...».

B. ammette qualcosa. Ma non dice ancora tutta la verità: che i lavori pagati con i nostri soldi, e realizzati abusivamente, consistono nella realizzazione di una megapiscina privata per la sua villa privata (es)

FALOMI (Misto). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FALOMI (Misto). Signor Presidente, i senatori della lista Di Pietro-Occhetto Società Civile voteranno contro questa legge. Con questa legge Berlusconi e le sue aziende si portano a casa un bel gruzzolo, si portano a casa non meno di 1,2 miliardi di euro (oltre 2.400 miliardi di vecchie lire) grazie alla vanificazione di ogni vincolo antitrust, che consente una consistente crescita del gruppo. Si portano a casa altri 600 miliardi vecchie lire all'anno, grazie all'esclusione delle telepromozioni dai tetti di affollamento pubblicitario.

E mentre sulle aziende di Silvio Berlusconi, del presidente del Consiglio, piovono miliardi, per i pensionati e lavoratori invece piove sul bagnato. State infatti per tagliare 6.000 di euro all'anno per sei anni alla spesa per le pensioni. Ai lavoratori della FIAT di Melfi, che chiedono salari e condizioni uguali a quelle dei loro colleghi degli altri stabilimenti, avete mandato la polizia. Alle migliaia di lavoratori dell'Alitalia che rischiano il posto di lavoro avete offerto soltanto risse tra Ministri e nessuna idea di una diversa politica di trasporto. Qui non è in ballo, come qualcuno ha detto in passato, un patrimonio del Paese, è in ballo il patrimonio personale del Presidente del Consiglio, in nome del quale questa legge riduce gli spazi di libertà e di pluralismo di informazione.

Per queste ragioni noi siamo contro questa legge e lavoreremo per abrogarla, quando saremo al Governo.

PAGLIARULO (Misto-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PAGLIARULO (Misto-Com). Signor Presidente, i Comunisti Italiani votano contro questo provvedimento. Il signor Berlusconi controlla la televisione privata e quella pubblica. Da questa strapotenza è nata la ragione di fondo di un intollerabile dominio nel mondo delle comunicazioni. Perciò il problema del conflitto di interessi rappresenta un paradosso unico al mondo e pone il nostro Paese fuori dall'Europa. Questa legge sul sistema radio televisivo lo ratifica.

Il Presidente della Repubblica la rinviò alle Camere perché, in particolare, non rispettava il pluralismo e perché l'altisonante sistema integrato delle comunicazioni consentiva la formazione di posizioni dominanti; la riscrittura della legge non la cambia nella sostanza, irride al monito del Presidente della Repubblica, contraddice le sentenze della Corte costituzionale. Il pluralismo si è trasformato in una prospettiva che non si realizzerà mai.

L'Europa ancora una volta ha sanzionato l'anomala situazione del nostro Paese nel campo dell'informazione, mentre la RAI è stata brutalmente normalizzata; vige la censura, si espellono e si cancellano uomini e programmi non graditi. In RAI si vede un Paese che non esiste, dove il Governo consegue straordinari successi, che sono solo nella sua propaganda elettorale. Questa legge assegna odiosi privilegia alla persona che oggi è Presidente del Consiglio e ai poteri che la circondano. Viene colpito a morte l'articolo 21 della Costituzione, ove si afferma la libertà di stampa. Perciò l'approvazione di questa legge è un altro durissimo colpo a quell'insieme di tutele, garanzie, diritti, libere rappresentanze che abbiamo chiamato democrazia, e che si incardina nel modo assoluto nella Costituzione.

Il Governo è irresponsabile, inerte, inetto sul drastico peggioramento sulla vita delle famiglie, litiga in modo furibondo sugli assetti di potere dei singoli Ministri, maè attentissimo a costruire un comando autoritario e centralizzato attorno alla figura di Berlusconi. Se ne vada, e al più presto!

Per queste ragioni noi, Comunisti Italiani, diciamo no a questa legge. (Applausi dai Gruppi Misto-Com e Misto-RC e del senatore Rotondo)

SODANO Tommaso (Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, affermare che quello che stiamo trattando è un provvedimento scandaloso è davvero poca cosa. Gli interessi da difendere sono evidentemente troppo grossi per preoccuparsi dell'indignazione degli italiani. A nulla sono valse le indicazioni delle sentenze della Corte costituzionale e del messaggio del Presidente della Repubblica, che hanno avuto in comune il richiamo ad un maggior rispetto del pluralismo dell'informazione. Purtroppo, questi richiami hanno trovato una maggioranza sorda ed il testo continua a legittimare la condizione di illegalità diffusa in questo settore.

L'ultima versione della legge Gasparri realizza un aggiustamento falso, formale e inefficace di un sistema truffaldino, quale il sistema integrato delle comunicazioni.

L'essenza del provvedimento è una cristalizzazione di quei poteri forti, di quelle posizioni dominanti, di quei conflitti di interesse di cui l'attuale maggioranza è fortemente intrisa e attraversata, tanto da caratterizzarsi ormai chiaramente come un vero e proprio contratto di affare. È impressionante come, nell'affrontare i problemi inerenti al sistema pubblico, ci scontriamo innanzitutto con gli interessi politici della maggioranza e quelli privati del Presidente del Consiglio.

L’informazione oggi è il bandolo di cui il Governo, il Presidente del Consiglio in primo luogo, intendono servirsi per ricostruire un consenso che si è incrinato.

Di fronte a un evidente blackout del consenso, rispondete come avete fatto a Melfi con la repressione o tentando di ingabbiare il pluralismo con un’operazione tutta anomala e illegale.

Lo spirito antidemocratico di questo provvedimento non può essere dunque emendato, ma dev’essere debellato demolendone l’impianto strategico. (Richiami del Presidente).

Quella della legge Gasparri è un’impostazione ad personam che assegna odiosi privilegi all’interesse privato.

Il Governo fa carta straccia dell’articolo 21 della Costituzione, senza garantire il pluralismo delle voci, dei soggetti e della libera informazione della stampa. La legge Gasparri rappresenta una chiara metafora della maggioranza e della sua cultura politica. Non è neppure un caso che per tale via ha inteso operare ancora un imbavagliamento del conflitto sociale, dei movimenti della scuola, dell’università, del precariato, del lavoro e di quello per la pace.

Non si può cancellare quanto sta accadendo nel Paese; non si possono cancellare le immagini dei lavoratori e delle lavoratrici di Melfi, che reclamano un trattamento dignitoso e subiscono cariche indiscriminate; non si può cancellare l’ondata di malcontento che attraversa il nostro Paese e che rischia di travolgervi.

Il giudizio di Rifondazione Comunista su questo provvedimento è estremamente negativo, ma non ci limiteremo ad esprimere in quest’Aula il nostro voto contrario: faremo di tutto per renderne difficile l’applicazione reale nel Paese, affiancheremo tutte le mobilitazioni che la società civile metterà in campo contro quest’ennesimo schiaffo che il Governo intende dare alla democrazia del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi Misto-RC, Misto-Com e del senatore Bonavita. Congratulazioni).

FABRIS (Misto-AP-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIS (Misto-AP-Udeur). Signor Presidente, colleghi, la maggioranza ci sta costringendo ancora una volta a votare una legge che non solo fa gli interessi del Presidente del Consiglio, ma che già sappiamo rischia di cadere, dopo la sua approvazione, sotto la scure della Corte costituzionale.

A nome dunque dei senatori di Alleanza popolare-Udeur annuncio il voto contrario alla cosiddetta legge Gasparri, anche se il Ministro non me ne vorrà, ma noi pensiamo che non sia proprio lui il padre biologico non sia lui…

Ricordo che questa legge è stata rinviata alle Camere dal Presidente della Repubblica con un messaggio assolutamente chiaro e inequivoco nei contenuti. Vi era in quel rinvio un elemento di novità che la maggioranza ha fatto finta di non capire. Per la prima volta il Capo dello Stato ha rinviato una legge di sistema sottoposta a censura di fatto nel suo intero impianto, che in quanto tale doveva essere riconsiderata nel suo insieme e non per singole parti come avete fatto voi.

Non vi sono dubbi, dunque, che questa legge, come già altre leggi di questo Governo, inevitabilmente finirà sotto la scure della Corte costituzionale! È già successo con il lodo Schifani sta per succedere con la legge Bossi-Fini, come a suo tempo noi avevamo ampiamente pronosticato.

Il problema vero è che questo Governo non sa fare buone leggi e avete sprecato più di due anni per fare questo regalo a Berlusconi, invece che risolvere i problemi degli italiani.

Abbiamo assistito a un episodio di una gravità istituzionale senza precedenti: qui al Senato, come e peggio che alla Camera, il messaggio con il quale il Presidente della Repubblica aveva rinviato il testo della legge è stato nei fatti svilito, ridimensionato, direi ridicolizzato.

Le questioni rilevantissime che vi erano evidenziate sono state accolte, non come un saggio e autorevole contributo da utilizzare nell'iter di formazione di una legge importante (che riguardava - lo ricordo - il pluralismo nel settore dell’informazione), bensì come un fastidioso e ingombrante ostacolo alla tutela degli interessi del Presidente del Consiglio.

Francamente, ci saremmo aspettati un Senato un po’ più orgoglioso, un po’ meno inerme. Ma qui, a differenza che alla Camera, i colleghi della maggioranza non hanno mai dimostrato alcuna autonoma capacità (Richiami del Presidente). Ho finito, signor Presidente, di intervento rispetto ai desiderata del Presidente del Consiglio.

Tutte le proposte del Governo qui al Senato vengono digerite dai colleghi di maggioranza, lasciando ai loro colleghi della Camera, che evidentemente essi ritengono più coraggiosi e intelligenti, il compito di correggere i loro errori, salvo poi - da bravi soldatini - votare il compito corretto dalla Camera.

Noi voteremo dunque contro questa legge per questi motivi, ma anche perché essa nei fatti uccide il pluralismo e la democrazia nel sistema delle telecomunicazioni è dell'informazione. (Applausi dei senatori Zanda e Vitali).

MARINI (Misto-SDI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARINI (Misto-SDI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo che la maggioranza sta per approvare sollecita una riflessione generale sul modo di essere della nostra democrazia. Il provvedimento quindi va ben al di là dei contenuti tecnici che sostiene, ed a mio giudizio è riduttivo, anche se corrisponde a verità, denunciare la grave anomalia e la lesione che si determinano all’interno della nostra democrazia considerata la condizione nella quale il Parlamento esprime un voto che riguarda il sistema dell’informazione.

Noi sappiamo che il Presidente del Consiglio difende suoi interessi, che l’intera maggioranza è in ostaggio, si pone a difesa degli stessi ed è acritica rispetto a questa situazione. Secondo me però questo è poca cosa rispetto al problema più generale, perché la questione è ampia e si intreccia, da un lato, al rapporto comunicazione-formazione-opinione politica dei cittadini e, dall’altro, alla libertà e al pluralismo dell’informazione in uno Stato democratico.

Il ruolo dell’informazione in una società democratica è fondamentale, perché contribuisce a costruire la volontà dei cittadini, ed è fondamentale soprattutto per quei cittadini meno attrezzati culturalmente, che hanno minori possibilità di leggere i quotidiani e non conoscono esattamente i termini delle varie questioni affrontate, di volta in volta, da chi guida il Paese. Eppure la nostra Costituzione, nella sua Parte I, quella che anche voi colleghi della maggioranza ritenete non vada toccata, anzi tutelata, detta i principi fondamentali della nostra democrazia, ponendo al centro la libertà dei cittadini, presupposto della quale è la formazione libera della coscienza democratica.

L’articolo 49 tutela il principio di libertà della formazione dei cittadini, con una volontà che si esprimerà attraverso l’associazionismo. Ma tutto ciò passa attraverso la neutralità dell’informazione, che a nostro giudizio manca oggi in Italia e che con questa legge mancherà ancor di più.

Come si può determinare una politica nazionale voluta dai cittadini in una democrazia se non attraverso la partecipazione, il coinvolgimento degli stessi nei momenti, se non decisionali, quanto meno di promozione delle decisioni? Come è possibile costruire una democrazia partecipata senza corretta informazione? Ricordo che la formazione corretta passa attraverso il pluralismo dell’informazione, ma tale pluralismo può essere forse garantito da un monopolio? Secondo me no e credo che nemmeno voi possiate pensare una cosa simile.

Il pluralismo si determina in due modi, o attraverso il dominio assoluto dell’informazione, e questo non può essere rimesso all’Esecutivo, ma a cittadini al di sopra delle parti, o attraverso la concorrenza, con l’esistenza di una serie di reti e di strumenti di informazione. Più reti, diverse proprietà; diverse proprietà, diverso modo di presentare l’informazione. In Italia noi abbiamo invece una situazione assurda, da un lato la RAI, che esercita metà dell’informazione, e sappiamo che è pessima, spazzatura, dall’altra un proprietario privato, che rappresenta l’altra metà dell’informazione e che determina il cinquanta per cento pubblico.

Se questa è la situazione, ed è di fronte agli occhi di tutti, credo non si possa che essere convintamente contrari a questo disegno di legge. Noi socialisti voteremo contro. (Applausi dal Gruppo Misto-SDI e del senatore Fabris).

DONATI (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATI (Verdi-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, rappresentanti del Governo, il giudizio dei Verdi su questo provvedimento resta estremamente negativo, perché il disegno di legge Gasparri/Mediaset continua inesorabilmente ad andare in direzione contraria a quelle norme di "garanzia del pluralismo ed imparzialità dell’informazione", invocate dal Presidente della Repubblica nel suo messaggio al Parlamento, il 23 luglio 2002.

Stiano discutendo nuovamente questo provvedimento, perché il 15 dicembre 2003 il Presidente della Repubblica ha rinviato il provvedimento alle Camere, invitandole a rivedere il testo in quanto contravveniva al principio fondamentale del rispetto del diritto al pluralismo dell'informazione e con la garanzia di un sistema pubblico in grado di assicurare realmente una informazione equa e non di parte.

Le sentenze della Corte costituzionale, le indicazioni dell’Autorità garante, il messaggio del Presidente della Repubblica hanno tutti in comune il richiamo ad un maggior rispetto, ancora assolutamente disatteso nel testo che il Senato si appresta a votare, del pluralismo dell'informazione nonché all'obbligo del legislatore (cioè noi) di contrastare la concentrazione nelle mani di pochi del sistema radiotelevisivo.

Ma Governo e maggioranza, anziché rivedere seriamente il disegno di legge oggetto dei rilievi del Presidente della Repubblica, si sono limitati soltanto ad apportare piccole operazioni di lifting al testo, lasciandolo sostanzialmente inalterato.

E un testo che i Verdi e le forze dell'opposizione unite hanno duramente contrastato sia in Commissione sia in quest'Aula del Senato, ma che non ha impedito a Governo e maggioranza, accecati dall'esigenza di tutelare gli interessi privati del Premier, di procedere comunque nel più evidente disprezzo dei rilievi avanzati dal Capo dello Stato.

La prima fondamentale obiezione riguarda il limite di concentrazione per un unico soggetto proprietario sul complessivo Sistema integrato delle comunicazioni, una sorta di paniere allargato del sistema informativo che consentirà agli attuali operatori di espandersi ulteriormente. È stato stimato che Mediaset potrà crescere del 55 per cento e la Rai del 100 per cento. In pratica pochi operatori equivalgono a poco pluralismo nell’informazione, è semplice da comprendere.

In secondo luogo, il disegno di legge Gasparri-Mediaset, opportunamente integrato con il decreto salvareti, autorizza l'ennesima proroga per consentire a Rete 4 di continuare a trasmettere in chiaro per un lungo periodo transitorio, nonostante una precisa sentenza della Corte, la n. 466 del 2002, abbia stabilito in modo indiscutibile che dal 1° gennaio 2004 dovevano essere liberate le frequenze.

Inoltre il provvedimento consente a chi già possiede più di due reti nazionali di acquistare subito le radio e dal 2010 anche giornali e quotidiani: è questo un grave colpo al sistema pluralistico che ha sempre caratterizzato il sistema della carta stampata nel nostro Paese. Aumenterà ancora la concentrazione nelle mani di pochi proprietari dell'intero sistema di informazione, riducendo quindi di conseguenza la libertà di espressione e di opinione.

Altro elemento grave del testo riguarda l'affollamento pubblicitario, che permette di mandare in onda più telepromozioni negli orari di massimo ascolto televisivo. È una norma fatta solo per assicurare più pubblicità al sistema televisivo, riducendo ancora le opportunità di raccolta per giornali e radio, nonché per il sistema locale televisivo. Ma Governo e maggioranza, nonostante un preciso richiamo del Presidente della Repubblica su questo punto, non hanno voluto correggere la norma perché evidentemente di vitale importanza per Mediaset.

Infine, il provvedimento interviene sul riassetto della RAI, con una privatizzazione sbagliata quanto inutile senza porre alcun limite di detenzione del 51 per cento in mano pubblica, e lasciando questa scelta delicata in mano al Governo ed espropriando così anche il Parlamento.

Ma certo non è sfuggito ai cittadini che la privatizzazione consente di riaprire il balletto delle nomine nel Consiglio di amministrazione della RAI restituendo un ruolo molto forte ai partiti per le scelte sui futuri assetti e lottizzazioni dell'azienda pubblica. In questo testo per la RAI mancano un progetto strategico e risorse adeguate per garantirne il rilancio ed il ruolo essenziale di servizio pubblico, e le aggressioni davvero volgari e continue alla Presidente di garanzia, a cui va la nostra solidarietà, sono solo un assaggio dell'assalto che si prepara per la RAI.

Il risultato concreto di queste norme sarà una RAI sempre più debole ed asservita al potere politico, le reti Mediaset sempre più forti, nessun nuovo soggetto privato in grado di crescere, perché gli viene impedito per legge, con l'aggravante che le tre reti private sono di proprietà personale del Capo del Governo, confermando il nodo irrisolto del palese conflitto d'interessi del presidente del Consiglio Berlusconi e consolidando quella che, a livello europeo, si configura già come una vera e propria anomalia italiana. Conferma quest'ultima arrivata anche dal Parlamento Europeo che, la scorsa settimana, ha approvato a larga maggioranza un Rapporto sulla libertà dei mezzi di comunicazione in Europa, che mette precisamente sotto accusa in modo esplicito il potere mediatico del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Il rapporto rileva l'anomalia della situazione italiana "dovuta ad una combinazione unica di poteri economico, politico e mediatico nelle mani di un solo uomo".

Anomalia destinata a peggiorare, come abbiamo dimostrato tante volte, se verrà approvato questo disegno di legge Gasparri-Mediaset, ma contro cui non ci arrenderemo continuando la battaglia fuori da quest’Aula, sostenendo ricorsi e mobilitazioni per impedirne la sua attuazione.

Proprio perché restiamo convinti che la libertà di espressione ed il pluralismo nell’informazione siano un ingrediente essenziale per un Paese democratico come sancito dall'articolo 21 della Costituzione, annuncio a nome del Gruppo dei Verdi un convinto e deciso voto contrario su questo provvedimento. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U, Mar-DL-U e della senatrice De Zulueta).

ZANDA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, signori senatori, signori membri del Governo, oggi i cittadini italiani avrebbero il diritto di sapere che il loro Senato è stato convocato per discutere della tragedia irachena, dell'agonia dell'Alitalia e della crisi sociale ed industriale della FIAT di Melfi. Invece, il Governo obbliga i senatori ad occuparsi di affari privati. Che si tratti di affari privati ce lo ha ricordato poche settimane fa il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri che, con la franchezza che solo i veri potenti possono permettersi, ha reso pubblici i vantaggi finanziari che la legge sul riassetto della televisione porterà alle casse di Mediaset: quattromila miliardi di lire l'anno.

Signori senatori della maggioranza, con l'approvazione di questo disegno di legge, voi vi apprestate a violare quel patto costituzionale di mutuo rispetto tra il Parlamento e la funzione di garante della Costituzione che tutti i Presidenti della Repubblica italiana, dal 1948 ad oggi, hanno sempre esercitato con il pieno rispetto di tutti i Governi e di tutti i Parlamenti.

Con i suoi messaggi del luglio 2002 e dello scorso dicembre, il presidente Ciampi ha chiesto al Parlamento di garantire il pluralismo dell'informazione e di impedire posizioni dominanti nella proprietà di network televisivi e della carta stampata. A questo invito Governo e maggioranza hanno risposto con un provvedimento che aggrava i problemi dell'informazione schiacciata dall'assenza di pluralismo e dalla prepotenza di un monopolio di fatto.

Signori senatori, credo che oggi in quest'Aula si debba parlare chiaro. Il Presidente domandava più pluralismo e da domani ne avremo di meno. Domandava meno posizioni dominanti e da domani ne avremo di più. Il Governo Berlusconi sta chiedendo al Senato di approvare un provvedimento che è tale e quale a quello che il Presidente della Repubblica aveva rinviato alle Camere, salvo qualche ritocco tecnico che nella sostanza non cambia nulla.

Mi rivolgo a lei, ministro Gasparri perché ha firmato questo provvedimento e perché lei è oggi qui in rappresentanza del Governo. Onorevole Gasparri, lei può spiegare al Senato dove è finita la firma del Presidente del Consiglio? Può per cortesia dire pubblicamente e formalmente perché il Presidente Berlusconi non ha firmato un disegno di legge così importante? Può almeno una volta oggi riconoscere nell'Aula del Senato la vastità - la vedo sorridere; questo non è un argomento comico, onorevole Ministro (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com, Misto-RC, Misto-SDI e Misto-AP-Udeur) - le dimensioni e la pericolosità di quel conflitto di interessi che ha impedito al presidente Berlusconi di sottoscrivere, come sarebbe stato suo preciso dovere, questo provvedimento?

Vede, onorevole Ministro, la mancata firma del presidente Berlusconi al suo disegno di legge non è un indizio di ritrovato senso di decenza del Governo della maggioranza; è la prova dell'indecenza della vostra azione politica e di Governo.

Permettetemi due parole sul contenuto di questo provvedimento. Non voglio parlare della falsa privatizzazione della RAI e nemmeno della sua sempre maggiore dipendenza dalle forze politiche di Governo né voglio ricordare questa commedia - perché si tratta di una vera commedia - del digitale terrestre, l'unico obiettivo di aggirare le disposizioni della Corte costituzionale su Rete 4.

Voglio fare soltanto un accenno agli effetti di questo disegno di legge sulle due questioni che più stanno a cuore al Presidente della Repubblica: le posizioni dominanti e il pluralismo dell'informazione.

Nessun Paese democratico moderno con un’economia di mercato tollera più le posizioni dominanti in alcun settore industriale, figuriamoci nel settore della comunicazione.

Oggi, RAI e Mediaset si spartiscono, fifty-fifty, quasi il 95 per cento del mercato televisivo italiano. Ditemi voi se questa non è una posizione dominante.

Vista le legislazione europea, visto l’esempio degli altri Paesi occidentali, letto il messaggio del Presidente della Repubblica, gli italiani si sarebbero aspettati che il Governo avesse presentato un disegno di legge che riducesse la presenza di RAI e Mediaset e lasciasse spazio alla concorrenza aprendo il settore al mercato.

Signor ministro Gasparri, non la voglio disturbare mentre telefona, ma voglio chiederle se potrebbe spiegare, non tanto al Senato che vedo non le interessa, ma almeno all’opinione pubblica italiana, come mai questo fantomatico SIC invece di ridurre la scandalosa posizione dominante di Mediaset, farà proprio il contrario, ne aumenterà la forza di più del 50 per cento?

E poi, con riferimento al pluralismo, signor Ministro, occorre dire che pluralismo e posizioni dominanti sono due concetti assolutamente inconciliabili e la presenza del monopolio di fatto RAI-Mediaset è la spiegazione reale e chiara del mancato pluralismo televisivo in Italia.

Ma il provvedimento che stiamo esaminando e che forze voi approverete a breve, non si occupa solo di televisione: qui è avviata una vera e propria aggressione anche al pluralismo della carta stampata.

Ciò avviene in due modi, vale a dire attraverso la legalizzazione delle telepromozioni oggi illegali, così sottraendo risorse pubblicitarie ai giornali, e abolendo il divieto di intrecci proprietari tra televisione e carta stampata, ultimo argine allo strapotere di Mediaset.

Tra qualche anno, Silvio Berlusconi se vorrà, potrà acquistare quotidiani (ad esempio, il "Corriere della Sera") e non dovrà più chiedere una cortesia a suo fratello Paolo come ha fatto quando ha finto di vendergli "Il Giornale". Potrà acquistare giornali legalmente e personalmente.

Anche al proposito, signor Ministro, può spiegarmi come questa norma sulle telepromozioni e sugli intrecci proprietari potrà favorire il pluralismo dell’informazione?

Questo disegno di legge, onorevoli senatori, è incostituzionale; vìola clamorosamente l’articolo 21 della Costituzione e la sua incostituzionalità verrà dichiarata dalla Corte costituzionale, non perché i giudici della Corte siano comunisti, come molti di voi, senatori della maggioranza, sostengono, ma perché la Corte costituzionale italiana, in tutta la sua storia, è stata sempre coerente con le proprie decisioni e non potrà che confermare la sua giurisprudenza e le sue sentenze che, sinora, hanno costantemente definito il pluralismo dell’informazione in modo esattamente opposto a quanto realizza il disegno di legge che voi volete regalare all’Italia.

Permettetemi di concludere con una considerazione politica. Tutti qui in Senato sappiamo che molti, probabilmente moltissimi senatori della maggioranza non condividono alcunché di questo provvedimento, ma lo votano lo stesso perché pensano che questa sia l’ultima volta che vengono chiamati ad approvare una legge che trova origine negli interessi personali o patrimoniali del Capo del Governo.

Vorrei mettere sull’avviso i senatori della maggioranza. Questa legge non sarà l’ultima di questo genere. Dopo la detassazione delle successioni miliardarie, dopo la legge Cirami, il lodo Schifani, i vincoli alle rogatorie internazionali, il falso in bilancio, il condono fiscale, le norme sul rientro dall’estero dei capitali, il provvedimento spalma-calcio, il decreto-legge salva Rete 4, arriva adesso la legge Mediaset-Berlusconi.

Signori senatori della maggioranza, non fatevi illusioni. Votando la legge Mediaset-Berlusconi voi non chiudete il capitolo delle leggi ad personam e nemmeno quello delle leggi illiberali. (Richiami del Presidente). Concludo, signor Presidente.

Sarete costretti a sempre più numerosi compromessi con la vostra coscienza personale e politica e molti di voi, già dopo le elezioni del prossimo giugno, si pentiranno di aver votato questa pessima legge, contro la quale tutti i senatori della Margherita voteranno convinti e compatti. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U e dei senatori De Zulueta, Michelini e Pedrini).

BRUTTI Paolo (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUTTI Paolo (DS-U). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi senatori … (Il ministro Gasparri si trova sui banchi di Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Signor Ministro, torni al suo posto e ascolti anche il collega della sinistra. Occorre ascoltare tutti e due i tipi di dichiarazioni di voto, da una parte e dall’altra.

PASCARELLA (DS-U). "Gasparri, missione compiuta"!

PRESIDENTE. Ministro, torni al suo posto. (Commenti del senatore Garraffa). Senatore Garraffa, abbiamo evitato richiami all’ordine ed espulsioni. Vediamo di finire in bellezza.

BRUTTI Paolo (DS-U). Signor Presidente, sta per concludersi con il voto che daremo tra poco una delle pagine meno onorevoli del Parlamento e del Senato. Hanno contribuito a questo accadimento uomini convinti di quel che facevano (il senatore Tofani ha detto che qui ci sono uomini più realisti del re o più berlusconiani di Berlusconi). Tuttavia mi dispiace particolarmente che ciò si determini con la cooperazione di uomini della maggioranza che, per altro verso, stimo e che so che non esprimono questo voto con il cuore libero. Non hanno trovato la forza di liberarsi da una coercizione, da una pressione esterna, che li ha fatti strumento, loro, come tutta la maggioranza, della realizzazione degli interessi materiali di un grande gruppo finanziario e industriale, la Fininvest.

Non vi è importato nulla che per questa via non si facessero gli interessi economici del Paese e gli interessi economici del settore della comunicazione radiotelevisiva, che dopo questo provvedimento e le correzioni che sono state apportate, resta ingessato entro un asfissiante duopolio RAI-Mediaset, che poi in realtà duopolio non è, perché la RAI non ha più un’autonoma volontà e un’autonoma capacità imprenditoriale.

Essa si avvia a diventare, da grande e ambizioso polo culturale e industriale pubblico, un avvilente scimmiottamento dei caratteri più negativi delle televisioni commerciali. Questa legge peggiora, se possibile, la condizione della RAI e ne fa strumento asservito agli interessi politici del Governo del momento, ora a quelli della Casa delle Libertà, proprio alla vigilia di un importante tornata elettorale.

La legge non è ancora approvata e già manifesta appieno tutta la sua influenza nefasta sulla RAI. Il direttore generale, che ha scarsa dimestichezza con la comunicazione radiotelevisiva e molto con le frequentazioni delle stanze del potere politico, ha decretato la sospensione dei poteri del consiglio di amministrazione, inaugurando un nuovo stile: in diretta i serial killer, in differita il movimento dei lavoratori, nell’oscuramento del movimento della pace. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U e Misto-Com).

Se ci fosse una ragionevole giustizia, occorrerebbe piuttosto mandare in differita, almeno di una settimana, il salotto di "Porta a Porta", nel quale il Presidente del consiglio e i suoi Ministri si avventurano in spericolate affermazioni che mettono in discussione i rapporti internazionali, la sicurezza del Paese e la sicurezza dei cittadini.

Infine, questa legge è uno schiaffo al Presidente della Repubblica e alla sua paziente opera di difesa dei valori costituzionali del pluralismo e della libertà di espressione.

Il Presidente della Repubblica ha chiesto di modificare almeno il SIC, questo obbrobrio, riducendolo e rendendolo più omogeneo al fine, egli dice, che "chi detiene il 20 per cento delle risorse non acquisisca una posizione dominante sul mercato radiotelevisivo".

Ebbene, ministro Gasparri, il SIC, il sistema integrato delle comunicazioni a cui la legge dà vita, è esattamente il doppio di quello su cui attualmente si calcola il limite di concentrazione dei mezzi finanziari.

Nel nuovo SIC Mediaset potrebbe rientrare entro il limite legale del 20 per cento dei ricavi, pur tuttavia espandendo il proprio fatturato fino a 5,2 miliardi di euro contro i 4 miliardi attuali, cioè al 30 per cento in più dell’attuale. Si è quindi realizzato il miracolo che Mediaset potrebbe dominare di più il mercato delle telecomunicazioni ed essere giudicata in una posizione meno dominante di ora. Questo è il senso della vostra legge. Mi si potrebbe rispondere che anche la RAI può farlo, ma permettetemi di dire che bisogna cominciare a pensare alla testa, non alla coda, e oggi la RAI è la coda.

È il caso paradossale che abbiamo già vissuto per i limiti di inquinamento: se c’è un limite di inquinamento non si disinquina, ma si modificano i livelli in modo da far diventare l’inquinamento legale. Questo inquinamento delle telecomunicazioni voi lo state facendo diventare legale. E questo sempre che sia legittimamente sostenibile per via giurisprudenziale, cosa di cui io dubito, che la lettera della legge riferisca questo limite di concentrazione del 20 per cento alla Fininvest e non alle società di comunicazione che ne fanno parte: Mediaset, Mondadori e Medusa.

Abbiamo votato un ordine del giorno in questo senso, ve lo voglio rammentare, ma se così non fosse, la somma delle posizioni di Mediaset, Mondadori e Medusa nel SIC, ancor quando ciascuna fosse inferiore o uguale al 20 per cento del mercato, porterebbe l’intera Fininvest molto oltre le soglie consentite.

Abbiamo sentito tutti le affermazioni impegnative del presidente Grillo, del sottosegretario Innocenzi e quelle un po’ meno chiare e un po’ più borbottate dello stesso Ministro. Loro sono uomini d’onore, ma anche Confalonieri è un uomo d’onore e appena ieri ha dichiarato che subito dopo che la nuova legge glielo consentirà si espanderà nella radio, nell’editoria elettronica e in Internet. Non credo che Confalonieri pensi di farlo a spese della pubblicità televisiva di Mediaset. Dunque vedremo alla fine quale punto di vista prevarrà. E se dovessimo scommettere so che nessuno scommetterebbe, nello scontro Confalonieri-Grillo, a favore del presidente Grillo sperando che egli abbia la meglio sul presidente Confalonieri e, sia detto per inciso, sul vice presidente Berlusconi.

Dunque il messaggio del Presidente della Repubblica è stato ignorato nel suo punto fondamentale, nella forma e nella sostanza. La legge meriterebbe di essere di nuovo rinviata alle Camere. Se il Presidente della Repubblica lo facesse compirebbe un atto di igiene costituzionale.

In ogni caso, è evidente - e in questo nostro dibattito parlamentare è apparso chiaro - che la legge mostra gravissimi profili di incostituzionalità, perciò cadrà sotto la censura della Corte non appena qualcuno vi farà ricorso (e qualcuno che farà ricorso ci sarà!).

La legge è contraria alle direttive europee in materia di comunicazione televisiva, come ha stabilito il Parlamento europeo che si è appena espresso sulla Gasparri…

PRESIDENTE. Senatore Brutti Paolo, la invito a concludere.

BRUTTI Paolo (DS-U). Signor Presidente, per questi motivi voteremo contro questa pessima legge, per salvaguardare i valori costituzionali nell’interesse dell’impresa di comunicazione e della cultura italiana; soprattutto voteremo contro per dire all’opinione pubblica e al Paese, ai tanti che in questi mesi si sono battuti per la difesa del pluralismo e per la libertà di comunicazione, che nella casa della sovranità popolare abitano ancora uomini liberi che non permetteranno che si inaridisca una delle radici della libertà, la libertà di informazione. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Misto-Com, Misto-RC e del senatore Michelini. Molte congratulazioni).

Le percentuali elettorali non danno mai il senso degli spostamenti reali. Tanto più quando tra l’elettorato e il potere c’è di mezzo un sistema elettorale così scombinato come quello italiano. Sappiamo tutti che il potere l’ha conquistato Berlusconi (e sappiamo pure con quali mezzi, e con quali complicità soggettive e oggettive). Sappiamo, un po’ vagamente, che però il popolo non ha dato al nuovo Capo l’adesione totalitaria alla quale aveva indirizzato le ingenti risorse gettate nella battaglia: dal 1996 al 2001 Berlusconi ha enormemente aumentato il suo potere, non la sua forza di convinzione sull’elettorato.

Luigi Scano, lavorando sui dati del Ministero degli interni, ha elaborato qualche tabella utile per riflettere. A voi i commenti: se me li mandate, li inserisco.

Camera dei Deputati - proporzionale


Elezioni 1996 Elezioni 2001

Centro sinistra e sinistra


Democratici sinistra 6.145.569
PDS 7.894.118
Sub-totale 7.894.118 Sub-totale 6.145.569
POP - SVP - PRI - UD -PRODI 2.554.972
Rinn. It. - Dini 1.627.380
La Margherita 5.374.266
SVP 200.056
Sub-totale 4.182.352 Sub-totale 5.574.322
Fed. dei Verdi 938.665
Il Girasole 804.352
Comunisti italiani 616.649
Totale 13.015.135 Totale 13.140.892
Rifondazione comunista 3.213.748 Rifondazione comunista 1.867.712
Totale 16.228.883 Totale 15.008.604
Lista Di Pietro 1.443.057
Totale 16.228.883 Totale 16.451.661
PDS + Rifondazione comunista 11.107.866 DS + Comunisti italiani + Rifondazione comunista 8.629.930
PDS + Rifondazione comunista + Verdi 12.046.511 DS + Comunisti italiani + Rifondazione comunista + Girasole 9.434.292


Centro destra e centro


Forza Italia 7.712.149 Forza Italia 10.921.335
Alleanza Nazionale 5.870.491 Alleanza Nazionale 4.458.651
CCD - CDU 2.189.563 CCD - CDU 1.193.694
Sub-totale 15.772.203 Sub-totale 16.573.680
Lega Nord 3.776.354 Lega Nord 1.456.490
Totale 19.548.557 Totale 18.030.170
Nuovo PSI 352.862
Totale 19.548.557 Totale 18.383.032
Pannella - Sgarbi 702.988
Pannella - Bonino 841.214
Totale 20.251.545 Totale 19.224.246
Democrazia europea 886.988
Totale 20.111.234
Leghismi dissociati
Liga fronte veneto 74.288
Totale 74.288
Estrema destra
Mov. Soc. - Tricolore 339.351
Fiamma tricolore 142.894
Fronte nazionale 23.230
Forza nuova 13.550
Totale 339.351 Totale 179.674
Altri
Verdi - verdi 25.788 Verdi - verdi 18.251
Altre liste verdi 15.560
Lega d’azione meridionale 72.062 Lega d’azione meridionale 23.812
P.S.d’az. 38.002
P.S.d’az. - Sard. Natz. 34.345
Liste autonomiste 206.059
Liste socialiste 149.441
Social. auton. 6.775
Partito pensionati 68.242
Noi siciliani 7.798
Paese Nuovo 33.353
Abolizione scorporo 27.067
Liberi e forti 7.254
Comunismo 5.203
Lista Amadu 11.513
Lib. Dem . - Basta 6.202
Mov. Libertà 6.773
Altre liste 158.607 32.160
Totale 665.519 Totale 291.667

Senato della Repubblica

Elezioni 1996 Elezioni 2001

Innanzitutto, ci sembra cosa gradita presentare una parte della squadra che abbiamo eletto e ci governa

BERRUTI MASSIMO MARIA (F.I.)
arrestato per corruzione negli anni 80, condannato per favoreggiamento

BIONDI ALFREDO (F.I.)
ha patteggiato una condanna per frode fiscale

BONSIGNORE VITO (C.C.D.)
condannato a 2 anni per corruzione

BRANCHER ALDO (F.I.)
accusato per aver pagato una tangente di 300 milioni a De Lorenzo

CANTONI GIAMPIERO (F.I.)
inquisito per vari reati ha patteggiato alcune accuse

COMINCIOLI ROMANO
imputato a Roma per rapporti con la mafia, Latitante per Mani Pulite, imputato per le false fatture in Publitalia (società di Berlusconi). Candidato da Forza Italia

COPPERTINO GIOVANNI (C.C.D.)
rinviato a giudizio per calunnia ai danni di due pentiti, noto frequentatore di feste di boss della malavita

DELL'UTRI MARCELLO
pregiudicato, condannato per false fatture, sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa, inquisito per calunnia: capolista per F.I.

DEL PENNINO ANTONIO (F.I.)
coinvolto nello scandalo Enimont e in quello della metropolitana di Milano

DE GENNARO GIUSEPPE (F.I.)
condannato per voto di scambio

DE RIGO WALTER (F.I.)
ha patteggiato una pena di un anno e quattro mesi per aver architettato una truffa ai danni del ministero del tesoro e della CEE

FALLICA GIUSEPPE (F.I.)
condannato per false fatturazioni in Publitalia

FORTE MICHELE (F.I.)
arrestato negli anni 80

GIANNI PIPPO (F.I.)
arrestato e condannato in primo grado per concussione

LOMBARDO RAFFAELE (C.C.D.)
due volte arrestato

MARTELLI CLAUDIO
pregiudicato, condannato a 8 mesi per tangenti Enimont

NESPOLI VINCENZO (A.N.)
coinvolto in un'inchiesta per concussione

PINI MASSIMO (A.N., indipendente)
ex detenuto di Mani Pulite

SODANO CALOGERO (F.I.)
storico inquisito, paladino degli abusivi

SUDANO DOMENICO (A.N.)
Plurinquisito

TOMASSINI ANTONIO
qui la storia ha dell’incredibile: ginecologo, condannato a tre anni per falso: ha prima contraffatto e poi soppresso il cartogramma di una paziente da lui assistita; la bambina è nata cerebrolesa. Questo tizio era in lizza per il ministero della salute.

VERDINI DENIS (F.I.)
indagato per falso in bilancio

VIZZINI CARLO (F.I.)
salvato dalla prescrizione da una condanna per tangente Enimont

PREVITI CESARE
no comment, ci sarebbe troppo da scrivere.

BERLUSCONI SILVIO
si presenta da solo
______________________________

spesso l’apparenza inganna, quindi, prima di giudicare,
vediamo il lavoro svolto…

anno 2001

13 maggio
·Il cavaliere e suoi vincono le elezioni politiche (gli italiani ringraziano).

giugno
·Berlusconi forma il suo governo, illustra il "Contratto con gli italiani" e pianifica le attività dei primi 100 giorni.

·Il ministro ultràcattolico Buttiglione attacca la legge n.194 sull’aborto ma, oltre all’opposizione, anche una parte della destra non è con lui quindi, per ora, la legge e la libertà delle donne rimangono.

Ricordiamo all’on. Buttiglione che da quando l’aborto è legale il numero di interruzioni di gravidanza volontarie è in continua diminuzione.

luglio

·Abolizione della tassa di successione. Chi ha beni fino a 350 milioni (80% della popolazione) non pagava già nulla; la tassa viene abolita solo per chi ha più di 350 milioni (20% della popolazione, cioè la minoranza riccona). E’ davvero così immorale e ingiusto che un possessore di più di 350 milioni di lire paghi una tassa del 4% al momento di donare tutto ai figli? Lo stato così non incasserà una lira da chi è straricco come, guarda a caso, Berlusconi il quale possiede beni per circa 25.000 miliardi di lire. Tutto ciò nell’interesse del paese, ovviamente.

·Con una operazione finanziaria definita "capitalismo medioevale" dagli altri stati europei, il governo non interviene e lascia mano libera all’imprenditore Tronchetti Provera (vicino a Berlusconi) che si aggiudica, tra le altre cose, la proprietà di "La Sette" che avrebbe dovuto dare origine al cosiddetto "terzo polo televisivo" ed essere di contrasto alle reti Mediaset. Così ci troviamo un governo che oltre a controllare la Rai (come ogni governo) ha tre reti della proprietà del presidente del consiglio e senza nessun polo televisivo privato antagonista.Tutto ciò per l’interesse del paese e per la pluralità dell’informazione, ovviamente.

·Giorni 20-21 e 22, Genova. L’ordine pubblico durante il G8 viene gestito in maniera completamente irresponsabile e repressiva permettendo ai violenti (black block) di sfasciare tutto per poi giustificare le violenze gratuite delle forze dell’ "ordine" sui manifestanti pacifici picchiati e insultati anche nelle caserme. Un manifestante di 23 anni, Carlo Giuliani viene ucciso da un colpo di pistola (forse due?) sparato da un carabiniere.

Centinaia sono le denuncie delle persone pestate e poi rilasciate con nulla a loro carico.

La magistratura apre sei inchieste. L’Italia pesantemente criticata dai giornali di tutto il mondo.

·Il governo dice che a Genova, le forze dell’ordine sono state "professionali e serie" e poi rimuove dall’incarico tre alti dirigenti della polizia per incompetenza (ma come? non erano professionali e serie?)

agosto

·Abolizione del regime fiscale agevolato delle cooperative: le cooperative dovranno pagare le tasse come una azienda normale e molte attività saranno messe in seria difficoltà o non potranno mai nascere.

·Approvazione di un disegno di legge proposto, tra gli altri, dal noto plurindagato per mafia Dell’Utri di Forza Italia. Tale disegno di legge riduce di fatto la collaborazione tra la giustizia italiana e quella svizzera e favorisce ancora una volta Berlusconi che è coinvolto in due inchieste internazionali(All Iberian e Sme) per truffa ecc…Un provvedimento che la maggioranza del parlamento ritiene sia sicuramente nell’interesse degli italiani.

·Depenalizzazione del reato di falso in bilancio: falsificare i conti di una azienda, truffando anche lo stato, diventa una cosa da niente quasi impunita (senza carcere e qualche multina da nulla, per un miliardario). Ricordiamoci che Berlusconi è tuttora imputato in tre processi per il reato, guarda a caso, di falso in bilancio. Tutto ciò sempre nell’interesse del paese, ovviamente.

·In barba agli accordi del 1947 e 1997 sulla restituzione dell’obelisco di Axum, il governo decide di non restituirlo. L’obelisco si trova a Roma e fu trafugato dal regime fascista e portato solennemente in Italia nel 1937 dopo aver invaso parte dell’Etiopia e massacrato le popolazioni "incivili" locali.

Vittorio Sgarbi dichiara: "Il popolo etiope deve considerarsi fortunato ad avere una vetrina nella città eterna del ricco mondo occidentale". Un po’ come noi ci sentiamo fortunati ad avere "La Gioconda" nella bellissima vetrina del Louvre a Parigi…Grazie! Siamo fieri di essere Occidentali!

settembre

·Annuncio del condono fiscale del ministro Tremonti: il nocciolo del provvedimento dovrebbe consistere in uno "scudo fiscale" a protezione di capitali che decidono di rientrare in Italia (non si tratta di conti corrente da impiegato ma di grosse aziende e multinazionali) . Il Sole 24 Ore ha calcolato che la cifra ammonterebbe solo tra l’1 e il 3% sui capitali "pentiti". Non vi è previsione di alcuna sanzione, segnalazione, nessun pagamento di aliquote progressive per gli anni pregressi e soprattutto evidente aggiramento delle norme antiriciclaggio cioè non si potrà distinguere un sciùr Brambilla da un Totò Riina o, peggio ancora, da un Berlusconi. Tutto sempre per l’interesse del paese.

·Il ministro Lunardi frettoloso di riaprire i cantieri delle grandi opere dopo mani pulite, soprattutto al sud, dichiara che bisogna "convivere con la mafia"…e anche con Dell’Utri.

·Martedì 11. Attentato agli USA, vengono abbattute le Twin Towers e parte del Pentagono con alcuni Boeing dirottati: migliaia le vittime. Il gesto viene prontamente considerato un atto di guerra per poi poter giustificare i successivi attacchi statunitensi all’Afganistan dove si ritiene sia il presunto responsabile: il miliardario saudita Osama Bin Laden. Berlusconi si sdraia sulle posizioni di Bush offrendo l’aiuto totale dell’Italia, anche militare.

·Berlusconi durante un viaggio a Berlino, pubblicamente fa affermazioni sulla "superiorità della civiltà occidentale" imbarazzando anche la destra europea. Chissà se Berlusconi, pensando alla nostra superiorità, si riferiva alle nobili gesta occidentali quali le crociate medioevali della Chiesa, la colonizzazione, il razzismo istituzionale in Sud Africa, la schiavitù negli Stati Uniti, le dittature fasciste sudamericane, le dittature comuniste dell’Est Europeo… chissà?… come mai? non ci risulta che Stalin, Hitler, Mussolini, o Truman (il presidente americano che decise di "sperimentare" la bomba atomica sul Giappone) avessero origini orientali, musulmane… Mah…?

ottobre

·Giorno 7. USA e Gran Bretagna attaccano l’Afganistan. Guerra totale al terrorismo, si dice, e… intanto si parla di costruzione di oleodotti in Afganistan, di instaurare un governo amico per le nostre imprese petrolifere ecc… Tutti i leader occidentali e arabi amici vanno da Bush che "tarda" a ricevere Berlusconi proprio per le imbarazzanti dichiarazioni sulla superiorità occidentale.

·La maggioranza del parlamento italiano vota a favore dell’intervento armato della NATO in Afganistan (anche con l’appoggio di parte del centro sinistra). In virtù dell’art.5 del Patto Atlantico, ogni stato dell’alleanza che subisce un atto di guerra (come è stato considerato, non a caso, l’attentato alle Torri Gemelle) può richiedere l’aiuto degli altri partners. Berlusconi, sempre più "cagnolino da salotto di Bush" si prostra all’amico americano offrendo la massima collaborazione e truppe.

·Giulietto Chiesa, noto giornalista de "La Stampa", sottolineiamo "La Stampa", non de "Il Manifesto", "Liberazione" o altri giornali "comunisti sovversivi", dichiara che non si può sostenere una guerra al terrorismo alleandosi con chi il terrorismo lo finanzia (il generale Musharaf, dittatore del Pakistan ideatore e sostenitore del regime dei Talebani in Afganistan).

·Il governo decide di eliminare molte delle scorte a magistrati in prima linea nella lotta alla mafia costringendo così alcuni ad abbandonare l’incarico. Viene tagliata anche la scorta al noto prete antimafia Don Turturro il quale si dichiara sdegnato e preoccupato. Alcuni sindacati di polizia dichiarano che bisogna eliminare molte scorte "status symbol" per concentrare gli uomini nella lotta alla criminalità; capite, lotta alla criminalità, non alla mafia che probabilmente, per questa gente, non è crimine ma solo un effetto collaterale con il quale "bisogna convivere" [Lunardi, settembre 2001]. Non vi è alcun dubbio che tutto viene fatto nell’interesse del paese, ovviamente.

·Il governo decide di sostituire Tano Grasso, commissario di governo contro il racket e l'usura in prima linea nella lotta alla mafia.

·Dopo vari provvedimenti presi, Don Ciotti accusa il governo Berlusconi: "Contro terrorismo e violenza non ci deve essere nessuno sconto, ma non bisogna che esso divenga il tappeto sotto cui nascondere omissioni, colpe e coperture di illegalità". Così don Luigi Ciotti (presidente dell'associazione antimafia "Libera"), che ha poi attaccato il governo italiano: "Lo diceva già Giovanni Falcone nel 1983 che è difficile andare a scovare dove finisce il denaro nero della criminalità e del terrorismo. Contro tutto questo occorre la trasparenza del sistema finanziario a livello internazionale. E inquieta che l'Italia abbia preso provvedimenti in una direzione contraria, come quelli sulle rogatorie e sul falso in bilancio".

Nonostante tutto ciò, il "capo" dell’opposizione, Francesco Rutelli, in questo periodo pensa alle riforme istituzionali e dichiara di volerle fare insieme a questa maggioranza. Bene! invece di mobilitare il paese andiamo a braccetto con questa gente.

·La vedova di Libero Grasso (l’imprenditore palermitano ucciso dalla mafia perché rifiutava di pagare il pizzo) sgomenta per i provvedimenti presi si schiera contro il governo dichiarando che tali decisioni potrebbero (potrebbero…, perché noi le prove non le abbiamo…ma se le avessimo cambierebbe qualcosa???) essere un "pagamento elettorale" alla mafia. Non dimentichiamo che in Sicilia in tutti (sottolineiamo TUTTI) i collegi sono stati eletti uomini del cavaliere.

·Il governo sotto pressione ritira il provvedimento della rimozione di Tano Grasso e il ministro dell’interno Scaiola dichiara che è stato fatto un brutto pasticcio. Chissà se si riferiva alla rimozione o al fatto che ha dovuto fare un passo indietro?

·Tano Grasso viene comunque affiancato da un commissario straordinario (un controllore). Così, indignato, Tano Grasso si dimette (era quello che volevano) dichiarando che il suo impegno anti usura non era mai stato oggetto di critiche da parte di alcun schieramento politico; il suo ufficio è stato preso ad esempio dalla Comunità Europea e i suoi risultati sono stati tangibili e sotto gli occhi di tutti. Basti pensare che sotto la sua dirigenza, le denunce sono aumentate del 20%.

·A difesa di tutti i provvedimenti sulla "giustizia" presi dal governo, Berlusconi dichiara che in Italia troppe persone vengono condannate senza prove.

Il cavaliere sa anche che in Italia "alcune" persone non vengono condannate pur avendo le prove.

·Alla vigilia di un viaggio a Norimberga di Berlusconi (poi cancellato), il giornale tedesco "Nuernberger Nachrichten" pubblica un appello, firmato da un centinaio di intellettuali e professionisti in cui la visita del premier italiano era definita "un’offesa alla città della pace e di diritti umani". Berlusconi vi era descritto come "antidemocratico", corresponsabile dei "brutali comportamenti" polizieschi di Genova, autore di leggi che lo proteggono dalle azioni giudiziarie promosse contro la sua persona.

·L’ambasciatore Sergio Romano (uomo non certo di estrema sinistra), sul "Corriere della Sera" noto quotidiano che non sembra essere proprio un giornale comunista, lamenta che Berlusconi sia ormai additato a livello europeo come un dittatorello. Dice Romano: "Spiace constatarlo, ma si direbbe che Berlusconi stia diventando, per una parte dell’opinione pubblica europea un piccolo Milosevic contro cui esercitare una continua vigilanza democratica". Grazie! Siamo orgogliosi di essere Italiani!

·Varato il disegno di legge Bossi sull’immigrazione. Annullata ogni libertà di movimento, aumentano le pene per che rientra in Italia dopo essere stato espulso ed è introdotta la carcerazione automatica al secondo rientro illegale.

In un recente convegno a Venezia il capogruppo della Lega Nord in regione dichiara che gli extracomunitari sono più portati a delinquere rispetto agli italiani. Ciò alla luce dei seguenti dati: il 30% della popolazione carceraria è costituito da stranieri a fronte di solo il 2,5% di popolazione straniera libera rispetto a quella italiana.

Intelligentissima deduzione. Al signor capogruppo non gli è neanche sfiorata l’idea che gli alti numeri si spieghino per la differente azione della giustizia italiana che per definizione lenta ed inefficiente, diventa stranamente rapida ed inesorabile per gli extracomunitari. 58 mila detenuti in totale nelle carceri italiane (record del dopoguerra) con un impressionante numero di suicidi e morti proprio nelle ultime settimane debitamente taciuti da governo e mass media dato che, non essendo "eccellenti", non necessitano di nobili mobilitazioni quali accuse di complotto alla magistratura, manette troppo facili, carcere preventivo troppo lungo e quant’altro già sentito all’epoca di mani pulite per qualcun altro, ricordate?

Inoltre sono state ristrette le norme di ricongiungimento familiare con gli stranieri che già vivono nel nostro paese chiudendo le frontiere ai parenti di secondo e terzo grado.

La famiglia da aiutare – secondo la coppia Storace/Bossi – deve essere solo ed esclusivamente quella fondata sul matrimonio e di rigorosa origine comunitaria.

novembre

·Il vice presidente del consiglio Gianfranco Fini va in visita alla comunità di San Patrignano e annuncia: la riduzione del danno è finita. Nonostante nel corso degli ultimi anni, con leggi meno restrittive e la distribuzione di metadone ai tossicodipendenti, il numero di morti per eroina fosse diminuito, il nostro governo vuole reprimere chi fa uso di sostanze stupefacenti senza pensare ad una seria riduzione del danno. Fini non fa nessuna distinzione tra droghe leggere e pesanti ma tutto sarà sempre più illegale e clandestino.

Potremmo, magari chiedere a Fini di rendere illegale, oltre che le coltivazioni di marijuana, anche i vigneti. Ogni anno 30.000 persone muoiono per malattie causate dall’abuso di alcool, senza contare gli innumerevoli incidenti stradali per stato di ebbrezza e i casi di violenza tra le mura domestiche – spesso contro donne e bambini - dovuti all’alcolismo.

Ricordiamo inoltre all’on. Fini che con la legge attuale (riduzione del danno), il numero di decessi in Italia per overdose è calato da 1.566 del 1996 a 1.012 nel 2000; si dovrebbe continuare a migliorare in questa direzione, non invertire la tendenza.

·L’Italia a favore della guerra. Il giorno 7, la stragrande maggioranza della camera dei deputati, tutto il centro destra ovviamente, e gran parte del centro sinistra, con 513 sì, vota a favore della partecipazione dell’Italia alla guerra in Afganistan. Berlusconi entusiasta riesce così ad ottenere la "prova di devozione all’interesse nazionale". Tutto ciò andando contro i principi di un pezzo di carta con 139 articoli che, per i tanti smemorati, ricordiamo si tratta della nostra Costituzione della Repubblica italiana secondo la quale non vi è alcun motivo di entrare in guerra, salvo che il paese sia attaccato; infatti all’art.11 afferma: "L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo."Belle parole, vero!? Peccato che ormai governo e gran parte dell’opposizione le abbiano completamente dimenticate.

·Gino Strada, il medico fondatore di Emergency che cura le vittime di guerra in Afganistan si rivolge ai nostri onorevoli dicendo: "Quello che state scegliendo non è una semplice esportazione di mezzi militari navali e terrestri ma l’importazione della guerra in casa nostra."

·In discussione al parlamento la modifica della legge 180 ossia la proposta di una sostanziale riapertura dei manicomi (cose da pazzi?) presentata dalla deputata di Forza Italia, Burani Procaccini facendo scaturire sempre più accese polemiche e proteste soprattutto da chi lavora a diretto contatto col disagio. In merito, ecco quanto dichiara la Società Italiana di Psichiatria: "La legge 180, attualmente in vigore, fissa alcuni principi fondamentali sul problema della salute mentale; 1) il superamento degli ospedali psichiatrici; 2) l’integrazione dell’assistenza psichiatrica nel servizio sanitario nazionale; 3) l’orientamento prevalentemente territoriale dell’assistenza psichiatrica; 4) la limitazione del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza ad alcune situazioni ben precisate.

Si tratta di principi largamente condivisi sia dagli operatori del settore che dagli utenti e dalle loro famiglie. Inoltre grazie a questa legge, la maggior parte degli italiani ha imparato ad avere nei confronti delle patologie mentali un rispetto e una tolleranza maggiori che in passato".

·La riforma della scuola del ministro della pubblica (ancora per quanto tempo?) istruzione Letizia Moratti prende forma. In sostanza scompaiono le scuole superiori così come le conosciamo oggi ossia ci saranno solo due indirizzi possibili: la formazione liceale o formazione di avviamento al lavoro. La scelta tra i due indirizzi viene posta a 12 anni. Sì, avete capito bene..., appena a 12 anni un bambino dovrà decidere della propria vita…capire se è sveglio e brillante per il liceo o se è un po’ lento e poco dotato, adatto quindi per un avviamento al lavoro. L’Unione studenti sconcertata dichiara: "un pesante ritorno al passato". Sono previste una serie di mobilitazioni… già si parla perlomeno di innalzare l’età della scelta a 14 anni.

·Formigoni fa il buono con i soldi pubblici. Il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni (Forza Italia) ha investito 58 miliardi di lire di denaro pubblico per i buoni scuola (privata) dicendo che sono per tutti gli studenti in condizioni economiche disagiate. Bene! Vediamo come e a chi sono stati erogati: 11.107 buoni sono stati destinati a famiglie che dichiarano un reddito annuo procapite (da moltiplicare cioè per il numero dei componenti il nucleo familiare) da 30 a 60 milioni di lire, per un totale di 15 miliardi, addirittura superiore alla somma spesa annualmente in Lombardia (14 miliardi) per il diritto allo studio di quasi un milione di studenti. A fianco di questi ricchi (non è una colpa) e finanziati dalla regione (questa sì che è una colpa) vi sono 26 famiglie che dichiarano un reddito negativo e 1.806 che dichiarano di guadagnare annualmente da 0 a 5 milioni procapite. Scusate l’ignoranza, ma con un simile reddito, come fanno a spendere 6, 8 o 10 milioni all’anno per mandare i figli alla scuola privata? Viene il sospetto che si tratti della buona e vecchia evasione fiscale, ma Formigoni, prima di sganciare, non ha pensato di controllare. La protesta dei movimenti studenteschi lombardi ha condotto alla citazione per incostituzionalità dei buoni alla Corte Costituzionale ma, guarda a caso, il governo Berlusconi l’11 luglio annulla il ricorso. Tutto ciò in palese violazione dell’art.33 della Costituzione della Repubblica italiana dove al secondo capoverso, leggiamo : "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato."

·La regione Sicilia segue Formigoni. Il presidente della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro (centro destra) decide di seguire l’esempio lombardo ma con un lodevole sforzo in più: stanzia ben 100 miliardi di lire (di soldi pubblici ovviamente) per il finanziamento alle famiglie (bisognose?) che manderanno i figli alla scuola privata. Altra violazione dell’art.33 della nostra Costituzione.

·Inchiesta ONU sulla polizia per i fatti di Genova durante il G8 a luglio. I pubblici ministeri che indagano sulle violenze della polizia denunciano una scarsissima collaborazione delle forze dell’ordine (apertamente difese e coperte da Fini&Co.) nel fornire un album fotografico per il riconoscimento degli agenti coinvolti nei pestaggi della caserma di Bolzaneto. Foto piccole, vecchie e di nessuna utilità commentano gli avvocati del Genoa Social Forum. "Sono foto in cui una madre non riconoscerebbe il proprio figlio" commentano anche in procura.

L’avvocato Gamberini di Bologna si è rivolto alla commissione speciale dell’ONU che si occupa dei diritti umani, con un esposto sui fatti di Genova. La commissione l’ha ritenuto meritevole di approfondimenti, ha deciso di occuparsene e potrebbe giungere ad assumere dei provvedimenti nei confronti dell’Italia retrocedendola nella classifica mondiale del rispetto dei diritti. Un onore che, in ambito europeo è toccato solo alla Turchia.

Siamo sempre più fieri di essere Italiani!

·Il grande costruttore di gallerie, temporaneamente ministro per le infrastrutture, l’ing. Lunardi, propone l’innalzamento a 150 chilometri orari dei limiti di velocità sulle autostrade, aggiungendo, per chiarezza, che il limite "serve a garantire una maggiore fluidità sulle strade più congestionate dove dovremmo anche prevedere multe salate a chi viaggia a sinistra creando ingorghi". Un ingegnere davvero acutissimo e lungimirante. Invece di far rispettare i limiti attuali (più di 6000 morti sulle strade nel 2000 in cui la principale causa è proprio l’eccesso di velocità: fonte Polizia Stradale) pensa di aumentarli…insieme ai morti. Pensate che in alcuni paesi del nord Europa si sperimentano isole formate da quartieri residenziali con la riduzione del limite a 30 orari, realizzazione di piste ciclabili e rispetto per l’ambiente… ma… si sa, a noi italiani piace andare veloce.

·Sanità: tornano i ticket. La maggioranza del parlamento vota a favore della reintroduzione dei ticket sanitari (entrate dello Stato previste dalla finanziaria) per visite specialistiche e farmaci (aboliti la scorsa legislatura). Vengono ridotti i posti letto da 4,5 per mille abitanti a 4; vengono concessi poteri alle regioni per introdurre eventuali tasse sanitarie. In poche parole, si prospetta la creazione di 20 sistemi sanitari diversi…regioni di serie A e di serie B, magari anche serie C. Per quanto riguarda la carenza del personale infermieristico (solo in Lombardia ci vorrebbero almeno 8.000 infermieri in più), il governo propone agli infermieri in pensione di rientrare a lavorare e alza il tetto massimo di ore di straordinario settimanale a 49. Bene! Così, addio nuova occupazione e se ci ricoverano all’ospedale, sarà più facile che un infermiere stressato da troppe ore di lavoro ci mandi a quel paese quando abbiamo bisogno. Non era meglio risparmiare i 2.000 miliardi di spesa previsti nella finanziaria dal governo per la guerra (della quale agli italiani non frega nulla) e investire di più in salute (sicuramente agli italiani interessa di più) ?

·Il governo del nostro presidente operaio, su richiesta della Confindustria,vuole abolire l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori che prevede la giusta causa per i licenziamenti. Questo articolo stabilisce che in caso di licenziamento ingiustificato, se il lavoratore fa causa e la vince ha diritto al reintegro in azienda. La nuova proposta prevederebbe al massimo, sempre nel caso in cui il lavoratore vinca la causa, un risarcimento monetario ma non il ritorno sul posto di lavoro. Tutto ciò va contro l’art.30 capitolo IV del Trattato di Nizza dell’Unione Europea che non è una legge vincolante ma dà una indicazione precisa in termini di garanzia di una giusta causa per il licenziamento di un lavoratore. Inoltre, nel 2000 gli italiani hanno votato contro l’abolizione di tale articolo in un referendum proposto dai radicali, ricordate? I sindacati (non tutti) promettono battaglia. Speriamo bene.

·Istituzione di un mandato di arresto europeo. L’unione europea ha intenzione di creare un nuovo strumento giudiziario che permetterà il coordinamento su tutto il territorio dell’unione per la ricerca di persone che hanno commesso reati. La discussione in corso porterà a decidere per quali reati far valere il nuovo mandato di arresto. Non ci crederete ma l’Italia, nella veste del ministro dell’interno Claudio Scaiola, ha chiesto di escludere tra i reati, la corruzione e quelli connessi con illeciti finanziari come il falso in bilancio; strano? Non tanto…capiamo l’imbarazzo del ministro che senza questa richiesta indecente rischierebbe, prima o poi, di vedere il governo in manette. Manette europee, non quelle dei giudici milanesi "comunisti e giustizialisti".

·Cesare Previti, arcinoto extra - pluri - stra - indagato, sfruttando subito la nuova legge sulle rogatorie, voluta dal suo capo Silvio, chiede ai suoi legali di invalidare alcuni documenti provenienti dalla Svizzera riguardanti alcune delle infinite inchieste in cui è coinvolto.

·Il sottosegretario agli interni, avvocato Carlo Taormina, dichiara che i giudici milanesi dovrebbero essere arrestati per il loro abuso di potere esercitato durante le indagini su Cesare Previti e sul presidente del consiglio. La magistratura si difende e prepara un documento di protesta. L’opposizione parlamentare prepara una mozione di sfiducia per Taormina per la quale anche qualche partito della maggioranza (CCD), probabilmente scandalizzato dalle parole del sottosegretario, lascia libertà di voto ai suoi.

·Il governo vara un decreto di misure "contro il terrorismo" e contro la nostra libertà. Tale decreto dà pieni poteri al ministero dell’interno di far eseguire perquisizioni, intercettazioni telefoniche ed ambientali senza ricorrere all’autorità giudiziaria cioè senza la necessità di un mandato, senza un minimo di garanzia democratica. Sarà necessario un semplice sospetto, delle dichiarazioni… Dovremo stare attenti a quello che diciamo al telefono? a parlare troppo male del governo? o peggio a sostenere che la guerra non è giusta?… stiamo attenti a dire certe frasi "sovversive".

Nota di colore: anche l’Ulivo ha votato a favore di questo provvedimento… Mah? l’Ulivo non è all’opposizione?

·Il Parlamento Europeo vota una risoluzione contro i provvedimenti che l’Italia ha preso e che di fatto riducono la collaborazione giudiziaria internazionale. In sostanza il Parlamento di Strasburgo ha preso posizione contro la legge sulle rogatorie voluta da Berlusconi, Previti e dal resto della Banda Bassotti che ci governa. Non sarà che tutta l’Europa sia diventata improvvisamente comunista !?

·L’Italia decide di non mandare più le truppe in Afganistan. Il ministro degli esteri Ruggiero dice che sarebbe troppo pericoloso data la situazione di enorme confusione che regna nel paese asiatico. Se non fossero in gioco vite umane, verrebbe da dire: ora si va costi quel che costi! Davvero una bella dimostrazione di coerenza: dopo aver imbevuto gli Italiani di guerra giusta al terrorismo, patria, tricolore e altre chiacchiere retoriche ci accorgiamo che sarebbe pericoloso… figuracce a parte, siamo ben contenti di non partecipare ad una guerra che ai cittadini non frega assolutamente nulla. Le navi da guerra italiane rimangono comunque nel Mar Arabico (a fare solo bella mostra di sé) al costo di 71 miliardi di lire al mese…e poi la sanità costa troppo… Tutto sempre, ovviamente, sicuramente nell’interesse degli Italiani.

·Il governo si vendica dei magistrati. Il presidente del CCD (partito di governo), Marco Follini ammette che nella maggioranza c’è chi "coltiva sentimenti di vendetta". Un esempio: viene tolta la scorta al magistrato Ilda Boccassini, che dopo aver scoperto gli assassini di Giovanni Falcone rappresenta a Milano l’accusa nel processo toghe sporche. Nel frattempo il sottosegretario ai Beni culturali (non ci crederete ma è proprio Vittorio Sgarbi), un obiettivo a basso rischio, viene costantemente seguito da ben tre auto di uomini armati.

dicembre

·Il sottosegretario Carlo Taormina si dimette. Ormai era così scandaloso che anche parte del centro destra lo ha convinto Taormina ad andarsene per le sue dichiarazioni sprezzanti contro il lavoro della magistratura.

·L’Italia e sola in Europa contro tutti gli altri 14 stati dell’unione per proteggere Berlusconi e i suoi dalle inchieste della magistratura. Gli attacchi alla magistratura da parte del governo (ministro della "giustizia" Caselli) purtroppo continuano e addirittura l’Italia (l’unico paese dei 15 dell’Unione Europea) fa saltare l’accordo a Bruxelles sul mandato di arresto europeo. Il governo Italiano continua a non voler assolutamente includere nei reati, previsti dal mandato di arresto europeo, la corruzione, il riciclaggio e la frode fiscale (cioè alcune tra le attività principali dei nostri ministri). A nulla è valsa la telefonata che il premier belga, Verhofstadt ha fatto a Berlusconi per tentare di convincerlo. Il magistrato francese Jean De Maillard accusa il governo italiano de essere compiacente con il crimine e di mettere a repentaglio lo stato di diritto in Europa.

·Per la prima volta nella storia della repubblica, l’intera giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) si dimette. Il presidente della giunta Giuseppe Gennaro annuncia le dimissioni rispondendo in maniera clamorosa ai continui attacchi del governo alla magistratura.

·Il ministro della "giustizia", Roberto Castelli promuove una azione disciplinare contro Francesco Pinto, il sostituto procuratore genovese che criticò l’assalto alla scuola Diaz dopo il G8 e rilevò che il black block aveva agito indisturbato in diverse zone della città di Genova. Per quelle dichiarazioni riportate da Stampa e repubblica, il pm Pinto fu estromesso dall’inchiesta sul blitz della notte del 21 luglio al quartier generale del Genoa Social Forum.

·Il ministro della salute Sirchia propone una nuova normativa per i medici che consentirà loro di esercitare sia nel pubblico che nel privato; così i medici delle strutture pubbliche potranno approfittare della loro posizione per pubblicizzare e indirizzare i pazienti nei loro ambulatori privati… anche se non ne abbiamo bisogno.

Ci piacerebbe che il ministro cercasse di migliorare la sanità pubblica; infatti la logica di una sanità pubblica è che meno ci ammaliamo e meno lo stato spende, invece quella privata è che più ci ammaliamo e più i privati guadagnano… deducete voi le conseguenze… non è chiaro? Un esempio:

·Una inchiesta fatta in Svizzera, dove la sanità e in larga parte privata, è stato rilevato che i parenti e amici dei sanitari vengono sottoposti mediamente ad un numero di interventi chirurgici inferiore di un quarto del resto della popolazione… chiaro no? il bisturi bisogna pur farlo tagliare per guadagnare.

·Il senato dà il via a milioni metri cubi di cemento in opere pubbliche (molte inutili o devastanti per l’ambiente: vedi i lavori dei due tunnel del Gran Sasso - 1968/1987 - che hanno causato la perdita della metà delle sorgenti d’acqua nella zona) per circa 236.000 miliardi di lire, in 10 anni, volute fortemente dal ministro per le infrastrutture, Lunardi. Strano? Assolutamente no, se pensiamo che per esempio una azienda che realizzerà parte di queste opere (la Rocksoil), ha alcune cariche direttive intestate alla moglie e le due figlie del ministro. Ovviamente prima di diventare ministro, Lunardi era il titolare delle cariche direttive ma dopo, per risolvere il conflitto di interessi…, passa tutto a moglie e figlie. Tutto risolto.

·Il ministro Lunardi "compra" l’ANAS. Lunardi vuole cambiare il consiglio dell’Ente nazionale per le strade, eletto e in carica per cinque anni. Così il ministro offre al presidente del consiglio ANAS, Giuseppe D’Angiolino 2 miliardi e 500 milioni di lire (il doppio del suo stipendio di 5 anni) per andarsene e cedere il posto al compiacente Vincenzo Pozzi. Ovviamente i soldi sono dei contribuenti, non di Lunardi. Inoltre siccome la legge prevede che per guidare l’ANAS occorrono almeno 5 anni come amministratore (Pozzi ne ha solo uno) il ministro cambia il regolamento…ed ecco fatto!?

·Grazie alla legge Tremonti, le grandi aziende, potranno rinnovare il parco auto risparmiando centinaia di milioni di lire grazie al risparmio riservato a professionisti e dirigenti (sicuramente poveri e bisognosi) del 25 – 30%. Per una macchina da 50 milioni di lire si potranno risparmiare fino a 12 milioni e mezzo. Inoltre, un accordo prevede un sostegno di 900 miliardi di lire per gli autotrasportatori per riduzioni sul prezzo del gasolio e, peggio ancora, diminuzione dei periodi di divieto circolazione dei mezzi pesanti. Per metropolitane e tram restano gli spiccioli: 75 miliardi (il costo di qualche chilometro di metrò) per il 2002, 125 per il 2003 e 2004. Tutto nell’interesse dell’ambiente, e della nostra salute, ovviamente.

Un dato: In Svizzera il 50% del trasporto merci avviene su rotaia, in Svezia il 38% in Francia il 24% e in Italia solo un misero 9%… ogni commento sarebbe superfluo.

·La lega fa gli omaggi ai musulmani. In un comizio, il leghista Borghezio, rivolgendosi ai musulmani, testualmente afferma: "Marmaglia di bastardi, banda di cornuti, se non provvede la nuova legge, ci penseremo noi a prendervi per la barba e a buttarvi fuori a calci in culo".La platea (Dio li perdoni) lo acclama inneggiando insieme a lui alla "Padania Cristiana". Interviene anche il ministro della "giustizia" Castelli che spiega: "Se non mi fossi opposto al mandato di cattura europeo, avremmo corso il rischio di avere un vero e proprio reato d’opinione su razzismo e xenofobia. Tutti voi avreste rischiato d’essere arrestati da un qualsiasi magistrato europeo di sinistra, e vi assicuro che ce ne sono molti, solo perché siete qui a manifestare contro l’immigrazione clandestina".

A parte il linguaggio così elegante, curato ed equilibrato di alcuni personaggi, a nessuno viene in mente che magari qualche italiano o "padano" potrebbe non voler essere cristiano?

·EURO. Il governo bandisce una gara per creare e stampare milioni di opuscoli esplicativi riguardo la nuova moneta, da distribuire alla cittadinanza. Alla gara (forse non lo sapeva nessuno?) si presenta una sola azienda: la Mondadori alla quale viene affidato l’appalto per circa due miliardi di lire. Strano? assolutamente no. La Mondadori è di proprietà della famiglia Berlusconi quindi il cavaliere prima tira fuori i soldi (nella veste di Silvio Berlusconi, capo del governo), poi passa dall’altra parte del bancone, e ritira la somma (nella veste di… Silvio Berlusconi)… chiaro? Chiarissimo.

·Berlusconi finalmente, accetta le regole europee sulla giustizia. A conti fatti, il governo italiano ha dovuto accettare quello che appena quattro giorni prima a Bruxelles, rifiutava. Ha strappato una concessione solo sui tempi: entro il 2003 e solo dopo che il parlamento "armonizzi" il nostro sistema giudiziario con quello europeo. In sostanza il governo vorrebbe cambiare la costituzione in materia gi giustizia; non sono ancora chiare le modifiche che si vorrebbe fare… per ora si parla solo di cambiamento dell’art.26 della Costituzione che afferma: "L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.". Chissà cosa vorranno mai cambiare…?

·Voto di scambio, 44 arresti. Tra le persone accusate ci sarebbe anche il deputato di Alleanza Nazionale Basilio Catanoso, membro della Commissione parlamentare antimafia (pensate un po’). Catanoso ha annunciato che si autosospenderà, in via cautelativa, dalla Commissione parlamentare antimafia.

·Finalmente la tanto agognata riforma fiscale del ministro Giulio Tremonti che elimina mille tasse e balzelli; vediamo come funziona. Sono state eliminate diverse fasce, cioè adesso ci sarà una grossa fascia da 0 a 197 milioni di lire annue (100.000 Euro) dove per il fisco sono uguali (tutti insieme… poveri, meno poveri, benestanti e quasi ricchi) e pagheranno la stessa percentuale di tasse (aumentata per tutti al 23% di aliquota Irpef) poi gli altri sopra i 197 milioni (i ricchi, solo il 5% della popolazione) pagheranno appena il 33% (con una diminuzione di 10% rispetto ad oggi… i ricchi ringraziano). Inoltre la tassa a carico delle imprese (Irap) andrà progressivamente scomparendo… anche le imprese ringraziano. Tutto ciò in palese violazione dell’art.53 della Costituzione che dice:"Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività". Lo Stato avrà circa 45.000 miliardi di lire di entrate in meno quindi… sanità, pensioni, scuole di qualità… solo a chi pagherà. Cosa possiamo dire…? … Probabilmente, il ministro Tremonti ha letto la storia di Robin Hood tenendo il libro sottosopra!!!

·Pensioni privatizzate. Il governo chiede la delega per abolire il TFR (trattamento di fine rapporto) cioè la liquidazione che i lavoratori ricevono alla fine del rapporto di lavoro. Le pensioni di anzianità così come le conosciamo adesso non esisteranno più. I lavoratori non riceveranno più i soldi della pensione statale e neanche la liquidazione che verrà accantonata (per legge) nei Fondi Pensione (privati, ovviamente). I sindacati e le piccole imprese sono contrari, infatti le aziende non potranno trattenere i soldi della liquidazione fino alla fine del rapporto di lavoro del dipendente ma dovranno alimentare i fondi. Bel colpo! Verrebbe da dire… beato chi è già anziano e la pensione statale la prende!

·Tagli alla scuola. Approvato anche l’articolo della legge finanziaria che consentirà un riduzione del personale docente nelle scuole. Primo effetto: Non sarà garantito l’insegnamento dell’inglese su tutto il territorio nazionale alle elementari. Quanto all’educazione fisica e all’informatica non se ne parla.

Ricordate la campagna elettorale? "le tre i , Internet, Inglese, Impresa"… così, con l’inglese e l’informatica, saltano le prime due " i " del Berlusconi pensiero. Resta salda l’impresa: a lezioni di ginnastica si andrà il pomeriggio e dietro pagamento.

…continuando a resistere,

che dire?…

…evidentemente l’apparenza non ingannava.

Tanti auguri per il nuovo anno…

…ne abbiamo davvero bisogno.

C’è chi, come D’Alema, sostiene di no; e forse ha ragione, se si considera il grande potenziale di democrazia che c’è nelle piazze (avete notate come il luogo topico della democrazia, la piazza, sia diventata nel linguaggio della destra un termine peggiorativo?) e nelle istituzioni. C’è chi, come i molti partecipanti ai “girotondi”, pensa di si; e forse hanno ragione anche loro, se si riflette sul breve testo che mi è pervenuto da un frequentatore del mio sito, che riporto qui di seguito. È un testo che comunque è utile per aver presente quale sia l’orizzonte verso il quale il “sistema Italia” è avviato. Forse il regime non c’è oggi, ma certo la direzione di marcia; e il nostro futuro, se non lavoriamo perché alle prossime elezioni il potere cambi di segno.

RIFLESSIONI DI UN ABITANTE DEL PAESE DI OZ (O DI AZZ? MAH NON RICORDO)

Salve, mi chiamo A. vivo a Milano 2, in un palazzo costruito dal Presidente del Consiglio.

Lavoro a Milano, in un'azienda di cui è azionista principale il Presidente del Consiglio.

Anche l'assicurazione dell'auto con cui mi reco al lavoro è del Presidente del Consiglio.

Mi fermo tutte le mattine a comprare il giornale, un giornale di cui è proprietario il Presidente del Consiglio.

Al pomeriggio, esco dal lavoro e vado a far spesa in un supermercato del Presidente del Consiglio, dove compro prodotti realizzati da aziende del Presidente del Consiglio.

Alla sera, quasi sempre guardo le TV del Presidente del Consiglio, dove i film (spesso prodotti dal Presidente del Consiglio) sono continuamente interrotti da spot realizzati dall'agenzia pubblicitaria del Presidente del Consiglio.

Allora mi stufo e vado a navigare un po' in internet con il provider del Presidente del Consiglio.

Soprattutto, guardo i risultati delle partite, perché faccio il tifo per la squadra del Presidente del Consiglio.

Una volta a settimana, più o meno, vado al cinema, nella catena del Presidente del Consiglio, anche lì vedo un film prodotto dal Presidente del Consiglio, e gli spot iniziali sono realizzati dall'agenzia del Presidente del Consiglio. La domenica rimango a casa, leggendo un libro, la cui casa editrice è di proprietà del Presidente del Consiglio.

Naturalmente, giustamente, come in tutti i paesi democratici anche in Italia è il Presidente del Consiglio che fa le leggi, che vengono approvate da un parlamento dove la maggioranza è saldamente in mano al Presidente del Consiglio.

Che ovviamente governa nel mio esclusivo interesse.

Il decreto che sblocca le centrali, annulla la pianificazione territoriale e mortifica la valutazione ambientale

Il così detto "decreto sblocca centrali", il DL 7/2002 pubblicato il 9 febbraio 2002, contiene alcuni interessanti e drammatici elementi che fanno parte - presumibilmente - del disegno di sistematica eliminazione della pianificazione e della programmazione territoriale che l'attuale Governo della Repubblica sta scientificamente perpetrando, e inflazionano ulteriormente il processo di federalismo - così tanto sbandierato - e di sussidiarietà, riducendo le Regioni e gli Enti Locali a meri vassalli del principe.

S'intitola "misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale" e ha due soli articoli, eversivi e dirompenti. Rassicura gli italiani circa le soluzioni che "urgentemente" il principe sta adottando per garantire a tutti la luce necessaria e l'energia sufficiente almeno per tenere accese le sue tv. Si dice insomma (ma sarà vero?) che in Italia c'è un grave pericolo di restare senza elettricità e perciò, dal 9 febbraio 2002, chiunque voglia costruire una centrale elettrica può direttamente chiederlo al ministro per le Attività Produttive (a proposito, chi è? ma soprattutto dov'è?), il quale con gran celerità - al massimo 180 giorni (comma 2) - darà un assenso che scioglierà qualsiasi "laccio e lacciuolo", garantendo, in men che non si dica, la cantierabilità. Con questa "autorizzazione unica" infatti, il Ministro dichiara la pubblica utilità dell'opera e "sostituisce autorizzazioni, concessioni, ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti" (articolo 1, comma 1); ciò significa che essa - l'autorizzazione unica - "ha effetto di variante degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale" (comma 3) e "fino al 31 dicembre 2003 sospende l'efficacia dell'allegato IV del DPCM 27 dicembre 1988 [istitutivo dello studio di compatibilità ambientale di alcune opere, tra cui anche le centrali elettriche, ndr]", assieme alla sospensione dell'efficacia di altre norme per la tutela e la prevenzione ambientale (commi 2 e 5).

Con un solo articolo quindi si afferma che la pianificazione territoriale e urbanistica è inutile, e che in ragione dell'utilità pubblica delle centrali elettriche private, essa si può tranquillamente surrogare. Come se non bastasse, pure la procedura di Valutazione d'Impatto Ambientale viene martoriata - sebbene già moribonda - attribuendo la titolarità unica di "valutatore" al Cipe - organo di programmazione economica composto dai ministri del governo - esattamente come avviene per le opere ritenute strategiche dalla legge obiettivo (legge 443/2001), di cui questo decreto rappresenta un'oggettiva e preoccupante estensione (quali altre opere saranno in futuro strategiche e potranno godere dell'esenzione da qualsiasi regola?). Tutto ciò avviene in assenza di programmazione energetica, poiché non è dato conoscere il Programma Energetico Nazionale, e - semmai esistessero - i programmi energetici regionali, a questo punto, sono inutili: il privato cittadino industriale dell'energia può ora recarsi direttamente dal principe e assolvere in quella sede ogni atto.

Agli enti locali è riservata certo un funzione, vanno cioè "sentiti" (comma 3), in quanto secondo la pirotecnica procedura di surroga della strumentazione urbanistica dovranno in qualche modo adottare "l'autorizzazione unica", che implica la variazione al Piano. Ma è oscuro anche il futuro degli strumenti sovraordinati al Piano Comunale, e le competenze degli enti preposti alla loro redazione. Non si capisce infatti se e come questa autorizzazione varierà anche i Piani Paesistici, quelli dei Parchi, di Bacino, i Piani per il Dissesto Idrogeologico ecc. Staremo a vedere, sperando di non contare morti o feriti.

Ma dopo il danno anche la beffa: se a qualcuno, leggendo il termine "pubblica utilità" - motore di questo decreto - venisse alla mente la legge sugli espropri, non abbia di che preoccuparsi, perché la similitudine è del tutto azzeccata. Infatti questo decreto s'ispira a una fattispecie contemplata dall'articolo 12 del Testo Unico sugli espropri. Con un'interpretazione che ribalta la logica naturale delle cose, il legislatore ha inteso che la "pubblica utilità" può derivare da un'autorizzazione che al fine di garantire l'energia alla collettività, favorisca con "urgenza" le casse dei privati. Insomma, il fine giustifica i mezzi. E il principe sorride.

La proposta di legge alla Camera.

OGGI le cose vanno così. Per trasferire un processo dalla sede naturale a un altro diverso giudice (ipotizziamo il processo a Berlusconi e Previti da Milano a Brescia) bisogna che l' autonomia morale dei protagonisti (giudici, parti, testimoni...) sia «pregiudicata da gravi situazioni locali, non altrimenti eliminabili, tali da turbarne lo svolgimento». Franco Cordero ha spiegato da queste colonne (Repubblica, 26 marzo 2002) che, per la «rimessione» (il termine tecnico del trasferimento), «occorre la prova d' effetti perturbanti da fuori, tali che quel processo risulti patologicamente anomalo». Dunque, «non bastano i sospetti». Non è sufficiente la diffidenza o il dubbio. E' necessario che il pregiudizio sia documentato; che la «grave situazione locale» sia provata; che non ci siano infine altre strade per eliminare quella maligna influenza sul giudizio. Come se fosse consapevole del rilievo, la Casa delle libertà è già all' opera per modificare quelle regole. Non solo la rimessione ma anche i benefici delle attenuanti per gli incensurati o per coloro che hanno compiuto sessantacinque anni.

Cinque giorni prima della pubblica riflessione di Franco Cordero, la Casa della Libertà ha mosso l' iter legislativo per correggere la norma sfavorevole al desiderio del presidente del Consiglio e del suo sodale Previti di non essere giudicati a Milano, dove sono imputati di corruzione in atti giudiziari. Il 21 marzo, in commissione Giustizia della Camera presieduta da Gaetano Pecorella (avvocato del premier), l' onorevole Giancarlo Pittelli (Forza Italia) ha illustrato la proposta di legge n.1225 avanzata per iniziativa di dieci deputati: due di Forza Italia (Patria e Zanettin), tre di Alleanza nazionale (Anedda, Alboni, Cola), tre del Ccd (D' Alia, Mazzoni, Tanzilli), due della Lega Nord (Lussana, F. Martini).

La proposta - che in 44 articoli modifica, all' ingrosso e alla rinfusa, il codice di procedura penale e il codice penale - riforma integralmente le condizioni della «rimessione» adeguate a "delocalizzare" un processo. Il nuovo articolo 45 del codice di procedura penale prevede che anche soltanto il «sospetto» può giustificare il trasferimento del giudizio perché, a parere della maggioranza, il «legittimo sospetto» ha già di per sé un effetto inquinante capace di alterare l' evento giudiziario. In questo caso, la Corte di Cassazione deve rimettere il processo ad altro giudice. La norma, se approvata, andrebbe rubricata tra le leggi «di interesse privato» varate dal Parlamento per cavare al capo del governo le castagne dal fuoco di Milano. Come già è avvenuto in passato, per la riforma del falso in bilancio e le correzioni sulle rogatorie internazionali.

Purtroppo, nella proposta di legge della maggioranza non c' è soltanto la riscrittura della «rimessione». C' è dell' altro, c' è di peggio. C' è un altro articolo della «legge Anedda» (così chiamano la proposta n.1225) che sembra tagliato a misura per i due illustri protagonisti dei processi milanesi. L' articolo 40 riforma, infatti, il regime delle «attenuanti generiche», cioè degli elementi che possono operare a favore del reo. «Il giudice - si legge nella proposta di legge - diminuisce sempre la pena quando l' imputato è incensurato o ha superato il 65° anno di età... Il giudice deve applicare le circostanze attenuanti e considerarle prevalenti rispetto alle eventuali circostanze aggravanti, ogniqualvolta, per effetto della diminuzione della pena, il reato risulti estinto per prescrizione». Incensurato. Sessantacinque anni di età. Prescrizione a un passo. Tre condizioni che disegnano la condizione degli imputati Silvio Berlusconi e Cesare Previti come anche dei coimputati in toga, Renato Squillante e Filippo Verde, o senza toga, Attilio Pacifico. Al di là dell' attenzione legislativa alle preoccupazioni giudiziarie del capo del governo e del suo sodale, la «legge Anedda» stravolge al cuore il processo penale, la condizione di «libero cittadino» del giudice, la sua funzione nell' ordinamento giudiziario. La proposta di legge svela innanzi tutto una granitica diffidenza per la magistratura, il robusto sospetto che quel corpo collettivo non possa essere mai davvero imparziale. Ha sempre un interesse da difendere, un avversario da colpire, un potere da ribadire. Da qui, la volontà di affiancargli, come sostiene la relazione di Giancarlo Pittelli, «il popolo».

Interi titoli del codice penale saranno di competenza della corte d' assise dove accanto ai togati ci sono i giudici popolari. La corte d' assise oggi giudica «ogni delitto doloso, se dal fatto è derivata la morte di una o più persone», i reati che prevedono pene dai 24 anni di carcere all' ergastolo, l' omicidio, la strage. Negli auspici della maggioranza, la corte d' assise deciderà domani dei delitti contro la pubblica amministrazione (dal peculato alla corruzione); contro l' ordine pubblico; contro l' incolumità pubblica; contro il matrimonio; contro la morale familiare e, infine, dei delitti contro l' attività giudiziaria che vedono i magistrati come imputati o parte lesa.

Sei giudici popolari e due togati (spesso in luogo del giudice monocratico) si ritroveranno a giudicare la quasi totalità dei reati, anche i minuscoli. Per fare qualche esempio: resistenza a pubblico ufficiale, violazione dei sigilli, omessa denuncia (pena prevista dai 30 ai 500 euro), somministrazione colposa di elementi nocivi, favoreggiamento. Le "necessità" di questa riforma, che rinuncia definitivamente alla rapidità del giudizio, sembrano nascondersi altrove. In due "passaggi" che la maggioranza spiega così: «Alla fine di rinvigorire i principi stabiliti dall' articolo 101 («La giustizia è amministrata in nome del popolo») e 102, terzo comma, della Costituzione («La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all' amministrazione della giustizia») si propone l' ampliamento della competenza della corte d' assise. Tra i vari delitti che vengano attribuiti a questo organo, sono inseriti quella contro la pubblica amministrazione e quelli in cui sono coinvolti, a vario titolo, i magistrati». E' «il popolo» dunque che deve decidere e assolvere o condannare i corrotti e i corruttori; che ha il diritto di vagliare le responsabilità dei magistrati o i loro diritti, nel caso siano stati lesi.

Ecco le ragioni: «Considerate le vaste proporzioni raggiunte, negli ultimi anni, dalla criminalità amministrativa, si è reso necessario attribuire l' accertamento del buon andamento della pubblica amministrazione a un giudice che assicuri una decisione direttamente attribuibile al popolo. Analoghe considerazioni valgono per l' attribuzione alla corte d' assise dei reati commessi dai magistrati. Quanto ai delitti che coinvolgono individui appartenenti all' ordine giudiziario, nella veste di persone offese o danneggiate, la competenza della "corte popolare" si giustifica con l' esigenza di dissipare qualsiasi sospetto di agevolazione corporativistica, che potrebbe derivare dalla decisione emessa da un giudice nei confronti di un suo collega». Un magistratura ostile al potere politico per pregiudizio o ideologia. Un corpo collettivo che, per legge, deve essere contenuto, accerchiato, controllato, nel caso minacciato. Pare questo l' obiettivo di altri due articoli della «legge Anedda». L' articolo 3 obbliga il giudice ad «astenersi» (rinunciare ad occuparsi di un affare, penale civile o amministrativo che sia) «se esistono ragioni di convenienza determinate da comportamenti o manifestazioni di pensiero o da adesione a movimenti o associazioni che determinano fondato sospetto di recare pregiudizio all' imparzialità del giudice». Come dire che, approvata la legge, sarà arduo e grave per un magistrato scrivere un articolo su un giornale, partecipare ad una manifestazione pubblica, aderire al Rotary, a Magistratura democratica e forse anche all' Associazione magistrati se l' Associazione magistrati dissente dalle opinioni del governo, di un deputato o solleva qualche obiezione a una risoluzione del Parlamento. Ancora più esplicito, in questo intento "punitivo", l' articolo 44 che introduce nel codice penale un nuovo reato, l' «abuso d' ufficio in atti giudiziari» che curiosamente deforma gli abituali motivi per l' impugnazione di una sentenza in "fatto criminale". Guai per la toga che vi incappa. Genericissimo nella definizione (l' abuso d' ufficio per i pubblici ufficiali è stato di fatto soppresso), il reato novissimo prevede per i magistrati pene severissime. Dai due ai sei anni di carcere. Se dal fatto deriva, per l' imputato, un' ingiusta condanna non superiore ai cinque anni, la pena della reclusione per il magistrato può arrivare a dieci anni. Se poi l' ingiusta condanna supera i cinque anni, il magistrato potrà essere condannato anche alla pena di diciotto anni. Come fosse un mafioso, un sequestratore, il complice di un assassino.

Caro direttore, converrebbe approfittare della pausa ferragostana, ora che gli esercizi muscolari si sono conclusi e in attesa che ricomincino quelli autunnali, per usare la logica, che è pratica mentale fredda e distaccata, e per ciò in Italia sempre poco popolare. E la logica, di fronte all´infuriare delle confusioni e dei veti reciproci, impone di fissare alcuni punti preliminari. Dunque, la prima domanda è: possono un governo e una maggioranza parlamentare legittimamente investiti compiere azioni e decidere scelte palesemente illegali? La risposta è: sicuramente sì.

Esempio (non del tutto immaginario): potrebbero decidere legittimamente, e cioè a colpi di leggi, di limitare o addirittura sopprimere le manifestazioni di piazza, con la pretesa magari non palesemente infondata, di garantire l´ordine pubblico e di evitare rischi ai cittadini (le opposizioni, certo, griderebbero all´incostituzionalità - ma non è appunto lo sforamento continuo della "costituzionalità" da parte della "legalità" ciò cui sempre più si assiste da un anno a questa parte nel mondo occidentale?).

Seconda domanda: tutto ciò che un governo e una maggioranza decidono legittimamente, cioè secondo le regole, è legale? La risposta è: evidentemente no. La storia del Novecento è piena di governi e di parlamenti, del tutto legittimamente investiti, che hanno deliberato legittimamente, ossia secondo le regole, forti limitazioni e in taluni casi persino la soppressione delle regole democratiche, quelle stesse, appunto, sulle quali si erano fondati originariamente la loro legittimazione e il loro stesso modo di procedere.

Fra questo sì e questo no - che, naturalmente, come in tutte le procedure logiche hanno alle due estremità due, per l´appunto, casi estremi - si stende la gamma infinita delle possibilità, delle scelte di governo e di maggioranza, per cui la democrazia e la giustizia, oltre che brutalmente soppresse dall´esterno, possono essere limitate, ridotte, snaturate, mortificate e in pratica rese inoperanti anche mediante metodi democratici.

Fra questo sì e questo no ha oscillato, anche, il pratico comportamento del governo italiano e della maggioranza che lo sostiene dal giorno in cui, nel maggio 2001, l´investitura popolare ha conferito loro piena legittimità secondo le leggi vigenti: essi, cioè, hanno assai frequentemente utilizzato i meccanismi democratici per un´azione che potrebbe tecnicamente definirsi, più che riformatrice, eversiva dell´ordinamento giuridico esistente, in più punti, direi, ma su di uno in modo particolare (o almeno in modo più vistoso), che è quello per cui le leggi non si fanno mai per giovare a uno solo (o al massimo due) ma all´intera collettività. La questione, dunque, mi permetto di ricordarlo, non è solo procedurale ma di sostanza (altrimenti, corriamo il rischio che, con il più corretto e vasellinato uso delle regole, si arrivi a un capovolgimento radicale senza che neanche ce ne accorgiamo).

Di questi modi di procedere ce n´è ormai una catena, ma fermiamo un momento l´attenzione, caro direttore, sul caso ultimo e più bruciante, che è quello del cosiddetto "legittimo sospetto". A parte le perplessità che si possono in generale nutrire nei confronti di questo singolare concetto giuridico (se è "legittimo" come fa ad essere "sospetto"? e se è "sospetto" come fa ad essere "legittimo"? io, da ignaro, pensavo che i codici si fondassero sulle "ragionevoli certezze", altrimenti "dubbio" e "soggettività" potrebbero pervadere ogni comportamento giudiziario, con quali effetti si può immaginare), esiste ormai la provata certezza che la legge in gestazione serve fondamentalmente a salvare il presidente del Consiglio S.B. e il suo compagno di giochi e svaghi estivi P. dalle conseguenze del processo di Milano. La scansione temporale degli eventi e la necessità assoluta che la Camera dei deputati finisca il suo lavoro prima che i giudici milanesi finiscano il loro lo provano ormai con evidenza inconfutabile. Del resto, molti esponenti della Casa delle libertà lo hanno detto più volte apertamente, persino con il piglio ilare ed energetico di chi non ha né timore né pudore di andare all´offensiva: occorre salvare il premier, e conseguentemente il suo presunto complice dalla persecuzione politica delle "toghe rosse", ora, a proposito del "legittimo sospetto", ma in futuro e per sempre (tanto per mettere le mani avanti), a proposito di qualsiasi consimile legge.

È incalcolabile il vulnus che in questo modo viene operato a tutti i livelli istituzionali e in tutti i settori dell´opinione pubblica. Se infatti venisse revocato in giudizio il principio dell´imparzialità dei giudici - che in linea di principio, appunto, può anche esser considerato una finzione, ma una di quelle finzioni, che consentono al nostro sistema di sopravvivere - ne sortirebbe un effetto a catena devastante e si potrebbe revocare in giudizio da parte di chiunque qualsiasi principio d´imparzialità istituzionale, da quella del presidente della Repubblica a quella dei due presidenti delle Camere a quella dello stesso presidente del Consiglio a quella di ogni professore, poliziotto, medico della Asl, insegnante, vigile urbano, piccolo burocrate di Stato - e il sistema non potrebbe che sfasciarsi e cadere. Tutti parziali politicamente e personalmente - dunque tutti "legittimamente sospetti" - e dunque tutti allo stesso modo, alla luce dell´interesse personale di chi di volta in volta li giudica, ricusabili in ogni istante e in ogni segmento della vita pubblica nazionale.

Di questo processo, che è in atto, mi colpiscono tuttavia, caro direttore, non tanto il comportamento e il destino personali delle parti più direttamente in causa, e cioè il presidente del Consiglio S. B. e l´amico P., che bene o male, si difendono come sanno e come possono, ma l´adesione totale, massiccia, appassionata e persino, direi, entusiastica dei parlamentari della Casa delle libertà ad una causa come questa, - parlamentari che, per tornare alle mie premesse, senza esitare un istante, rispondono unanimemente e infallibilmente "sì" laddove bisognerebbe rispondere "no" e "no" laddove bisognerebbe rispondere "sì". Com´è possibile che, a favore di questa estrema, abnorme, mai vista "personalizzazione" e "soggettivizzazione" del diritto - con tutti gli effetti giuridici e comportamentali perversi che, a cascata, ricadono sull´intera comunità nazionale - si schierino, non solo i componenti di quel Partito-Azienda, di cui S.B. è al tempo stesso Capo e Padrone, e non solo i rappresentanti di formazioni il cui obiettivo strategico dichiarato è la dissoluzione (in senso proprio) dell´organismo politico-istituzionale nazionale, ma anche gli esponenti di una tradizione politico-culturale, che ha sempre privilegiato, nel bene come nel male, l´autorità e la dignità, anche molto coercitive al caso, dello Stato, e quelli di un´esperienza politico-culturale di stampo liberaldemocratico, che ha le sue radici, come la nostra, nella Costituzione? Se questo si verifica - ed è ciò che si verifica - significa, non che qualcosa sta per avvenire, ma che qualcosa è già avvenuto.

Chiedo, caro direttore, di riflettere di più su questo punto: è già radicalmente cambiata, rispetto alla tradizione parlamentare italiana, e, quel che è peggio, senza nessun esplicito riassetto istituzionale, la natura del rapporto che lega il premier allo schieramento maggioritario che lo sostiene.

Se il centro-sinistra non ha un leader, il centro-destra ne ha uno che lo possiede integralmente e ne fa ciò che vuole. Vale la pena di rammentare che nel maggio 2001 gli italiani non hanno votato un presidente del Consiglio, ma uno schieramento di partiti che lo sosteneva, tuttavia senza vincoli obbliganti per il Parlamento a venire. Oggi la forzatura politico-istituzionale è diventata clamorosa: si è creato un vincolo indissolubile, e a partire dalle materie più scivolose (e anche questo è un dato estremamente significativo: litigano su tutto, meno che sulle leggi salva-presidente), fra le sorti della maggioranza e quelle, non solo politiche, ma personali, e persino giudiziarie, del premier, figura dunque non più "remissibile" parlamentarmente, neanche di fronte al più clamoroso dei "legittimi sospetti".

Anche in questo caso funziona perfettamente la prova a contrario. Niente, infatti, impedirebbe che, stante la legge vigente, la Casa delle libertà doppiasse brillantemente il Capo Horn della giustizia e del conflitto d´interessi, investendo della presidenza del Consiglio un altro dei suoi più autorevoli rappresentanti. Non dovrei dirlo (ma lo dico ugualmente, perché penso che le derive catastrofiche non servano a interessi che possono ben dirsi nazionali), ma se lo facesse il centro-sinistra, che passa attraverso questa bufera "resistendo", ma in perdurante crisi di progetto e di leadership (il movimento non sostituisce mai né la riflessione né l´azione), perderebbe in questo momento il novanta per cento dei suoi argomenti migliori. Se non lo fa, è perché non può. Già oggi, infatti, l´Italia non è più una Repubblica parlamentare, ma un ibrido politico-costituzionale, in cui alla legittimazione popolare originaria si sovrappone, fin quasi a cancellarla, l´assoluto dominio, anzi, l´indiscutibile e indiscusso «possesso» della propria maggioranza da parte del premier in carica, il quale dunque dev´essere salvato ad ogni costo perché ne va dell´intera esperienza - e questo i suoi protagonisti, checché ne pensino in interiore homine, non sono più disponibili ad accettarlo in nome di un principio astratto, che è - pensi un po´, caro direttore - la salvaguardia dello Stato di diritto (da rimettere al posto della salvaguardia del presidente).

Se c´è una logica anche in politica, l´unica ricaduta possibile di questo stato di cose è, in prospettiva non lontana, la traduzione in termini anche formali e organizzativi di quel che, anche in questo caso, già c´è, e cioè il partito unico del centro-destra (con l´esclusione, forse, dei "lumbard", i quali fanno meglio il loro lavoro restando fuori). Si realizzerebbe così la perfetta quadratura del cerchio tra presidenza del Consiglio - maggioranza parlamentare - in prospettiva presidenza della Repubblica - e paese (considerato tuttavia ormai come il mero destinatario del messaggio presidenziale), creando, insieme con altre cosette marginali, come un´enorme ricchezza personale e il controllo di tutti i più importanti media, una potenza politico-economico-giuridico-giudiziaria pressoché illimitata e del tutto incontrollabile.

Per tornare alle battute iniziali: era proprio questo che il popolo italiano, e persino i potentati economici, volevano, votando S.B. e Casa delle libertà nel maggio 2001? È proprio questo che vogliono ora tutti i rappresentanti della Casa delle libertà nel Parlamento e nelle istituzioni? Queste sono le domande che i saggi, i prudenti e gli onesti uomini, fitti oggi come non mai, ci suggeriscono di aspettare a porre nel momento in cui sia diventato perfettamente inutile farlo.

IL GIUDICE à la carte non è previsto dalla nostra Costituzione. Anzi, vi domina severa la formula dell’art. 25 «nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge». Nessuno può essere sottratto al «suo» giudice per arbitrio di potere pubblico. E, certo, a maggior ragione, nessuno può sottrarsi a esso per arbitrio privato. Questa è la regola, poi ci sono le eccezioni: che, come tutte le eccezioni non possono essere allungate né allargate ad altri casi. Sono perciò racchiuse in formule tassative. Chi scorre gli articoli da 34 a 49 del nostro Codice di procedura penale si accorge facilmente che quelle deroghe al principio costituzionale del «giudice naturale» (cioè fissato una volta, per sempre e per tutti, dalla legge) sono deroghe «strette».

Incompatibilità, astensione, rifiuto dei giudici e trasferimento dei processi a giudici diversi da quello «naturale» sono perciò ipotesi regolate da una casistica minuta che non lascia spazio ad abusi di autorità né a espedienti di imputati.

Ma queste eccezioni alla norma processuale non sono costruite così da sempre. Lo sono da quando, nel 1988, il Codice di procedura penale è stato adeguato alla Costituzione repubblicana. Prima le maglie erano più larghe e più elastiche. Il trasferimento dei processi ad altri giudici - per venire all’ipotesi che è di attualità - poteva infatti effettuarsi semplicemente per «legittimo sospetto» di non imparzialità del giudice, o per motivi di «ordine pubblico».

Quando si pose mano al nuovo Codice, la genericità di quelle formule coincideva con la loro pericolosità. Il Parlamento dette perciò delega al Governo di emanare norme che, prevedendo, come criterio direttivo, le due ipotesi di trasferimento processuale («ordine pubblico» e «legittimo sospetto») le specificassero in norme di dettaglio. Si metteva in moto così un normale procedimento di delega legislativa, con la dualità dei compiti prevista dall’art. 76 della Costituzione. Al Parlamento, la determinazione dei «criteri direttivi»; al Governo, il compito di «attuare» legislativamente quei criteri.

Quella volta però, ed era la prima volta nella storia costituzionale nostra, quel procedimento duale fu più garantito del solito. Si stabilì, infatti, un dialogo assai fitto tra la Commissione che il governo aveva incaricato di attuare la delega e la Commissione parlamentare che doveva controllare l’aderenza delle norme di attuazione alla legge di delega. La prima Commissione era presieduta da Giandomenico Pisapia, la seconda da Marcello Gallo. E per ben due volte la Commissione bicamerale dette, con una densa reiterazione di controllo, parere favorevole, di conformità alla delega, sulle norme scritte dalla Commissione governativa.

Quando quelle due Commissioni giunsero al punto di dare attuazione ai due «criteri» tradizionali di trasferimento processuale (motivi di «ordine pubblico» e di «legittimo sospetto») si trovarono concordi sulla necessità di legare le due formule ballerine a un fatto oggettivo. Questo ormeggio è individuato dall’art. 45 del Codice vigente in «gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili». È da queste «gravi situazioni locali» che possono essere «pregiudicate» sia la «sicurezza o l’incolumità pubblica» (ecco il criterio dell’«ordine pubblico») sia «la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo» (ecco il criterio di «legittimo sospetto» ).

In buona sostanza, la fredda interpretazione di quella concreta delega legislativa ci dice che il criterio direttivo «legittimo sospetto» non è stato omesso. Esso è stato svolto, specificato, dettagliato nella formula delegata.

Giuridicamente, non sono scomparse quelle due parole. Ma sono state incorporate, per attuazione, nella formula che definitivamente è scritta nel Codice. Così come la nozione di «ordine pubblico» non è scomparsa, ma è stata specificata nelle due oggettive situazioni di pericolo per la «sicurezza» e la «incolumità pubblica».

Testimonia Marcello Gallo sul Sole 24 Ore: «Avevamo due possibilità. Intendere la formula «legittimo sospetto» come una clausola generale onnicomprensiva di ogni e qualunque motivo di legittimo sospetto. Oppure enucleare i casi nei quali la giurisprudenza aveva ravvisato, in modo sostanzialmente unanime, il fondato motivo di «legittimo sospetto». Scelsero, a ragion veduta, la seconda possibilità di attuazione della delega. E anche da questa testimonianza si capisce che come la specie non cancella il genere, così la formula di delegazione è stata, com’è naturale, assorbita in quella delegata: e questa va dunque interpretata alla luce di quel criterio.

Sul punto, la Cassazione ebbe allora dei dubbi. Ma furono respinti perché si ritenne, come è scritto nella relazione al Progetto di codice, «che la formulazione adottata recuperasse integralmente ed espressamente tutti i criteri elaborati dalla giurisprudenza» nell’interpretazione del legittimo sospetto. Su quei dubbi la Cassazione è però tornata il 22 maggio scorso, e si è di nuovo chiesta se la norma delegata non dovesse testualmente ripetere nella sua formulazione il criterio direttivo: e non semplicemente attuarlo. La Cassazione ha però preferito passare alla Corte costituzionale la questione, per un chiarimento definitivo del rapporto tra le due norme. Che, a ben vedere, è anche il rapporto tra i due diversi ruoli istituzionali di Parlamento e Governo, fissati nell’art. 76 della Costituzione. Una comprensibile, e legittima, applicazione del principio di precauzione.

Su questa cautela si è infilato, come saldo estivo della sessione parlamentare, il progetto di legge della maggioranza. Che tenta di ripristinare, in tutta la sua straordinaria ampiezza e genericità, il «legittimo sospetto». Non più dunque oggettivato in rischio effettivo alla libera determinazione dei giudici, causato da «gravi situazioni locali». Ma inteso come causa autonoma, affidata al vento degli arbitri pubblici e privati, in «uno spazio autonomo di discrezionalità incontrollata», non più suscettibile di oggettivi ancoraggi.

Un progetto così concepito conduce diritto a risultati devianti dalla correttezza costituzionale. Perché interponendosi tra un giudice e l’altro (Cassazione e Corte costituzionale) compie uno scippo dell’oggetto del giudizio, affermando l’esistenza di una «lacuna». E precludendo così alla Corte, con evidente straripamento di potere legislativo, l’altra più plausibile ed equilibrata interpretazione basata sulla lettura congiunta e inseparabile del criterio direttivo e della norma di attuazione (scippo anomalo già rilevato da processualisti come Giovanni Conso, Vittorio Grevi, Giulio Illuminati). Perché, poi, disancorando il «legittimo sospetto» da dati oggettivi (quelle «gravi situazioni locali» che, come dice Franco Cordero, «snaturino fisicamente l’evento processuale o infirmino l’autonomia morale dei partecipanti») entra in aperta collisione con il principio costituzionale del giudice naturale. Sostituito con il principio del giudice scelto con il dito («a dedazo» dicono in Mexico). Perché, ancora, picconando l’art. 25 sulla precostituzione del giudice, mette in sofferenza il principio costituzionale del giusto processo (fondato sul «giudice terzo e imparziale» dell’art. 111).

Perché, infine, trasporta il «legittimo sospetto» dal processo penale al procedimento parlamentare. Quel procedimento che l’art. 67 delle Costituzione vorrebbe ispirato dalla rappresentanza della Nazione, «senza vincolo di mandato». Mentre qui invece è apertamente richiamato un interesse privato in atti parlamentari. Quello di varare la legge per bloccare, subito, un concreto processo penale a Milano. Dimenticando, senza alcun rimorso, la distinzione antica e civile tra lex e privilegium.

Alcuni giorni fa l’Economist faceva un elenco di leggi di sospetto e favore per membri del nostro governo. Elenco ripreso da tutta la stampa internazionale. Ma quelli dell’Economist non potevano sapere che c’era ancora una coda d’estate. La riscoperta del «legittimo sospetto» per pilotare da una sede giudiziaria all’altra i processi penali. Ecco: ora, il catalogo è questo.

Un velo di misteriosa irragionevolezza copre però questo saldo di stagione. Non si capisce tanto accanimento per un progetto che comunque dovrà andare alla Camera, dove si prepara, com’è ovvio, un Vietnam. Per un progetto che sul piano etico-politico riesce a cementare l’opposizione parlamentare plurale e questa con l’opposizione civica. Per un progetto che innalza tra i Poli un terribile muro, con conseguenze catastrofiche per ogni speranza fondata sulla prospettiva di moderazione e di razionalizzazione dei rapporti tra maggioranza e opposizione.

Di fronte a tanti guasti, si può forse immaginare, dietro i tristi «ascari» esecutori, un mandante. Non si riesce però a capire quale sarà, e se ci sarà, il beneficiario finale di questo sconquasso, privo di senso, del nostro sistema politico.

Tre aneddoti su B. Con quanta empatia venerdì 23 agosto racconta i suoi miracoli all´assise riminense Cl: l´assemblea invoca luce; e toltasi la giacca, lui irradia torrenti luminosi. Poche settimane dopo, ritto sulla jeep, sfila davanti a reparti in armi, acclamato «Silvio!, Silvio!». Martedì 26 novembre il Tribunale viene da Palermo a sentirlo sul sodale bibliofilo, sotto accusa d´affari mafiosi, e lui non risponde, quale ex possibile imputato d´un procedimento connesso. Siamo nella norma? Complicano l´anomalia artisti d´una politica esoterica. L´archetipo italiano è Ludovico Sforza, detto il Moro, usurpatore del ducato milanese (reggente dal 1479, spodesta l´erede Giangaleazzo). Philippe de Commines lo descrive instabile, sottile, ombroso, funambolo, "homme sans foi": la paura gli stimola un funesto eretismo tattico; temendo gli Aragona (Isabella, moglie del nipote in gabbia, è un´aragonese, nipote del re Ferdinando), tresca con Massimiliano d´Absburgo, poi chiama Carlo VIII; gioca partite sincrone; ogni tanto cambia cavallo e finisce malissimo. Caso altrettanto tipico, nel mondo slavo, l´ultimo ministro degli esteri polacco anni Trenta, colonnello Joszef Beck. Alla domanda d´un ospite straniero, cosa pensi d´Hitler, risponde inarcando le sopracciglia: bravo, e sorride; ma quanto dista dal colonnello Beck (A.J.P. Taylor, "The Origins of the Second World War", Penguin Book, 248). Voleva sedere a Monaco, quinto Big: concupisce l´Ucraina; non degna le proposte tedesche su Danzica e Corridoio, sicuro d´intimidire i colossi confinanti; tra due lievi colpi del dito sulla sigaretta incassa l´inutile garanzia inglese; rifiuta l´aiuto russo, molto equivoco ma era la sola carta; e in tre settimane la Polonia sparisce. Esempi da ripensare quando intenditori sopraffini deplorano che gli allarmisti "strillino al regime". Ogni tanto i politicanti parlano lingue lunatiche. Nel lessico comune, dove "regime" significa varie cose, è chiaro che l´Italia 2002 ne subisca uno: sono tanti quanti gli stili governativi; e visto l´attuale, definiamolo regime personale.

Ha qualcosa delle signorie trecentesche. Il punto comune sta nell´investitura popolare o balìa ma, issato al potere dalla borghesia grassa, il signore, appena può, taglia il cordone ombelicale inaugurando politiche meno classiste: perequa i carichi fiscali; nel Pavese i Visconti abbassano i magnati e proteggono le campagne, oppresse dal Comune; a Firenze il duca d´Atene tutela i popolani. La metamorfosi, insomma, porta anche ordine, giustizia, stabilità. È cominciata dal voto assembleare: gli oligarchi delegano i poteri; il mandatario s´emancipa quale vicario imperiale; e dal titolo signorile ereditario nasce lo Stato (A. Anzilotti, "Movimenti e contrasti per l´unità italiana", Laterza, 1930, 1-31). Ora, mentre le Signorie puntavano al futuro, B. incarna forme regressive del potere. Nella fisiologia dell´alternanza il sistema ammette profondi dissensi (mercato del lavoro, fisco, istruzione, ecc.), ma qui sono a repentaglio regole capitali, come non avviene tra Pompidou o Giscard d´Estaing e Mitterand oppure quando Margaret Thatcher sbaraglia le Trade unions. Solo i finti ciechi non vedono l´anomalìa italiana. Era cresciuto sotto l´ala d´una consorteria politica, orfano della quale, irrompe sul campo perché deve salvarsi. Nell´anno 1992 l´auriga dal garofano rosa arranca, poi affoga. Cade il trinomio Caf (Craxi-Andreotti-Forlani), vacanti Quirinale e Palazzo Chigi. L´establishment muore infognato nel malaffare, avendo condotto l´Italia a due dita dalla bancarotta: fosse ancora vitale, impedirebbe i processi mobilitando sapienti inerzie (così avveniva ai bei tempi); e moltiplicato da labili psicodrammi popolari, l´evento giudiziario affretta lo scioglimento. Naufragano Dc, Psi, Psdi. Vanno alla deriva masse d´elettori captabili dal concorrente più abile. L´unico sopravvissuto è l´ex Pci in cerca d´identità. Manca l´organismo politico dell´opinione liberalsocialista. Mai viste congiunture così fluide.

Anziché puntare sulle lobbies o assumere politici professionisti, B. giostra a viso scoperto, incurante degli avvertimenti (dal fedelissimo alter ego): cava dall´azienda un partito, avendo sotto mano masse elettorali nel suo pubblico televisivo; imbarca i post-fascisti, sdoganandoli dalla quarantena, e Lega; sceglie una sigla dal lessico nazional-calcistico; rende ossequio labiale al movimento epuratorio, mentre raccoglie l´eredità attiva della classe politica folgorata; inalbera insegne d´anacronistico anticomunismo; e gioca al tavolo delle ciarle. Passerà alla storia come supremo antipedagogo, l´Attila degli schermi. Gli spettatori hanno 12 anni, ripete senza stancarsi, esigendo dagli spacciatori formule elementari che vadano diritte alla midolla: dove soffia lui, non cresce più l´erba intellettuale; altro che i dottori Mabuse e Caligaris nei film espressionisti tedeschi. Paragonati agli attuali, i vecchi programmi televisivi erano arte, varia cultura, decoro, sentimento morale. In mano sua lo spettacolo diventa ignoranza, volgarità aggressiva, ciarlataneria, svago plebeo. Con tali arnesi cattura mezza Italia, pescando nelle acque vedove, erede d´un ceto sulla cui caduta versa lacrime da coccodrillo, imputandola al complotto comunista, mentre se fosse meno istrione, ammetterebbe d´avervi guadagnato. L´avventura governativa dura appena 6 mesi. Sconfitto 2 anni dopo, sopravvive benissimo ai 5 nel deserto, anzi, cresce sulla pelle degli alleati e ruba voti agli antagonisti, nei quartieri operai, ad esempio. Stavolta piglia tutto.

Più che vittoria sua, è un suicidio ex adverso. Rammentiamolo perché le memorie politiche deperiscono. Nella primavera '96 il Centrosinistra vince sul traguardo, avendo giocato meglio la partita con uno schieramento dall´area liberale alla neocomunista, mentre sulla destra mancano i voti della Lega. Il da farsi appare chiaro: governare bene, riassestando i conti affinché l´Italia entri nell´Unione europea, obiettivo arduo; e risolvere l´aberrante conflitto d´interessi, cominciando dalle televisioni. L´opera riesce a metà: buono l´esecutivo; funesta la politica nelle Camere; e quanto meglio lavora il governo, tanto meno vitale appare; i becchini contano le settimane; l´aspirante erede postula un B. senza futuro politico o addomesticabile: due ipotesi false, e avvia dialoghi intesi niente meno che a rifondare la Repubblica. L´affabile mago vende fumo, nel qual mercato incanterebbe anche Asmodeo, uno dei più fini alla corte diabolica. L´abbaglio costa caro nella partita con un eversore quale costui era ed è. Alla falsa diagnosi seguono scelte empie. Imperdonabile l´oblio del conflitto d´interessi, né aveva senso colpire le toghe, nemmeno incombesse un temibile potere inquisitoriale: dei dulcamara tengono consulto; un barbiere arrota i ferri; l´Italia corrotta trova benevoli rivalutatori; corre voce che i giudizi berlusconiani siano risolubili extra ordinem, Dio sa come, magari attraverso salvacondotti parlamentari, simili alle lettres de grâce con cui monarchi iure divino salvavano i loro protetti. La Bicamerale tiene a balia filosofie forzaitaliote. Passi falsi elettorali completano la débâcle e poteva finire peggio.

B. deve molto ai "comunisti": erano manna elettorale i diavoli rossi, né fiatavano gli opinanti cosiddetti liberali (salvo schernire l´"apocalittica" antiberlusconiana, e dopo le figure ridicole o pietose al governo, apparso qual è l´uomo d´Arcore, un bagalùn d´l lüster bravissimo solo nell´arricchirsi sulla pelle pubblica, gli rendono l´ultimo servizio predicando il disgelo); non fosse esistito quel Pci, lo inventerebbe; vuole oppositori su misura. Qualche uomo della nomenclatura convola nelle sue file o se lo sogna partner. Lievitano affinità trasversali e pose dialoganti. Ma ogni tanto batte dei colpi un´etica immanente nella storia: e allora le furberie amorali perdono; uomini d´apparato divorano i concorrenti; poi, nonostante l´imprinting bolscevico o forse a causa dello stesso, cadono nelle fauci berlusconiane. S´illudevano d´averlo catturato, quasi non fosse il suo mestiere spacciare illusioni da quando intratteneva i croceristi sulle navi. Bisognava chiudere seriamente la partita. Gli epigoni del Moro filano intese costituenti, l´accreditano e gli lasciano l´ordigno con cui li sgomina. In francese l´idea è presto definita: i dialoghi sono auspicabili con Chirac, avversario, ma lui era Le Pen, nemico; né appare meno predone dopo la vittoria, meno che mai adesso, con l´acqua alla gola. Il lupo nell´ovile non perde i vizi; e se falsi testimoni lo dicono penitente, stia attento l´uditorio: sono favole da Malebolge, le fosse «color ferrigno» contenenti il mondo della frode, «ruffiani, ingannatori, lusinghieri» e simili (Inferno, XVIII).

© 2025 Eddyburg