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Towards a Strong Urban Renaissance. An independent report by members of the Urban Task Force chaired by Lord Rogers of Riverside, novembre 2005; estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Richard Rogers, Il Rinascimento Urbano dopo sei anni

Nel 1998 il Vicepresidente del Consiglio mi invitò a istituire la Urban Task Force per individuare le cause del declino urbano e costruire una prospettiva per le nostre città, fondata su principi di eccellenza nella progettazione, solidità sociale e responsabilità ambientale, entro un quadro adeguato di realizzazione, legale e fiscale. Molte delle nostre 105 raccomandazioni sono state adottate dal Governo, formando gran parte delle attuali e future politiche nazionali per le grandi e piccole città d’Inghilterra.

Nel primo Rapporto della Urban Task Force, si proponeva una visione: la prospettiva di città ben progettate, compatte e collegate, a sostenere un’ampia gamma di funzioni - spazi di vita, lavoro, godimento del tempo vicini tra loro – in un ambiente urbano sostenibile ben integrato coi trasporti pubblici e adattabile al mutamento. Dopo sei anni, con il terzo governo laburista consecutivo in carica, si riscontrano alcuni notevoli successi:

• per la prima volta in cinquant’anni c’è stata una verificabile trasformazione culturale a favore delle città e centri minori, a seguito dell’impegno nazionale per un Rinascimento Urbano.

• le persone hanno cominciato di nuovo a spostarsi verso i centri città: nel 1990 c’erano 90 che abitavano nel cuore di Manchester, oggi ci sono 25.000 residenti; nello stesso periodo la popolazione dell’area centrale di Liverpool è aumentata di quattro volte.

• aderendo al principio dell’approccio sequenziale, si è sostenuto il riuso delle aree già urbanizzate [brownfield] anziché edificare su spazi liberi [greenfield]. Oggi a livello nazionale c’è una media del 70% di realizzazioni su brownfield contro il 56% del 1997.

• le densità edilizie si sono incrementate, da una media di 25 alloggi ettaro nel 1997 ai 40 alloggi ettaro del 2005, con un uso migliore della nostra terra e delle nostre risorse.

• la Commission for Architecture and the Built Environment ora è un riconosciuto garante di qualità della progettazione; per rimediare alle carenze formative sono stati attivati la Academy for Sustainable Communities e centri regionali.

• la produttività delle amministrazioni locali è in fase ascendente. Il Comprehensive Performance Assessment della Audit Commission sulle autorità locali di tutto il paese ha espresso una maggioranza di valutazioni da “buona” a “eccellente”

• si sono verificati progressi nella riduzione degli impatti ambientali dei nuovi edifici, col nuovo e atteso codice dell’edilizia sostenibile.

• c’è stato un notevole incremento negli investimenti in trasporti e infrastrutture pubbliche, con una maggiore attenzione dedicata ai bisogni dei pedoni e alla mobilità sostenibile.

• gli investimenti privati sono stati orientati verso le città. Dal 1996, si sono riversati sulla sola regione urbana di Manchester 2 miliardi di sterline di investimenti del settore privato.

• sono stati destinati 39 miliardi di sterline per i prossimi cinque anni a realizzare il Sustainable Communities Plan in tutta l’Inghilterra.

• città e regioni hanno maggiori poteri di decidere il proprio destino.

Grazie a queste misure, e ad un periodo di stabilità e crescita economica costante, le città d’Inghilterra sono luoghi molto diversi dai centri post-industriali di disoccupazione e carenze di servizi pubblici di vent’anni fa. Le città inglesi si sono affermate come motori dell’economia del Regno Unito e centri per l’innovazione culturale. Si presentano con più fiducia sulla scena mondiale.

Questi progressi sono motivo di gioia, ma non significano che l’opera sia compiuta. Nuovi problemi emergono, e ne rimangono di vecchi, a richiedere un’attenzione rinnovata da parte del Governo:

• non aver tenuto il passo con la sfida del cambiamento climatico è minaccia di degrado ambientale.

• le famiglie del ceto medio si spostano da città e cittadine alla ricerca di scuole migliori, minor congestione e ambiente più sicuro. Nel 2001, solo il 28% degli abitanti dell’area centrale di Londra aveva 45 anni o più, contro il 40% complessivo del Regno Unito.

• rimangono enormi disuguaglianze nelle nostre città. La concorrenza per l’uso degli spazi spinge verso l’alto i prezzi delle case, rendendo molto più difficile l’accesso per le famiglie a basso reddito.

• l’offerta di edilizia sociale è troppo poca. Il Rapporto Barker stima la necessità di un ulteriore stanziamento di 1,2 miliardi di sterline l’anno per sostenere 17.000 case economiche aggiuntive.

• la crescita della domanda di case rappresenta una grande sfida. Come possiamo realizzare quartieri compatti, ben progettati e sostenibili facendo l’uso migliore degli spazi già urbanizzati, che siano ben serviti da trasporti pubblici, ospedali, scuole e altro, senza indebolire le aree urbane esistenti?

• spesso non si riesce a cogliere l’opportunità di realizzare città ambientalmente sostenibili a causa del non coordinamento fra finanziamenti e localizzazione dei trasporti, e pianificazione urbanistica generale.

• ci sono pochi progetti urbani ben concepiti che emergono come esempi internazionali di città sostenibile, nonostante l’investimento pubblico in nuova edilizia.

• la qualità progettuale non rappresenta un obiettivo centrale per le entità pubbliche responsabili dell’ambiente costruito. Spesso esse mancano di competenze in questo senso negli organismi tecnici superiori e decisionali.

• la confusione di finanziamenti e responsabilità delle Agenzie di Sviluppo Regionale – finanziate all’85% dalla Vicepresidenza del Consiglio ma che fanno riferimento al Ministero dell’Industria – le ha condotte a concentrarsi sullo sviluppo economico, i posti di lavoro e la crescita quantitativa anziché lo sviluppo urbano di alta qualità progettuale e sostenibile.

• l’informazione su temi progettuali a Ministri, Sindaci, leaders locali e uffici è ancora troppo scarsa.

• la pletora di entità sovrapposte, indifferentemente finanziate e controllate, finalizzate alla rigenerazione, ha ridotto l’efficacia dei piani di riuso di iniziativa pubblica. La rigenerazione sostenibile di zona empie e complesse (come ad esempio il Thames Gateway) soffre a causa di processi decisionali frammentati e di istituzioni che mancano di coerenti meccanismi attuativi locali.

• concentrati sul tema delle città sostenibili, abbiamo abbassato la guardia sulla rigenerazione urbana.

Per risolvere i problemi che abbiamo oggi di fronte e continuare a costruire sui successi ottenuti sinora, dobbiamo imparare dall’esperienza degli ultimi sei anni, riflettere con onestà su cosa ha funzionato e quali problemi restano, prendere ora decisioni che assicurino la realizzazione del rinascimento urbano in modi coerenti agli ambiziosi obiettivi della visione.

È questo il motivo per cui ha chiesto ai miei colleghi della Urban Task Force di collaborare alla stesura di un rapporto breve. Non si tratta di un aggiornamento complessivo di Towards an Urban Renaissance, relazione finale della Urban Task Force del 1999. Piuttosto, è una relazione indipendente basata sulle esperienze personali dei membri, maturate nella pratica, pensata per stimolare il dibattito pubblico e incoraggiare nuove idee.

Spero che questo lavoro ci aiuti a realizzare l’ampiamente condivisa visione di un duraturo Rinascimento Urbano per l’Inghilterra.

[...]

Capitolo 3 – Responsabilità ambientale

Introduzione

Il mutamento climatico è emerso come la più grande minaccia al futuro del nostro pianeta. Le emissioni di anidride carbonica, il maggior consumo energetico, l’inquinamento, la deforestazione, la contaminazione delle acque e la tutela della biodiversità sono sfide pressanti per i paesi sviluppati e per quelli in via di sviluppo. Se il Regno Unito vuole dimostrare un impegno nazionale verso la responsabilità ambientale, dobbiamo coordinare le nostre risposte a queste sfide tutelando l’ambiente naturale, limitando lo sprawl urbano, riducendo uso e spreco di energia.

L’equilibrio ambientale della nazione dipende dalle forme delle città e centri minori, dalla protezione delle preziose campagne. In un paese con superficie e risorse limitate, possiamo mantenere tale equilibrio soltanto se usiamo meglio gli elementi dell’urbanizzazione. Dove è necessario collocare la crescita all’esterno dei centri urbani, occorre farlo in modo da evitane impatti negativi sull’equilibrio sociale, fisico e ambientale dei centri esistenti.

Le persone riconoscono sempre più la necessità di vivere e lavorare in ambienti di buona qualità e sono più consapevoli dei danni di lungo termine determinati da insediamenti mal localizzati, divoratori di suolo e dipendenti dall’automobile. La pressione insediativa pone enormi pesi sull’ambiente – e continuerà a farlo – ma, se adeguatamente realizzati, i nuovi insediamenti possono costituire spazi attraenti, riusciti e sostenibili, ben localizzati, progettati, che favoriscano il trasporto pubblico, la mobilità pedonale e ciclabile. Possono offrire importanti occasioni di riciclaggio per spazi già urbanizzati, affrontare siti contaminati, migliorare le qualità ambientali e aumentare anziché diminuire la disponibilità di beni culturali e elementi naturali. In questo modo, un riuscito rinnovo urbano aiuterà ad affrontare alcune delle principali sfide ambientali del nostro tempo.

Progressi

Dal primo rapporto della Task Force di sei anni fa, il Governo ha fissato l’obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 60% entro il 2050. Dato che gli edifici producono il 50% delle emissioni, e lo sprawl urbano e la congestione sono i principali vettori di consumo energetico, la rigenerazione urbana è elemento essenziale nelle politiche pensate per questo obiettivo. Dunque, rappresenta un segnale positivo il progresso compiuto per migliorare l’efficienza ambientale degli edifici nuovi e di quelli già esistenti; a partire dall’aprile del 2006 tutta l’edilizia residenziale finanziata pubblicamente dovrà rispettare un nuovo codice che la renda più sostenibile. Ed è una buona notizia, che siano stati fatti passi in avanti verso un migliore uso del suolo; la densità dei nuovi insediamenti residenziali è aumentata a 40 alloggi per ettaro e le quote di riuso di aree brownfield sono salite al 70%.

Ma, se il governo ha fatto auspicabili progressi nel riconoscere i costi ambientali dell’urbanizzazione in senso lato, si deve essere più consapevoli dei rischi che probabilmente creerà il cambiamento climatico, e dei bisogno di prevedere metodi flessibili per affrontarli. Questi rischi comprendono danni alle infrastrutture, oscillazioni nella disponibilità idrica, alluvioni da eventi estremi e contaminazioni di tutti i tipi, con relativi effetti sulle economie locali e regionali.

Si stanno intraprendendo azioni per rispondere alla domanda di nuove case e la polarizzazione delle risorse che si verifica quando solo chi eredita ricchezze può permettersi di acquistare un luogo per vivere. Ma si teme che non tutti gli insegnamenti del rinascimento urbano siano messi in pratica. L’ambiente è ancora marginale nel Sustainable Communities Plan e c’è crescente ansietà sui costi finali finanziari, sociali e politici del Piano. Le comunità locali hanno di fronte urbanizzazioni che appaiono imposte dal di fuori, con poca cura e attenzione ai loro punti di vista su cosa conti per l’ambiente. Si mancano le occasioni di far uso migliore dei terreni urbani, riducendo così le emissioni legate alla mobilità, non si rispettano i criteri ambientali nelle ristrutturazioni e nuova edilizia, e per questo occorrono controlli.

La Urban Task Force e lo Urban White Paper raccomandano ovunque possibile di dare priorità agli interventi su brownfield rispetto a quelli greenfield. L’adesione a questo principio ha molto migliorato la qualità di alcune nostre città ed è fondamentale per realizzarne di compatte, sostenibili, ben collegate, vitali e sicure. Ma, anche se il Governo deve fare di tutto per facilitare l’intervento su località urbane complesse, si verificano circostanze in cui la domanda di abitazioni e la necessità di una maggior possibilità di scelta possono essere soddisfatte in aree esterne anziché sui ristretti terreni già urbanizzati, che possono essere ad esempio poco collegati ai trasporti, vicini a strutture inadatte, o troppo contaminati per consentire un insediamento economicamente sostenibile. In questi casi, si deve incoraggiare l’insediamento residenziale entro corridoi di sviluppo orientati ai principi di quartieri compatti, ben progettati e ben collegati.

A nostro parere, le ultime modifiche alle linee guida di pianificazione non hanno posto sufficientemente in rilievo i fattori di mercato che determinano quantità e localizzazione delle nuove abitazioni. Nelle aree a cui sono destinate grandi quantità di case, ai costruttori è consentito di intervenire sia su aree greenfield che brownfield, indebolendo in modo perverso nelle zone di crescita più rapida l’approccio che favorisce in prima istanza le aree brownfield. È preoccupante, anche, che agli studi di capacità urbana vengano sostituiti studi sulla disponibilità di suoli per abitazioni. Se dovesse continuare un eccesso di interventi al di fuori delle città, c’è il rischio di un impatto negativo sui significativi progressi compiuti sinora in termini di rivitalizzazione delle inner cities.

Sfide

• è convinzione diffusa che per rispondere alla domanda di nuove abitazioni sia necessario uno sviluppo adeguatamente localizzato. Bisogna cogliere ogni occasione, nei casi in cui gli interventi avvengano in zone di crescita, per creare quartieri compatti, ben progettati, sostenibili, ben serviti da trasporti, ospedali, scuole e altre attrezzature, che non indeboliscano le città esistenti o i benefici generali del rinascimento urbano.

• le considerazioni di mercato rischiano di distorcere le decisioni di piano future nelle aree a crescita più rapida del paese, verso modalità che ostacolano le finalità sociali e ambientali, e si allontanano dall’approccio che favorisce in prima istanza gli interventi su brownfield.

• esiste spazio per migliorare e mettere in pratica meglio gli obiettivi di riuso delle zone brownfield e di incremento delle densità.

• non si stanno cogliendo le occasioni di migliorare qualità ambientale e caratteristiche dei nuovi interventi.

• non vengono riconosciuti del tutto i costi reali dell’urbanizzazione greenfield, in particolare quelli per realizzare le infrastrutture necessarie.

• la carenza di combustibili è esacerbata da una progettazione e realizzazione inadeguate delle abitazioni a basso costo.

• non si da’ sufficiente priorità all’importanza della rigenerazione degli spazi urbani e dell’edilizia esistenti, secondo i più alti standards ambientali.

I costruttori nelle città, gli attivisti della tutela rurale, gli ambientalisti e coloro che si impegnano per le comunità svantaggiate hanno un interesse condiviso nel vedere una risposta a queste sfide.

Visione

La nostra visione è per una sistema di piano che colga ogni occasione di utilizzare prima gli spazi brownfield dei greenfield; di un approccio di rigenerazione e riciclaggio alle città e all’edilizia esistente; di nuove elevate densità negli insediamenti per rispondere alla necessità di elevati standards di efficienza; di edifici e quartieri progettati in modo da ridurre consumo di risorse e inquinamento; di città servite da strutture ad alta qualità ambientale; di un processo di sviluppo che coinvolga le comunità e incoraggi un approccio sostenibile da parte del settore pubblico e privato.

Nota: il testo integrale di questo rapporto della Urban Task Force coordinata da Richard Rogers, comprende oltre a quanto riportato qui altri tre capitoli (linee di progettazione urbana; obiettivi sociali; strumenti di attuazione politico-fiscali) e le relative Raccomandazioni. È disponibile anche al sito del Guardian allegato a un breve articolo di presentazione di Sara Gaines pubblicato il 22 novembre 2005 (f.b.)

Premessa

Il 2040 Regional Framework Plan approvato a fine settembre 2005 dallaNortheastern Illinois Planning Commission riguarda una vasta area territoriale sulla fascia ovest del lago Michigan (la terza area metropolitana del paese) che comprende tra l’altro le circoscrizioni di varie contee e culmina a est sulle rive del lago nell’area urbana di Chicago.

Il piano rappresenta l’esito di un lungo processo di formazione, e di partecipazione ad oltre 200 laboratori, con il coinvolgimento di 4000 persone.

Il piano intende coordinare soprattutto lo sviluppo di tre aspetti di questa complessa regione: centri urbani, corridoi di mobilità, spazi verdi, a indirizzare in modo compatibile una crescita che nelle previsioni dell’agenzia “supererà i dieci milioni di abitanti e i 5,5 milioni di posti di lavoro entro il 2030 ”.

Si tratta di un piano che (come ad esempio quello per la California di cui si è già riferito qui su Eddyburg) è finanziato principalmente da fondi federali sui trasporti, e si orienta coerentemente proprio ad una stretta correlazione fra mobilità e insediamenti nel quadro dello sviluppo economico e della compatibilità ambientale.

Gli obiettivi di massima dichiarati sono:

● città più vivibili.

● la diversità sociale e culturale come risorsa.

● un sano ambiente naturale.

● competitività internazionale per la regione nel mondo globalizzato.

● cooperazione fra i vari livelli di governo.

Gli strumenti per conseguire questi obiettivi sono quelli (tante volte ripetuti) della smart growth : orientare lo sviluppo insediativo soprattutto verso le zone già urbanizzate, contenendo il consumo di suolo anche attraverso pratiche diffuse di riuso e infill development ; combattere la congestione non solo attraverso nuove opere infrastrutturali, ma anche massimizzando l’efficienza della rete esistente e i suoi rapporti col sistema insediativo; sostenere una urbanizzazione compatta caratterizzata dalla compresenza di funzioni miste, e relative riforme delle norme di zoning ; infine e soprattutto, coordinare le azioni municipali, quelle dei centri maggiori con quelle dei piccoli, quelle dei comuni con le Contee, e delle varie agenzie governative che agiscono sul territorio regionale.

A quest’ultimo aspetto è dedicato il capitolo 5 del Piano 2040, che riporto tradotto di seguito. Riassume tutti gli sforzi (che spesso appaiono piuttosto primitivi, ad un primo esame) per uscire dalla dimensione puramente locale di governo dello spazio, e avvicinarsi così almeno alla “massa critica” di intervento indispensabile. Il resto della documentazione – a partire dal fondamentale ma molto lungo e complesso Cap. 3 sul sistema a Centri Corridoi Reti – è disponibile come indicato nelle note finali.

(Fabrizio Bottini)

Northeastern Illinois Planning Commission, 2040 Regional Framework Plan, 2005 – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Capitolo 5 :La pianificazione regionale e locale nell’Illinois nordorientale

È assolutamente necessario assicurare che la nostra regione sia pronta ad accogliere nuovi abitanti e attività, e continuare a migliorare la qualità della vita ai residenti, e l’ambiente di lavoro per le imprese. Realizzare ciò richiede chiare e coordinate strategie per l’uso del suolo, i trasporti, la protezione dell’ambiente, strategie integrate e messe in atto simultaneamente nel quadro di una collaborazione a scala locale e regionale.

Il 2040 Regional Framework Plan propone questo tipo di strategia coordinata, in grado di guidare i decisori pubblici e privati a livello municipale, di contea, e per tutta la regione.

La pianificazione locale nel contesto regionale

I governi municipali sono responsabili per circa l’85% delle decisioni sull’uso del suolo nell’area dell’Illinois nord-orientale; le sei contee sono responsabili per il rimanente 15%. Attraverso le proprie ordinanze di zoning, municipalità e contee decidono quali aree saranno destinate a residenza, commercio, industria. Queste decisioni locali incidono anche su quali risorse naturali verranno o meno tutelate.

Questa autonomia locale sull’uso del suolo e la responsabilità rispetto alle opportunità di un piano urbanistico, sono elementi critici nel definire l’ambiente in cui viviamo. Se una città vuole più trasporti pubblici, ma questi funzionano soltanto se c’è più gente che abita nei pressi delle stazioni, allora la municipalità ha il potere di consentire le densità residenziali adeguate nei pressi di questa stazione, il che stimolerà una risposta coerente del costruttore privato. Se una comunità vuole strade commerciali e quartieri centrali vivi, la municipalità può utilizzare i propri poteri di controllo sull’uso del suolo per assicurare che in queste zone siano consentite sia residenze che attività commerciali e terziarie. Un centro mantiene il proprio carattere rurale controllando i caratteri della crescita entro i propri confini.

Esistono comunque altri aspetti della pianificazione che non sono altrettanto linearmente gestibili a livello municipale. Per esempio, le grandi strade e arterie di comunicazione, linee ferroviarie pendolari, sistemi multimodali bus-rotaia, sistemi di trasporto su grande scala, operano a livello regionale. In particolare per quanto riguarda Chicago e gli altri principali Centri Metropolitani [ vedi Cap. 3, n.d.T.] le decisioni municipali sui trasporti possono influenzare l’intero sistema regionale.

Quello che può fare una amministrazione municipale, sono azioni sull’uso del suolo che abbiano effetti significativi sui trasporti. Se una città decide di offrire aree residenziali con densità insufficienti a sostenere economicamente i trasporti collettivi, questa città probabilmente vedrà aumentare la congestione da traffico, e rivelarsi inadeguato il sistema stradale. Detto in altre parole, quella città soffrirà un non sufficiente coordinamento con la pianificazione e i trasporti a scala regionale, e su altre questioni che richiedono cooperazione anche oltre i confini amministrativi.

Per esempio, se una municipalità approva insediamenti di grandi dimensioni, come un’area commerciale o terziaria che attirerà visitatori o lavoratori dalle zone vicine, l’impatto sui trasporti si estenderà oltre i confini circoscrizionali e potrà causare congestione del traffico anche nei centri vicini. Tradizionalmente, i centri confinanti hanno pochi rapporti per quanto riguarda i piani urbanistici, anche se dovranno subirne poi gli effetti.

Le comunità non hanno sufficientemente formalizzato i rapporti della pianificazione locale e relativo sviluppo insediativo con i suoi possibili effetti a scala regionale. Troppo spesso, il singolo comune deve semplicemente reagire allo sviluppo di quello confinante, tentando di mitigarne gli effetti negativi. Questo agire in difesa da’ risultati di gran lunga inferiori a quelli dell’operare entro una propositiva cornice di pianificazione cooperativa strategica. Una pianificazione ambientale deve avvenire a scala della regione, oppure rischiare di essere frammentata e inefficace.

La maggior parte delle questioni ambientali – se non tutte – scavalcano i confini amministrativi. Per esempio gli habitat della flora e fauna devono avere determinate significative dimensioni per assicurare la sopravvivenza delle specie, e spesso si estendono su parecchi territori municipali. Lo stesso vale per i bacini idrografici, che non rispettano alcun confine municipale, né di contea, e neppure di stato.

La pianificazione municipale

Un importante indicatore della capacità di tutta le regione a governare la crescita è lo stato della pianificazione nelle municipalità dove si prevedono future concentrazioni demografiche.

Un piano generale stabilisce le indicazioni future per una municipalità. Agire coerentemente con una strategia regionale di orientamento delle densità e infrastrutture verso i centri esistenti richiede iniziative di pianificazione generale solide e aggiornate, a scala locale e superiore. I comuni utilizzano quotidianamente i propri piani generali per orientare le decisioni sull’uso del suolo e altri problemi.

Riconoscendo l’importanza della pianificazione generale, nel 2003 la Northeastern Illinois Planning Commission ha aggiornato la propria rassegna dei piani regolatori delle 272 municipalità della regione. Ha quindi esaminato tutti i documenti redatti o modificati successivamente al 1980 per verificarne gli orientamenti.

Molti dei Centri Metropolitani non hanno un piano generale recente, e oltre una ventina di Centri Urbani hanno piani redatti o aggiornati antecedenti al 1990 (di solito si consigliano revisioni e varianti ogni cinque anni).

È importante notare che i risultati di questa ricerca sono indicativi solo per quanto riguarda la pianificazione generale comunale. È possibile che alcune amministrazioni comunali abbiano risposto ad alcune specifiche necessità attraverso piani parziali o di settore che non sono stati presi in considerazione dalla ricerca. Per esempio, la City of Chicago possiede molti piani per zone, quartieri, programmi sui trasporti.

Alla data del gennaio 2004, la maggioranza delle municipalità della regione – il 77% - era in possesso di un piano generale più o meno recente. Circa tre quarti di questi piani erano stati redatti o aggiornati dopo il 1990, e un quarto aggiornato dopo il 2000. Il contenuto di questi piani varia considerevolmente. Solo l’8% dei piani generali, per esempio, affronta il problema della casa economica, identificato quasi universalmente come questione. Meno della metà dei piani trattano il tema della conservazione delle aree naturali.

Solo il 10% dei piani generali comunali della regione [ il termine letterale è “comprehensive plans”, più ampi di un piano regolatore urbanistico n.d.T.] tratta il tema dell’urbanizzazione orientata al trasporto collettivo ( Transit Oriented Development/TOD), che rappresenta un efficace metodo per costruire una domanda a questi servizi e aiutare a ridurre la congestione. Più del 50% delle amministrazioni non affrontano il tema della conservazione delle aree naturali all’interno del piano.

Anche se molti piani non fanno esplicita menzione di indirizzi TOD, essi contengono comunque idee e principi del TOD. Secondo uno studio Metra, l’87% dei piani per le zone delle stazioni (l’area, il corridoio ecc.) comprende qualche trattazione sul come urbanizzarle o riorganizzarle. Metra incoraggia le amministrazioni a introdurre nei propri piani un’apposita sezione TOD per le aree delle stazioni.

Sino al 2002, in Illinois mancavano norme che chiarissero cosa esattamente dovesse trattare un piano generale. Da quell’anno, l’Illinois Local Planning Technical Assistance Act elenca dieci ambiti da trattarsi in un comprehensive plan:

• Problemi e opportunità

• Uso del suolo e risorse naturali

• Trasporti

• Servizi

• Infrastrutture per le telecomunicazioni

• Abitazioni

• Sviluppo economico

• Risorse naturali

• Partecipazione pubblica

• Può anche comprendere individuazione dei rischi naturali, tutela dell’agricoltura e dei boschi, servizi alle persone, progettazione urbana e tutela storica, indicazioni per l’adozione di sub-piani d’area o settore

La stessa legge consente agli uffici statali di agevolare i finanziamenti alle municipalità che abbiano piani più aggiornati. Auspica anche la creazione di un Fondo per la Pianificazione Locale, anche se il governo statale non ha ancora approvato i relativi finanziamenti. Lo stato non ha utilizzato questa legge per le decisioni di finanziamento alle municipalità, sinora. Il beneficio principale è stato quello di offrire orientamenti per le amministrazioni riguardo a quali questioni trattare all’interno dei propri piani generali. Di conseguenza, a livello regionale ora possiamo muoverci verso una maggior coerenza della pianificazione generale locale.

La pianificazione di Contea

Ciascuna delle sei contee della regione pianifica entro i propri confini. Alcune hanno piani riguardanti specifici problemi, mentre altre sono dotate di veri e propri piani generali. La maggior parte hanno completati i propri piani di recente, con un processo di redazione parallelo allo sviluppo del Piano 2040. I piani di contea sono la base su cui le amministrazioni collaborano con i residenti per sviluppare strategie generali di sviluppo.

Oltre i comprehensive plans, le sei contee hanno sviluppato piani specifici per vari aspetti, tra cui la conservazione storica, l’abitazione, la tutela delle aree agricole, la gestione delle acque, i trasporti. Le contee hanno anche iniziato strategie di mobilità con stretti rapporti fra uso del suolo e trasporti.

Nei paragrafi seguenti saranno esaminati alcuni esempi di piani di contea da cui è possibile partire per la costruzione dello schema regionale.

La Cook County

Il Cook County Comprehensive Land Use and Policies Plan è stato adottato nell’aprile del 1999. Si concentra su alcuni obiettivi relativi ai costi dello sprawl urbano, di una diffusione frammentata della popolazione, della crescita commerciale e industriale, oltre a temi più specifici come la pressione insediativa lungo la Interstate 355.

Il piano formula alcune raccomandazioni per ciascuna delle cinque sub-aree della contea, distinguendo fra zone che richiedono processi di ripristino e manutenzione, altre dove si ritiene opportuna una nuova crescita, e altre ancora con pressioni insediative estreme. Le carte di azzonamento indicano le trasformazioni funzionali e di uso dello spazio future, e comprendono le zone di sensibilità ambientale, gli spazi aperti, le zone di intervento.

La DuPage County

L’attività pianificatoria recente della DuPage County si è sviluppata in larga parte nel settore trasporti, dato che l’area è in gran parte edificata e soffre di significativi problemi di congestione. Il DuPage Area Transit Plan for 2020 è stato redatto dalla DuPage Mayors and Managers Conference in collaborazione con la contea e adottato nel settembre del 2002. Si articola in tre raccomandazioni finali.

Per prima cosa, la realizzazione di un corridoio ad alta velocità a collegare Naperville/Aurora, il corridoio della Intestate 88, Oak Brook, l’Aeroporto O’Hare, e Woodfield/ Schaumburg. Questo primo corridoio si strutturerebbe in forma di Bus Rapid Transit (BRT) organizzato su alte frequenze di passaggi. Secondo, parecchie strade di connessione trasversali alla contea, a collegare i vari centri e alimentare le linee Metra e il proposto corridoio ad alta velocità. Terzo, a livello locale, varie opzioni di trasporto flessibile per consentire ai residenti di spostarsi all’interno della propria cittadina e accedere ai grandi corridoi.

I servizi di trasporto di questo piano sono simili alle idee proposte dal Piano 2040 e possono servire da modello per futuri sviluppi progettuali di insediamento. Il pano dei trasporti è stato anche sviluppato entro una cooperazione fra amministrazioni e con la partecipazione dei cittadini. Questo continuo coinvolgimento e collaborazione coi partners regionali sarà necessario nello sviluppo del piano da parte della DuPage County, a creare occasioni di mobilità alternativa in un’area tradizionalmente dipendete dall’automobile.

La Kane County

Il 2030 Land Resource Management Planè stato adottato nell’ottobre del 2004. Il piano interessa in modo coordinato un insieme di questioni. Costruito sul precedente 2020 Land Resource Management Plan, il piano della Kane County individua tre distinte strategie concettuali di uso del suolo: quella per la Urban Corridor Area (più o meno attraverso il settore orientale della contea, da nord a sud lungo il Fox River); la Critical Growth Area (circa, la parte centrale della contea); la Agricultural/Rural Village Area (la metà occidentale della contea).

In più, è stato introdotto lo slogan “ 50-50-50” ad accompagnare la carta delle strategie di uso del suolo, a sottolineare che se si vuole mantenere il 50% della contea a terreni agricoli e spazi aperti nel 2030, il 50% del previsto incremento di popolazione deve collocarsi dentro lo Urban Corridor e l’altro 50% nella Critical Growth Area. Il piano individua anche 16 “ Spazi di Priorità” entro la Critical Growth Area dove si possano mettere in pratica i principi della smart growth, analoghi alle categorie della NIPC dei Centri Urbani, Centri Minori, Villaggi.

La strategia di attuazione del piano di contea mette in primo piano la collaborazione fra le otto Planning Partnership Areas (PPA) previste nel territorio, sostenendo la necessità di accordi intermunicipali, coordinamento della pianificazione in alcune fasce ( 1,5-mile planning zones) cooperazione inter-amministrativa nella gestione della risorsa suolo, accordi per la compatibilità dei relativi piani urbanistici. Inoltre il piano aggiunge tre nuovi elementi: un arricchito programma annuale di laboratori e condivisione delle informazioni; una maggiore spinta al coordinamento e condivisione di risorse con i municipi che si dotano di piani e politiche coerenti con quelli di contea, una discussione più puntuale sui problemi di sviluppo urbano e le possibilità di attuazione entro i Priority Places, e dei principi smart growth insieme alle municipalità e altri governi locali entro le PPA.

La Lake County

Il Regional Framework Plan for 2020 della contea è stato adottato dall’amministrazione nel novembre 2004. Si tratta di un piano che affronta sistematicamente una serie completa di problemi, aderendo alle linee dello Illinois Local Planning and Technical Assistance Act. La prospettiva guida del piano è paragonabile per molti versi a quella che sottostà al Piano 2040. Il piano della Lake County chiede la conservazione delle risorse naturali e terre agricole attraverso una rete di spazi aperti, la rivitalizzazione dei centri esistenti, l’uso più efficiente delle strutture disponibili, opportunità di residenza e mobilità che vadano incontro alle necessità degli abitanti, più cooperazione tra i vari livelli di governo.

Come il Piano 2040, quello della Lake Countyè stato redatto attraverso un ampio processo partecipativo, basato sulla divisione del territorio di contea su 10 Cooperative Planning Areas. Queste aree mettono insieme centi confinanti, perché operino in modo collaborativo e coordinato, fornendo input al piano e ricevendone. Sono stati tenuti anche parecchi momenti di discussione pubblica, per acquisire informazioni da un pubblico più ampio.

Il tipo di cooperazione sviluppato in fase di redazione del piano giocherà un ruolo chiave nella sua attuazione. Il piano consiste di strategie dettagliate e politiche per il conseguimento di molti obiettivi. Al centro della strategia di attuazione, la necessità che amministrazioni e residenti della Lake County operino insieme nel quadro di una prospettiva comune. Una parte di tale prospettiva comprende la creazione di un coordinamento fra piani a livello municipale e di contea. La coerenza verrà cercata anche in modo cooperativo, attraverso vari accordi inter-amministrativi e varianti al piano di contea. Si tratta di una strategia simile all’approccio del Piano 2040.

La McHenry County

La bozza del McHenry County 2020 Unified Plan è il primo piano per questa contea che combini pienamente gli aspetti insediativi con quelli dei trasporti entro un solo documento.

In precedenza, erano stati adottati nel 1993 il 2010 Land Use Plan, e nel 1995 il 2010 Transportation Plan. Il Piano Unificato si concentra sull’integrazione uso del suolo-trasporti come chiave per il governo della significativa crescita prevista per la contea.

Il processo di formazione ha comportato l’uso di scenari di sviluppo multipli e modelli di mobilità, testati rispetto a vari fattori, tra cui l’impatto sulle risorse naturali, la qualità della vita, la rete esistente. Questa analisi ha portato a individuare e sostenere un concetto nodale, simile a quello dei vecchi piani della McHenry County e all’idea dei Centri del Piano 2040. Questa idea chiave richiede lo sviluppo di un’urbanizzazione compatta, un uso efficiente delle infrastrutture, la conservazione delle terre agricole e delle risorse naturali. Il piano sostiene anche l’importanza di sviluppare opzioni diversificate efficienti ed efficaci di trasporto.

Come verificato sia in altri piani di contea che nel Piano 2040, anche quello della McHenry punta sull’importanza della cooperazione inter-amministrativa fra le municipalità, la contea e le altre agenzie operanti nella regione, per ottenere le necessarie trasformazioni nei modi di uso del suolo, e gli altri obiettivi del piano.

La Will County

La Will County ha approvato il suo Land Resource Management Plan nell’aprile 2002. La contea attraversa un processo di massiccia crescita, ora nel prevedibile futuro. Il piano tenta di governarla in modo da mantenere e migliorare la qualità della vita di tutti gli abitanti. Si riconosce che la Will County possiede superfici in abbondanza per contenere la crescita prevista, ma si tenta di orientarla verso l’interno o le immediate adiacenze dei centri esistenti. Attraverso questa strategia, il piano mira a conservare risorse naturali e aree agricole, oltre a creare centri riconoscibili dai confini definiti e identità locale. Questa strategia è coerente ai concetti dei Centri e dello sviluppo compatto nel Piano 2040.

Il piano della conteaè stato costruito attraverso un processo partecipativo che ha coinvolto le amministrazioni municipali, gli abitanti e i gruppi di interesse. Come il Piano 2040 e altri piani di contea, anche quello per la Will County sostiene una continua cooperazione e coordinamento fra comuni e contea, pur nel rispetto delle amministrazioni locali. Si cerca questo coordinamento, in parte, attraverso la cosiddetta Development Form Map. Si tratta di una carta che utilizza usi del suolo di ampio respiro, categorie quali “villaggio”, “centro” o “zona urbana” a dare una cornice di carattere generale che orienti le decisioni locali in materia, in modo simile alla struttura della 2040 Regional Framework Plan Map [ allegata di seguito in PDF scaricabile insieme a questa traduzionen.d.T.].

I piani delle varie contee riflettono significative differenze nel modo in cui ciascuna si avvicina al tema della pianificazione territoriale. Le contee affrontano la gamma delle scelte possibili a vari livelli di incisività e approfondimento. Se si “cuciono” insieme i vari piani di contea su una sola carta delle sei aree, appare chiaro come essi varino sensibilmente.

Queste differenze possono rendere difficile compararli, e lavorare su questioni che ne scavalcano i confini amministrativi. Scopo del Piano 2040 è chiarire i modi in cui si possa collaborare verso una maggiore coerenza, integrazione delle metodologie di piano, sostegno ad una migliore cooperazione oltre il proprio ambito.

La pianificazione regionale

Nel corso del secolo passato sono stati sviluppati alcuni grandi piani regionali. Il fondamentale Piano di Chicago del 1909 affrontava la pianificazione della città in modo comprensivo.Assumeva un punto di vista tendenzialmente “metropolitano”, considerando che Chicago avrebbe conservato il proprio ruolo di core urbano, e che lo sviluppo si sarebbe irraggiato a partire dal centro città.

Anche se poi il piano si sofferma principalmente sui dettagli del “cuore di Chicago”: il centro degli affari. Nondimeno, il Piano di Chicago era di grande prospettiva, in particolare nell’approccio alla conservazione degli spazi aperti e al sistema dei trasporti. Uno degli elementi famosi era la richiesta di parchi sulla riva del lago che servissero da “fascia continua per il tempo libero degli abitanti”, oltre che “sviluppo di un sistema esterno di grandi parchi”. Si riconosceva anche la necessità di affrontare il trasporto merci sulle ferrovie, e costruire strade regionali a collegare la città con il suburbio, e con le altre città del Midwest.

Planning the Region of Chicago, pubblicato nel 1959 dall’ora scomparsa Chicago Regional Planning Association, prendeva in considerazione un’ampia gamma di questioni. Questo documento apre concretamente il tema della pianificazione regionale, visto che la Regional Planning Association comprende entità estranee alla City of Chicago, che erano invece escluse dalla commissione per il piano cittadino. Anche se ripercorreva alcuni capisaldi della prima metà del secolo, il piano proponeva significative raccomandazioni come l’aumento degli spazi aperti e per il tempo libero di Chicago, rispetto alle altre grandi città.

In più, il piano riconosceva il peggioramento della congestione da traffico della città e raccomandava di aumentare gli investimenti nel trasporto pubblico. Piani regionali recenti riguardo al trasporto comprendono il 2030 Regional Transportation Plan ( RTP) per l’Illinois nord-orientale redatto dal Chicago Area Transportation Study (CATS); quello della Regional Transit Authority (RTA), Regional Transit Coordination Plan; quello del Metropolitan Planning Council, Regional Freight Action Agenda; il piano CREATE pewr il movimento merci, sviluppato da City of Chicago, Stato dell’Illinois, e imprese ferroviarie; il 2020 Vision di Pace; infine il piano del Center for Neighborhood Technology per l’analisi delle scelte di trasporto sino al 2030 e oltre.

Il Chicago Central Area Plan è una guida per un costante successo economico, crescita fisica,sostenibilità ambientale nel centro di Chicago per i prossimi 20 anni. Il piano individua modi di crescita della città che non beneficiano solo essa, ma servono anche ai bisogni dei residenti suburbani nella loro interazione col centro per lavoro o tempo libero. In particolare, si guarda alla mobilità di pendolari e altri visitatori: da, per, ed entro la città.

Più di recente, Metropolis 2020 – organizzazione a cui partecipa il Commercial Club di Chicago – ha sviluppato The Metropolis Plan: Choices for the Chicago Region. Pubblicato nel 2003, questo piano è una sfida per lo sviluppo della regione, e lega uso del suolo e trasporti. Sono stati utilizzati modelli economici, di uso del suolo e trasporti per prevedere alcune tendenze, e svilupparle a simulare quanto accadrebbe se si continuasse con un approccio “ business as usual”. Poi Metropolis 2020 offre un quadro futuro immaginando che la regione adotti un approccio di sviluppo più “ smart growth”. Vengono fatte anche numerose raccomandazioni per politiche, nell’ottica pubblico-privata di questa organizzazione.

Nella regione dei tre stati di Illinois, Wisconsin, e Indiana, altre agenzie come la NIPC sviluppano piani generali di lungo periodo. La Northwestern Indiana Regional Planning Commission (NIRPC) è nelle fasi di completamento del suo 2004 Pedestrian and Bicycle Plan and 2030 RTP. La Southeastern Wisconsin Regional Planning Commission (SEWRPC) sta aggiornando il suo Regional Land Use Plan and Regional Transportation System Plan.

Oltre a questi documenti regionali onnicomprensivi, sia la NIPC che molte altre organizzazioni hanno prodotto numerosi documenti su specifiche questioni di piano. In particolare la gran massa dei prodotti della pianificazione regionale storicamente si colloca nelle aree specifiche dei trasporti, dell’ambiente e della casa.

Per quanto riguarda la casa, Metropolis 2020 ha pubblicato le Recommendations for Developing Affordable Workforce Housing in the Chicago Region nel 2002. In più, Metropolis 2020 ha recentemente completato il proprio 2004 Metropolis Index: Housing as Opportunity, che riferisce degli avanzamenti in questo campo.

Rispetto alle aree verdi, The Green Infrastructure Vision Plan offre una prospettiva di lungo periodo in una carta a scala regionale che rappresenta sia l’esistente – riserve boschive tutelate, aree naturali, corsi d’acqua, zone umide, praterie, boschi – sia le possibilità di espansione, ripristino, collegamenti in rete. L’obiettivo generale di questo piano è di restituire il Biodiversity Recovery Plan di Chicago Wilderness secondo modalità più accessibili, visive e divulgative, indirizzate sia ai membri che al pubblico esterno.

Nota: Il complesso della documentazione di piano al sito Northeastern Illinois Planning Commission; il famoso piano di Daniel Burnham del 1909 citato sopra, è descritto qui su Eddyburg da un "cronista" contemporaneo di eccezione: Patrick Abercrombie (f.b.) di seguito il PDF della traduzione con la mappa generale

Piano Regionale per Chicago

Dana Beach, Coastal Sprawl: the Effects of Urban Design on Aquatic Ecosystems in the United States, Pew Ocean Commission, Arlington 2002 – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Strategie e strumenti di intervento

I dati sulla popolazione e l’uso del suolo, e insieme le abbondanti ricerche scientifiche disponibili sui bacini idrici, chiariscono quanto siano necessari cambiamenti nei modi d’uso dello spazio per la conservazione degli ecosistemi costieri. Tali riforme devono iniziare nella prima metà di questo decennio per evitare gravi e irreversibili danni alla funzionalità degli ecosistemi. Le domande chiave che dobbiamo porci sono le seguenti:

● Quale tipo di insediamento può sostenere gli ecosistemi acquatici?

● Se lo sprawl non funziona, qual’è il modello valido?

● come è possibile applicare praticamente un nuovo modello di uso dello spazio in tutte le regioni costiere d’America?

Può essere utile raggruppare le riforme urbanistiche secondo la scala di intervento. In primo luogo, c’è il caso di come organizzare l’insediamento entro una regione metropolitana. Un’area metropolitana può contenere anche una decina di bacini idrici e interessare una superficie di milioni di ettari di terreno. Queste sono le dimensioni alla scala regionale. In secondo luogo, c’è il problema dell’organizzazione insediativa: come si disegnano le strade, come si combinano le funzioni e con quali densità. È la dimensione del quartiere. Terzo, ci sono i modi di realizzazione dei progetti: che tipo di rapporti con le acque piovane, impermeabilizzazioni, fasce di interposizione riparie da usare. Questa è la scala del singolo intervento.

La conservazione degli ecosistemi dipende dalla capacità di cambiare i modi di insediamento a ciascuna di queste tre dimensioni. Tradizionalmente, i programmi di regolamentazione operano quasi esclusivamente al livello del singolo intervento. In modo indipendente, i riformatori in campo urbanistico hanno lavorato alla scala regionale promuovendo strategie come le fasce di margine urbane [urban growth boundaries / UGB] o i programmi di tutela delle aree agricole. Sino a tempi molto recenti, la dimensione del quartiere ha ricevuto molta poca attenzione costante, e pure, come nel caso della scala regionale, ha una grande importanza negli sforzi per proteggere gli ecosistemi marini.

La scala regionale

Sappiamo dai dati nazionali sulla copertura dei suoli, che il 14% delle coste è edificato. Con gli attuali ritmi di sviluppo questa percentuale salirà al 25% entro il 2025. Secondo la regola del dieci per cento [trattata in paragrafi esclusi da questa scelta n.d.T.], se tutta la costa fosse un solo bacino, ci vorrebbero dieci anni per entrare nella zona di pericolo. Ma la costa è suddivisa fra migliaia di bacini, alcuni con livelli di impermeabilizzazione vicini al 100%, e altri praticamente inedificati. Il principio chiave di una strategia di protezione marina è quello di individuare i bacini che siano impermeabilizzati in misura inferiore al 10%, e tentare di mantenerli il più possibile inedificati. Un principio complementare è quello secondo cui i bacini impermeabilizzati per più del 10% dovrebbero assorbire la maggior parte dello sviluppo insediativo costiero dei prossimi decenni.

Ciò non implica che si debbano sacrificare i bacini urbanizzati. Pratiche di gestione locale delle acque piovane, sistemi di interposizione, nuove tecniche di pavimentazione, una dipendenza dall’automobile ridimensionata e altre riforme a scala di quartiere e di singolo intervento, possono aiutare a conservare questi sistemi. La Sezione 6217 del Coastal Zone Management Act specifica le pratiche di gestione delle acque piovane che possono efficacemente ridurre carichi inquinanti e impatti ambientali dell’urbanizzazione. Comunque, l’attuale situazione delle salvaguardie locali non ci consente di ignorare la regola del dieci per cento. I soli sistemi acquatici in grado di mantenere in pieno il proprio ruolo ecologico, saranno quelli dove meno del 10% del superficie risulta impermeabilizzata. L’obiettivo, dunque, deve essere quello di conservare la maggior parte possibile di questi sistemi.

Le nuove tecnologie cartografiche e satellitari consentono oggi di avere una mappa aggiornata per aree metropolitane dei bacini non urbanizzati. In più, entro queste regioni è possibile analizzare il potenziale edificatorio entro i bacini idrici già intaccati. Questi due dati insieme forniscono le informazioni necessarie per adottare a scala regionale politiche urbanistiche per orientare l’edificazione verso le zone più adatte, e a proteggere così gli ecosistemi costieri.

Una volta che all’interno delle regioni si siano determinate le migliori localizzazioni per i nuovi insediamenti (bacini idrici edificati e in corso di edificazione), e le are dove l’insediamento debba essere ridotto al minimo (bacini con impermeabilizzazione inferiore al 10%), amministrazioni locali e stato devono adottare politiche per attuare i piani. Gli strumenti attuativi si articolano in tre categorie: norme di zoning; progettazione infrastrutturale e programmi di tutela dei suoli. Si tratta di strumenti applicabili in centri di qualunque dimensione, dalla piccola cittadina rurale all’area metropolitana interessante più stati.

Azzonamento agricolo e Fasce di Margine Urbane [UGB ]

Negli ultimi decenni, alcune città hanno tentato di controllare la diffusione urbana attraverso la regolamentazione delle densità insediative nelle zone rurali. Uno dei primi esempi è la legge urbanistica dell’Oregon del 1973, che richiedeva ad ogni centro di fissare fasce di margine urbane (UGB) ampie a sufficienza per assorbire 20 anni di sviluppo programmato. Oltre le UGB, l’azzonamento agricolo fissava unità minime di 30 ettari, considerate le più piccole per sostenere l’agricoltura. Varie amministrazioni in tutto il paese, dalla Virginia alla California, hanno stabilito norme per la pianificazione in area rurale con densità simili.

In alcuni casi, la pianificazione “agricola” consente insediamenti alla densità di circa una unità abitativa per ettaro. Sono norme ampiamente criticate, perché accelerano lo sprawl. Le situazioni variano, nelle varie aree del paese, ma ci sono alcuni principi generali che dovrebbero aiutare ad adottare norme urbanistiche per le aree agricole nelle varie regioni. In primo luogo, queste norme dovrebbero basarsi sul legittimo interesse delle aree metropolitane per sostenere le funzioni agricole e forestali, proteggere gli ecosistemi marini e in genere acquatici dal degrado, ridurre al minimo i costi di fornitura dei servizi urbani, e altri obiettivi pubblici. Nella maggior parte dei casi, le densità residenziali nelle aree inedificate dovrebbero essere inferiori a una unità ogni otto ettari.

Azzonamento agricolo e fasce di margine urbano possono avere effetti collaterali negativi se le amministrazioni municipali non sostengono ragionevoli densità insediative entro la propria circoscrizione. Se, ad esempio, le norme locali prevedono principalmente lotti da 2.000 metri quadrati o più grandi, la superficie disponibile per lo sviluppo urbano verrà utilizzata rapidamente. Ciò fa aumentare i prezzi delle case e dei terreni e obbliga di fatto allo sviluppo verso le zone rurali e i bacini idrici inedificati. Per questo motivo, la pianificazione delle zone rurali dovrebbe accompagnarsi a strategie come quelle della legge urbanistica dell’Oregon del 1975, dove le municipalità dovevano consentire una crescita adeguata entro i propri confini.

La progettazione infrastrutturale

L’investimento pubblico in nuove strade, fogne, reti idriche, servizi antincendio rapidi e altri servizi urbani, accelera lo sviluppo in zone che altrimenti resterebbero rurali. Pensando a ciò, alcune amministrazioni hanno tentato di attenuare la crescita dell’urbanizzazione verso le zone rurali evitando le infrastrutture urbane. Lexington, in Kentucky, ha adottato nel 1958 i primi limiti alla estensione dei servizi.

Lo stato del Maryland di recente ha approvato una norma di governo dello sviluppo che orienta l’investimento pubblico verso zone già edificate o per cui è stata approvata l’urbanizzazione da parte dei comuni. Lo stesso investimento non viene effettuato per le zone rurali giudicate non adatte al nuovo insediamento.

Ogni anno, uffici federali e statali spendono miliardi di dollari in prestiti e mutui per infrastrutturare aree rurali. Gli esempi più notevoli sono quelli delle strade, dei condotti fognari e delle reti idriche finanziate dal Dipartimento dell’Agricoltura e U.S. Environmental Protection Agency (EPA), o la tutela per le inondazioni dalla Federal Emergency Management Agency. Questi progetti spesso non sono verificati nella prospettiva dei piani regionali di crescita, e pure hanno un grosso potenziale per indebolirne obiettivi e strumenti di governo dello sviluppo. Per proteggere in modo efficace gli ecosistemi marini e costieri, tutte le spese infrastrutturali dovrebbero essere verificate secondo i criteri dei piani regionali di sviluppo.

Programmi di conservazione del suolo

Molti governi statali e locali stanno tentando di incanalare l’urbanizzazione lontano da importanti zone rurali, utilizzando le risorse pubbliche per acquisire i diritti edificatori dai proprietari di aree strategiche. Questi programmi di Purchase of Development Rights, PDR, individuano terreni agricoli o boschivi importanti e offrono fondi per rimuovere i diritti edificatori dalle superfici. In alcuni casi, si acquisisce la proprietà dei terreni ed essi diventano parte del patrimonio pubblico di una regione. Le amministrazioni locali spesso sviluppano programmi PDR in modo congiunto a land trusts privati, che contrattano le cessioni, mantengono le servitù, e aggiungono risorse private a quelle pubbliche.

Ci sono circa 1.200 land trusts che operano negli USA. Queste organizzazioni acquisiscono o sollecitano la concessione di asservimenti di terre private a scopo conservativo. Al 31 dicembre 2000, i vari land trusts locali avevano tutelato un totale di 2,6 milioni di ettari a livello nazionale. Le strutture a carattere nazionale come The Nature Conservancy, Ducks Unlimited, Conservation Fund, o Trust for Public Lands, tutelano più di 6 milioni di ettari.

Gli sforzi coordinati dei land trusts con quelli federali, statali e delle amministrazioni locali possono essere estremamente efficaci nella tutela dei grandi bacini idrici. L’iniziativa su quello Ashepoo/Combahee/Edisto (ACE) sulla costa del South Carolina, per esempio, ha tutelato in modo definitivo oltre 60.000 ettari, sui 142.000 del programma totale, in soli 13 anni.

[...]

La dimensione di quartiere

Densità

L’aspetto complementare del mantenere inedificati alcuni bacini idrici, è quello di concentrare l’edificazione in quelli già urbanizzati, a densità adeguate ai bisogni dello sviluppo regionale. Oltre a rallentare la diffusione urbana, gli aumenti di densità offrono enormi vantaggi in termini di trasporti, con conseguente riduzione nell’inquinamento dell’aria e dell’acqua.

Gli studi dimostrano che all’aumentare della densità residenziale e delle attività, diminuiscono quantità e lunghezza dei viaggi in automobile. Diminuiscono anche gli inquinanti dell’aria: ossidi di azoto, monossido di carbonio, particelle volatili. Una ricerca conclude che la quantità di chilometri percorsa per famiglia scende del 35% quando le densità residenziali salgono da 5 a 25 per ettaro. Gli studi sull’uso del trasporto pubblico fissano a 15-20 unità residenziali l’ettaro la densità minima per sostenere un servizio regolare. Ciò è incoraggiante, perché suggerisce che le regioni possono ottenere riduzioni nell’uso dell’auto, aumenti in quello del trasporto collettivo, e miglioramento per ciò che riguarda l’inquinamento di aria e acqua, senza spostarsi verso tipologie residenziali sostanzialmente diverse. E a ben vedere, alcuni fra i più apprezzati quartieri tradizionali del paese sono di tipo “transit-oriented”, con circa 25 unità residenziali l’ettaro.

E pure, le densità residenziali urbane sono drammaticamente scese negli scorsi trent’anni. Nell’area della baia Chesapeake, per esempio, la dimensione media del lotto è aumentata da 0,072 ettari negli anni ’50, a 0,26 ettari negli anni ‘80. Fra il 1973 e il 1995, le densità residenziali nel sud della Florida sono scese da 6,6 unità/ettaro a 5,9. Ci sono molti motivi per questo. In primo luogo, un significativo numero di famiglie americane si sono spostate verso insediamenti con lotti di dimensioni maggiori nel suburbio, alla ricerca di privacy, spazio, e scuole migliori. Questa tendenza è stata accelerata dai programmi federali come quello per le autostrade Interstate, che ha consentito spostamenti pendolari su lunghe distanze, oppure l’assicurazione sui prestiti per l’acquisto di case, la cui attuazione ha favorito le nuove case unifamiliari rispetto al riuso della residenza urbana.

Le amministrazioni locali nelle zone suburbane hanno ampliato questa tendenza approvando norme urbanistiche che favoriscono i grandi lotti occupati esclusivamente da case unifamiliari. La maggior parte delle ordinanze di zoning derivano dal modello Uniform Zoning Code del Dipartimento del Commercio. Sviluppato all’inizio del ‘900, lo Uniform Zoning Code era pensato a separare le funzioni residenziali da quelle industriali. Infine, il disinvestimento pubblico e privato dalle città ha indotto un degrado delle infrastrutture e della dotazione residenziale, spingendo altri abitanti verso le zone suburbane. Invertire questa tendenza alla diminuzione delle densità residenziali richiede uno sforzo concertato di ricostruzione delle città, e di eliminazione delle norme di zoning “esclusive” e a grandi lotti nel suburbio.

La sola definizione del problema è stata difficile. L’opinione pubblica associa il concetto di densità ai problemi urbani quali la criminalità o le cattive scuole, o lo accoppia a problemi suburbani come la congestione da traffico. In verità, è stato verificato che le cose che meno piacciono agli americani sono sprawl e densità. Il motivo di questo apparente paradosso è che negli ultimi 50 anni la pianificazione urbanistica e le norme si sono concentrate in modo sproporzionato sulle densità, mancando di trattare altri aspetti della costruzione della città, come i sistemi stradali, il verde, la miscela di funzioni entro il quartiere, o l’architettura. Di conseguenza, la reazione corrente a considerare i nuovi insediamenti “troppo densi” è diventata un riflesso automatico a livello nazionale.

C’è molto bisogno di spiegare i benefici di città più dense, non solo in una prospettiva ambientale, ma anche per i molti altri vantaggi offerti da spazi del genere. L’occasione migliore per farlo è quella di usare i casi concreti con abitazioni dense, e che tutti considerano desiderabili. Ci sono migliaia di esempi in tutto il paese, dai centri prerivoluzionari sulla Costa orientale – Annapolis, Boston, Savannah – ora importanti destinazioni anche turistiche grazie alla loro eccezionale forma urbana, ai sobborghi cresciuti lungo le linee tranviarie, come Shaker Heights a Cleveland, centri più nuovi della Costa Occidentale come San Francisco e Monterey. Tutte queste città, mostrano tipi di organizzazione spaziale tali da offrire vantaggi di tipo ambientale, sociale ed economico ai propri abitanti.

La rete stradale

Un altro aspetto dell’edificazione che ha enormi impatti sulla tutela degli ambienti marini e la qualità ambientale generale, sono i sistemi stradali. Sino alla fine del XIX secolo, praticamente tutte le città e cittadine erano realizzate secondo una griglia regolare di strade interrotta da verde e altri spazi collettivi. Gli esempi di questo tipo, ben noti, sono Savannah, in Georgia; Philadelphia, in Pennsylvania, e San Francisco, California.

Questo schema ad angoli retti offriva molte vie per spostarsi da un punto all’altro, e riduceva al minimo la lunghezza del percorso. Alle basse velocità consentite da cavalli, carri e a piedi, questa griglia con un alto grado di “connettività” era un aspetto chiave dell’efficienza urbana nell’America del XIX secolo.

In un primo tempo, le velocità più elevate consentite dall’automobile hanno liberato i progettisti dalla rigidità della griglia. Il movimento per la Città Giardino in Inghilterra, più tardi diffuso anche in America, immergeva l’ambiente dell’insediamento urbano in un quadro naturalistico che rifletteva il paesaggio rurale. Questi nuovi schemi suburbani contenevano strade ricurve attorno ai caratteri più significativi del paesaggio, o semplicemente vagavano a creare prospettive più interessanti per il viaggiatore. Gli isolati diventavano più grandi, e gli incroci meno numerosi.

A contrastare le alte velocità che le auto potevano raggiungere su queste strade, i costruttori facevano terminare le vie residenziali a cul-de-sac. Questo elemento progettuale si è diffuso in tutto il paese alla fine del XX secolo. Ora esiste nella stragrande maggioranza degli insediamenti di case unifamiliari.

La ripetizione di questo insieme di elementi progettuali in tutto il paese ha causato una forte ascesa nella lunghezza degli spostamenti in auto, e la diminuzione di quelli effettuati a piedi o in bicicletta. Una ricerca ha rilevato che le persone residenti in spazi costruiti dopo il 1977 effettuano un terzo di spostamenti a piedi o in bicicletta in meno di chi vive in centri costruiti prima del 1947. Negli ultimi 20 anni, il numero degli spostamenti a piedi è sceso del 42%. Questo ha causato un fortissimo incremento nella congestione da traffico, e nell’inquinamento dell’aria e dell’acqua correlato.

Molte amministrazioni locali hanno iniziato a promuovere un ritorno a sistemi stradali più funzionali, aumentando la densità interna agli isolati nei nuovi interventi, e collegandoli a quelli adiacenti. Le ricerche mostrano che una maggiore densità di isolato corrisponde a spostamenti più brevi e minori emissioni di ossidi di azoto. Ciò è particolarmente importante sulle coste, dove l’azoto è uno degli inquinanti più dannosi per le zone degli estuari. I più strenui oppositori di queste riforme, sono i gruppi di residenti, che osservano come le loro strade vengano “affettate”. Una reazione che suggerisce come, invece di interventi caso per caso, sia opportuno inserire le riforme entro un quadro urbanistico di dimensione cittadina.

Mixed Use

Lo zoning convenzionale separa i vari usi del suolo gli uni dagli altri. Originariamente giustificato dal bisogno di evitare fabbriche inquinanti nei pressi delle case, lo zoning ha poi raggiunto un ingiustificato livello di complessità. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda le densità previste per le residenze suburbane. Alcune amministrazioni hanno sino a dieci categorie di zone residenziali, distinte dalla dimensione del lotto e dal tipo di casa.

Oltre a separare i tipi residenziali, lo zoning separa le case dai negozi, uffici, e scuole. Le attività delle ore lavorative sono abitualmente raggruppate lungo le strade a grosso volume di traffico, a contenere l’esodo mattutino dalle aree residenziali. Questa rigida separazione di funzioni ha contribuito all’aumento degli spostamenti in auto e alla riduzione di quelli a piedi. Uno studio sulla costa del South Carolina ha rilevato che la percentuale di studenti che si recano a piedi nelle scuole costruite prima del 1983 è quattro volte quella degli studenti che frequentano quelle realizzate dopo il 1983.

Nota: di seguito, sono disponibili i files PDF, sia degli estratti trodotti, sia della versione integrale originale con tabelle, illustrazioni, bibliografia (f.b.)



Per il Land Sachsen-Anhalt si tratta forse solo di uno stratagemma mediatico per attivare risorse altrimenti non disponibili. Come già nelle precedenti edizioni, anche questa volta l’esposizione internazionale cerca però di farsi strumento per affrontare un tema di particolare significatività: “la città in contrazione” ovvero “the shrinking city” (g.j.f.)

Titolo originale: Neue Perspektiven für Städte im Umbruch - Traduzione per Eddyburg di Georg Josef Frisch

Con l’ Iba ristrutturazione urbana 2010, il Land Sachsen-Anhalt vuole mettersi nella tradizione delle precedenti due esposizioni edilizie internazionali: negli anni Ottanta, l’Iba di Berlino propugnava i metodi di rinnovo urbano cautelativo; negli anni Novanta l’Iba Emscher Park si è occupata della rimodellazione dei paesaggi industriali nella Ruhr. Per la prima volta, con l’ Iba ristrutturazione urbana 2010 è un intero Land oggetto di un’esposizione edilizia internazionale.

Le città di domani non si possono più orientare all’immagine di una città in continua crescita. La qualità urbana e la capacità economica non dipendono da una crescita di abitanti e del consumo di aree, ma dalla crescita qualitativa di settori economici strategici e di progettualità: meno è più. Questi sono i pensieri guida dell’ Ibaristrutturazione urbana 2010 che viene organizzata, su incarico del governo del Land, insieme dalla fondazione Bauhaus Dessau e dalla società di sviluppo territoriale SALEG. L’esposizione internazionale ristrutturazione urbana 2010 a Sachsen-Anhalt si intende come “laboratorio” dove “strumenti” diversi della ristrutturazione urbana vengono usati e sperimentati.

Condizione per la partecipazione all’Iba è che le singole città coinvolte elaborino per se un profilo chiaramente riconoscibile, focalizzato sul rafforzamento e l’utilizzo dei propri potenziali economici, sociali e culturali e che possa servire nello stesso tempo come linea guida dello sviluppo edilizio e spaziale futuro. Su questa base, ogni città dell’Iba elabora un tema specifico della ristrutturazione urbana, che deve essere rilevante nel processo complessivo e i risultati del quale devono essere trasferibili in altre città.

Attualmente partecipano 15 città con una grande varietà di temi all’Iba. La partecipazione delle città e la loro valutazione annuale è decisa dalla giunta dell’Iba, presieduta dal ministro per l’edilizia. Il presidente del consiglio dell’Iba, composto da delegati del governo federale e regionale, delle associazioni di categoria, delle camere professionali e di esperti indipendenti è il presidente del governo Prof. Dr. Böhmer.

L’Iba non è un programma finanziato ad hoc. Il governo sovvenziona progetti nell’ambito dell’Iba prioritariamente tramite programmi già esistenti. Oltre ai lavori nelle singole città l’Iba organizza uno scambio di informazioni e opinioni sugli aspetti molteplici della ristrutturazione urbana: tramite colloqui internazionali, seminari e tramite la rete delle città dell’Iba composta dai 44 siti di ristrutturazione in Sachsen-Anhalt.

La prospettiva della città snella

Oggi, le città non si possono più orientare all’immagine di una città in continua crescita. Almeno nel medio periodo devono fare i conti con una dinamica demografica negativa e con una struttura generazionale diversa.

La qualità urbana e la capacità economica non dipendono però da una crescita di abitanti e consumo di aree, ma dalla crescita qualitativa di settori economici strategici e di progetti. Una concezione contemporanea della città del 2010 si basa dunque sull’accettazione positiva del nuovo spazio dovuto alla liberazione di aree: meno è più.

I cambiamenti strutturali nella società industriale influenzano massicciamente i tessuti urbani ma non determinano una contrazione automatica delle città dalle periferie fino al centro tradizionale. La pianificazione urbana deve quindi rispondere alla domanda con quali strumenti e in quali luoghi della città del 20. secolo si possa continuare a organizzare l’urbanità.

Nella Germania dell’Est il cambiamento strutturale, in collegamento con il cambiamento di sistema, si è impresso in modo talmente radicale sulle città che non era rimasto tempo per un processo lento di adattamento. L’alta e continuativa disoccupazione comporta in molte regioni un processo drammatico di migrazione. Per questo si devono compiere in pochissimi anni trasformazioni che altrove durano decenni.

A Sachsen-Anhalt ci sono 200.000 alloggi attualmente non occupati e dovranno essere demoliti. Grazie all’elaborazione precoce ed estesa di concetti per lo sviluppo urbano in complessivamente 43 città, le possibilità per un processo positivo di ristrutturazione urbana sono particolarmente alte.

Oltre ai concetti tradizionali, orientati allo sviluppo spaziale della città, è necessaria una precisazione del profilo economico, sociale e culturale di ogni città. Obiettivo dell’Iba è la promozione di questi profili con progetti utili sul luogo.

Il concetto dell’Iba

Un’esposizione internazionale non è un’esposizione convenzionale. I visitatori non aspettano quadri in un museo oppure teche in una fiera. Gli oggetti dell’Iba sono - oppure diventano - realtà. L’esposizione internazionale ristrutturazione urbana a Sachsen-Anhalt 2010 si propone come “laboratorio”, dove sperimentare e utilizzare in modo esemplare i diversi strumenti della ristrutturazione urbana. I progetti più innovativi vengono sostenuti e finanziati come progetti dell’Iba in parte dal governo regionale. Nell’anno conclusivo 2010 potranno essere visitati tutti i progetti realizzati.

Con l’obiettivo dello sviluppo di profili duraturi nel tempo e utili nel rafforzamento dell’identità, ogni città che partecipa all’Iba si occupa di uno degli argomenti fondamentali della ristrutturazione urbana. I temi e i progetti non si devono però caratterizzare soltanto per i propri contenuti di riqualificazione urbana e architettonica; essi si devono inoltre qualificare per modalità innovative nel finanziamento, nella cultura della pianificazione e nella partecipazione degli abitanti. Anche un progetto artistico che riguarda i temi della ristrutturazione e della diminuzione urbana può diventare un progetto dell’Iba.

I dieci principi dell’Iba

1. La ristrutturazione urbana riguarda tutti

Mediare fra gli interessi degli abitanti e dei proprietari, degli esercenti e dei comuni:

- tutte le forze sociali sono possibili pionieri della ristrutturazione urbana: gli abitanti si appropriano di spazi, formano reti e diventano attori urbani – fino a diventare “fondatori di città”;

- la ristrutturazione si dispiega quando gli obiettivi economici dei proprietari privati e delle società immobiliari si accordano con gli interessi degli abitanti. E’ compito delle amministrazioni pubbliche governare il processo di negoziazione;

- i pionieri dello spazio e le loro modalità innovative di comportamento all’interno delle strutture esistenti provocano modalità d’azione anticonformiste; questo vale soprattutto per i giovani e per chi intraprende una nuova attività, che deve essere sostenuto in questo;

- il tempo libero sovvenzionato degli abitanti si combina con lo spazio libero per l’appropriazione e per la formazione di proprietà. In questo modo nascono gli stimoli per l’autonomia e per la formazione di proprietà residenziale nei centri urbani.

2. Il cambio della struttura è un’occasione per il rinnovo urbano

Scoprire potenziali sconosciuti e svilupparli in modo creativo durante il processo di ristrutturazione:

- la ristrutturazione urbana comprende più che l’adeguamento del mercato abitativo tramite la demolizione e la valorizzazione urbanistica: la ristrutturazione urbana è un compito multidimensionale di formazione di strutture urbane, capaci di futuro;

- i concetti di ristrutturazione urbana devono valutare il riuso della struttura urbana complessiva, di singoli ambiti, gruppi di edifici o edifici singoli sullo sfondo di documentati potenziali di sviluppo e consolidamento;

- la ristrutturazione urbana incide sulla struttura urbana e sulla configurazione sociale e dura più a lungo di quanto prevedono gli orizzonti pianificatori e i periodi di finanziamento e di quanto i cicli biografici di vita degli abitanti necessitano;

- ristrutturazione urbana è la connessione fra concetti di risanamento urbanistici e determinazioni imprenditoriali delle imprese immobiliari nonché il riuso delle infrastrutture tecniche e sociali della città;

- spazi ed edifici a buon mercato offrono le possibilità per i mercati informali e le economie di servizio che devono diventare portatori della cultura urbana.

3. La forma della città cambia

Formulare scenari per la città ristrutturata e tradurli in concetti per i quartieri:

- la nuova occasione della ristrutturazione urbana consiste nella particolarità di ogni città di assumere, tramite l’eliminazione di sovrastrutture e incongruità, una forma più chiara: “meno è più”;

- il contesto non strutturato di frammenti urbani richiede nuove interpretazioni e forme di appropriamento dell’urbano. Forme d’azione post-industriali, comunicazione virtuale e reti sociali trasformati cambiano la percezione quotidiana e l’uso degli spazi urbani: stili di vita urbani non sono più legati alla forma tradizionale della città;

- in ogni città è necessario individuare in che modo i quartieri risalenti ad altre epoche, nonché le aree dismesse, quelle verdi, le aree dedicate alle infrastrutture per la mobilità e altro possono essere plasmati per continuare ad assolvere la propria funzione e rimanere spazi attrattivi anche in seguito a una contrazione urbana permanente;

- i quartieri di diverse densità e funzioni devono essere integrati come spazi urbani con specifiche caratteristiche funzionali e spaziali. L’urbanistica necessita di un’idea più ampia di pianificazione, di architettura e città come spazio sociale, di un cambio di paradigma nella successione temporale di pianificare, realizzare e riflettere le conseguenze.

4. Progetti modello caratterizzano la ristrutturazione

Con la progettazione sperimentale e innovativi mix funzionali ristrutturare in modo attraente le città:

- strutture edilizie esistenti e piante urbane subiscono una nuova interpretazione e vengono destinate a nuovi usi; le grandi strutture vengono suddivise in unità più piccole e adattate a nuovi usi;

- sperimentazioni urbanistiche connettono, in singoli progetti di ristrutturazione, il lavoro con l’abitare, con il tempo libero e la cultura. Queste connessioni mirano a mix funzionali nelle case e nei quartiere incidendo sulla produzione di città in forma di piccole unità spaziali. Progetti modello per la ristrutturazione urbana non vengono promossi soltanto negli ambiti soggetti a finanziamento pubblico, ma anche in parti urbane di particolare importanza per lo sviluppo urbano;

- al posto della demolizione bisogna valutare le forme del mantenimento del patrimonio esistente per rafforzare l’identità dei quartieri; anche le nuove costruzioni servono a questo fine.

5. Ogni città ha la propria via di sviluppo

Identificare le qualità delle città e inserirle all’interno della rete urbana regionale:

- ogni città definisce le proprie prospettive di sviluppo sullo sfondo delle proprie caratteristiche storiche che definiscono la loro posizione nella rete urbana di Sachsen-Anhalt. Le possibilità di consolidamento e di sviluppo risultano dai potenziali endogeni come dall’importanza regionale;

- le diversità nell’attrezzatura e lo sviluppo diacronico degli spazi offre la possibilità di stili di vita diversi: le diverse identità regionali non sono da livellare ma da incrementare nella loro dinamica produttiva;

- la formulazione di tipologie urbane verte sulla definizione di chiari contorni e attrattive immagini spaziali delle città nella regione: servono ai comuni per definire i scenari e per sviluppare le strategie della modernizzazione.

6. La ristrutturazione produce spazi liberi

Ricercare una relazione equivalente fra città e campagna:

- i paesaggi post-industriali connotano l’immagine della città nella forma di spazi dismessi, interruzioni e periferie interne;

- le zone di transizione e di confine fra lo spazio edificato e quello aperto sono zone produttive della ristrutturazione urbana; gli spazi liberi diventano campi di sperimentazione di un tipo nuovo di paesaggio urbano. Il desiderio di una vita ai bordi della città può essere realizzato anche in luoghi centrali;

- i paesaggi diventano mondi di vita nelle città.

7. I tempi del rivolgimento sono dinamici

Soffermandosi nei processi decisionali tenere aperte le occasioni future:

- “lasciare” e “aspettare” sono strategie della distensione in tempi di cambiamento; promuovono la tranquillità, la voglia e l’energia di pensare cose fuori dal comune;

- una coscienza positiva di “vuoto” e “cambiamento” è la premessa per poter percepire diversamente gli spazi e attribuirgli valori differenziati.

8. La ristrutturazione urbana attinge a fonti di finanziamento variegate

Intrecciare gli investimenti e sovvenzioni da parte delle politiche economiche, sociali e urbanistiche:

- i progetti modello promossi esulano dalle procedure, strumenti e metodologie tradizionali della ristrutturazione urbana e suggeriscono specifiche modificazioni legislative;

- le decisioni circa l’allocazione di risorse pubbliche devono garantire il finanziamento di progetti sperimentali con rilievo internazionale; le modalità di finanziamento si devono orientare ai progetti;

- i progetti di ristrutturazione urbana vertono al conseguimento di risultati nel mercato del lavoro pubblico e privato.

9. I media e la comunicazione determinano l’immagine della città

Sviluppare concetti di marketing urbano per la ristrutturazione:

- media, comunicazione e immagini esercitano un’importante influenza sulla configurazione urbana e devono essere utilizzati come strumenti della pianificazione e della costruzione;

- interventi estetici creano spazi mentali liberi e offrono immagini per la propria attivazione; strutture aperte e flessibili rendono possibili comportamenti urbani;

- il marketing urbano mette a fuoco l’immagine della città e crea, insieme alle iniziative culturali ed economiche, nuovi posti di lavoro.

10. Le città in diminuzione sono un fenomeno internazionale

Organizzare e promuovere la ristrutturazione urbana nel contesto globale

- la ristrutturazione urbana è un lavoro epocale, sia delle città della Germania dell’Est, sia di molte città europee ed extra-europee. La “la città in contrazione” (“ shrinking city”) è un tema generale che deve essere dibattuto e sperimentato in sede internazionale;

- la ristrutturazione urbana pone nuove domande e apre a nuovi campi di ricerca nei settori della tecnica, economia e cultura, che devono essere elaborati nello scambio internazionale;

- il know-how della ristrutturazione urbana nell’Est genera nuove soluzioni di rilevanza regionale e interregionale.

Nota: qui il sito ufficiale dell’Iba (G.J.F.)

Brisbane City Council, Response to the Homeless Strategy, 2002-2006, redazione di Suzanne Lawson, Social Policy Branch, Community and Economic Development, ottobre 2002; Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Introduzione

Il Consiglio comunale di Brisbane è impegnato a fare di Brisbane una città inclusiva. Uno dei punti di questa idea è di assicurare che i gruppi emarginati non vengano ulteriormente colpiti dallo sviluppo della città come capitale moderna. Gli homeless sono tra i gruppi più emarginati di Brisbane.

Il consiglio comunale ha sviluppato la propria strategia per i senza fissa dimora come risposta al bisogno di queste persone che vivono in città, e di chi rischia di trovarsi in tale condizione. Il censimento del 2001 indica che esistono almeno 350 homeless nella sola area centrale di Brisbane. Nel 1996, era stato stimato un totale di 4900 persone nel territorio comunale.

In genere non si è senza fissa dimora per scelta. Gli homeless esprimono bisogni diversi, a cui devono corrispondere risposte differenziate. È quindi indispensabile che vengano coinvolti nel problema tutti i settori governativi, cittadini e i privati.

Il Consiglio si rende conto che esisteranno sempre e comunque a Brisbane degli homeless, incluso chi sceglie di non avere un alloggio fisso. In questi casi l’obiettivo è di migliorare l’accessibilità a strutture e servizi essenziali come i pasti, la sanità, la sicurezza.

Negli ultimi 12 mesi ci sono stati segnali crescenti del fatto che Brisbane City si trovi ad un punto critico per quanto riguarda la questione degli homeless. In particolare:

• problemi di conflitti begli usi degli spazi pubblici [...]

• una rapida gentrification e ristrutturazione urbanistica degli spazi della città centrale, con perdita di spazi pubblici

• continua diminuzione di adeguati alloggi a prezzi accessibili: chiusura di pensioni e demolizioni

• impatti di lungo termine della de-istituzionalizzazione delle cure mentali e dei servizi di riabilitazione

• incapacità dei servizi di rispondere a problemi i rapida emergenza e trasformazione

• aumento delle povertà e della disoccupazione permanente

• riduzione delle risorse pubbliche per i servizi sociali e la casa.

I vari piani e interventi delle autorità federali, statali e locali hanno avuto effetti sugli attuali livelli del problema. Il tutto è stato aggravato dall’incapacità dei servizi di rispondere alla domanda, e dalla mancanza di comprensione e tolleranza degli homeless da parte della cittadinanza.

Il Consiglio, nell’ambito del proprio impegno a costruire una comunità inclusiva e tollerante, attiverà una serie di interventi per gli homeless di Brisbane, in collaborazione con tutti i gradi di governo.

Le dimensioni del fenomeno

Il termine homeless a grandi linee si riferisce a persone prive di una sistemazione convenzionale. La definizione comunemente accettata comprende persone che:

• sono prive di qualunque alloggio (vivono nei parchi o comunque dormono all’aperto) – situazione di primo grado

• si spostano fra varie forme di alloggio temporaneo, come ad esempio ricoveri di emergenza, parchi, ospitalità di amici o parenti – situazione di secondo grado

• vivono in condizioni di precarietà, inadeguate ai loro bisogni, insicure, come nei casi di giovani che subiscono abusi a casa – situazione di terzo grado.

Il problema dunque può essere:

• di breve termine a causa di una crisi

• di lungo termine se una persona si adatta alla situazione di homeless

• in evoluzione nel caso in cui una persona a rischio si muove tra varie forme di sistemazione precaria.

È riconosciuto che le circostanze ed esperienze degli homeless sono individuali, e le risposte devono essere flessibili a sufficienza da adattarsi a bisogni vari e complessi. Comunque, in molti casi si verificano:

• povertà, e vicende di esclusione sociale e abusi

• mancanza di controllo sugli spazi dove vivono

• sensazione di non essere accettati nella comunità dove si vive

• maggiore probabilità di situazioni di svantaggio quali malattia mentale, dipendenza da sostanze, traumi e abusi.

Le risposte al problema homeless devono quindi essere rivolte alle esperienze individuali e insieme ai più ampi problemi della povertà, disoccupazione, accesso ad alloggi a basso prezzo e servizi adeguati. Le persone homeless devono anche vedere riconosciuti i propri diritti di cittadini, di partecipare alla vita urbana. [...]

Principi

• il Consiglio riconosce che esistono persone homeless per una quantità di motivi, e per l’assenza di valide alternative, esse non devono essere accusate o discriminate per il loro stato di senza fissa dimora.

Il Brisbane City Council accetta le persone homeless come parte della comunità, e collabora con esse alla soluzione dei loro problemi.

• le persone homeless sono tra le più svantaggiate della città. Il Consiglio si impegna ad assicurare che progetti urbanistici, programmi e procedure in atto nelle aree di sua competenza non aggiungano altri svantaggi.

• insieme a tutti gli altri livelli di governo, e alla cittadinanza, il Consiglio ha l’obbligo morale di rivolgersi agli homeless della città nell’ambito di un più vasto obiettivo, per una città più tollerante, funzionale e inclusiva.

• ciascuno all’interno della nostra comunità ha il diritto ad un alloggio adeguato. Il Consiglio collaborerà con le autorità statali e federali per assicurare la disponibilità di abitazioni stabili, sicure e a prezzi accessibili, sostenendo le possibilità delle persone homeless.

• il Brisbane City Council riconosce che le persone senza fissa dimora sono cittadini con gli stessi diritti e responsabilità degli altri che vivono in città. Le persone homeless, insieme agli altri membri della comunità:

• hanno il diritto di stare negli spazi pubblici sia senza timore di essere aggrediti, sia con la responsabilità di non infrangere i diritti altrui

• hanno a disposizione vari spazi della città significativi per gruppi particolari come i giovani homeless

• devono poter accedere alle strutture interne agli spazi pubblici che rispondono ad alcuni loro bisogni essenziali

• in quanto partecipanti alla vita della città, verranno consultati per quanto riguarda le decisioni del Consiglio che li riguardano.

• il Consiglio riconosce che molte persone homeless sono Indigeni, e che alcuni Indigeni preferiscono vivere e svolgere attività asociali all’aperto. Il Consiglio riconosce anche il significato culturale di alcuni luoghi della città per la popolazione Indigena. Il Consiglio consulterà la popolazione Indigena per quanto riguarda gli spazi pubblici che essa ritiene significativi. [...]

Evoluzione nei profili della popolazione homeless

All’interno della popolazione homeless esistono gruppi distinti che necessitano di servizi specifici. Ciò si connette sia ai limiti nelle strutture che ai mutamenti nei profili della popolazione. Tali gruppi comprendono:

• famiglie

• donne, in particolare donne Indigene

• giovani

• rifugiati.

I paragrafi seguenti delineano alcune questioni relative a questi gruppi. L’individuazione di tali questioni non esclude il fatto che molte persone senza fissa dimora esprimano bisogni critici.

La maggioranza della popolazione homeless ha oltre 40 anni, e si tratta in particolare di uomini, e altri uomini più anziani continuano ad avere una serie di necessità a cui non trovano risposta. Esistono limitate possibilità di includere anziani senza fissa dimora o persone che corrono questo rischio nell’ambito dell’assistenza corrente.

Il Consiglio ha una serie di iniziative concernenti questi gruppi. [...]

1. Famiglie

Non esistono sistemazioni di emergenza per famiglie a Brisbane. Nel corso di una verifica trimestrale (settembre-dicembre 2001) nell’area della inner city, sono state assistite dieci famiglie. Si riportano casi di famiglie in stato di emergenza che dormono in automobile.[...]

2. Donne

Lo studio promosso dal Consiglio, Women in Brisbane, riferisce di sistemazioni di emergenza e alloggi temporanei per donne, considerati una questione chiave. Ciò comprende alloggi e servizi per donne con bambini, donne Indigene, donne asiatiche, e alloggi sicuri per giovani.

Lo Anglican Women’s Hostel, la San Vincenzo De Paoli, e il Good Samaritans offrono un totale di 28 posti letto per donne nella zona centrale. Le donne con bambini possono essere ospitate nella casa ad alloggio temporaneo della Good Samaritans.

Sono necessarie ricerche sui bisogni e le risposte più adeguate per le donne homeless e i bambini, comprese le connessioni fra lo stato dei senza fissa dimora e la violenza domestica, o la vita di strada in situazioni di violenza.

Lo Indigenous Women’s Safety Reportindividua fra le priorità:

• servizi mobili e flessibili in grado di rispondere ai bisogni immediati come assistenza medica, cibo, assistenza legale e sistemazione (Azione 1).

• possibilità di trasporto per partecipare ad importanti eventi comunitari come funerali e altre cerimonie (Azione 2).

• migliori strutture nei parchi per offrire pasti e assistenza a i bambini (Azione 3).

• fondi disponibili per donne in situazione di crisi per accedere ad un alloggio dove tenere i figli (Azione 4)

• offerta di luoghi sicuri/ drop in (Azione 5).

3. Giovani

Esiste un’ampia tipologia di circostanze e questioni per quanto riguarda i giovani homeless o a rischio di diventarlo, come:

• giovani homeless/a rischio che vivono in alloggi temporanei con amici o familiari

• giovani homeless di lungo termine ad alta visibilità, che tendono ad utilizzare case occupate, centri commerciali, parchi e altri spazi pubblici del centro

• mancanza di sicurezza per i giovani homeless, in particolare per le giovani donne

• vulnerabilità dei giovani dipendenti da sostanze

• giovani che non sono homeless ma sono attratti verso le zone centrali dalla periferia. Alcuni si fermano per un fine settimana ed è possibile aiutarli a rientrare a casa, altri stanno fuggendo da abusi in famiglia.

È critico un intervento rapido per prevenire i giovani rispetto all’ingresso nel cerchio vizioso homeless, dipendenza da droghe, sfruttamento. Programmi di intervento rapido e prevenzione, come il lavoro con le scuole per individuare giovani a rischio, programmi per le relazioni familiari, offerta di sistemazioni assistite, possono aiutare alcuni giovani a evitare il circuito dello stato homeless cronico. Per i giovani senza sistemazione servizi di assistenza sul posto e sostegno economico possono consentire di trovare soluzioni di breve termine dove possono essere sicuri.

I servizi notturni sono limitati ai giovani a rischio della inner city. La Inner Urban Youth Interagency individua i bisogni prioritari per i servizi notturni di persone giovani homeless e a rischio, in particolare in relazione all’uso di droghe, per:

• offrire luoghi sicuri

• fornire accessi di emergenza ai trasporti

• gestire attività sociali

• offrire docce, pasti, posto per dormire un paio d’ore.

Il Red Cross Café è cominciato come progetto pilota di quattro mesi nel luglio 2001, e offre un servizio notturno per giovani. Apre due sere a settimana e offre pasti, docce, un luogo sicuro e servizi di informazione a giovani homeless della città. Un’analisi del progetto condotta nel febbraio 2002 ha rilevato che circa 25-30 giovani usavano il servizio ogni sera, e di questi l’81% dormivano all’aperto o in case occupate. Da allora il numero di giovani che accedono al Café è salito a una media di 45 a notte. È in crescita la percentuale di giovani donne e di persone Aborigene e originarie delle isole dello stretto di Torres. [...]

4. Rifugiati

La Working with Refugees Strategy (2002) sottolinea le carenze di sistemazioni adeguate per i rifugiati, particolarmente per i giovani privi di sostegno e orientamento, e di case a prezzi accessibili per famiglie con molti bambini. Il Refugee Claimants Support Service riporta una media di 120 richiedenti asilo l’anno, ciascuno registrato come in cerca di una sistemazione. [...]

Uso degli spazi pubblici

Le persone prive di fissa dimora sono membri della nostra comunità e hanno i medesimi diritti e responsabilità degli altri cittadini verso gli spazi pubblici. Il Consiglio non ritiene che un approccio di polizia costituisca una risposta adeguata alle questione degli homeless, e che l’uso di tale potere spesso produca il riemergere del problema in altri diversi luoghi. Si sostengono così una serie di orientamenti per affrontare il conflitto nell’uso degli spazi pubblici.

Gli ambiti pubblici in centro e in periferia vengono utilizzati dalle persone senza fissa dimora in diversi modi, Ad esempio:

• gruppi di persone homeless di lungo termine, in particolare giovani e Indigeni, usano i parchi del centro [...]

• singoli homeless abituali, alcuni con problemi mentali, utilizzano alcuni spazi centrali e periferici

• alcune persone che attraversano periodi transitori di crisi usano spazi periferici in tutta la città

• una popolazione provvisoriamente homeless utilizza tettoie per autobus, rifugi nella zona terziaria centrale, centri commerciali

• persone in viaggio usano i parchi di periferia per alcune notti come campo, in particolare nelle aree boscose

• persone non necessariamente homeless utilizzano comunque i parchi come luogo di incontro, in punti dotati di particolare significato, come nel caso della popolazione Indigena [...].

Nelle zone centrali, il calcolo degli Homeless dell’ufficio Censimento nel novembre del 1999 ha rilevato 164 persone che vivevano per strada. Stime del novembre 2001 basate su valutazioni nei parchi della zona centrale indicano che la cifra dovrebbe essere salita ad almeno 275 unità. L’Ufficio Tecnico comunale ha individuato una lista di 20 luoghi disponibili per eventuali interventi di ristrutturazione urbanistica, e almeno dieci di essi sono noti per essere correntemente utilizzati da persone homeless. Vari servizi comunali hanno rilevato presenze di persone senza fissa dimora in periferia [...].

Come indicato sopra, le pressioni al riuso urbano e la diminuzione delle case a prezzi accessibili contribuiscono ad acuire il conflitto per l’uso degli spazi pubblici. Se alcune persone hanno scelto di non avere casa, la maggior parte degli homeless cerca di accedere a qualche tipo di sistemazione. Il Consiglio deve così rispondere per assicurare la sicurezza di tutti nell’uso degli spazi pubblici, e per assistere i senza fissa dimora ad accede a sistemazioni adeguate e ovunque possibile ai vari servizi.

Nota: di seguito è disponibile il file PDF scaricabile di questa traduzione. La versione integrale e originale del documento è disponibile invece nella pagina dedicata ai Piani Cittadini dell’amministrazione di Brisbane (f.b.)
Brisbane_homeless-it

Il nuovo piano di Parigi (Plan Local d’Urbanisme): come coniugare sviluppo, solidarietà e qualità ambientale costruendo strategie condivise e partecipate, e definendo innovative regole non contrattabili

In ottemperanza ai dettami della nuova legge urbanistica francese (SRU, 2000-1208), nell’ottobre del 2001 è stata avviata la revisione del piano di Parigi. Il PLU, che sostituirà il POS, ha già realizzato i tre passaggi cruciali previsti per legge: la Diagnostic, il PADD che ha messo a fuoco le linee strategiche dell’amministrazione, le prescrizioni regolamentari che si applicheranno al territorio comunale.

Le regole per l’uso dei suoli rappresentano dunque l’ultima tappa di un processo che è scaturito sia “dall’alto” che “dal basso”. Gli orientamenti generali sono stati indicati dalle linee guida contenute nello Schéma Directeur de la Region Ile-de-France (che in virtù dell’articolo L. 141-1 del Code de l’Urbanisme ha gli effetti di una Directive Territoriale d’Aménagement, con la quale pertanto i piani urbanistici comunali devono risultare compatibili) e dalle note del Prefetto concernenti la Revisione del PLU parigino. Ma le regole del PLU costituiscono soprattutto la ricaduta operativa di un vero e proprio “progetto di città” che, secondo le parole del sindaco Delanoë, ha l’ambizione di riequilibrare il territorio parigino ”en rupture avec le passé”: un progetto che si propone di migliorare sensibilmente la qualità della vita quotidiana, promuovere lo sviluppo e l’occupazione, attenuare gli squilibri esistenti in direzione di un modello di città più solidale.

La Diagnostic urbaine ha evidenziato le contraddizioni prodotte dalle scelte urbanistiche della amministrazione Chirac: la eccessiva concentrazione di funzioni ed iniziative edilizie nei quartieri dell’Est e del Nord-Est parigino, l’espulsione progressiva di gruppi sociali e funzioni deboli, la eccessiva specializzazione terziaria e il progressivo imborghesimento della popolazione.

Il PLU parigino estende le sue competenze rispetto al POS vigente: esso ricomprende infatti le ZAC (i grandi progetti affidati a società di economia mista), ad evitare la proliferazione incrementale di progetti in deroga svincolati da una quadro di coerenza complessiva. Ha inoltre predisposto un complesso apparato normativo-regolamentare (su alcune problematiche ritenute di rilevanza cruciale nel breve e medio periodo) la cui legittimazione è stata perseguita attraverso una impegnativa strategia di comunicazione/coinvolgimento continuo della cittadinanza e degli attori lungo tutto il processo di costruzione del piano: dal 2001 al 2004.

Il PLU è stato anche l’occasione, peraltro ben radicata nella prassi urbanistica delle amministrazioni locali delle grandi città francesi e delle loro Agences d’Urbanisme, per un impegno poderoso in termini di analisi, prospezioni, studi di settore, elaborati cartografici (“14 chili di documenti”, sottolineano con malcelato orgoglio i siti ufficiali dedicati al PLU).

Il piano, dopo alcune vivaci sedute che hanno prodotto emendamenti migliorativi sensibili, è stato approvato dal Consiglio Comunale il 2 febbraio 2005: conclusa l’inchiesta pubblica e pubblicati i risultati, la sua adozione definitiva è prevista entro il primo semestre del 2006. Una volta adottato, si sostituirà al POS (Plan d’Occupation des Sols) del 1977(revisionato nel 1989 e nel 1994).

Su alcuni aspetti qualificanti del PLU di Parigi, diamo qui di seguito una descrizione sintetica, allegando alcuni file in pdf tratti dai siti ufficiali e alcuni suggerimenti per una navigazione più di dettaglio per il lettore interessato all’approfondimento.

Il piano di Parigi ha tre obiettivi: 1. “Rendere la città più bella”, 2.“Salvaguardare la diversificazione sociale e lottare contro le disuguaglianze”, 3.“Sviluppare l’occupazione”

1. Con il primo obiettivo si intende rafforzare l’identità parigina salvaguardando il suo patrimonio architettonico, sviluppando la dotazione di verde urbano, promuovendo una architettura di qualità, limitando la circolazione delle automobili. Per il patrimonio costruito la tutela si estenderà dai 1900 monumenti e siti eccezionali protetti dallo Stato a 4.000 nuovi edifici individuati dai consigli di quartiere e dalle associazioni di base. Per il verde urbano, il PLU prevede 30 ettari di nuovi giardini e la salvaguardia dei 200 ettari di giardini privati esistenti. Si conferma una altezza massima per le nuove costruzioni che non superi i 18-37 metri a seconda dei quartieri (salvo deroghe eccezionali consentite soltanto a condizione di una sistematica consultazione degli abitanti: un “compromesso” cui si è giunti fra i Verdi, schierata a favore di un rigido controllo delle altezze degli edifici e il sindaco, più possibilista). Per ridurre l’uso dell’automobile, si conferma il piano di estensione delle corsie dedicate esclusivamente ai trasporti pubblici, delle piste ciclabili e delle aree pedonali; gli standard di parcheggi vengono ridotti: un posto auto per 100mq. di superficie abitativa e nessun obbligo di realizzazione di posti auto per interventi residenziali inferiori a 1.000 mq. (10-12 alloggi) e per uffici, commercio e grandi servizi.

2. Con il secondo obiettivo, il PLU dà priorità alla realizzazione di abitazioni nei quartieri del Centro e dell’Ovest eccessivamente terziarizzati, e in particolare all’edilizia sociale. Per quest’ultima le disposizioni regolamentari approvate nel febbraio prevedono che, all’interno di identificati perimetri “di deficit”, si applichi una quota obbligatoria del 25% per tutte le nuove iniziative immobiliari superiori a 1.000 mq di superficie: una regola avversata dall’opposizione che voleva fissare la soglia minima a 4.000 mq., ma approvata dal Consiglio Comunale.

3. Per sviluppare l’occupazione (un problema prioritario per il PCF), il PLU concentra nuove opportunità insediative nelle zone più fragili (il Nord, l’Est e il Sud), introducendo un sistema di premi edificatori per nuove costruzioni o interventi di recupero del costruito destinati a uffici, laboratori di ricerca, artigianato e commercio al dettaglio in stretta integrazione con le nuove destinazioni per abitazioni, spazi verdi e servizi di prossimità. In particolare, regole precise e impegnative riguardano la salvaguardia del commercio al dettaglio lungo gli assi a forte vocazione commerciale.

Il piano di Parigi ha costituito l’occasione per un esteso esercizio di democrazia locale

Si è proprio in questi giorni conclusa l’inchiesta pubblica avviata ufficialmente il 13 maggio 2005: nelle mairies degli arrondissements parigini i cittadini hanno potuto consultare i dossier e la cartografia del PLU, ricevere ragguagli ed esprimere pareri e valutazioni qualitative.

Nel terzo trimestre 2005 sarà elaborato un rapporto in merito ai risultati dell’inchiesta pubblica e nel primo semestre 2006 il consiglio comunale approverà definitivamente il piano.

Ma tutto il processo di elaborazione del PLU è stato accompagnato da iniziative di concertazione pubblica: sia in fase di Diagnostic, che nella definizione degli obiettivi strategici del PADD (in particolare attraverso gli “Stati Generali dell’urbanistica” che si sono tenuti nel giugno 2003), che in concomitanza con la elaborazione della cartografia e delle norme tecniche di attuazione. Il PLU ha costituito l’occasione per sperimentare per la prima volta a Parigi un modello di esteso coinvolgimento della popolazione, per meglio mettere a fuoco le ambizioni collettive di un progetto per la città che vuole proiettarsi oltre la durata prevista per legge per il PLU (dieci anni), ragionando in una prospettiva ventennale e facendosi carico con consapevolezza della eredità da trasmettere alle generazioni future.

Sia nella fase della Diagnostic urbaine che nella elaborazione del PADD, gli incontri con i cittadini, gli attori economici e sociali, gli esperti sono stati continui: presso le mairies degli arrondissements e presso i 121 consigli di quartiere, in diverse occasioni pubbliche e con una articolata ed esauriente disseminazione di pubblicazioni e informazioni via Internet.

In particolare: presso il Pavillon de l’Arsenal (l’urban center di Parigi) è stata costituita la “Maison du PLU; sono stati pubblicati regolarmente i “Cahiers du PLU”; si è somministrato un questionario a tutti i cittadini nel giugno del 2004 i cui risultati sono stati inseriti sul sito ufficiale del comune.

( www.paris.fr > Urbanisme&Logement > Elaboration du Plan Local d’Urbanisme > Concertation)

La normativa del piano di Parigi: quattro tipologie territoriali (grandes zones), 14 dispositivi regolamentari.

La cartografia a scala 1/2000 (più dettagliata di quella del POS vigente che è a scala 1/5000) copre l’intero territorio comunale (eccetto i settori sottoposti a tutela statale: Marais e Settimo Arrondissement); costituisce il quadro di riferimento regolamentare stabile per le trasformazioni insediative, anche se prevede dei meccanismi di flessibilizzazione alla scala del quartiere; persegue due grandi obiettivi generali: una migliore tutela e valorizzazione ambientale e una maggiore diversificazione funzionale locale.

I principi di zonizzazione si articolano su quattro grandi tipologie insediative:

- la Zona Urbana Generale (U.G.) che copre la maggior parte del territorio comunale ed è regolamentata dalla fissazione del COS massimo (3mq./mq rispetto a 3,75mq./mq. del POS attuale), da regole morfologiche relative alle altezze e ai volumi degli edifici, e da premi e disincentivi volumetrici volti a promuovere la diversificazione e il riequilibrio del mix funzionale locale (COS intégré); la Zona dei Grandi Servizi Urbani (G.S.U.) che riguarda tutti i servizi di rilevanza comunale che richiedono criteri di localizzazione e di progettazione mirati; la Zona Urbana Verde (U.V.) che individua tutte le aree a vocazione ecologica e ricreativa; la zona naturale e forestale del Boi de Boulogne e del Boi de Vincennes (N) cui si applicano regole di salvaguardia e di rigenerazione.

I dispositivi regolamentari riguardano, fra gli altri, le destinazioni d’uso ammesse o vietate; le quote di edilizia sociale da realizzare sulla base dei deficit stimati a livello di quartiere; la viabilità e la sosta; i servizi a rete; le altezze degli edifici e il trattamento estetico degli edifici e delle facciate; la tutela degli spazi aperti e, in particolare, degli spazi verdi e protetti, i coefficienti edificatori massimi ammissibili.

( www.paris.fr > Urbanisme&Logement > Elaboration du Plan Local d’Urbanisme > Du POS au PLU > Présentation générale du reglèment)

Il piano di Parigi: regole cogenti per la salvaguardia del commercio tradizionale

La Enquête Globale de Transport del 2001-2002 ha confermato un importante punto di forza di Parigi in termini di vivibilità e di sostenibilità: il 67% degli spostamenti per fare acquisti si effettua a piedi e il 24% con i mezzi pubblici, mentre soltanto il 7% avviene con l’uso del mezzo privato. La quota degli spostamenti a piedi sale all’88% per l’acquisto di beni di prima necessità.

Il PLU introduce regole strette per garantire un’offerta commerciale diversificata, proteggendola dalla concorrenza dei grandi centri commerciali attestati alle porte di Parigi e da indesiderabili cambiamenti della destinazione d’uso: per 230 km. di assi commerciali (il 16% delle strade parigine), individuati in fase di Diagnostic urbaine come significativi per diversificazione merceologica ed attrattività, si impone la conferma della destinazione d’uso dei piani terra a funzione di commercio al dettaglio per tutti i progetti di nuova edificazione o di recupero. Una regola particolare riguarda la salvaguardia delle botteghe e dell’artigianato alimentari più minacciati (macellerie, pescherie, rivendite di formaggi): essa riguarda 20 km. di assi commerciali specializzati (il 20% dell’artigianato alimentare parigino) dove non sarà consentito un cambiamento della specializzazione merceologica e produttiva.

Nota: allegati di seguito due gruppi di files PDF, un primo di documenti esplicativi di fonte Apur (Atelier Parisien d’URbanisme); un secondo di tavole, dal sito municipale Urbanisme&Logement dedicato al Piano (m.c.g.)

APUR Assurer la diversité du commerce
APUR Développer le végétal...
APUR Produire des logements sociaux à Paris
APUR Protéger le patrimoine..

Deficit logement
Equilibre emploi-habitat
Hauteurs
Végétale en UG
Zonage

Mentre in Italia, con l’approvazione alla Camera della “Legge Lupi”, paradossalmente titolata “Legge per il governo del territorio”, la pianificazione urbanistica e territoriale subisce una ennesima delegittimazione (nel silenzio-assenso di parte cospicua della cultura urbanistica ormai irresistibilmente attratta dal modello neo-corporativo), le innovazioni legislative recentemente introdotte in alcuni paesi europei e le loro ricadute in ambito attuativo, documentano una evidente tendenza: che il piano è tornato a svolgere un ruolo centrale nelle politiche pubbliche, come rimedio ai danni della deregolamentazione urbanistica e per far fronte alle complesse sfide di lungo periodo in tema di competitività, sostenibilità e coesione sociale. Vanno in questa direzione molte leggi e direttive recenti in materia di pianificazione urbanistica e territoriale, fra cui la legge di riforma urbanistica“Solidarité et Renouvellement Urbain” approvata dal governo Jospin (m.c.g.).

La legge Solidarité et Renouvellement Urbain(SRU), n. 2000-1208 del 13 dicembre 2000.

Proposta ed approvata dal governo Jospin, la legge ha rinnovato radicalmente gli strumenti della pianificazione comunale e di area vasta e, malgrado alcuni emendamenti peggiorativi introdotti dall’attuale governo di centro-destra, sta già producendo alcuni risultati interessanti, soprattutto nei contesti urbani e metropolitani più sperimentali e innovativi.

Come anche il titolo sottolinea con grande efficacia, la legge SRU persegue l’obiettivo di lungo periodo dello sviluppo sostenibile: uno sviluppo da perseguire attraverso politiche urbane più coerenti e alla scala pertinente, città più solidali, riqualificazione della città densa, cauto consumo delle risorse territoriali, trasporti ecocompatibili. La legge è scaturita da una lucida riflessione critica su alcuni effetti indesiderabili del decentramento amministrativo realizzato a partire dai primi anni ’80 dello scorso secolo; in particolare sono al centro dell’attenzione del legislatore gli elevatissimi consumi di suolo nelle aree di frangia urbana prodotti dalle dispersione abitativa, l’aumento del consumo di mobilità su gomma, la crescente doppia velocità e la caduta della qualità della vita nelle città e nelle frange suburbane: fenomeni che sono stati favoriti dal modello di autoapprovazione dei piani urbanistici comunali (POS) e dal simmetrico indebolimento della pianificazione di inquadramento di area vasta (opzionalità degli Schemi Direttori) realizzati con il decentramento amministrativo.

Due sono i nuovi strumenti urbanistici previsti dalla legge: lo SCOT (a scala sovracomunale) e il PLU (a scala comunale).

A. Gli Schémas de la Cohérence Territoriale (SCOT) sono piani di inquadramento di area vasta: ricevono competenze più ampie rispetto agli Schémas Directeurs (SDAU), sono più dirigisti e più normativi. Sono elaborati dalle associazioni intercomunali volontarie e sono preposti ad integrare pianificazione urbanistica e piani di settore.

Con gli indirizzi dello SCOT devono essere compatibili (e ad esso subordinati): il PLH (Programme Local de l’Habitat), il PDU (Plan de Déplacement Urbain), il PLU (Plan Local d’Urbanisme), la Carte Communale (il piano semplificato dei piccoli comuni), lo SDEC (Schéma Directeur de l’Equipement Commerciale), la ZAD (Zone d’Aménagement Différée), la ZAC (Zones d’Aménagement Concerté), la perimetrazione delle riserve fondiarie superiori a 5 ha., le grandi opere pubbliche finanziate dallo Stato.

Inoltre, gli SCOT perimetrano in maniera insindacabile gli spazi naturali e urbanizzati sottoposti a tutela.

Una importante regola non contrattabile volta a garantire una gestione prudente nel lungo periodo delle risorse territoriali è rappresentata dal principio di “constructibilité limitée” o di “extension limitée de l’urbanisation” che stabilisce che, in assenza di SCOT approvato, non sarà consentito ai comuni di urbanizzare nuovi territori o realizzare grandi superfici commerciali (il principio che, nella legge SRU si applicava a tutti i comuni che si situano a non più di 15 km dalla periferia di una agglomerazione di 15.000 abitanti, è stato ridimensionato dal governo Raffarin che ha innalzato la soglia demografica a 50.000 abitanti - emendamento introdotto con la legge “Urbanisme et habitat” del 2 luglio 2003).

E ancora, gli SCOT potranno subordinare le nuove urbanizzazioni al livello di dotazione di trasporti pubblici e allo sfruttamento preventivo dei suoli disponibili in aree già urbanizzate (una regola che rafforza il carattere prescrittivo dello SCOT e che ha molte assonanze con analoghe disposizioni olandesi, tedesche e britanniche).

Inoltre, una attenzione particolare dovrà essere dedicata alla pianificazione dell’offerta commerciale, prevedendo un sensibile abbassamento degli standard di parcheggi, per salvaguardare il territorio periurbano e le entrèes de villes dalla proliferazione di grandi centri commerciali. Una legge successiva approvata nel 2002 (DDUHC: Diverses dispositions relatives à l’urbanisme, à l’habitat et à la construction) ha rafforzato queste indicazioni, stabilendo che i comuni sprovvisti di SCOT non sono autorizzati a concedere permessi di costruire per centri commerciali e sale cinematografiche in zona non urbanizzata.

Infine, i Contrats de ville che canalizzano i finanziamenti statali a favore di progetti per la mixité abitativa, la lotta alla esclusione, l’offerta equilibrata di servizi pubblici rientrano anch’essi fra le competenze dello SCOT.

B. A scala comunale, il nuovo strumento urbanistico è il PLU (Plan Local d’Urbanisme) che sostituisce il POS (Plan d’Occupation des Sols).

Per la elaborazione del PLU, che si configura come il progetto urbano della municipalità, si richiedono alle amministrazioni locali, e alle loro agenzie tecniche, alcuni passaggi chiave obbligatori:

- una fase preparatoria di accurata diagnostic urbaine,

- la elaborazione di un progetto globale per il territorio comunale ( PADD: Projet d’Aménagement et de Développement Durable) che deve individuare gli obiettivi strategici del comune, in particolare in tema di riqualificazione urbana, trasporti, difesa della diversità commerciale dei quartieri, paesaggio, ambiente, tutela dei beni architettonici, eventuali progetti in deroga (ZAC) che non possono più essere approvati in sequenza incrementale, ma inseriti nel progetto globale della municipalità e compatibili con le indicazioni dello SCOT,

- la predisposizione delle norme tecniche di attuazione e

- la cartografia e gli allegati.

Da sottolineare infine che la normativa in materia di diritto dei suoli appare poco modificata rispetto a quella dei POS: soltanto la prescrizione del COS (Coéfficient d’occupation des sols) è resa facoltativa, ma nel caso venga fissata non ne è più autorizzato il superamento.

La legge SRU stabilisce per la prima volta in Francia che la concertazione con la popolazione dovrà diventare un processo continuo sia nella elaborazione dello SCOT che del PLU .

Per il PLU, già nello sviluppo delle prime due fasi ( Diagnosticurbaine e PADD), la legge prescrive infatti l’attivazione di un dibattito pubblico fondato su elementi chiari, semplici e comprensibili, con l’obiettivo di “accentuare l’intensità democratica” del processo di pianificazione. Una volta completate tutte le fasi, il PLU deve essere sottoposto a inchiesta pubblica prima della approvazione finale da parte del consiglio comunale.

Le differenze rispetto alla “via italiana” alla riforma degli strumenti urbanistici sono dunque evidentissime. In particolare, occorre ancora sottolineare che il PLU non distingue tra elementi strutturali e operativi: i primi spettano infatti al piano di inquadramento di scala sopracomunale (SCOT) e con essi devono risultare compatibili i grandi indirizzi dei piani comunali. E ancora, il PLU è un “piano comprensivo” a tutti gli effetti; è lo strumento, e il processo, per la integrazione dei piani di settore, sempre in coerenza con gli indirizzi dello SCOT: Plan Local de l’Habitat–PLH (obbligatorio per legge e finalizzato a garantire una adeguata offerta di edilizia sociale alla scala del quartiere); piano del traffico, piano per il sostegno e lo sviluppo delle attività economiche e commerciali, piano per la protezione e la valorizzazione dell’ambiente. Si tratta dunque di un vero “projet urbain” che definisce misure, azioni, progetti e regole non contrattabili che riguardano non più soltanto la definizione precisa dei diritti d’uso del suolo da parte dei privati (come avveniva nel POS), ma anche il progetto pubblico e di lungo periodo della amministrazione locale.

I principi fondamentali cui il PLU deve fare riferimento, e ai quali devono accompagnarsi adeguati e coerenti elementi prescrittivi e regolamentari, sono:

- il governo del consumo di suolo e la protezione degli spazi naturali e agricoli; una gestione prudente degli spazi urbani, periurbani, naturali e rurali; il contenimento degli spostamenti su gomma e dei correlati effetti ambientali negativi; la tutela del patrimonio costruito e la prevenzione dei rischi;

- la ricerca di diversità delle funzioni urbane e la mixité sociale, “prevedendo progetti ed interventi di recupero sufficienti per soddisfare, senza discriminazioni, i bisogni presenti e futuri in materia di abitazione, di attività economiche, in particolare commerciali, di attività sportive e culturali e d’interesse generale e di servizi pubblici, tenendo in conto particolare il riequilibrio emploi-habitat, i trasporti pubblici e la gestione delle acque” (nuovo art. L.121-1 del Code de l’Urbanisme).

Da sottolineare infine che la legge RSU per quanto riguarda la riduzione della “doppia velocità” stabilisce che tutti i comuni di una agglomerazione urbana con più di 50.000 abitanti devono garantire una offerta abitativa costituita, per almeno il 20% del totale, di edilizia sociale, prevedendo un prelievo sulle entrate comunali (che sarà versato alle associazioni intercomunali o allo Stato) ed, eventualmente, l’esercizio dei poteri sostitutivi per i comuni inadempienti. Per i comuni dell’Île-de-France, l’inadempienza potrebbe tradursi in un blocco delle licenze terziarie, di fatto reintroducendo l’Agrément en Blanc soppresso negli anni ’80.

L’attuale governo ha in parte indebolito gli aspetti più innovativi della RSU consentendo un regime di transizione fino al 2006 in cui restano in vigore i POS vigenti, non si applicherà il principio di extension limitée de l’urbanisation, i comuni potranno realizzare le ZAC già programmate. Inoltre, mentre nella formulazione originaria il 20% di edilizia sociale da realizzare nelle agglomerazioni con più di 50.000 abitanti era esclusivamente dedicato alle abitazioni in affitto, è stata consentita anche la realizzazione di alloggi in proprietà.

Sulla legge SRU, sul dibattito parlamentare e più in generale culturale sviluppatosi in Francia, sugli emendamenti successivamente introdotti dal governo Raffarin, si consiglia ai cultori di analisi comparativa una ricerca in Internet per parole chiave e la navigazione nel sito www.legifrance.gouv.fr., dove è possibile scaricare i testi di legge, le circolari esplicative ed anche il dibattito parlamentare. Ciò consentirà, fra l’altro, di apprezzare al meglio, al di là delle ovvie differenze istituzionali, la sconsolante distanza, anche formale oltre che sostanziale, fra l’apparato giuridico e il dibattito politico-culturale francese e quelli sviluppatisi nel nostro paese negli ultimi tempi.

Kangaroo Island Council, Development Plan, 2003 – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

[...] Premesse

Kangaroo Island è una delle più grandi isole della costa australiana. Si compone di un vasto altopiano che termina in alte scogliere verticali a nord, e in una fascia di territorio basso sulla costa meridionale, costituito in gran parte di strati calcarei e dune di sabbia.

Nella parte occidentale dell’isola, caratterizzata da piogge relativamente abbondanti, abbondano gli eucalipti di una certa altezza. La gran parte di questa foresta di sclerofoglie è compresa nel Flinders Chase National Park. Nella parte orientale dell’isola, con livelli di precipitazioni più bassi, la vegetazione dominante sono cespugli di mallee. Il centro principale dell’isola è Kingscote, e altri nuclei comprendono Penneshaw, American River, Parndana, Emu Bay e Vivonne Bay.

L’agricoltura tradizionale, che comprende attività di coltivazione e allevamento, continua a costituire la maggio fonte di reddito e posti di lavoro di Kangaroo Island.

L’economia locale deriva principalmente da lana, ovini e bovini da carne, orticultura, viticoltura, turismo, acquacoltura, pesca, attività forestali, coltivazioni, uova e pollame, attività estrattive. Si allevano anche animali da latte, mucche e pecore, principalmente per latticini. L’allevamento delle pecore ha tradizionalmente costituito circa il 60% della base economica dell’isola, ma le attività intensive sono limitate. Viene prodotto miele, ed esportate api di tipo Ligure (l’unica discendenza pura nota al mondo).

I prezzi dei prodotti agricoli sono ciclici, e soggetti ai mercati mondiali. La dipendenza da prodotti a basso valore aggiunto si traduce in una bassa crescita della domanda e a un margine sempre più ampio fra il prezzo all’origine e quello al consumatore, con un declino del reddito reale delle attività agricole. Se il settore agricolo vuole restare un’attività significativa a Kangaroo Island, nuovi mercati e nuovi tipi di attività devono essere individuati, promossi, adottati dagli operatori e sostenuti attraverso destinazione terreni e offerta di infrastrutture. Ciò sta ora avvenendo per quanto riguarda l’allevamento ovino dell’isola, attraverso il Kangaroo Island Flock Production Group. Le attività agricole devono essere ambientalmente sostenibili.

L’ambiente di Kangaroo Island è caratterizzato da ampie zone di Parco nazionale e di altre riserve, che interessano quasi il 30% dell’isola. Kangaroo Island possiede caratteri spettacolari riguardo alle coste; spiagge di sabbia pulita; torrenti di acqua dolce; ambienti naturali incontaminati; una piccola popolazione stabile; una notevole diversificazione di flora e fauna locale (comprese specie rare e minacciate); una colonia di foche si specie rara; sono assenti volpi o conigli; è relativamente assente anche l’inquinamento. L’isola possiede un paesaggio attraente, con una miscela di ambienti a pascolo e vegetazione naturale.

Kangaroo Island offre una natura australiana incontaminata, fauna selvatica e un’esperienza rurale caratterizzata dal contesto distintivo isolano. La possibilità di vedere la fauna australiana (comprese specie rare) negli habitat naturali, le coste spettacolari, i paesaggi boscosi e l’atmosfera mistica di isolamento, scarsa popolazione, tradizione, fanno di Kangaroo Island una destinazione irresistibile per visitatori locali, nazionali, internazionali.

L’ambiente dell’isola è di qualità estremamente alta perché naturale e incontaminato, e davvero proponibile come “incontaminato” e “naturale”.

Di conseguenza, il turismo è un’attività importante per Kangaroo Island. L’offerta comprende il fatto di essere un’isola, gli ambienti naturali, le coste, boschi, scarsa popolazione, storia. Kangaroo Island è luogo di riposo, contemplazione, divertimento nella scoperta della natura, osservazione della vita selvatica, pesca, immersioni, surf, campeggio e passeggiate nei boschi.

È stato sviluppato per l’isola un modello di gestione del turismo noto come Tourism Optimisation Management Model (TOMM). Si tratta di un modello pensato per l’isola, a monitorare l’attività turistica e le risorse su cui si basa, in modo tale che i vari interessati possano inserire i risultati nel proprio sistema di decisioni sul futuro dell’Isola. TOMM è iniziato nel 1999 ottenendo un notevole sostegno da parte delle imprese e della comunità.

Il turismo ha mostrato una crescita negli anni recenti, e si prevede che il numero dei visitatori aumenterà nel futuro. È di estrema importanza che il turismo a Kangaroo Island sia gestito in modo da assicurare che le esperienze dei visitatori continuino a corrispondere alle loro aspettative e idee.

La pesca, sia amatoriale che commerciale, è un’attività chiave per l’isola, con merlani, tonni, snappers, salmoni e altre varietà che si trovano nelle acque circostanti. Le imprese del settore della pesca esistenti comprendono esportazione di aragoste da scoglio e altri tipi. L’acquacoltura su terra comprende allevamento di varie specie. Quella in mare cozze e ostriche.

Le attività di forestazione di Kangaroo Island sono in genere localizzate all’estremità occidentale, e comprendono parecchie migliaia di ettari a conifere (per legname) e blue gum (per la polpa). Ci sono potenzialità per altre coltivazioni di alberi, nei settori del legname, degli oli di eucalipto, e altri prodotti da biomasse, in particolare nelle aree a maggior precipitazioni.

Il rafforzamento dell’economia di Kangaroo Island attraverso attività a valore aggiunto e orientate a mercati specifici turistici, viene considerato vitale per mantenere una stabile popolazione residente, e un’attività economica vitale.

La comunità dell’isola sinora è stata capace di mantenere una qualità della vita ricca di aspetti naturali e culturali grazie alle caratteristiche uniche di Kangaroo Island. Il benessere sociale dipende comunque dal rafforzamento e miglioramento economico, dall’offerta e ampliamento di servizi e infrastrutture, dalla creazione di opportunità formative e lavorative, in particolare per mantenere l’equilibrio fra le classi di età sull’isola.

Le dimensioni del territorio limitano fortemente un’equa distribuzione dei servizi, con quelli primari concentrati a Kingscote, il principale centro urbano dell’Isola. Qui si trovano tutti i servizi come gli uffici governativi, polizia, ambulanza, ospedale, servizi medici e programmi di sostegno comunitario. Sono disponibili limitatamente alcuni servizi anche a Penneshaw, che insieme all’aeroporto di Kingscote è considerato l’ingresso principale all’isola.

Strutture per lo sport e il tempo libero sono reperibili nei centri urbani di Kingscote, Penneshaw, American River, Emu Bay e Parndana, oltre che in varie località rurali come Wisanger, Western Districts, Birchmore, e Stokes Bay.

La qualità della vita collettiva e il benessere economico sono influenzati dai costi dell’accessibilità a servizi e infrastrutture, costi associati a miglioramento e ampliamento dei servizi. I costi economici e sociali dell’accessibilità da e al continente continuano ad essere un problema per abitanti e imprese. La comunità di Kangaroo Island sarà sempre gravata da costi di trasporto relativamente alti, e quindi l’economia locale necessita di spostarsi verso produzioni di nicchia e ad alto valore aggiunto, e servizi che possano sostenere questi inevitabili alti costi di trasporto.

Per gli scopi di pianificazione, è prudente assumere come popolazione permanente una base di 5.000 abitanti, con un incremento di turisti al picco stagionale sino a 10.000. (Nota: lo i dati del censimento 1996 dell’Australian Bureau of Statistics indicano per Kangaroo Island una popolazione stimata di 4.118 persone).

OBIETTIVI STRATEGICI

Gli obiettivi principali di sviluppo per Kangaroo Island si concentrano sull’economia, l’ambiente, la comunità.

Obiettivo Economico: creare una cornice economica tale da promuovere, sostenere e far crescere un contesto vitale, migliorare le condizioni generali, creare opportunità di occupazione.

Obiettivo ambientale: proteggere, sviluppare, ripristinare, a seconda dei casi, un ambiente naturale unico, le risorse idriche, il contesto marino, la biodiversità, i processi ecologici, assicurando che non si verifichi alcuna perdita netta nelle qualità ambientali dell’Isola.

Obiettivo comunitario: preservare e migliorare la qualità della vita per gli abitanti dell’isola, ampliando ed elevando la qualità dei servizi e delle infrastrutture, e delle occasioni di impiego.

L’ASSETTO FUTURO

Complementare agli Obiettivi strategici per Kangaroo Island, la seguente Dichiarazione di intenti per il futuro [ Vision Statement] definisce gli orientamenti per il medio e lungo periodo.

● Kangaroo Island sarà considerata una delle meraviglie naturali d’Australia, ben conosciuta e rispettata per i suoi vasti parchi di conservazione, flora e fauna unica, la generale consapevolezza locale riguardo all’ambiente e la pacifica coesistenza fra natura e attività agricole.

● Kangaroo Island sarà nota come meta turistica particolare, di livello nazionale e mondiale, che offre al turista esperienze rurali e naturali di grande significato.

● Kangaroo Island avrà una propria nicchia di mercato, rivolgendosi a chi ha consapevolezza ambientale, gode della natura, della flora e fauna selvatica, delle esperienze appartate, che desidera imparare e vivere direttamente culture e ambienti dei luoghi che visita. Le risorse naturali saranno mantenute da un’efficace gestione e interpretazione.

● Il settore agricolo di Kangaroo Island si svilupperà unendo le attività di coltivazione e allevamento tradizionali alla messa in atto di una vasta gamma di nuove colture e tecniche di pesca, come l’orticoltura, l’idroponia, la viticoltura, floricoltura, acquacoltura su terra.

● Kangaroo Island consoliderà le proprie esportazioni di prodotti dell’agricoltura.

● La promozione dell’immagine di Kangaroo Island (per il turismo e per l’esportazione di prodotti) sarà sostenuta dal mantenere l’isola ambientalmente intatta, per la soddisfazione di abitanti e visitatori.

● Kangaroo Island sarà dotata di un sistema stradale sicuro e ben mantenuto, con strade asfaltate a servizio dei centri urbani, delle principali attrazioni turistiche e attività economiche. I servizi saranno concentrati nei poli principali di attività come centri urbani, luoghi di attrazione turistica, zone di produzione e di ritrovo comunitario, in modo da sostenere uno sviluppo edilizio pianificato e coordinato.

● Gli abitanti di Kangaroo Island godranno di un livello di servizi comunitari adeguato a quello di una comunità rurale di 4.200 persone e ai bisogni di un’industria turistica, tenendo presente gli alti costi di erogazione.

OBIETTIVI

Gli obiettivi che seguono riguardano il quadro generale del Development Plan per Kangaroo Island e discendono dagli Obiettivi strategici e Assetto futuro delineati sopra.

Strategie di Sviluppo Economico

Obiettivo 1: Individuare e offrire opportunità di sviluppo economico basate sulle risorse esistenti, mantenendo contemporaneamente la vitalità di tutte le attività; oltre a ricercare occasioni di ulteriore miglioramento.

Obiettivo 2: Incoraggiare un maggior valore aggiunto alle produzioni agricole, naturali, e di altre attività.

Obiettivo 3: Incoraggiare investimenti e sviluppo di nuove imprese che siano complementari all’ambiente e agli obiettivi comunitari di Kangaroo Island.

Obiettivo 4: Realizzare e mantenere un turismo economicamente vitale ed ecologicamente sostenibile sull’isola, promuovendola come una delle destinazioni naturalistiche più importanti dell’Australia.

Strategie di Sviluppo Ambientale

Obiettivo 5: Kangaroo Island deve mirare a:

(a) Gestire l’ambiente naturale in modo da mantenere la biodiversità

(b) Conservare e migliorare gli aspetti di ambiente culturale

(c) Assicurare un uso efficiente e sostenibile delle risorse idriche, e mantenere un’alta qualità delle acque.

(d) Incoraggiare la costruzione di abitazioni energeticamente efficienti che utilizzino una progettazione a risparmio di energia, riducendo il bisogno generale dell’isola.

(e) Assicurare modalità di uso del suolo sostenibili.

(f) Assicurare la costruzione di edifici resistenti al fuoco, in un ambiente a rischio di incendi.

Obiettivo 6: Mantenere gli attuali nuclei di tipo urbano come principali zone di insediamento, e consentire l’edificazione esternamente ad essi solo in zone espressamente destinate, o secondo criteri limitati e controllati.

Obiettivo 7: Sostenere il ripristino, bonifica e monitoraggio di aree degradate o mal utilizzate, e degli habitat delle specie in pericolo.

Obiettivo 8: Incoraggiare, in ordine di importanza, l’evitare di produrre rifiuti, la loro riduzione, riuso e riciclaggio, una gestione e smaltimento sicuri.

Obiettivo 9: Gestire gli impatti dei visitatori, perché non degradino l’ambiente naturale e culturale.

Obiettivo 10: Mantenere e tutelare il paesaggio delle coste, le vedute panoramiche e le zone marine circostanti.

Strategie di Sviluppo Comunitario

Obiettivo 11: Incoraggiare iniziative economiche regionali che accrescano la base occupazionale delle aree rurali e offrano opportunità di impiego.

Obiettivo 12: Creare occasioni di lavoro per la popolazione locale, in particolare per le persone in età post-scolare.

Obiettivo 13: Migliorare i livelli di reddito attraverso lo sviluppo economico.

Obiettivo 14: Mantenere il patrimonio culturale, naturale e di paesaggio goduto da residenti e visitatori.

Obiettivo 15: Modernizzare e ampliare servizi e infrastrutture comunitari, come quelle sanitarie, educative, i trasporti pubblici, sport e tempo libero, arte e cultura.

Obiettivo 16: Facilitare lo sviluppo di strategie sociali di assistenza agli adeguamenti della collettività alle mutevoli circostanze economiche.

Forme dell’insediamento

Obiettivo 17: Un insediamento ordinato ed economico.

Le nuove abitazioni, le strutture per le vacanze e altre strutture urbane connesse all’incremento delle attività turistiche nei vari centri e nuclei, devono essere realizzate in modo contiguo, e rappresentare estensioni delle aree edificate esistenti. Ciò costituirà un’economia nella fornitura di servizi pubblici, e contribuirà alla creazione di un ambiente di vita adeguato, sicuro e piacevole.

Obiettivo 18: Un’adeguata distribuzione e separazione delle attività residenziali, produttive e per il tempo libero, destinando superfici di territorio adatte a tali scopi.

Un’adeguata distribuzione e separazione dell’insediamento residenziale, terziario, commerciale e per il tempo libero è di beneficio alla comunità, e consente ai centri di funzionare in modo più efficiente. L’accessibilità è più comoda e sicura; i valori immobiliari sono più stabili, e sorgono meno difficoltà a causa di strutture incompatibili mescolate nella stessa zona, ad esempio fabbriche e abitazioni. La pubblica amministrazione può progettare e fornire adeguati servizi ad una crescita così pianificata.

Obiettivo 19: Una corretta localizzazione di strutture pubbliche, collettive e per il tempo libero, destinando in anticipo le superfici più adatte allo scopo.

Il bisogno di terreni per aree destinate al tempo libero può essere previsto, e il piano regolatore offre la cornice entro la quale possono essere individuate le migliori localizzazioni. I terreni per scopi pubblici devono essere disponibili nel posto giusto al momento giusto, ed è prudente destinarli a futura acquisizione prima che vengano utilizzati ad altri scopi.

Obiettivo 20: La ristrutturazione urbanistica delle località con un cattivo o insoddisfacente assetto, o con edilizia obsoleta o malsana.

Un’edilizia di qualità insufficiente offre condizioni di vita di basso livello, e deprezza gli immobili circostanti. È socialmente ed economicamente desiderabile che tali zone siano ristrutturate, e a questo scopo si possono rendere necessarie particolari misure normative e finanziarie.

Obiettivo 21: Lo sviluppo edilizio della circoscrizione deve essere coerente al Kangaroo Island Structure Plan.

Il Kangaroo Island Structure Plan indica, in termini generali, gli orientamenti per lo sviluppo futuro dell’isola, in base ai punti seguenti:

(a) proseguimento delle attività primarie;

(b) individuazione delle strade principali, secondarie, panoramiche;

(c) sviluppo urbano attraverso completamento dei lotti inedificati, e ampliamenti compatti dei centri di Kingscote, Penneshaw, Parndana e American River;

(d) tutela delle coste e dei loro aspetti paesistici;

(e) crescita contenuta dell’insediamento di Muston;

(f) valutazione delle risorse minerarie significative;

(g) tutela delle zone umide principali adiacenti a Pelican Lagoon;

(h) analisi delle possibilità di Pennington Bay, Antechamber Bay e Brown’s Beach per attività di tempo libero a bassa intensità.

Obiettivo 22: Sviluppo compatto ed economico dei nuclei di Kingscote, Penneshaw, Parndana e American River come principali centri abitati e di servizio della circoscrizione amministrativa.

Obiettivo 23: Sviluppo commerciale, terziario, industriale, a soddisfare i bisogni dell’isola.

Obiettivo 24: Edificazione dei lotti disponibili nelle aree per case vacanza, ad offrire ambienti alternativi a quelli dei nuclei principali.

Obiettivo 25: Sviluppo separato delle funzioni, ad evitare conflitti fra usi del suolo incompatibili.

PRINCIPI DI REGOLAMENTAZIONE URBANISTICA

1 Lo sviluppo deve avvenire secondo la Carta 1 [allegata con indicazione dei nuclei urbani, n.d.T.] e relative mappe particolareggiate, e secondo i piani generali e particolareggiati per la circoscrizione e le zone di Kingscote, Parndana, Emu Bay, Harriet River, D.Estrees Bay, Nepean Bay, Brownlow KI, American River, Penneshaw, Baudin Beach e Island Beach.

2 L’edificazione deve essere ordinata ed economica.

3 Le nuove abitazioni, case vacanze e altri elementi urbani devono:

(a) costituire un ampliamento compatto e continuo di un’area edificata esistente;

(b) essere localizzate in modo da consentire una fornitura efficiente ed economica dei servizi pubblici;

(c) costituire un ambiente di vita sicuro, comodo, piacevole.

(d) essere progettate in modo da promuovere conservazione di energia e acque.

(e) non provocare eliminazione di vegetazione locale o impatti nelle Aree di Conservazione.

4 L’edificazione che possa essere colpita da allagamenti non deve avvenire dove:

(a) ci sia un significativo rischio di allagamenti, o di aggravamento degli effetti su altre zone;

(b) le misure di prevenzione degli allagamenti, come colmate, elevazioni di livello, possano aumentare il rischio di inondazioni o aggravamento degli effetti in altre zone;

(c) esista qualche probabilità che vite o proprietà possano essere a rischio nell’arco di 100 anni.

Aspetto degli insediamenti e degli edifici

Obiettivo 26: Conservazione dell’aspetto attraente dei nuclei urbani e dei principali accessi stradali.

Obiettivo 27: mantenimento e miglioramento dell’aspetto delle aree urbane tramite un’edilizia adeguata.

Obiettivo 28: La bellezza delle varie località non deve essere contrastata dall’aspetto di aree, edifici, altre strutture.

PRINCIPI DI REGOLAMENTAZIONE EDILIZIA

5 L’aspetto delle aree, edifici e altre strutture non deve andare a detrimento della bellezza della località dove sono situati.

6 Edifici e altre strutture devono essere di alto livello progettuale, con particolare cura per l’aspetto esterno e il collocamento dei fabbricati in modo da introdursi e migliorare i caratteri e l’aspetto della località.

7 Edifici e zone a parcheggio devono essere arretrati rispetto ai confini della proprietà, dalle pubbliche strade e dalle aree di riserva costiera, ed essere collocati in modo da non ostruire o ostacolare vedute significative.

8 Gli edifici devono essere collocati al di sotto dei crinali o cime di alture, ben arretrati rispetto ai corsi d’acqua, localizzati in modo da evitare disboscamenti, e con piantumazioni per ridurre l’impatto visivo. In modo specifico, localizzazione, progetto e realizzazione non devono danneggiare la visuale di punti particolari come il mare, promontori, crinali, percorsi panoramici.

9 L’edificazione deve essere accompagnata da piantumazioni che migliorino l’aspetto degli edifici, schermino gli elementi di servizio, carico e scarico, deposito, forniscano di ombra le aree a parcheggio, e contribuiscano ad un ambiente piacevole e complementare alle caratteristiche della località. Nella realizzazione dell’arredo a verde si deve prestare attenzione alla prevenzione degli incendi. Le piantumazioni non devono essere intensive, in modo da non contrastare le norme per la sicurezza dagli incendi.

10 Piantumazioni e arredi a verde devono utilizzare specie locali e endemiche, anziché di importazione.

11 Edifici e strutture devono essere di alta qualità progettuale per quanto riguarda l’aspetto esterno, i materiali, i colori, la posizione, il verde, la manutenzione futura, in modo da conservare e migliorare aspetto e caratteri della località.

12 Edifici e strutture devono consentire adeguata privacy e soleggiamento ai lotti residenziali circostanti, e il mantenimento della qualità nell’aspetto locale.

13 Gli alloggi singoli, a schiera, multipli, gli edifici ad appartamenti, devono contenere alta qualità architettonica nella scelta dei materiali e collocamento degli edifici. Ogni intervento si deve inserire per dimensioni, forme, altezze e altre caratteristiche con gli edifici circostanti, e deve essere collocato per offrire la massima privacy e tranquillità, anche attraverso arredi a verde e schermature.

14 Per le finiture esterne degli edifici:

(a) si eviti l’uso di colori vivaci e di materiali ed elementi ad alta riflettività;

(b) si usino colori che sottolineano i caratteri della località e non costituiscano invadenza;

(c) siano complementari al paesaggio e alle forme edificate esistenti, sia sulla costa, nelle zone urbane e rurali, a ridurre al minimo qualunque ingerenza visiva.

15 Il fronte delle zone residenziali e l’area di accesso devono essere organizzati a verde. La piantumazione può comprendere un insieme di piante e superfici pavimentate, ma la superficie asfaltata non può eccedere la metà dell’area fra il margine e la linea più avanzata dell’edificio. La larghezza dell’accesso carraio non deve essere superiore al 30% del fronte.

16 L’edificazione su zone che contengono edifici o strutture di importanza storica, o ad esse adiacenti, deve avere caratteristiche progettuali e di aspetto esterno, riguardo a materiali, colori, forme, dimensioni, masse, posizione, arredi a verde, tali da non danneggiare o degradare la qualità del luogo, edificio o struttura.

17 Con l’eccezione delle tettoie domestiche o degli edifici per scopi industriali, commerciali o agricoli, non è possibile realizzare nessun edificio con pareti esterne di materiali diversi da mattoni a vista, pietra, ardesia, legno, mattoni intonacati, a meno che tale edificio non possa contrastare bellezza e caratteri della località.

18 Non è possibile realizzare edifici sospesi su pilastri, o che manchino di una solida base in mattoni, pietra o calcestruzzo lungo il perimetro, a contenere lo spazio fra il pavimento del fabbricato e la superficie del terreno.

19 La costruzione di edifici superiori a un piano di altezza, può essere intrapresa solo quando:

(a) l’edificio sia in armonia visiva con gli altri edifici esistenti nella località;

(b) l’edificio sia progettato e collocato in modo da ridurre al minimo qualunque perdita di privacy o soleggiamento dei fabbricati esistenti;

(c) l’edificio non diminuisca la bellezza della località.

[...]

Centri commerciali e di servizi

OBIETTIVI

Obiettivo 44: L’edilizia commerciale, amministrativa, culturale, comunitaria, per il divertimento, gli insediamenti turistici, per l’istruzione, religiosi e per il tempo libero, devono essere collocati in Centri Integrati.

Obiettivo 45: Centri fissati e sviluppati secondo una gerarchia, in base alle funzioni di ciascuno rispetto alla propria regione.

PRINCIPI DI REGOLAMENTAZIONE URBANISTICA

93 Gli insediamenti commerciali devono essere localizzati come segue:

(a) Un negozio, o gruppo di negozi, con una superficie commerciale lorda superiore ai 450 metri quadrati, deve essere collocato nelle aree classificate Centro di Distretto o Zona Centrale Urbana.

(b) Un negozio, o gruppo di negozi, con una superficie commerciale lorda inferiore ai 450 metri quadrati, collocato esternamente alle aree classificate Centro di Distretto o Zona Centrale Urbana, non deve ostacolare lo sviluppo del Centro di Distretto o Zona Centrale Urbana.

94 Le azioni relative alla mobilità di merci e persone entro i Centro di Distretto e Zone Centrali Urbane devono mirare a:

(a) Il tipo di edificazione non deve causare inconvenienti o traffico poco sicuro per il movimento pedonale, o indurre necessità di spese significative per lavori relativi a traffico e trasporti, o servizi entro o fuori l’area.

(b) L’edificazione deve essere concentrata, per la maggior comodità dei pedoni, e non è consentito sviluppare eccessivamente senza bisogno i fronti stradali (un aumento della profondità costituisce un’alternativa più desiderabile).

(c) È altamente desiderabile all’interno delle zone commerciali la separazione del movimento pedonale da quello veicolare, ad assicurare sicurezza e comodità.

95 Centro di Distretto e Zone Centrali Urbane devono essere altamente accessibili alla popolazione servita, specialmente, dove ciò sia praticabile, tramite trasporto pubblico.

96 Centro di Distretto e Zone Centrali Urbane devono svilupparsi su un lato di una arteria di comunicazione secondaria, o strada principale locale, o sul quadrante definito dall’incrocio di un’arteria secondaria con una strada principale locale. Nei casi in cui le strutture del Centro già si collochino a cavallo di arterie secondarie o strade locali, o all’incrocio di due strade principali, l’edificazione al loro interno deve:

(a) concentrarsi su un lato dell’arteria secondaria o strada locale principale, o su uno dei quadranti dell’incrocio;

(b) ridurre al minimo la necessità di movimento pedonale o veicolare attraverso l’arteria secondaria o strada locale principale, da una parte del Centro all’altra.

97 I Centri devono avere impatti negativi minimi sulle aree residenziali locali.

98 ICentri devono essere localizzati in modo tale da consentire un uso efficace degli investimenti pubblici in infrastrutture, trasporti e altri servizi, e che ogni costo relativo sia superato dai vantaggi alla popolazione servita.

99 L’edificazione dei Centri non deve risultare nel degrado fisico di alcuno di essi.

100 L’edilizia commerciale più adeguata esternamente alla Zona Centro di Distretto è quella di tipo e funzioni non interferente con quella del Centro.[...]

Nota: L’intero documento del Kangaroo Island Development Plan, con le mappe anche dettagliate e le prescrizioni per le singole località, al sito Planning SA, del Department for Transport, Energy and Infrastructure, South Australia, insieme ad una ricchissima raccolta in forma editoriale standard di altri strumenti urbanistici approvati per l’area di Adelaide (f.b.)

Queensland, Department of Natural Resources and Mines, State Planning Policy 1/92, Protection of Agricultural Land from Urban Development, 2003; idem, Buffer Areas – Minimising Conflict between Agricultural and Residential Areas, 2001 – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

La tutela dei terreni coltivabili dall’edificazione incontrollata è essenziale per mantenere nel futuro produttività ed efficienza alle attività agricole. Il governo del Queensland considera i terreni coltivabili di alta qualità una risorsa limitata che deve essere protetta e gestita sul lungo termine. Come regola generale, devono essere utilizzati i poteri di pianificazione disponibili per tutelare i terreni agricoli dall’edificazione, che conduce ad alienarli dallo scopo primario, o a diminuirne la produttività. La State Planning Policy 1/92, Development and the Conservation of Agricultural Land, fissa i principi generali per la protezione di questa importante risorsa.

La necessità di proteggere i terreni agricoli

La sopravvivenza delle comunità rurali in Australia e la salute dell’economia agricola, dipende dalla disponibilità e stato delle risorse naturali. La tradizionale e diffusa opinione secondo cui la terra è una risorsa quasi illimitata, è un mito. Sia la sua disponibilità che la qualità sono minacciate. La trasformazione del territorio per usi urbani e industriali ha significato la scomparsa di significative superfici di ottimo terreno agricolo; e ora il degrado delle terre è diffusamente considerato una delle principali sfide per il mondo rurale australiano.

L’attività agricola resta uno dei settori più importanti della nostra economia. Queste produzioni, come tutte le altre, sono influenzate dai mercati mondiali e da fattori economici che generano cicli di prosperità intercalati da periodi di difficoltà.

Le difficoltà economiche non devono oscurare il fatto che il terreni produttivi offrono sul lungo periodo la base per un’attività agricola efficiente e flessibile, in grado di rispondere alle mutevoli domande di prodotti, e che genera benessere comune tramite reddito e posti di lavoro.

Tutela dei suoli e edificazione

Continuerà ad essere necessario, urbanizzare terreni agricoli a scopo residenziale o produttivo. Saranno dunque inevitabili alcune perdite di terre, non solo nei pressi delle principali città e centri, ma anche nelle zone rurali. Ad ogni modo, uno sviluppo che non tenga conto dei bisogni dell’attività agricola, e dell’importanza costante dell’agricoltura, è inaccettabile.

Quindi, una diminuzione nei mercati di un particolare prodotto non deve giustificare l’urbanizzazione delle terre tradizionalmente utilizzate per coltivarlo. I mercati cambiano, le terre possono essere coltivate in altro modo, o l’accorpamento dei poderi può superare il problema di diseconomicità dell’azienda produttiva. In modo simile, la proprietà dei terreni e le dimensioni delle aziende non devono essere considerati al di sopra della qualità dei terreni, quando si decide sull’opportunità di destinare una superficie all’edificazione.

La terra agricola migliore e più versatile, ha particolare importanza, e non deve essere edificata a meno che esista un bisogno superiore in termini di pubblico interesse, e nessuna alternativa di localizzazione per quel particolare scopo. La terra è una risorsa economica di valore, che deve essere protetta da trasformazioni irreversibili.

Il ruolo dei piani regolatori

Le amministrazioni locali devono inserire indicazioni a proteggere i terreni agricoli di buona qualità, nella redazione, approvazione, varianti di piano regolatore. Le richieste di modificazione d’uso, edificazione, opere o lottizzazione, devono essere esaminate in questa prospettiva.

I piani regolatori sono particolarmente importanti nel fissare un quadro generale coerente per la tutela dei terreni agricoli di qualità. Nel considerare come lo sviluppo futuro debba entrare nei piani regolatori, devono essere adottati schemi insediativi che minimizzino gli impatti sulle zone coltivate produttive, sia diretti che indiretti. Una volta che il terreno è edificato o lottizzato, un ritorno agli usi agricoli è raramente praticabile.

Si possono verificare occasioni in cui le amministrazioni locali devono considerare proposte di urbanizzazione su terreni agricoli di qualità. In questi casi, un principio “chiave” per giudicare dovrebbe essere la dimostrabilità del beneficio comune di quel progetto in quel particolare luogo.

Anche l’urbanizzazione di zone adiacenti può ostacolare le attività agricole, in particolare quando si tratta di numeri significativi di edifici: per esempio, l’irrorazione con pesticidi o l’incendio di stoppie può causare conflitti con i residenti. Conflitti che devono essere evitati, se possibile, localizzando i nuovi insediamenti lontano da terre agricole, e quando ciò non sia possibile, fissando misure per attenuare i possibili conflitti. L’opuscolo Planning Guidelines - Separating Agricultural and Residential Land Uses [di cui sono riprodotte qui solo alcune immagini, n.d.T.] offre orientamenti per la pianificazione urbanistica e l’uso di zone di interposizione per ridurre al minimo i conflitti nell’uso dello spazio.

Determinare la qualità dei suoli

La valutazione della qualità dei suoli in termini di uso agricolo è chiaramente essenziale se si volgiono attuare politiche di tutela. La pubblicazione Planning Guidelines, The Identification of Good Quality Agricultural Land, definisce i “terreni agricoli di buona qualità” come:

“terreni in grado di sostenere l’uso per coltivazioni o allevamento, con un ragionevole livello di inputs , senza determinare degrado, del suolo o di alte risorse naturali”.

Il Department of Natural Resources and Mines (NR&M) ha predisposto dati informativi per la maggior parte dello Stato, e altre informazioni sono in corso di produzione. Ad ogni modo, queste conoscenze non sono sufficientemente dettagliate per valutare le richieste di edificazione di specifiche località. Dunque si incoraggiano le amministrazioni locali a chiedere agli interessati studi sui suoli nei casi in cui manchino informazioni adeguate. NR&M offre indicazioni su contenuti e modalità di questi studi.

Principi generali

1.La terra agricola di qualità è particolarmente importante, e non deve essere edificata a meno che non esista un superiore bisogno di urbanizzazione nel pubblico interesse, e non sia disponibile una localizzazione alternativa per quel particolare scopo.

2. In seguito allo sviluppo urbano, inevitabilmente si verificherà l’alienazione di terre agricole a scopo di edificazione, ma il Governo Statale non sostiene questo tipo di trasformazione se esistono reali alternative, in particolare nei casi di insediamenti che non abbiano specifiche esigenze localizzative (ad esempio, “residenziale rurale”).

3. Nella stesura, approvazione, varianti di piani regolatori, le amministrazioni locali devono inserire indicazioni per la tutela dei terreni agricoli di qualità, indipendentemente da una loro disponibilità sul mercato a seguito di fluttuazioni economiche.

4. Nella redazione dei piani regolatori, si devono valutare forme alternative di urbanizzazione, e dare importanza particolare alle strategie che riducano al minimo gli impatti sui terreni agricoli di qualità.

5. La tutela dei terreni agricoli di qualità deve essere tenuta in considerazione nell’esame e approvazione di progetti che propongano modificazioni d’uso, edificazione, opere o lottizzazioni.

6. Nel caso in cui un piano regolatore non contenga indicazioni adeguate per la protezione delle terre agricole, il Governo Statale utilizzerà i principi generali qui esposti nel giudicare se un piano regolatore proposto per l’approvazione sia o meno contrario agli interessi statali.

7. L’esistenza di aziende agricole di piccola dimensione giudicate non economicamente produttive, non giustifica in sé un cambio di destinazione d’uso o suddivisione per funzioni non agricole. Le politiche generali devono essere orientate a incoraggiare l’accorpamento delle proprietà, dove ciò aumenti la redditività agricola.

8. i piani regolatori delle amministrazioni locali devono mirare a ridurre al minimo i casi in cui si collocano attività incompatibili nei pressi di funzioni agricole, in modo tale da ostacolare le normali operazioni. Nei casi in cui si verificano tali conflitti, occorre introdurre misure di attenuazione.

[...]

Le zone di interposizione [ buffer areas] sono un metodo efficace per separare usi del suolo confliggenti, ma non eliminano tutti gli impatti delle attività. Il loro uso non limita il diritto dei singoli di intraprendere azioni legali se ritengono che sia limitato il proprio diritto di godere di un ambiente sano e sicuro, e della loro proprietà.

Principi generali di pianificazione urbanistica

1. Nella predisposizione dei piani urbanistici, le amministrazioni locali devono evitare, per quanto possibile, di destinare zone all’edificazione nei pressi di superfici a usi agricoli. Quando ciò non sia possibile, devono essere utilizzati meccanismi come le zone di interposizione a ridurre al minimo i conflitti.

2. Le zone di interposizione devono essere progettate sulla base dell’uso agricolo possibile con il maggiore impatto potenziale sulle zone adiacenti, indipendentemente dall’uso attuale.

3. A proteggere il diritto degli agricoltori a praticare l’attività sulla propria terra, si devono collocare zone di interposizione con gli spazi destinati alla residenza, realizzate e finanziate dal proponente l’insediamento.

4. Nel caso di conflitti già esistenti fra usi agricoli e residenziali, devono essere utilizzati gli strumenti della mediazione, del controllo, dell’informazione.

Obiettivi delle zone di interposizione

1. Proteggere l’attività agricola praticata secondo lo Environmental Code of Practice for Agriculture e le relative linee guida per settori.

2. Ridurre al minimo i conflitti realizzando, ove possibile, un margine ben definito fra aree agricole e residenziali, opposto alla compenetrazione delle due zone.

3. Ridurre al minimo gli impatti dell’insediamento residenziale sulla produzione agricola e le risorse di suolo.

4. Ridurre al minimo le occasioni di reclami da parte delle attività residenziali nei confronti di quelle agricole.

5. Offrire ai residenti condizioni ambientali accettabili in zone abitate adiacenti ad aree di produzione agricola.

Valutazione dei conflitti e progetto delle zone di interposizione

Nel determinare il bisogno di zone di interposizione, devono essere considerati i seguenti fattori:

● L’attività agricola con il potenziale maggiore impatto sulle funzioni residenziali adiacenti, che probabilmente avverrà nel caso specifico

● Gli elementi (diffusione esterna dei pesticidi, cattivi odori, rumori, polveri, sedimenti e scolo delle acque) che possano causare conflitti, e la dimensione specifica dei conflitti

● Dove possibile, quantificare gli elementi in termini di durata delle attività, per determinare gli impatti

● Prendere in considerazione la forma della zona residenziale, la dimensione dei lotti, la profondità delle separazioni, le piantumazioni, le barriere acustiche ecc., per minimizzare i conflitti nell’uso dello spazio

● Stabilire modalità di monitoraggio e mantenimento delle misure progettate.

[...]

Nota: tutti i materiali, integrali (ad esempio, con le indicazioni di calcolo e tabelle per le zone di interposizione a seconda del tipo di impatto) e originali, al sito del NR&M (f.b.)

Tasmania, Resource Planning and Development Commission, State of the Environment Report 2003, [Land Tenure, Land Use and Land Cover] [Urban Growth] – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Il suolo: responsabilità, copertura, usi

Molti problemi ambientali riguardanti sia il contesto acquatico che terrestre della Tasmania sono conseguenze delle trasformazioni indotte dall’uomo nell’uso del suolo. Ricostruire le trasformazioni di questi usi è importante, dato che si tratta di significativi elementi (e indicatori) di mutamento ambientale. Le decisioni che riguardano responsabilità, funzioni, trasformazioni e localizzazioni riguardo al suolo, hanno implicazioni fondamentali di carattere ambientale, sociale ed economico. La responsabilità nell’uso aiuta anche a definire diritti e funzioni riguardo alla gestione del suolo: parchi nazionali e altre riserve, variamente formalizzate, ad esempio, conferiscono un livello superiore di tutela rispetto ai mutamenti nella copertura del suolo e alla perdita di habitat naturali, di quanto non accada con le superfici di proprietà privata.

La copertura del suolo si riferisce allo stato fisico della superficie, e comprende vegetazione, terreni, rocce, acque, strutture realizzate dall’uomo. È la conseguenza cumulativa dei processi ecologici e delle influenze umane in molte migliaia di anni. Le pratiche aborigene di gestione dei suoli hanno fortemente influenzato la copertura di vegetazione: le popolazioni utilizzavano il fuoco per alterare l’habitat e incrementare la disponibilità di cibo, così come per cucinare, riscaldarsi, o altri usi sociali come le segnalazioni o la guerra.

Decisioni di gestione del suolo più recenti, ne hanno modificato la copertura in modo estensivo. Le trasformazioni sono il risultato di decisioni influenzate dalle forze del mercato e dal sistema delle responsabilità. Le definizioni all’interno del sistema di responsabilità sono in continua evoluzione, influenzate dalle leggi e dai valori collettivi. Il disboscamento è una delle forze significative di queste trasformazioni, ed è discusso in dettaglio nel capitolo sulla Biodiversità.

i sistemi naturali si trovano in uno stato di equilibrio dinamico, che ha impiegato molte migliaia di anni per evolversi. Conservare aree in cui i ritmi naturali di trasformazioni possano avvenire è di importanza vitale, in modo tale da poter conoscere meglio il funzionamento del sistema. Le trasformazioni sono significative quando determinano una perdita di biodiversità, una riduzione dei valori paesistici, o un peggioramento dei servizi forniti dall’ecosistema, come un’acqua pulita e potabile. La diminuzione di alberi nella regione Midlands, forse è il miglior esempio in Tasmania di come le trasformazioni possono impiegare anni a manifestarsi come problema ambientale, ma quando ciò avviene possa essere molto difficile e costoso ripristinare le funzioni “naturali” dell’ecosistema.

Com’è possibile determinare se le trasformazioni nella copertura del suolo sono significative? La comparazione con il tipo di vegetazione precedente alla colonizzazione europea offre una prospettiva sui mutamenti nel lungo periodo. Altre prospettive sono offerte dalla comparazione con zone che sono restate sostanzialmente immodificate e che sono soggette ai ritmi di mutamento naturali, o con la copertura del suolo com’era cinque anni prima. La “significatività” delle trasformazioni dipende dal contesto locale entro cui si verificano.[...]

Lo sviluppo urbano

La minaccia più significativa alla diversità naturale è l’eliminazione delle specie vegetali originarie dalle varie zone, e la loro sostituzione con altri elementi, o usi del suolo. In relazione al livello di impatto sulla biodiversità, questi tipi di disboscamento possono essere considerati in serie continua. Ad una estremità c’è, ad esempio, lo sfruttamento selettivo delle foreste dove, concesso un tempo sufficiente, almeno alcuni degli originari valori di biodiversità saranno ripristinati.

Ad ogni modo, maggiore l’intensità, frequenza, superficie del disturbo o rimozione della vegetazione originaria, maggiore la probabilità di estinzione della flora. Le forme di uso e disboscamento più intensivo, generalmente irreversibili, comprendono la piantumazione, l’eliminazione della vegetazione originaria per pascoli e coltivazioni cerealicole, l’allagamento, lo sviluppo urbano. [...]

Con le residenze sempre più disperse nel paesaggio, l’eliminazione dei vegetali per sviluppo urbano ha anche un sempre maggiore e diffuso impatto sui valori della biodiversità. Comunque, anche lo sviluppo urbano può essere in sé considerato, riguardo alla land clearance, come inserito in una serie continua, dove gli impatti dipendono dall’intensità del disturbo, dalla sua frequenza, dal contesto in cui si verifica.

Gli effetti dello sviluppo urbano variano a seconda della superficie dell’edificio rispetto a quella del lotto, alle dimensioni e intensità dell’insediamento in rapporto al resto del territorio che rimane a bosco, a quanto costruttori e proprietari mantengono la vegetazione originaria, e agli approcci rispetto alla riduzione dei rischi di incendio boschivo. Anche topografia e pendenze influenzano l’impatto generale sul paesaggio dello sviluppo urbano. [...]

Esistono senza dubbio molti esempi di case in Tasmania con una superficie coperta minima rispetto al bushland locale, dove i proprietari hanno adottato un approccio gestionale etico rispetto alla conservazione dell’ambiente. Alcuni proprietari terrieri utilizzano convenzioni, e programmi come Land for Wildlife, Private Forests Reserve Program, o Protected Areas on Private Land, offrono sostegno nella protezione dei valori ambientali.

All’altra estremità del continuum di sviluppo urbano, ci sono gli impatti che avvengono indipendentemente dalle migliori intenzioni, ed è improbabile che una lottizzazione “nel bosco” possa essere realizzata con i edilizi metodi correnti e le aspettative dei residenti. Negli insediamenti, tipicamente, la vegetazione originaria va persa in modo irreversibile. In generale, sulla base dell’attuale domanda dei consumatori per le abitazioni, lo sviluppo urbano è fra le forme più irreversibili di land clearance.

Lo sviluppo urbano esercita pressione sulla biodiversità di un’area. La diffusine dell’insediamento nel profondo del bushland causa la distruzione fisica degli habitat naturali, causa inquinamento (compreso l’arricchimento di sostanze nutritive), e introduce predatori come cani e gatti. Questi fattori spingono più in là i confini dell’area naturale, talvolta sino al punto in cui non c’è più spazio sufficiente a sostenere alcuni elementi del biotopo. Ad esempio, i roditori bettong sono sensibili ai disturbi, e non vivono in ambienti frammentati in piccole porzioni.

Il degrado avviene anche attraverso la raccolta di legna da ardere, specialmente attorno ai centri urbani. Anche se si tratta solo di rami secchi caduti, si rimuove l’habitat e fonte di cibo di molte specie (es. funghi, insetti, uccelli).[...]

la zona costiera della Tasmania è stata particolarmente colpita dall’insediamento urbano. Si sono prosciugate molte aree umide, e distrutte paludi salmastre, sia direttamente dall’edificazione, sia attraverso alterazioni e contaminazioni da scarichi. Lo sviluppo a nastro lungo la costa, in particolare ha seriamente frammentato molte zone di transizione terrra-mare ecologicamente importanti, essenziali per molte specie, come i pinguini, i molluschi di battigia, i crostacei.

Fra i vari altri elementi di minaccia, oltre l’eliminazione diretta delle specie originarie, l’invasione delle piante parassitarie e le trasformazioni nel regime degli incendi sono spesso citati come dannosi per la salute delle zone boscose urbane. Molte specie vegetali sono di disturbo, ma alcune hanno anche la possibilità di invadere gli spazi delle altre, sostituendo del tutto quelle native.

È anche importante il degrado del bushland a causa di altri fattori, come la crescita incrementale dei piccoli interventi (ad esempio: un serbatoio per l’acqua qui, una linea elettrica là, ecc.), l’uso dei veicoli fuori strada, le discariche di rifiuti. Anche se gli effetti di ciascuno di questi elementi possono sembrare di piccola entità e poco degni di nota, si tratta di una “morte da mille punture”, che pone un’enorme minaccia cumulativa sulle zone boscose di area urbana nello Stato. Il livello di disturbo da questo tipo di impatti, spesso è proporzionale allo sviluppo longitudinale del margine di bushland esposto alla pressione dell’insediamento urbano, rispetto all’area totale del resto della vegetazione.

Anche se il fuoco fa parte dell’ecosistema generale, intensità e frequenza degli incendi influenzano la composizione e struttura della vegetazione nelle zone urbanizzate. Una frequenza, intensità, localizzazione non appropriate, possono causare:

● impoverimento della flora e fauna indigena

● rafforzamento delle specie locali più tolleranti e adatte al fuoco

● erosione e/o smottamenti nelle zone in pendenza

● colonizzazione dei terreni spogli o delle superfici erose da parte di specie esotiche

[...]

Il valore della biodiversità nell’insediamento urbano

In quanto spazi in cui i processi naturali operano ancora, con interferenze umane minime, le zone boscose urbane possiedono una serie di valori, tra cui:

● un valore intrinseco, “in sé”

● un valore di habitat per piante e animali

● ospitare specie che aggiungono biodiversità all’ambiente urbano

● valore scientifico per la comparazione con eco-tipi simili sottoposti ad un regime differente (ad esempio agricolo, o forestale ecc.)

● valore di sostegno alla vita, ovvero importanza nel mantenere un sistema biologico vitale per la comunità (ad esempio aria e acque pulite, controllo dell’erosione ecc.)

● valore turistico e per il tempo libero, come spazio per attività informali come guardare, camminare, correre, fare osservazioni più scientifiche ecc.

● valore estetico, per il godimento della vista in termini di colori, forme, ecc.

● valore per il “senso del luogo” nella comunità, ovvero contributo anche alla “immagine” della città, e alla considerazione degli abitanti per l’unicità del proprio spazio di residenza.

Molte delle piante più rare della Tasmania sono presenti in alcuni punti delle zone verdi urbane, cimiteri, fasce stradali, parchi. [...]

Effetti dell’urbanizzazione sulla scomparsa di vegetazione in Tasmania

Fra il 1972 e il 1999 in Tasmania sono stati eliminati oltre un quarti di milione di ettari di vegetazione originaria. Le perdite maggiori di tipi si sono verificate negli acquitrini, nelle praterie e zone boscose di prateria, nelle fasce costiere, nei boschi e nelle zone umide. Le comunità vegetali più in pericolo, ora, sono le praterie e boschi di prateria. Quelle meno influenzate, a partire dal 1803, sono le meno produttive dal punto di vista agricolo, come la vegetazione alpina, e le brughiere e boscaglie occidentali.

Anche se l’urbanizzazione non ha generato la quantità di disboscamento di altre attività di uso del suolo su larga scala, le principali zone urbane della Tasmania sono concentrate in aree dove sono stati notevolmente ridotti tipi di associazioni vegetali quali: praterie e boschi di prateria, fasce costiere, foreste asciutte e zone umide [...].

Nota: qui, al sito governativo della Tasmania, si trovano le versioni originali e integrali dei capitoli del Rapporto sullo stato dell’Ambiente: Uso del Suolo, e Sviluppo Urbano, nonché i links ad altri capitoli, mappe, tabelle ecc. In questa stessa sezione di Eddyburg, altri contributi simili, come quello per il West Australia denominato Bush Forever (f.b.)

De plus en plus attractives, les communes rurales d’Île-de-France sont souvent prises entre la nécessité de leur développement et la protection de leur environnement.

Peuvent-elles faire, à la fois, le choix de valoriser le bâti et le foncier, préserver le patrimoine et les paysages tout en soutenant une dynamique de croissance ? Cet exercice difficile suppose la mise au point de toute une série de procédures et d’outils permettant de mieux répondre aux besoins des habitants et de la collectivité. Grâce à un ensemble de solutions variées et propres à chacun, les bourgs et villages d’Île-de-France, qu’ils soient ou non engagés dans une démarche de protection ou soumis à des contraintes environnementales, peuvent, aujourd’hui, opter pour différents modes de développement urbain. Détail des opérations.

Concilier le respect de l’environnement et l’offre urbaine

Le développement modéré des bourgs et des villages a pour objectif de concilier la limitation de la consommation des espaces, naturels ou agricoles, et l’évolution des besoins de la population. Il se traduit par des modes d’urbanisation capables de conjuguer le respect de l’activité agricole et de l’environnement avec une offre urbaine de qualité.

Les préconisations du SDRIF1 de 1994 évaluaient la part du développement modéré dans la consommation régionale d’espaces non urbanisés à 10 %. L’analyse de la période 1990-1999 montre que cette proportion a représenté, en réalité, un quart de l’urbanisation régionale.

Confrontés à la diminution de leur vocation agricole au profit d’une fonction plus résidentielle, de nombreux bourgs et villages de la région recherchent néammoins des solutions innovantes et de nouveaux partenaires pour ne pas céder à l’étalement urbain tout en organisant une nouvelle offre en termes de logements, de services, de commerces et d’équipements. Certains ne peuvent y répondre seuls et sont amenés à intégrer l’échelle intercommunale qui permet la mutualisation et la répartition des contraintes et des besoins.

D’autres bénéficient d’actions qualitatives, en particulier au travers des dispositifs mis en place par les chartes des parcs naturels régionaux qui prennent en compte toutes les problématiques sous l’angle de la qualité urbaine et de l’économie de l’espace.

Un certain nombre d’actions peuvent servir d’exemple. Quelques-unes d’entre elles, choisies à partir d’un mémoire d’étudiants de Paris X-Nanterre dans le cadre d’une convention avec l’Iaurif, sont présentées ici. Il s’agit d’opérations de réhabilitation du bâti existant et d’aménagement de dents creuses ou de lotissements qui, dans leurs formes, leurs fonctions urbaines et leurs montages, contribuent au développement modéré des bourgs et des villages.

Les réhabilitations

Situées plutôt dans les cœurs de bourgs mais aussi dans leurs périphéries, ces opérations préservent ou complètent le cadre bâti existant et peuvent accompagner les constructions neuves (opérations en «dents creuses», lotissements).

Avec généralement du logement collectif ou semi-collectif à caractère social, le plus souvent en locatif, elles participent à la diversification de l’offre de logement. Elles pourraient proposer plus qu’elles ne le font actuellement une mixité des fonctions avec la création d’équipements et de services.

Ces opérations sont aussi l’occasion de redéfinir une politique en matière de patrimoine et de qualité architecturale, car elles soutiennent fortement l’identité du village dans son cadre bâti. Elles nécessitent par contre une politique foncière volontariste et la recherche d’aides financières.

«Les dents creuses»

Situées au centre et à proximité du bourg, ces opérations préservent ou complètent le cadre urbain existant d’un village tant dans sa trame parcellaire que dans sa forme bâtie. Elles valorisent les espaces sous-utilisés amenant de fait une légère densification. Il s’agit généralement de programmes de logements collectifs soit privés et en accession, soit sociaux et locatifs. Ces opérations participent ainsi à la diversification de l’offre de logement, et permettent une plus grande mixité des fonctions que les réhabilitations, du fait de la proximité du centre et de l’utilisation plus aisée des rez-de-chaussée.

Ces opérations sont aussi l’occasion de redéfinir une politique en matière de qualité architecturale, car elles soutiennent fortement l’identité du village dans son cadre bâti. Elles nécessitent par contre, comme les réhabilitations, une politique foncière volontariste et la recherche d’aides financières.

Les lotissements et opérations groupées

Essentiellement situées en périphérie des bourgs, ces opérations permettent de compléter la structure urbaine d’un village et de redéfinir son rapport au paysage et à la campagne, par l’extension de la trame viaire et la modification de l’enveloppe urbaine. Elles peuvent offrir de nouvelles centralités articulées avec le centre ancien du bourg et sont l’occasion de redéfinir une politique urbaine en matière de logements, d’espaces publics, d’équipements et de réseaux de déplacements.

Habituellement orientées vers la maison individuelle et l’acquisition, ces opérations se diversifient de plus en plus dans leur offre, en proposant du locatif social et des programmes complémentaires de logements collectifs, voire d’accompagnement en activités et commerces. Elles nécessitent une attention particulière en matière d’aménagement, du fait de leur poids relatif par rapport à l’échelle du village. Ces projets d’initiative privée, et au départ sans grand investissement pour la collectivité, ont en effet, avec le temps, un impact très important, tant sur le plan financier qu’au niveau démographique pour la commune.

Intérêts des opérations

La diversification de l’offre de logements

Avec une pression foncière et un parc de logements qui ne permet pas de maintenir localement les jeunes et les personnes âgées, la diversification de l’offre est nécessaire. Elle exige une alternative sociale au logement individuel favorisant le logement collectif, en particulier locatif. Cette adaptation aux besoins est d’autant plus efficace qu’elle privilégie la mixité du logement (accession à la propriété, offre locative suffisante et diversifiée) et sa bonne répartition sur l’ensemble de la commune afin d’éviter les effets de concentration. La diversification de l’offre est souvent assurée par les opérations groupées ou les lotissements avec des logements collectifs, des équipements et des services. Elle est optimisée quand elle s’accompagne d’opérations de réhabilitation ou en «dents creuses» qui présentent une mixité à la parcelle.

La création d’équipements et de services

L’installation périurbaine d’une nouvelle population requiert des prestations et un investissement conséquents pour les communes. Il peut s’agir aussi bien d’un équipement privé ou public à vocation technique ou culturelle (équipement communal, gîted’étape, espace d’exposition) que de l’organisation de l’espace public (éclairage, signalétique, sécurité, déplacements) ou de services et de commerces. Face aux nouveaux besoins, les opérations de rénovation, de relocalisation ou de création à envisager sont des opportunités de développement à saisir.

La revitalisation des activités et des commerces de proximité

Avec des actifs travaillant à l’extérieur et une consommation de biens et de services hors de leur territoire, les communes voient leurs commerces de proximité se réduire et même disparaître. Le maintien des activités est d’autant plus difficile que les propositions sont rares et généralement à l’initiative des municipalités. Avec de plus en plus de possibilités et de formes de négociations entre les partenaires publics et privés, les choix programmatiques des opérations dépendent de la volonté politique et des opportunités foncières. Le niveau de desserte, la proximité et la «centralité» des opérations sont des éléments déterminants pour la revitalisation du tissu commercial et des activités.

Le respect de la morphologie urbaine et paysagère

Le développement urbain des communes rurales a connu jusqu’à présent une forte production de logements individuels. Ces extensions ont généré des formes et des programmes peu intégrés aux bourgs existants. Le respect de la morphologie urbaine et paysagère nécessite d’intégrer toutes ses composantes parcellaires (bâti, voirie et paysage), et ceci, de l’espace public à l’espace privé, depuis la forme générale du village jusqu’à l’élément isolé, tel un mur ou un arbre remarquable. Quand la valorisation du patrimoine bâti est efficacement réalisée par les réhabilitations, les opérations groupées et les lotissements, à travers la production d’espaces publics et de trames paysagères appropriés, elle permet aux communes de réaménager le rapport entre le bourg et sa campagne.

Un mode de développement et une configuration adaptés

Les opérations de réhabilitation, constructions en dents creuses et extensions, répondent chacune à des problématiques spécifiques tout en participant de manière complémentaire au développement modéré des bourgs et des villages. Leur mise en cohérence permet de définir et d’harmoniser la structure urbaine et paysagère du village dans ses éléments constitutifs. La taille, la position ainsi que le programme des opérations permettent de définir et d’équilibrer la programmation et la composition urbaine d’un bourg. Ces qualités permettent de mieux maîtriser les mécanismes de renouvellement et d’extension, de mieux équilibrer la répartition des logements, des équipements et des services, voire de prendre en compte la gestion des paysages. Présentées ici à l’échelle d’une commune, elles pourraient s’appliquer à un environnement intercommunal ou plus large encore.

Des aides, des outils et des partenaires

Pour la réussite des projets communaux ou privés, il est primordial de privilégier le qualitatif en amont de toute réalisation, que ce soit dans les documents réglementaires, au niveau des négociations ou lors des partenariats. Le développement d’un bourg ou d’un village, dans son environnement local et parfois extra-communal, s’exprime à travers des documents d’urbanisme et réglementaires d’échelles différentes. Ces derniers peuvent en effet permettre l’équilibre entre le développement de l’espace rural, sa protection et celle des paysages, le maintien de la diversité des fonctions urbaines et de la mixité sociale, et la préconisation d’une utilisation économe et équilibrée des espaces naturels.

Si l’échelle régionale, à travers son schéma directeur, en donne le cadre général, c’est surtout au niveau du PLU et de son PADD associé que se traduisent les propositions actives d’organisation du développement modéré des bourgs et des villages. L’intercommunalité et sa traduction dans les SCOT favorisent la qualité des projets, leurs réalisations et leurs financements par une réflexion plus globale, la prise de risque partagée et le développement des complémentarités et des solidarités.

Le montage d’opérations peut s’avérer complexe, voire lourd à porter dans le cas d’une ZAC. Les petites communes, généralement dépourvues de service d’urbanisme, ont besoin d’appuis extérieurs. Les CAUE, les SA HLM, les bureaux d’études privés et les PACT-ARIM peuvent les aider, depuis la prospection immobilière et foncière jusqu’à la sollicitation d’aides financières, voire le cas échéant, du suivi à la réalisation du projet.

Pour la «qualité» du projet, la tendance est au partenariat public/privé. Certaines municipalités n’hésitent pas à partager le risque avec les promoteurs pour valoriser un projet prévu «tout logement» d’un commerce ou d’un équipement. Cette négociation, dans un programme que le marché au départ ne propose pas, peut faciliter l’engagement des parties dans le projet.

Les politiques en faveur des bourgs et villages s’appuient sur les aides financières de l’État et surtout sur celles des collectivités territoriales (régions et départements). Adaptées aux différents projets, elles permettent le financement des études, l’acquisition de terrains, la réalisation de bâtiments et peuvent garantir les emprunts. Nombreux sont les projets qui ont comme unique objet, soit l’activité et le commerce (FISAC), soit la construction ou la réhabilitation d’habitat social (PLS, PLA-I, PLUS). Les autres portent sur le foncier (FDAF) ou sur le cadre de vie à travers plusieurs types de projets (contrat rural). Certaines de ces aides restent peu sollicitées par les communes. Faut-il y voir un manque d’information, un déficit de projets, ou une absence de volonté de la part des communes ?

Une politique volontariste

Le développement modéré des bourgs et des villages ne se fait pas seul. Avant d’être intégré par les logiques du marché, il doit être accompagné. Cette réalité implique une volonté politique. Il s’agit, pour les petites communes rurales, de se donner les moyens de maîtriser leur environnement au sens large : comprendre les lieux, les sites, la logique des acteurs et les modes d’actions possibles. Les communes doivent maîtriser de plus en plus précisément leurs cycles structurels (évolution démographique, finances publiques…), mais aussi répondre à la conjoncture et aux exigences socio-économiques telles que la pression foncière ou la demande croissante de qualité urbaine (niveau d’équipement, logement social, cadre de vie, patrimoine, etc.). La prise en compte de ces réalités implique une vision à long terme qui ne peut être partagée qu’à travers un projet global.

Ce projet permet aux communes rurales d’affirmer et de mettre en cohérence aussi bien leurs politiques foncières que leurs choix en matière de programmation urbaine ou d’organisation de société. C’est une base que les habitants peuvent s’approprier et faire évoluer. L’information, la concertation et le partage d’objectifs communs permettent d’atténuer les réticences locales, les logiques du «chacun pour soi» conduisant au refus de construire, les peurs de la perte de l’identité villageoise ou du brassage des populations et, inversement, de contrer certaines tendances au développement immodéré. Le projet partagé est un atout certain pour solliciter les acteurs indispensables de l’aménagement, tels que les promoteurs privés et les bailleurs sociaux, afin qu’ils s’impliquent, par exemple, dans la réalisation d’un parc de logements social suffisant et adapté ou dans la création d’équipements ou de services. Pour réussir leur développement modéré, les petites communes rurales doivent donc se donner les moyens nécessaires à toutes les étapes de leur aménagement. Cette démarche volontaire, souvent trop lourde pour une seule commune, engendre la nécessité croissante de contractualiser avec la sphère privée et de s’associer à d’autres collectivités.

Glossario

CAUE : Conseil d’architecture, d’urbanisme et de l’environnement

FDAF : Fond départemental d’action foncière

FISAC : Fond d’intervention pour les services, l’artisanat et le commerce

PACT-ARIM : Protection amélioration transformation de l’habitat – Association de restauration immobilière

PADD : Plan d’aménagement et de développement durable

PCLS : Prêt conventionné locatif social

PLA-I : Prêt locatif aidé – intermédiaire

PLS : Prêt locatif social

PLU : Plan local d’urbanisme

PLUS : Prêt locatif à usage social

SA HLM : Société anonyme d’habitation à loyer modéré

SCI : Société civile immobilière

SCOT : Schéma de cohérence territoriale

SDRIF : Schéma directeur de la région Île-de-France

ZAC : Zone d’aménagement concerté

ZNIEFF : Zone naturelle d’intérêt écologique, floristique et faunistique



Nota: il testo integrale (con le schede illustrate di progetti), insieme alle altre pubblicazioni sul sito dello IAURIF (f.b.)

Materiali scelti e tradotti per Eddyburg dal sito dell’associazione: Futurewise: Building Communities, Protecting the Land – a cura di Fabrizio Bottini

La nostra ragione d’essere

Futurewise è un gruppo di azione pubblica dello stato di Washington, che lavora per evitare che un’eccessiva edificazione sottragga lo spazio delle zone di campagna e rurali, delle foreste, e per rendere le nostre città dei buoni posti in cui vivere.

Siamo l’unico gruppo a livello statale che opera perché i governi locali amministrino lo sviluppo in modo responsabile.

Fondato nel 1990 [lo stesso anno del Growth Management Act statale n.d.T.], Futurewise può vantare una straordinaria serie di iniziative sulle questioni del growth management, e di principale sostenitore a livello statale delle politiche di smart growth.

I programmi di organizzazione, sostegno, legali, di divulgazione e supporto tecnico offerti dal gruppo ad associazioni locali, sono diventati la base per una buona gestione della crescita nello stato di Washington.

Nel 2005, l’associazione ha cambiato nome: da 1000 Friends of Washington a Futurewise per esprimere meglio l’obiettivo che ci poniamo.

Futurewise: 15 anni di risultati

Nel febbraio 2005 1000 Friends of Washington ha cambiato il suo nome in Futurewise. Ma è la stessa organizzazione di sempre, solo con un nome che trasmette in modo più adeguato la nostra attività.

Il successo di Futurewise si basa su: organizzazione di una forte struttura di base per una migliore gestione della crescita; sostegno ad altre iniziative per realizzare coalizioni e formare attivisti; costruzione di un certo potere nel tempo, coltivando i rapporti con alcuni ambiti chiave delle decisioni.

Negli scorsi anni, Futurewise ha conseguito vittorie importanti a livello statale. Abbiamo:

- rafforzato in modo sostanziale la tutela dei fiumi, corsi d’acqua minori e zone umide, fissando alcuni limiti al disboscamento per proteggere la quelità delle acque nelle zone rurali delle contee di King e Pierce.

- triplicato la quantità di zone agricole protette nella Pierce County, sino a quasi 15.000 ettari, e scongiurato più di 10.000 potenziali lotti edificabili riformando la maggior parte delle ordinanze di zoning che consentivano lotti inferiori ai due ettari in zona rurale.

- convinto la Whatcom County a tornare sulla decisione di destinare due aree sensibili lungo la costa della Puget Sound (Point Whitehorn e Birch Point) allo sviluppo urbano.

- protetto più di 350 ettari di zona rurale della Walla Walla County dall’insediamento diffuso.

Futurewise ha avuto dei successi anche con il governo statale. Nel 2002, l’associazione ha redatto e fatto approvare quattro progetti di legge che aiutano a fermare lo sprawl. Nel 2003 e 2004, Futurewise ha bloccato un esplicito attacco alla pianificazione dello sviluppo, fermando più di una dozzina di cattivi progetti di legge già approvati dal Senato. Abbiamo anche collaborato all’approvazione di un progetto che rafforza la tutela delle coste.

Per quanto riguarda iniziative e referendum a livello statale, Futurewise ha collaborato a sconfiggere il progetto R-48 sui diritti di proprietà nel 1994, ed è stato la punta di diamante della campagna contro l’iniziativa 745 nel 2000: la prima sconfitta di Tim Eyman alle urne.

Futurewise ha ottenuto nel 1999 il riconoscimento del Daniel Burnham Award dalla American Planning Association, che viene dato ogni anno su scala nazionale per un efficace lavoro svolto verso città più vivibili.

Uso del Suolo

Le decisioni sull’uso dello spazio – ovvero le risposte alla domanda: “Cosa costruiremo ora, e dove?” – sono al centro dell’impegno di Futurewise e del movimento per la smart growth.

Luogo centrale della questione nello stato di Washington oggi sono gli aggiornamenti dei piani generali di circoscrizione e le ordinanze per le critical areas ai sensi del Growth Management Act.

A nove delle contee occidentali (e alle città in esse) è stato richiesto di adottare nuovi piani generali e ordinanze per le critical areas nel 2004. Altre sei lo faranno entro il 2005, e altre sette nel 2006.

Futurewise ha partecipato al vivo dibattito locale di tutte le contee, convincendo rappresentanti locali a sottrarre decine di migliaia di ettari agricoli all’edificazione e aumentando le tutele per fiumi, corsi d’acqua minori, aree umide e altre zone sensibili.

[...]

Gli spazi urbani

Futurewise è l’unica organizzazione non-profit impegnata esclusivamente ad ottenere una corretta pianificazione territoriale e una programmazione dello sviluppo nello stato di Washington. Ci dedichiamo alla tutela delle risorse naturali e a rendere le nostre città posti migliori in cui vivere. Una componente chiave nel creare comunità migliori è quella di offrire case a prezzi accessibili nelle aree urbane.

Attraverso il programma di densificazione locale urbana [ infill], Futurewise opera per offrire le densità urbane di cui lo stato di Washington ha bisogno. Attualmente:

- partecipiamo alla Better Cities Coalition, un’organizzazione a larga base che unisce interessi ambientalisti, del mondo immobiliare e delle costruzioni;

- promuoviamo l’incremento nell’uso degli alloggi accessori;

- studiamo e proponiamo modifiche alle regole di zoning che limitano senza motivo gli aumenti delle densità locali.

Nota: il testo originale, integrale, e corredato di tutta la documentazione accessoria, al sito Futurewise. Su Eddyburg gli stessi argomenti sono proposti attraverso estratti dal Growth Management Act statale, e dai piani generali della King County, della città di Seattle, della cittadina di Des Moines (f.b.)

Washington State, Growth Management Act, 1990 (RCW 36.70A) – Estratti e traduzione per Eddyburg a Cura di Fabrizio Bottini

[...] Scopi di pianificazione (RCW 36.70A.020)

Vengono adottati i seguenti obiettivi a orientare la redazione e adozione di piani generali [ comprehensive plans] e norme edilizie [ development regulations] nelle contee e città a cui viene richiesto, o che scelgono, di pianificare ai sensi della presente legge. Gli obiettivi seguenti non sono elencati in ordine di priorità, e devono essere intesi al solo scopo di guidare lo sviluppo di piani generali e norme edilizie:

(1) Crescita urbana. Sostenere lo sviluppo urbano nelle aree dove esistono o possono essere realizzati in modo efficiente servizi e strutture adeguate.

(2) Riduzione dello sprawl. Ridurre la trasformazione di aree libere in insediamenti urbani diffusi a bassa densità.

(3) Trasporti. Sostenere un sistema di trasporto efficiente e multimodale, basato su priorità regionali e coordinato coi piani generali di contea e urbani.

(4) Abitazione. Sostenere la disponibilità di abitazioni a prezzi accessibili per tutti i segmenti economici della popolazione dello stato, promuovere varie densità residenziali e tipi edilizi, sostenere la conservazione dello stock abitativo esistente.

(5) Sviluppo economico. Sostenere in tutto il territorio dello stato uno sviluppo economico coerente con i piani generali adottati, promuovere le opportunità economiche per tutti i cittadini dello stato, in particolare disoccupati e persone svantaggiate; incoraggiare la crescita in aree di insufficiente sviluppo economico, il tutto entro le potenzialità dello stato intermini di risorse naturali, servizi pubblici, infrastrutture.

(6) Diritti della proprietà privata. Le proprietà private non saranno acquisite per l’uso pubblico senza giusto indennizzo. I diritti dei proprietari di suoli saranno tutelati da azioni arbitrarie e discriminatrici.

(7) Autorizzazioni. Le richieste per il rilascio di permessi sia statali che locali dovranno essere esaminate in tempi e modalità adeguate, a garantire tempi certi.

(8) Attività legate alle risorse naturali. Conservare e sviluppare le attività che hanno come base le risorse naturali, come quelle del legname, l’agricoltura, la pesca. Sostenere la conservazione delle foreste e terre agricole a scopi produttivi, scoraggiando gli usi incompatibili.

(9) Spazi aperti e per il tempo libero. Sostenere il mantenimento degli spazi aperti e lo sviluppo delle attività per il tempo libero, conservare gli habitat della selvaggina e fauna ittica, aumentare l’accessibilità alle zone e acque naturali, sviluppare i parchi.

(10) Ambiente. Proteggere l’ambiente ed elevare la qualità di vita nello stato, compresa la qualità dell’aria e delle acque, e la disponibilità idrica.

(11) Coordinamento della partecipazione dei cittadini. Incoraggiare il coinvolgimento dei cittadini nei processi di pianificazione, assicurando il coordinamento fra comunità e circoscrizioni amministrative per ricomporre i conflitti.

(12) Servizi e strutture pubbliche. Assicurare adeguati servizi e infrastrutture a sostegno degli insediamenti, nel momento in cui le aree vengono rese disponibili per l’uso, senza abbassare i livelli di servizio al di sotto di standards minimi fissati localmente.

(13) Tutela storica. Individuare e incoraggiare la tutela di aree, luoghi e strutture con significato archeologico o storico.

[...]

Piani generali – Zone di sviluppo urbano (RCW 36.70A.110)

(1) Ciascuna contea alla quale è richiesto o che sceglie di redigere un piano ai sensi della presente legge dovrà individuare una zona di sviluppo urbano entro la quale venga incoraggiata la crescita e all’esterno della quale tale crescita possa avvenire solo se non si tratta di sviluppo urbano. Ciascuna città localizzata entro la contea sarà inclusa in una zona di sviluppo urbano. Una zona di sviluppo urbano può comprendere più di una città. Possono essere inclusi territori localizzati esternamente a una città se questi territori sono già caratterizzati da crescita urbana, che includano o meno un centro urbano, o siano adiacenti a territori già caratterizzati da crescita urbana, oppure destinati a nuovi insediamenti del tipo definito al punto RCW 36.70A.350.

(2) In base alla crescita di popolazione prevista e pianificata per la contea dall’ufficio di gestione finanziaria, contea e città incluse dovranno prevedere zone e densità sufficienti a consentire la crescita programmata per la città o contea nel successivo periodo di vent’anni, eccetto per le zone di sviluppo urbano totalmente incluse entro una riserva storica nazionale.

Ciascuna zona di sviluppo urbano deve consentire densità di tipo urbano, e comprendere aree a fascia verde di interposizione [ greenbelt] e spazi aperti. Nel caso di aree di sviluppo urbano totalmente incluse entro una riserva storica nazionale, la città può ridurre densità, intensità, e forme della crescita, così come stabilito necessario a tutelare l’integrità fisica, culturale, storica della riserva. Una designazione a zona di sviluppo urbano può contenere ragionevoli elementi legati all’offerta di mercato delle aree, e deve consentire una vasta gamma di densità e funzioni urbane. Nel determinare il fattore di mercato, città e contee possono prendere in considerazione le circostanze locali. Città e contee hanno discrezione riguardo alle scelte di sistemazione della crescita urbana entro i propri piani generali.

[...]

(3) Lo sviluppo urbano dovrà essere localizzato: in primo luogo in aree già caratterizzate da crescita urbana con adeguate strutture pubbliche e capacità di servizio commisurate a tale sviluppo; in secondo luogo in aree già caratterizzate da crescita urbana che possono essere servite adeguatamente unendo servizi e strutture pubbliche esistenti e altri servizi e strutture aggiunti con risorse pubbliche o private; in terzo luogo nelle rimanenti porzioni delle zone di sviluppo urbano. La crescita può essere anche collocata entro zone di nuova urbanizzazione così come definite al punto RCW 36.70A.350.

(4) In generale, le città sono gli enti di governo locale più adatti a fornire i servizi pubblici urbani. In genere, non si presume che i servizi pubblici urbani vengano realizzati o ampliati nelle zone rurali, eccetto in quelle limitate circosctanze ove ciò si dimostri necessario a proteggere la sanità pubblica e l’ambiente, e dove tali servizi siano finanziariamente sostenibili alle densità rurali, e non sia consentito uno sviluppo urbano.

[...]

(6) Ogni contea includerà le destinazioni a zone di sviluppo urbano entro il proprio piano generale [comprehensive plan].

(7) Una zona di sviluppo urbano definita secondo i presenti criteri può contenere entro i propri confini aree dei servizi urbani o potenziali aree di annessione a città o cittadine entro la contea.

Nota: il testo completo originale del Growth Management Act è disponibile al sito della Washington State Legislature, in particolare per questi estratti la prima parte sugli Scopi di pianificazione - RCW 36.70A.020); e la seconda parte sulle Zone di sviluppo urbano - RCW 36.70A.110 ; su Eddyburg, un esempio di applicazione pratica della Zona di Sviluppo Urbano alla dimensione di contea, nel piano generale della King County in quello di Seattle e in quello della cittadina di Des Moines; a tutelare e diffondere lo spirito del Growth Management Act, opera dal 1990 l'associazione Futurewise(f.b.)

La cittadina di Des Moines, a sud di Seattle, di cui propongo di seguito alcuni estratti dal piano regolatore, non va confusa con la più grande e importante omonima città dello Iowa. Il nome non è comunque frutto di pura coincidenza: il piccolo centro fra la sponda della Puget Sound a ovest e il tracciato della Interstate 5 a est, è stato fondato proprio da pionieri provenienti da Des Moines, Iowa (f.b.)



City of Des Moines (Wa), Greater Des Moines Comprehensive Plan (adottato il 5 gennaio 2004); Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini - Capitolo 2: Elemento uso del suolo

2-01 OBIETTIVI

2-01-01 – Conservare e migliorare i quartieri residenziali della città e servirli attraverso distretti terziari vitali, spazi aperti, strutture per il tempo libero, e altri usi dello spazio complementari.

2-02 PREMESSE

2-02-01 – La città di Des Moines e l’area di piano della Grande Des Moines sono altamente edificate, con un sistema insediativo consolidato. La maggior parte dello spazio è edificata a funzioni residenziali a case unifamiliari, con i complessi multifamiliari e l’insediamento commerciale nella zona del centro/marina, e lungo la Pacific Highway, Interstate-5, e grandi arterie di traffico urbano come la Kent-Des Moines Road. [..]

2-02-02 – Nell’aprile 1995, il 48% degli alloggi nella città di Des Moines erano case unifamiliari; il 49% fra appartamenti, condomini, case di riposo e altre strutture collettive; il 3% case mobili.

2-02-03 – Le previsioni del piano generale per la Grande Des Moines 1981-1990 erano di un incremento del 34% degli alloggi in appartamenti e condomini, e del 19,5% nelle tipologie unifamiliari entro la città di Des Moines. Di conseguenza il 59% degli alloggi totali avrebbe dovuto essere in appartamenti o condomini, e il 41% unifamiliari. Questo piano prevede che il 52% del totale degli alloggi sia diviso fra appartamenti e condomini, e il 46% in tipi unifamiliari, mentre il totale degli alloggi dovrebbe essere inferiore alle previsioni del piano 1981-1990.

2-02-04 – Il piano del 1981-1990 non era coerente con gli azzonamenti delle amministrazioni confinanti, né con il Growth Management Act, le Countywide Planning Policies della King County, o la Zoning Map di Des Moines. Complessivamente, tutte queste incoerenze hanno motivato la redazione e adozione di un nuovo piano generale per la Grande Des Moines.

2-02-05 – Il piano generale della King County e quello delle strategie di sviluppo regionale per l’area della Puget Sound, Vision 2020, contengono obiettivi e politiche tesi a promuovere uno sviluppo compatto delle aree urbane. La Policy V.B.U-502 nel piano della King County (Ordinanza No. 11575) mira a una densità media di 17/20 alloggi ettaro per i nuovi insediamenti nelle zone “urbane”. La strategia Vision 2020 fissa un minimo di 15/20 alloggi ettaro entro le Zone di Sviluppo Urbano esterne ai centri di attività.

2-02-06 – L’insediamento residenziale nella città di Des Moines ha una densità netta media di 15 alloggi ettaro.

2-02-07 – L’attuazione delle previsioni contenute nel piano 1981-1990 avrebbe dato una densità netta media di 18,8 alloggi per ettaro nella città di Des Moines. Il presente piano generale per la Grande Des Moines mantiene la medesima densità.

2-02-08 – Un sondaggio di pubblica opinione condotto nel 1990 mostrava che i cittadini nell’area di piano della Grande Des Moines avevano le seguenti opinioni riguardo all’uso dello spazio:

(1) La qualità dei quartieri è buona;

(2) L’aumento dei complessi multifamiliari dovrebbe essere contenuto;

(3) I complessi multifamiliari sarebbero più accettabili nelle aree adiacenti la Pacific Highway South, le grandi arterie urbane e freeways, o in zone dove già esistono insediamenti multifamiliari;

(4) Esiste un diffuso interesse riguardo agli effetti della crescita sulla comunità, ed emerge un desiderio di conservare un’atmosfera da piccola città;

(5) La disponibilità di posti di lavoro locali non è una delle preoccupazioni principali.

2-02-09 – Molta parte dell’area edificata con insediamenti di case unifamiliari mescola varie forme di destinazione di zona a questo scopo.

2-02-10 – Le zone destinate a edificazione unifamiliare contengono classificazioni miste prive di un chiaro indirizzo.

[...]

2-03 POLITICHE

2-03-01 – Cercare un’armoniosa fusione fra gli spazi dell’abitazione, del lavoro, dello shopping, del tempo libero e della cultura.

2-03-02 – Conservare dove opportuno gli spazi aperti, per:

(1) Proteggere le aree di sensibilità ambientale;

(2) Offrire una separazione visiva fra i vari usi dello spazio, i quartieri, i limiti cittadini;

(3) Attenuare gli impatti visivi e ambientali dei nuovi insediamenti.

2-03-03 – Contenere l’edificazione futura entro zone dove esistano o possano essere contemporaneamente realizzati adeguati servizi e strutture.

2-03-04 – Conservare l’unitarietà dei quartieri di case unifamiliari esistenti.

2-03-05 – Promuovere modi di uso dello spazio, dimensioni e densità tali da sostenere i servizi di trasporto pubblico e incoraggiare gli abitanti a spostarsi a piedi e in bicicletta, oltre che offrire la possibilità di un uso dell’automobile sicuro e comodo.

2-03-06 – Contenere la quantità di nuovi insediamenti a tipi multifamiliari, per mantenere un equilibrio fra i vari tipi di alloggi e conservare i caratteri dei quartieri.

(1) In futuro l’edificazione multifamiliare dovrà essere limitata ad aree dove è predominante l’insediamento e la destinazione a questi tipi.

(2) Gli alloggi multifamiliari devono essere consentiti anche congiuntamente agli insediamenti commerciali entro il Downtown Business District, posto che tali alloggi siano progettati a offrire un ambiente residenziale ad alta qualità, migliorando aspetto e funzionalità del quartiere commerciale.

(3) Dove siano consentiti alloggi multifamiliari, la densità deve essere limitata. Nella zona ovest del Downtown Business District, la densità non deve superare i 70 alloggi ettaro. Fra il tracciato della Interstate-5 e le fasce commerciali lungo la Pacific Highway South, e nelle zone di alloggi multifamiliari prospicienti le fasce commerciali della Pacific Highway South, la densità non deve superare i 50 alloggi ettaro. Altrove, la densità non deve essere superiore ai 35 alloggi ettaro.

2-03-07 – Devono essere prese in considerazione le tipologie townhouse e duplex [abbinata] in zone che:

(1) Sono intermedie fra le aree ad abitazioni singole e usi a maggiore intensità;

(2) Non contengano una quantità dominante di alloggi unifamiliari in buone condizioni di manutenzione;

(3) Non siano adatte ad un uso futuro ad abitazioni unifamiliari singole;

(4) Siano destinate ad insediamento plurifamiliare.

2-03-08 – Ampliare e migliorare le vitalità economica dei distretti commerciali esistenti, riconoscendo le particolarità di ogni singolo distretto.

(1) Promuovere nuova edificazione e riedificazioni all’interno del Downtown Business District a sottolineare e rafforzare i legami col waterfront, la pedonalità, i il ruolo nello shopping locale e nei servizi.

(2) Consentire alla fascia commerciale della Pacific Highway di sviluppare una vasta gamma di funzioni, a servizio di una clientela locale e regionale e riflettendo l’orientamento automobilistico del quartiere.

2-03-09 – La città deve pianificare l’edificazione futura del quartiere North Central riconoscendo:

(1) L’impatto acustico dei velivoli esistente come riconosciuto dal 1995;

(2) I progetti per un futuro business park e insediamenti commerciali simili a nord del quartiere, nel territorio dell’amministrazione di SeaTac;

(3) L’impatto dei nuovi interventi sugli insediamenti esistenti dentro e fuori il quartiere;

(4) Le necessità in termini di trasporto e infrastrutture dei nuovi interventi;

(5) Le potenzialità dei nuovi interventi rispetto al miglioramento della qualità ambientale o economica della città.

2-03-10 – Entro la fascia della Marina di Des Moines, consentire usi commerciali dipendenti o connessi all’acqua, a servizio degli utenti della marina, o che incoraggino l’accesso pubblico alla riva.

[...]

2-04 STRATEGIE

2-04-01- Predisporre specifici piani di azzonamento per i Quartieri così come delimitati sull’apposita mappa.

2-04-02 – Classificare le superfici della Zoning Map della città di Des Moines in modo coerente con funzioni e densità del piano generale per la Grande Des Moines.

(1) I terreni destinati dalla Land Use Map all’insediamento unifamiliare dovranno avere le classificazioni e densità seguenti:

[ sintesi mia delle Tabelle n.d.T.: Zona Unifamiliare Bassa Densità: max 7 alloggi/ettaro; Zona Unifamiliare Media Densità: max 12 alloggi/ettaro; Zona Unifamiliare Alta Densità: max 15 alloggi/ettaro; Zona Townhouse/Duplex: max 22-30 alloggi/ettaro; Zona Multifamiliare Media Densità: max 44 alloggi/ettaro; Zona Multifamiliare Alta Densità: max 60 alloggi/ettaro; Zona Multifamiliare Massima Densità: 90 alloggi/ettaro ( conversione delle densità acri-ettari con qualche arrotondamento)];

2-04-03 – Le superfici destinate dalla Land Use Map a servizi pubblici devono essere utilizzate per strutture pubbliche e semipubbliche quali uffici dell’amministrazione e del governo, edifici pubblici per distribuzione, magazzini, produzione, manutenzione, marine, scuole, caserme, biblioteche.

2-04-04 – Le regole di zoning urbane devono essere conformate alla Greater Des Moines Comprehensive Plan Land Use Map come segue:

(1) La città deve cominciare a ridestinare le aree in modo conforme al piano dove:

(a) La land use map indica abitazioni unifamiliari, ma il piano vigente consente tipologie multifamiliari o destinazioni commerciali;

(b) La land use map indica alloggi multifamiliari, ma il piano vigente consente destinazioni commerciali;

(c) La land use map indica alloggi designates multifamiliari e il piano vigente classifica Zona RM [ Residential Multifamily], ma sono consentite densità maggiori.

[...]

Nota: Sullo stesso tema, qui su Eddyburg, estratti dal Growth Management Act statale, da piano di Seattle e dal piano generale della King County, la contea che comprende il territorio di Des Moines; La documentazione completa del Comprehensive Plan (che comprende anche aspetti non strettamente urbanistici) al sito del Department of Community Development di Des Moines (f.b.)

Metropolitan King County Council, 2004 King County Comprehensive Plan (adottato il 27 settembre 2004) – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

[...] Usi del suolo urbani

Insediamenti cittadini

La sfida che attende la King County e i suoi abitanti è di costruire comunità urbane che offrano spazi e scelte alle persone, per come desiderano vivere, rispondendo anche alle diverse esigenze culturali ed economiche. Le zone urbane hanno bisogno di più che non delle infrastrutture fisiche. Necessitano anche di una vasta gamma di servizi alle persone e per il tempo libero per renderle luoghi attraenti e sicuri per vivere e lavorare, tutelando l’ambiente e mantenendo l’alta qualità della vita che tutti apprezziamo.

U-101 – L’insediamento entro la Zona di Sviluppo Urbano deve realizzare comunità sicure, sane, diversificate. Queste comunità devono contenere una varietà di abitazioni a prezzi accessibili e opportunità di impiego, scuole e strutture di ricreazione, e devono essere progettate in modo da proteggere l’ambiente naturale e le risorse culturali più significative.

1. La Zona di Sviluppo Urbano

Il Growth Management Act richiede che la contea definisca una Zona di Sviluppo Urbano là dove dovranno trovar posto la maggior parte della crescita ed edificazione previste per la King County. Perimetrando le Zone di Sviluppo Urbano, la King County e le altre contee potranno:

• Limitare l’insediamento diffuso;

• Ridurre i costi sostenendo un’edificazione più concentrata;

• Migliorare l’efficienza dei servizi agli abitanti, delle strutture e dei trasporti;

• Proteggere le zone rurali e aree naturali;

• Aumentare gli spazi aperti.

La Zona di Sviluppo Urbano [Urban Growth Area – UGA] della King County è rappresentata nella Land Use Map ufficiale allegata al presente piano. Le politiche di piano a scala di contea [Countywide Planning Policies – CPP] costituiscono la cornice utilizzata dal Metropolitan King County Council nell’adozione della UGA entro il Comprehensive Plan del 1994.

La Zona di Sviluppo Urbano/UGA comprende tutte le città della contea, incluse quelle nella Zona Rurale, quelle di annessione alle zone urbane, quelle non comprese nelle circoscrizioni municipali [unincorporated] caratterizzate da una crescita di tipo urbano. La UGA comprende anche i Bear Creek Urban Planned Developments a est di Redmond. Si veda il Capitolo 3, Rural Legacy and Natural Resource Lands, per ulteriori linee guida riguardo alla crescita nelle aree rurali di annessione alle città.

La UGA totale nella King County copre 1.200 kmq, meno di un quarto dell’area totale della contea. Sono le città a contenere la maggior parte di questa superficie, con 990 kmq, mentre la quota delle zone esterne ai confini municipali è di circa 200 kmq, secondo l’edizione 2003 del “King County Annual Growth Report”.

U-102 – La Zona di Sviluppo Urbano riportata nella Land Use Map ufficiale comprende terreni sufficienti a contenere la crescita prevista per il periodo 2001-2022. Queste superfici includono solo terreni che rispondono ai seguenti criteri.

a. Sono caratterizzati da insediamento urbano che può essere, a costi convenienti ed efficientemente, servito da strade, reti idriche, fognature nere e bianche, scuole e altri servizi pubblici entro i prossimi vent’anni;

b. Non si estendono oltre confini naturali come spartiacque, che ostacolerebbero la fornitura dei servizi urbani;

c. Rispettano le caratteristiche topografiche che definiscono limiti naturali, come fiumi e linee di crinali;

d. Sono sufficientemente liberi da vincoli ambientali per consentire la crescita di tipo urbano senza grandi impatti, salvo quando le aree sono destinate a elemento di separazione urbano da accordi inter-amministrativi;

e. Sono comprese entro i siti classificati Bear Creek Urban Planned Development (UPD);

f. Non si tratta di zone rurali, o agricole e forestali non comprese in circoscrizione municipale, classificate secondo il Countywide Planning Policies Plan.

U-103 – Le singole zone definite che vengano tagliate dalla linea della Zona di Sviluppo Urbano devono essere riclassificate interamente, o urbane o rurali, salvo quando la divisione non riconosca elementi si sensibilità ambientale, o accordi inter-amministrativi, o altri piani della King County.

Alcune città sui margini della Zona di Sviluppo Urbano gestiscono parchi nella Zona Rurale. Questi parchi possono essere stati acquisiti dalle amministrazioni tramite acquisto diretto, o con accordo di trasferimento con la King County.

Le città possono continuare a gestire i parchi nella Zona Rurale, coerentemente agli standards urbanistici per le aree rurali. In casi specifici, le amministrazioni possono richiedere che i parchi siano riclassificati come urbani, per consentire nel futuro annessione al territorio municipale.

U-104 – Le proprietà rurali nelle immediate adiacenze dei confini di una municipalità, per cui è prevista la destinazione a parco da parte dell’amministrazione cittadina, possono essere riclassificate come urbane se l’amministrazione si impegna a destinare in modo permanente la zona a parco, in modo ritenuto soddisfacente dal King County Council, e:

a. Il terreno ha dimensione non superiore ai 15 ettari ed è stato acquisito dalla città prima del 1994; oppure

b. Il terreno ha dimensione non superiore ai 15 ettari e riceve sostegni dalla contea sotto forma di sovvenzioni per parco o strutture tempo libero, tramite accordo fra la King County e la città; oppure

c. Il terreno è o è stato un parco della King County ed è stato trasferito, o è in via di trasferimento, alla città.

[...]

King County Comprehensive Plan 2004, Legenda

2. La crescita delle città e centri urbani, e la promozione della salute collettiva

Il King County Comprehensive Plan influenza direttamente le decisioni di uso del suolo solo nelle zone della contea non comprese entro amministrazioni municipali. Ma le città contengono la maggior parte della base economica della contea, la maggior parte della popolazione urbana, e offrono servizi di tipo urbano alle adiacenti zone unincorporated. In più, molti servizi che sono vitali per lo sviluppo urbano sono offerti alle zone esterne ai municipi da distretti speciali indipendenti creati a questo scopo. Le Countywide Planning Policies orientano lo sviluppo dei centri urbani, che si trovano localizzati nelle città e devono contenere concentrazioni di residenza e attività economiche. Il ruolo significativo di città e distretti deve quindi essere riconosciuto nei meccanismi decisionali di contea, e nella pianificazione futura.

Focalizzare lo sviluppo nelle zone urbane può avere un effetto positivo sulla salute collettiva. La percentuale di abitanti della King County sovrappeso o obesi è salita rapidamente dalla fine degli anni ‘80. Insieme all’obesità aumentano i rischi di diabete, ipertensione, patologie cardiache. L’evidenza suggerisce una spiegazione alla diffusione dell’obesità, nella mancanza di attività fisica. I modi dello sviluppo nelle aree suburbane, che scoraggiano gli spostamenti a piedi e promuovono la dipendenza dall’uso dell’automobile privata, hanno contribuito a questo problema di salute collettiva.

Le città che offrono usi diversificati dello spazio, densità residenziali maggiori, marciapiedi, collegamenti stradali e servizi a breve distanza, incoraggiano attività fisiche come camminare e andare in bicicletta.

U-106 – La maggior parte dello sviluppo residenziale e delle attività produttive deve localizzarsi nel sistema continuo della Zona di Sviluppo Urbano nell’area ovest della King County, specialmente nelle città e nelle Potential Annexation Areas.

U-107 – La King County sostiene azioni di uso dello spazio e destinazione d’uso che promuovano la salute collettiva aumentando le opportunità per ogni abitante di essere più attivo fisicamente. Tali azioni comprendono: concentrazione della crescita entro la Zona Urbana, promozione di centri di carattere urbano, consentire insediamenti a funzioni miste, realizzare collegamenti pedonali.

U-108 - LaKing County sostiene lo sviluppo di Urban Centers per rispondere al bisogno regionale di abitazioni, posti di lavoro, servizi, cultura e tempo libero promuovendo la salute. Tali strategie comprendono l’esplorazione delle opportunità di insediamenti tipo Joint Development o Transit Oriented Development , localizzazione degli spazi pubblici nelle zone a funzioni miste, promozione e uso delle proprietà di contea nei centri urbani.

U-109 – La King County deve concentrare servizi e strutture entro la Zona di Sviluppo Urbano per renderla un luogo desiderabile per vivere e lavorare, aumentare le opportunità di spostamento a piedi o in bicicletta nei centri abitati, un uso più efficiente delle possibilità delle infrastrutture esistenti, la riduzione dei loro costi di manutenzione sul lungo termine.

U-110 – La King County collabora con le amministrazioni, in particolare quelle classificate centri urbani, nello sforzo di trasferimento delle densità dalla Zona Rurale.

U-111 – Gli standards urbanistici per le zone urbane devono enfatizzare gli strumenti tali da consentire le massime densità possibili e i vari usi urbani che non compromettano così le aree ambientalmente sensibili. Alcune misure di mitigazione possono essere usate per scopi multipli, come il controllo del drenaggio, la ricarica della falda, la protezione dei corsi d’acqua minori, della qualità dell’aria, la conservazione degli spazi aperti, la tutela degli elementi storici e culturali, e del paesaggio. Quando tecnicamente fattibile, le norme devono essere semplici e misurabili, in modo tale da poter essere applicate senza lunghi processi di approvazione.

3. Obiettivi della Zona di Sviluppo Urbano

Le politiche di piano a scala di contea [Countywide Planning Policies – CPP] richiedono che l’amministrazione e quelle delle città prevedano obiettivi di crescita futura per le famiglie e i posti di lavoro articolati per circoscrizioni amministrative. Nel 1994, il Growth Management Planning Council ha adottato questi obiettivi di distribuzione della crescita prevista.

Le oscillazioni possibili negli obiettivi rappresentano le possibilità di scelta nelle politiche delle varie circoscrizioni, riguardo alla quota che intendono ospitare.La King County e le città hanno anche sviluppato obiettivi di occupazione che sostengano l’equilibrio locale fra popolazione e impieghi. Gli obiettivi per la crescita a livello di contea per quanto riguarda famiglie e occupazione nelle zone esterne ai municipi, sono contenuti nelle CPP.


King County Comprehensive Plan 2004, zone omogenee

Nel novembre 2002, sono stati fissati nuovi obiettivi di crescita a orientare lo sviluppo per il periodo 2001-2022. A ciascuna circoscrizione urbana, e alle zone della King County esterne ai municipi, sono stati assegnati obiettivi basati sulla disponibilità di suolo e altri fattori. La tabella completa degli obiettivi per le città “ Adopted 22-Year Household Growth Targets” è compresa nel presente capitolo [ ma non nei presenti estratti n-d-T.].

U-112 – Le politiche e norme di uso del suolo dovranno consentire un obiettivo di crescita di circa 13.400 famiglie, e circa 7.900 posti di lavoro entro il 2022, fissato nelle Countywide Planning Policies per le aree esterne ai municipi della Zona di Sviluppo Urbano.

U-113 – La King County offrirà spazi adeguati per la crescita residenziale, commerciale e industriale nelle zone urbane esterne ai municipi. Tale capacità insediativa comprende sia le opportunità di riurbanizzazione sia quelle di edificazione delle zone ancora disponibili.

U-114 – La King County userà gli obiettivi per famiglie e posti di lavoro per attuare il piano generale entro le comunità urbane. Gli obiettivi per le sub-aree esterne ai municipi verranno monitorati, e potranno venir precisate attraverso azioni future di piano, che tengano conto delle comunità, delle amministrazioni interessate, degli enti erogatori di servizi.

[...] Nota: la documentazione integrale del piano, al sito web della King County; su Eddyburg anche estratti dal Growth Management Act dello stato di Washington, che orienta le scelte generali di pianificazione sostenibile per lo sviluppo; sullo stesso argomento le zone mixed-use di Seattle; un esempio su scala più piccola è l'azzonamento della cittadina di Des Moines, compresa nel territorio della contea (f.b.)

Queensland (Aus.) Office of Urban Management, South Queensland Regional Plan(bozza ottobre 2004) – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Una visione regionale

La visione regionale individua le aspirazioni collettive di lungo termine per l’area, l’ambiente in cui volgiamo viviere ora, e insieme l’ambiente che vorremmo lasciare alle future generazioni. Si propone il testo seguente come base di discussione.

Un South East Queensland (SEQ) sostenibile, prospero e vivibile, dove:

• le città siano sicure, salubri, accessibili e socializzanti;

• esistano varie opportunità di lavoro e un’istruzione e servizi di alta qualità;

• lo sviluppo urbano sia sostenibile e ben progettato;

• si possa apprezzare e tutelare l’ambiente, godere e rispettare i corsi d’acqua, baie, spiagge, boschi.

Nel 2026, il SEQ è una regione di città interconnesse, con una popolazione di quasi quattro milioni di persone. Al su cuore sta Brisbane, città mondiale di oltre un milione di abitanti. Attorno alla capitale, la regione ospita un certo numero di aree urbane divise da spazi aperti, e molti piccoli e medi centri, ciascuno con sue caratteristiche e identità. È una regione centrata sulle possibilità di scelta e le diversità, con catene montuose e aree pianeggianti, la Baia e le isole, lunge spiagge, boschi e campi. Una regione con una qualità di vita invidiabile e sostenibile.

La struttura urbana

Il Piano Regionale individua sei orientamenti strategici per realizzare la struttura auspicata del South East Queensland.

Orientamenti strategici

Per raggiungere gli assetti desiderati dell’area, il Piano Regionale individua sei orientamenti strategici per conseguire la struttura spaziale futura prescelta.

Mantenere i valori paesistici e di produzione agricola regionale

I paesaggi naturali e rurali del South East Queensland riassumono molte caratteristiche ambientali, di produzione agricola, per il tempo libero, culturali ed estetiche, di alto valore per la popolazione della regione. Ambiente naturale e risorse che sottostanno alla vivibilità regionale, formano una componente sostanziale dell’economia e saranno protette dallo sviluppo urbano e dall’insediamento residenziale rurale.

Individuare gli spazi per localizzare la crescita futuraIl Piano Regionale individua spazi più che sufficienti a contenere la popolazione prevista, di 3,7 milioni di abitanti al 2026. Queste aree di crescita urbana sono distribuite nella regione in modo da facilitare scelta e accessibilità all’abitazione. La crescita futura verrà collocata in modo combinato, fra aumenti di densità locali e consolidamento degli insediamenti esistenti, e nuove urbanizzazioni e destinazioni d’uso a residenza rurale.Sono state individuate anche alcune Investigation Areas, a contenere insediamenti urbani di più lungo periodo, e per rispondere a bisogni collettivi e di mercato imprevedibili.

Sottolineare l’identità delle comunità regionali

Le aree urbane in crescita saranno contenute e strutturate entro zone paesistiche e di attività agricola, a conservare le interruzioni chiave inter-urbane che delineano dimensioni e caratteristiche delle comunità regionali. Queste discontinuità inter-urbane variano di dimensione, da quelle a separare l’area metropolitana di Brisbane e le coste Gold e Sunshine, fino agli spazi inter-urbani più piccoli che delimitano insediamenti locali. La struttura prescelta promuove anche il consolidamento della crescita entro e nelle immediate vicinanze dei villaggi rurali.

Realizzare zone urbane più compatte

La crescita urbana del futuro in SEQ si consoliderà attorno ai centri urbani di attività e nodi del trasporto pubblico. Verranno sviluppate nuove aree residenziali a densità in grado di sostenere servizi di trasporto pubblico. Spazi e infrastrutture verranno utilizzati in modo più efficiente ed economico.

Il Piano Regionale propone che una porzione significativa della futura crescita delle abitazioni sia collocata entro aumenti di densità locali, e riurbanizzazioni entro le zone abitate esistenti.

Promuovere la crescita entro il Corridoio Occidentale

Il Corridoio Occidentale ospita un’ampia porzione degli spazi regionali destinati allo sviluppo futuro delle attività terziarie, industriali, della nuova residenza su spazi liberi.

Nel Corridoio Occidentale sarà collocata una grande quantità della crescita demografica e della nuova urbanizzazione, perché quest’area offre l’opportunità di ottenere un buon rapporto fra occupazione, infrastrutture di trasporto e crescita di popolazione. Attraverso l’individuazione di aree di crescita urbana, e conferendo priorità a infrastrutture e servizi, il Piano Regionale mira ad attirare qui una maggior crescita economica e demografica.

Integrare uso del suolo e trasporti

La qualità della vita e le opportunità di sviluppo economico sono migliori, se esiste un facile accesso a un buon sistema di trasporti. Uso futuro dello spazio e trasporti saranno pianificati e realizzati in modo integrato, e la crescita urbana concentrata lungo linee e nodi di mobilità. Gli investimenti in infrastrutture e servizi di trasporto, distribuiti su tutte le modalità, produrranno e sosterranno la realizzazione della forma urbana futura voluta.

Schema insediativo

La bozza di Piano Regionale articola lo spazio del South East Queensland secondo cinque ampie categorie. Queste aree offrono il contesto spaziale per le Norme Tecniche (bozza) contenute nella parte “G” del Piano, meglio precisate nelle Mappe che del piano sono parte costituente.

La Zona Paesaggio Regionale e Area di Produzione Agricola comprende aree di valore regionale che contengano:

• Elementi di conservazione naturale di rilevanza statale o regionale;

• Ecosistemi di rilevanza regionale in pericolo o di interesse;

• Parchi nazionali, parchi conservativi, riserve naturali, aree di conservazione coordinata;

• Aree di tutela del koala o altri habitat importanti;

• Terreni agricoli di alta qualità e altre zone produttive rurali;

• Risorse economiche naturali come quelle estrattive e di colture forestali;

• Bacini naturali di risorse idriche e aree di ricarica della falda;

• Foreste originarie;

• Zone umide costiere;

• Superfici che formano zone strategiche regionali di discontinuità inter-urbana.

Scopo della Zona Paesaggio Regionale e Area di Produzione Agricola è di assicurare un tutele di lungo termine da forme di sviluppo inadatto, in particolare l’invadenza delle funzioni urbane e l’ulteriore frammentazione della proprietà terriera a causa delle residenze rurali e altre attività simili. Ciò è specificato nella bozza delle Norme Tecniche contenute nella parte G del Piano.

La Zona Paesaggio Regionale e Area di Produzione Agricola mantiene i diritti edificatori attuali, per consentire la prosecuzione delle attività più significative, che comprendono la produzione agricola, l’accessibilità delle risorse naturali, le scorte il turismo, le attività per il tempo libero basate sulla natura, la conservazione ambientale nelle aree a ciò destinate. Ad ogni modo, il Piano Regionale contempla la possibilità che alcune aree attualmente destinate a residenza rurale nei piani regolatori locali, ma non ancora edificate o comprese nella Zona a Residenza Rurale, avranno qualche limitata possibilità di sviluppo.

La zona Superficie Urbana[ Urban Footprint] comprende terre principalmente destinate alle necessità di sviluppo urbano della regione sino al 2026. Sono comprese superfici più che sufficienti a contenere una gamma completa di funzioni urbane correnti, quali residenza, industria, terziario, infrastrutture, servizi e spazi aperti urbani, oltre ad alcune aree a residenza rurale contigue a quelle urbane e ben localizzate rispetto a servizi e attrezzature. L’inclusione nella zona Urban Footprint non significa che tutte queste superfici siano utilizzabili a scopi urbani. Sono compresi anche terreni con un’ampia gamma di possibilità e vincoli, come le zone di biodiversità a valore statale, regionale o locale. Esisteranno quindi alcune superfici entro la zona Urban Footprint protette da leggi statali come il Vegetation Management Act 1999 o da piani governativi di scala locale, o comunque non disponibili per le funzioni urbane a causa di vincoli locali.

I piani regolatori delle amministrazioni locali, e gli Structure Plans, sono gli strumenti principali per stabilire gli usi del suolo più auspicabili, e i tempi dell’eventuale urbanizzazione entro la zona Urban Footprint.

Specificamente lo Urban Footprint:

• Definisce i limiti dello sviluppo urbano sino al 2026 utilizzando confini catastali o altri chiaramente identificabili margini fisici, come strade o corsi d’acqua;

• Concentra la crescita in zone che:

– siano ben localizzate riguardo alle infrastrutture urbane esistenti o di progetto, ai centri di attività e servizi;

– promuovano lo sviluppo di comunità coese, sostenendo un’ampia gamma di servizi e strutture;

– rappresentino una crescita ordinata delle attuali zone urbane o si rapportino a centri esistenti, come quelli minori della regione;

– abbiano accesso a luoghi di lavoro esistenti o previsti.

• Tiene conto dello sviluppo urbano attuale, delle destinazioni d’uso urbane e di residenza rurale contigue e pianificate secondo i progetti delle amministrazioni locali alla data dell’agosto 2004.

Le Investigation Areas comprendono superfici con valore paesistico o di produzione agricola generalmente contenuto, e che hanno pochi vincoli rispetto all’uso futuro come zone di sviluppo urbano. La possibilità delle Investigation Areas di contenere espansioni urbane future è definita nella bozza delle Norme Tecniche.

Le Investigation Areas costituiscono una potenziale riserva di suoli per lo sviluppo urbano futuro di medio-lungo termine, e per i corridoi infrastrutturali. È importante tutelare queste aree da usi inappropriati prima del tempo in cui possono risultare effettivamente utili. Non tutte le superfici, in ciascuna di queste zone, sono disponibili per l’urbanizzazione.

Criteri per le Investigation Areas

Prima di considerare qualunque sviluppo urbano delle Investigation Areas, devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

• deve esistere un importante interesse pubblico nella realizzazione del progetto di insediamento (vedi Norme Tecniche);

• deve essere stata compiuta una dettagliata analisi e valutazione della zona in esame, per determinare il potenziale accettabile di urbanizzazione, vincoli e possibilità;

• devono essere state individuati i valori ambientali da proteggere, e tutti i possibili interventi di mitigazione degli impatti negativi;

• devono essere disponibili servizi e infrastrutture, e possono essere individuati e scaglionati economicamente nel tempo i necessari corridoi infrastrutturali adeguati rispondere alle domande;

• qualunque spesa non preventivata o aggiuntiva sarà sostenuta dai costruttori;

• dovranno essere progettate e realizzate le strutture sanitarie, educative, sociali e altri elementi comunitari;

• i nuovi insediamenti dovranno essere concepiti per creare comunità equilibrate, contenenti un’adeguata varietà di tipi e prezzi delle abitazioni;

• sarà parte integrante dell’insediamento una quota di case a prezzi concordati;

• nella progettazione dovranno essere utilizzati i principi di sostenibilità delle zone sub-tropicali, e riguardo alle forniture idriche, energetiche e di gestione dei rifiuti, traendo il massimo possibile vantaggio da tutte le opportunità di riuso;

• entro l’insediamento deve essere possibile creare posti di lavoro nell’industria o terziario, o deve esistere una chiara correlazione fra l’area e vicine possibilità di impiego, compresi precisi modi di spostamento casa-lavoro;

• l’insediamento deve essere concepito per offrire e mantenere sistemi di spostamento interni e verso l’esterno tramite mezzi pubblici, pedonali e ciclabili;

• devono essere rese disponibili in tutte le abitazioni e spazi per attività le più aggiornate tecnologie di comunicazione;

• devono essere messi a disposizione sia spazi aperti entro l’area, che – quando necessarie – fasce di discontinuità inter-urbane;

• l’insediamento deve essere coerente con gli scopi del Piano Regionale, con gli strumenti di pianificazione locale, coi piani e progetti di competenza statale.

[...]

Utilizzazione efficiente del suolo

Al 2026, saranno necessari circa 550.000 nuovi alloggi per contenere l’incremento di popolazione previsto a scala regionale. Proseguire nell’offerta di case unifamiliari singole a bassa densità nelle zone extraurbane è insostenibile, sia in termini di consumo di suolo che di costi dei servizi urbani.

L’alternativa è di offrire una maggiore quota di alloggi collocati in situazioni che traggano vantaggio dall’esistenza di strutture e servizi, e provvedere che anche l’urbanizzazione su terreni liberi avvenga utilizzando i suoli in modo efficiente.

Per promuovere il consolidamento nell’attuale zona di Urban Footprint, il Piano Regionale:

• fissa l’obiettivo di incremento della quota esistente di nuovi alloggi offerti tramite aumenti di densità locale [ infill] o riurbanizzazione [ redevelopment] sino al 40% di tutte le abitazioni unifamiliari singole o a gruppi realizzate nella regione dal 2004 al 2016, con aumento al 50% dal 2016 al 2026;

• chiede che tutti i principali insediamenti residenziali raggiungano una densità netta minima di 15 alloggi per ettaro. Queste zone possono comprendere varie proprietà o aree di intervento. La organizzazione esatta della miscela di densità insediative e tipi residenziali sarà determinata dallo Structure Plan;

• chiede che le maggiori densità dell’insediamento residenziale si concentrino attorno ai Centri di Attività Regionale e ai nodi di trasporto pubblico, per aumentare l’accessibilità ai servizi esistenti e di progetto.

Gli obiettivi delle quote di nuovi alloggi da realizzarsi tramite aumenti di densità locali o riurbanizzazioni sono medie regionali, e constano di 126.000 unità sulle 315.000 nuove abitazioni necessarie fra il 2004 e il 2016; e 118.000 sulle 225.000 fra il 2016 e il 2026.

La distribuzione di questi obiettivi regionali infill/ redevelopment fra le varie aree delle amministrazioni locali dipende da vari fattori, quali:

• dimensioni dell’area urbanizzata esistente e del numero e tipo di alloggi esistenti;

• accessibilità a posti di lavoro, servizi per l’istruzione, il tempo libero, trasporti pubblici;

• disponibilità di attrazioni naturali come spiagge o corsi d’acqua;

• disponibilità di spazi di espansione residenziale liberi;

• tendenze attuali nell’offerta residenziale.

Tenendo presenti tutti questi fattori, è chiaro come gli obiettivi di consolidamento e aumento di densità locale a scala regionale verranno conseguiti attraverso livelli relativamente alti di infill e di redevelopment entro le zone urbane delle principali amministrazioni, come Brisbane City o Gold Coast City.

[...]

Nota: la documentazione originale e integrale di questo Regional Plan (con mappe, norme tecniche ecc.) è disponibile al sito dello Office of Urban Management del Queensland; sul contesto australiano di pianificazione urbanistica e tutela dell’ambiente, ci sono altri vari estratti scelti di documenti in questa stessa sezione di Eddyburg (f.b.)

Per mia negligenza - ma ovviamente anche a causa della onnipotente casualità che governa gran parte della nostra vita - non mi ero mai imbattuto, sino a pochi mesi fa, in queste Immagini di persone in Calabria. Conoscevo il nome di Enzo Crea (non ancora l’amabile persona) ma mi era del tutto ignota l’esistenza di questo volume. E in tale mancata esperienza, non c’è dubbio, vi è qualche elemento di negligenza, essendomi io occupato di storia della Calabria per oltre un decennio. Ed esattamente nella fase in cui il testo di Crea vedeva la luce. Ma oggi simile circostanza si rivela con tutti i caratteri di un vantaggio di posizione: mi trovo infatti nella circostanza di osservare questa galleria di foto come se fossero state pubblicate appena ieri, con la freschezza di una scoperta, con la sensibilità di un osservatore che guarda a quei frammenti del nostro non lontano passato dall’alto ( o dall’abisso? ) del terzo millennio. Come se mi sporgessi a guardare quel mondo fissato in immagini da un’altra epoca.

Leggendo la bella introduzione che Rosario Villari ebbe a scrivere al volume nel 1982 ho subito percepito quanto radicalmente nuova fosse la mia prospettiva di lettura, come fosse mutata la mia posizione di osservatore rispetto a chi aveva potuto ammirare queste Immagini venti anni fa. Villari poteva guardare quei volti e quei gesti fissati con discrezione e amore da Enzo Crea, dalla sommità della “grande storia” che è venuta dopo e che li ha cancellati e sommersi. Da storico autorevole e testimone partecipe del suo tempo egli ha potuto osservare quelle ultime vestigia del mondo contadino, fatto di fatica e di miseria, dagli approdi ormai sicuri di una società profondamente modernizzata, liberata dalle antiche pene, approdata agli agi modesti ma rilevanti che lo sviluppo della seconda metà del Novecento ha portato nel nostro Sud. Dunque senza alcuna nostalgia - come ancora oggi continua a essere giusto - ma anche all’interno di una rassicurante visione storicizzante, di un quadro di serena razionalità. Il mondo contadino è scomparso, ma ad esso è successo una nuova fase storica che quel mondo ha assorbito in un equilibrio sociale più stabile, più libero, più aperto al cambiamento, all’informazione. Come non far proprio, in quei primi anni Ottanta, un così equilibrato e saggio punto di vista progressista?

Oggi questa prospettiva, lo dichiaro con nettezza, mi è radicalmente impedita. Le cose sono mutate troppo profondamente e in una direzione che molti di noi non avevano previsto. Io sono costretto a osservare le immagini dei contadini calabresi dei lontani anni cinquanta dal fondo di uno smarrimento profondo di razionalità sociale. Oggi siamo a un approdo diverso da quello immaginato. Quel movimento progressivo che era stato lo sviluppo economico del dopoguerra ha perso ogni telos, è diventata una corsa inquietante e sregolata verso la distruzione di ogni cosa: risorse, territori, ethos civile, rapporti umani. Lo svuotamento di senso dell’agire sociale, il prosciugamento di ambiti sempre più estesi della vita spirituale, non ci consentono oggi di guardare alla storia che ha sommerso la realtà contadina con la sicurezza fiduciosa di un tempo. Certo, nessuna nostalgia per una società di privazioni e di stenti. Nessun desiderio di « tornare indietro ». Ma l’idea di un procedere delle cose verso il meglio, di approdi sempre più avanzati conquistati dall’«andare avanti», non appartiene più alle menti che sanno osservare il nostro tempo.

Tale nuova prospettiva mi induce a osservare le foto allineate da Enzo Crea al di là del loro immediato contesto storico. Le immagini che esse riflettono non sono fissate agli anni della loro rilevazione, al momento congiunturale del loro “scatto”, ma sembrano sprofondare entro una temporalità molto più vasta. Se si fa eccezione per qualche dettaglio di vestiario e forse per una solo foto - quella che rappresenta un treno mentre sbuffa per la campagna - le persone ritratte in questi severi quadri in bianco e nero potrebbero appartenere all’Ottocento o al secolo precedente. Senza nessuna forzatura. Allo stesso tempo anche la regione geografica che ne costituisce lo sfondo è potenzialmente assai più vasta della Calabria: non solo le fugure e i luoghi ritratti potrebbero essere in Puglia o in Sicilia, ma anche in Albania, in Grecia, in Provenza, in Andalusia. E’ il vasto mondo mediterraneo con la sua solarità e anche con i suoi ritmi lenti, che vengono scanditi da figure sfuggite alla potenza erosiva del tempo.

C’è, in questa mia lettura di “ritardatario”, un merito di Enzo Crea. Com’è stato già osservato da Nino Borsellino - in una brillante presentazione delle Immagini di Persone tenuta in Campidoglio, nel 1983 - la fotografia del nostro fotografo è priva di intenzionalità sociologiche. Non mira a denunciare marginalità, miserie, arretratezze. Nessuna delle persone ritratte in queste foto è colta in condizioni di degradazione, di avvilimento. Nessuna recriminazione progressista viene a datare e a rinchiudere irrimediabilmente queste Immagini nella congiuntura politica di quegli anni, nel loro tempo transitorio. E in esse non vi è neppure traccia, neanche una lontana eco dell’epica contadina delle lotte per la terra: fenomeno che pure ha segnato, nell’immediato dopoguerra, uno dei grandi momenti di protagonismo civile e politico di quelle popolazioni. Forse l’unico accenno all’epica sociale di quella fase è in quel treno, a cui abbiamo già fatto cenno, colto mentre corre per la campagna. L’autore accompagna l’immagine con la didascalia Il fumo dell’espatrio. E’ l’unico, discreto richiamo a quel vasto e travolgente fenomeno che fu la ripresa dell’emigrazione negli anni Cinquanta. Nulla più che un sommesso accenno allo svuotamento dei paesi, all’abbandono delle campagne, al dissolvimento del mondo contadino.

In realtà, le persone fotografate da Enzo Crea non sono né derelitte e bisognose di riscatto, né sbalzate fuori dalla loro dimensione quotidiana da eventi memorabili. Nè vittime né eroi. Sono ritratte nell’universo di senso che per secoli ne ha accompagnato e scandito le esistenze. Sono, per l’appunto, persone: termine significativamente scomparso dal nostro lessico quotidiano. Uomini, donne, bambini, vecchi intenti al loro lavoro, ai giochi, alle conversazioni di vicinato, o fissati in un incontro, in una calma attesa, in una pausa di riposo o di riflessione. Persone che vivono ancora con familiarità, come avevano fatto per secoli, con le capre, le pecore, le galline, gli asini. Tutti umili e naturali compagni delle loro vita. E il paesaggio intorno è fatto di pietre, di piccole case, di muri sbrecciati, di duro selciato. Si tratta di figure che incarnano una antropologia profonda, quella delle genti mediterranee, formatasi in una evoluzione millenaria e che è stata dissolta in un batter di ciglia dalla modernizzazione capitalistica.

Nessuna nostalgia, si diceva, delle fatiche e delle pene del mondo contadino. Come potremmo avere nostalgia dell’oppressione che gravava sulla più gran parte delle donne e degli uomini che quel mondo tenevano in piedi?. Ma certo, chi osserva oggi le foto di Crea, difficilmente riesce a reprimere l’onda di struggimento che quei volti generano nel nostro animo. Dall’universo fatuo in cui siamo immersi, dalla coltre di menzogne pubblicitarie che è diventato il nostro nuovo cielo, le immagini di quel mondo lontano ci appaiono come un Eden ormai perduto per sempre. E’ la terra abbandonata dove ancora alberga il significato, e dove ogni gesto è autentico, parla il linguaggio originario e incontaminato della vita. La semplicità dei segni ritratti nel loro spazio quasi fuori dal tempo parla a noi con il linguaggio universale della poesia.

Infine, un’ultima considerazione, che ritorna agli inizi. Apre il volume, la galleria di foto raccolte da Crea, un viso di donna. E’ una persona non più giovane, ma dall’età indefinibile. Prorompe da tutta la pagina che ospita la foto un volto duro, scavato, inciso da ombre e sporgenze: pare fatto della stessa materia di pietra scabra che le sta alle spalle. Poche volte mi è capitato di imbattermi in un volto che con tanta intensità fosse capace di suggerirmi l’idea primigenia, l’archetipo della madre. Quella faccia arcana incarna il volto di tutte le Madri che sono vissute sulla terra. Pare intimamente illuminata da una indomabile forza materna e al tempo stesso, mentre scruta nel fondo angoscioso del passato, è come se fosse approdata a una soglia di serena e inattingibile imperturbabilità. E’ un’ Ecuba che è sopravvissuta a tutti i dolori, a tutti i lutti che hanno straziato la sua esistenza, e che ora osserva con impenetrabile saggezza l’arcano della vita. Nessun osservatore potrebbe violare l’enigma che lo sguardo di questa Madre racchiude. Esso sfugge alla nostra capacità di decifrazione razionale. E’ per questo che essa ci incanta e non cesserà mai di affascinarci. Continua a parlarci un linguaggio di significato e di mistero che incessantemente, nonostante tutto, continuiamo a cercare come la nostra méta: al di la della coltre di irrealtà da consumo, di banale finzione e di menzogna che oggi copre ogni cosa, come un manto di neve sporca.

Le immagini sono di Enzo Crea, e il testo ha costituito la postfazione alla seconda edizione di un libro di foto di Crea,Immagini di persone in Calabria, Edizioni dell’Elefante, Roma 2004.

Introduzione

In Germania, il tema dell’occupazione di suolo a fini urbani è entrato da alcuni anni nell’agenda politica sia del governo federale, sia degli enti locali. La necessità di invertire la tendenza di sottrazione di suolo al territorio aperto e rurale è stata riconosciuta per la prima volta dal governo tedesco nel 1985 nell’ambito della formulazione dei principi di tutela del suolo. Successivamente, il programma di politica ambientale promosso nel 1998 dall’allora ministro per l’ambiente Angela Merkel (CDU) si era posto l’obbiettivo di disgiungere in modo duraturo lo sviluppo economico dall’occupazione di suolo e poneva per la prima volta un obiettivo quantitativo di riduzione dell’occupazione di suolo a fini urbani. Fu allora fissata la soglia di 30 ettari al giorno, pari a un quarto della tendenza in atto (129 ha/giorno nel 2000), alla quale limitare l’aumento di aree per insediamenti e mobilità a entro il 2020.

L’obiettivo dei 30 ha/giorno è stato ripreso dall’attuale governo all’interno della propria strategia per uno sviluppo sostenibile (Bundesregierung, 2002: 99). Nonostante si tratti di un obiettivo piuttosto impegnativo, il Consiglio degli esperti per le problematiche ambientali lo considera soltanto una meta intermedia e si è espresso a favore della crescita zero nel lungo periodo (SRU, 2000: 532). Una posizione simile ha assunto anche il Consiglio per lo sviluppo sostenibile presso il governo federale in un documento del novembre 2001. Insieme alla richiesta di riduzione dell’occupazione a 30 ettari al giorno nel 2020 formula la domanda di crescita zero per l’anno 2050.

Anche la Enquete-Kommission “Tutela dell’uomo e dell’ambiente” del parlamento tedesco proponeva una riduzione progressiva del consumo di aree fino a zero. Essa sostiene che la trasformazione di suolo da rurale o naturale a urbanizzato dovrebbe essere compensata, in futuro, dalla contemporanea naturalizzazione di suolo urbanizzato. Come meta intermedia proponeva la riduzione al 10% della quota di trasformazione urbana rilevabile negli anni 1993-1995 (Enquete-Kommission, 1998: 129). Ciò significa una riduzione da 120 ettari al giorno (pari alla media nel quadriennio 1993-1997) a 12 ettari al giorno entro il 2010.

Ancora più rigorose appaiono le richieste delle associazioni ambientaliste BUND, DNR e NABU. Forti della ricerca su clima, energia e ambiente “Zukunftsfähiges Deutschland” che l’istituto Wuppertal ha pubblicato nel 1996, le associazioni chiedono una progressiva riduzione di nuove aree per insediamenti fino a zero ettari nel 2010. (NABU, 2002). L’alleanza per la tutela dell’ambiente e della natura (BUND) sottolinea però che un obiettivo quantitativo non può essere giustificato ne scientificamente, ne politicamente. Più importante sarebbe dunque che le amministrazioni pubbliche si dotino degli opportuni strumenti per realizzare “un’economia di rotazione delle aree”. Per ogni nuova occupazione di suolo dovrebbe essere naturalizzata una superficie equivalente da un’altra parte (BUND, 2004). Una posizione simile viene espressa dal gruppo di lavoro “politica di bilancio delle aree” dell’accademia per l’urbanistica e la pianificazione (ARL, 2004).

Anche a livello dei singoli Länder è stato riconosciuto il problema della progressiva occupazione di suolo e sono state prese misure per la sua riduzione. In Baviera, per esempio, nel 2003 la riduzione delle aree urbane necessarie ogni anno è stata inserita all’interno del programma di sviluppo regionale. Inoltre è stato stretto un “patto per il risparmio delle aree” fra governo regionale, comuni e associazioni per diminuire il consumo di aree e rafforzare contemporaneamente l’economia incrementando la quota di proprietà delle case (Ministero dell’interno della Baviera, 2003).

In modo simile, anche il governo regionale del Baden-Württemberg riconosce l’importanza della tutela degli spazi aperti e dei suoli agricoli. Secondo il piano d’azione ambientale, anche in questo Land l’occupazione di suoli a fini urbani dovrà essere ridotto sensibilmente entro il 2010. Non vengono, però, fissati limiti quantitativi. Gli interventi necessari devono essere indirizzati verso aree che in seguito agli usi precedenti o per la loro stessa natura giocano un ruolo secondario nel bilancio naturale complessivo (MUVBW, 2001).

Diversamente, il Consiglio per lo sviluppo sostenibile del governo di Baden-Württemberg si esprime invece a favore di un obiettivo quantitativo. Secondo i suoi membri, anche se è impossibile determinare scientificamente un limite massimo nell’occupazione di suolo, la scelta di un obiettivo concreto sarebbe comunque importante proprio per la scarsa incidenza di mere dichiarazioni programmatiche (NBBW, 2004: 15). Si propone, dunque, di allineare le scelte del Land a quelle del governo nazionale, di ridurre, cioè, entro il 2020, la progressiva occupazione di suolo di tre quarti rispetto ai valori del 2000.

Tendenze

Secondo i dati forniti dall’ufficio statistico federale, la superficie per insediamenti e mobilità è aumentata in Germania nel 2003 di circa 341 km2, pari a 93 ettari al giorno. Nel periodo 1997-2000 si registravano ancora 129 ha/giorno, nel 2001 117 ha/giorno e nel 2002 ancora 105 ha/giorno. Rispetto al valore massimo di 131 ha/giorno nel 2000, nell’arco di tre anni l’occupazione di suolo per fini urbani si è dunque ridotto di quasi un terzo. Non è ancora chiaro se tale flessione di crescita sia dovuta a un’inversione strutturale della tendenza all’espansione urbana, oppure se sia connessa semplicemente al ciclo economico della produzione edilizia.

In Germania, la superficie insediata complessiva misurava alla fine del 2003 45.090 km2 ed è quindi pari al 12,6% dell’intero territorio nazionale (357.041 km2). Il territorio rurale occupa ancora, con quasi 190 mila km2, oltre la metà dei suoli. Come le aree insediate, anche quelle silvo-pastorali sono in continuo aumento a scapito delle aree agricole.

Oltre 35.000 km2 della superficie per insediamenti e mobilità, pari al 78% circa, si trovano oggi nei vecchi Länder (con gli aggettivi “vecchi” e “nuovi” si indicano in Germania i Länder già appartenenti alla federazione tedesca e quelli confederati in seguito al crollo del muro di Berlino nel 1989). Nello stesso momento essi sono responsabili soltanto di circa due terzi dell’aumento di suolo urbano, pur rappresentando il 70% della superficie e quasi l’85% della popolazione complessiva. Si tratta, a Ovest, dell’incremento più basso da 50 anni.

Rispetto al 1993 (la prima soglia storica alla quale sono disponibili dati omogenei per tutta la Germania, sia per i vecchi, sia per i nuovi Länder), si può registrare un aumento in valore assoluto delle aree insediate di 4.785 km2, pari a +11,9%. L’80% di questo incremento è dovuto ad aree urbanizzate, il 20% alla mobilità.

Nel 2003, la percentuale più alta di aree occupate per usi urbani si riscontra nelle città-stato di Berlin (69,4%, pari a 183 m2/abitante), Hamburg (58,0%, pari a 253 m2/ab.) e Bremen (56,3%, pari a 344 m2/ab.). Negli altri Länder la quota di aree insediate varia da 7,1% a Mecklenburg-Vorpommern fino a 21,4% a Nordrhein-Westfahlen.

Come risulta chiaramente dalla figura n.1, nel dibattito tedesco “aree per insediamenti e mobilità” e “aree impermeabili” non sono sinonimi. Le aree per insediamenti e mobilità comprendono una buona quota di superfici non edificate e permeabili. Sono i giardini privati e le aree a verde pubblico attrezzato. Ma sono anche le aree di compensazione ambientale che, secondo la legge tedesca, devono bilanciare ogni nuovo intervento urbano. Le voci che, nelle statistiche ufficiali in Germania, compongono l’insieme delle aree per insediamenti e mobilità sono (fra parentesi si riporta l’estensione al 2003 in valore assoluto e percentuale):

Nella sostanza, per occupazione di suolo a fini urbani, si intende quindi l’insieme delle aree sottratte al territorio rurale e naturale per le attività economiche e la mobilità, per l’abitazione e la ricreazione. Il suolo occupato da insediamenti comprende quindi tutte le funzioni riconducibili alla vita urbana, anche quelle di verde privato o parco pubblico.

Se si considera l’incremento di ogni singola categoria emerge la seguente dinamica: le aree edificate e le loro pertinenze crescono nel 2003 del 0,6%, le aree produttive (a esclusione di quelle di scavo) del 1,4%. Mentre le aree per la mobilità aumentano dello 0,4% e quelle cimiteriali dello 0,2%, fra le aree per la ricreazione e lo sport si può notare un incremento del 4,1%.

Salta all’occhio il notevole incremento di aree per la ricreazione. Secondo l’ufficio statistico federale si tratta però in parte di un errore statistico, dovuto all’allineamento del catasto nei nuovi Länder. Pesa però su questa voce anche l’aumento di aree di compensazione ai sensi della normativa ambientale tedesca che spesso vengono realizzate in forma di aree per la ricreazione. Inoltre si registra la destinazione ad area di ricreazione di notevoli superfici provenienti dalle attività minerarie dismesse.

La bassa crescita di aree edificate e delle loro pertinenze è particolarmente significativa nell’andamento complessivo dell’espansione dei suoli urbani. Come si è detto, nel 2003 sono cresciuti soltanto dello 0,6%, pari a 138 km2. Tranne a Bremen e Hamburg, in tutti gli altri Länder la crescita di aree per insediamenti è inferiore nel 2003 rispetto al 2002; inoltre, rispetto al 1997-2000 tale crescita si è addirittura dimezzata. Come risulta evidente dalla figura 3, la complessiva riduzione dell’occupazione di aree per fini urbani è dovuta proprio alla flessione della crescita di aree per insediamenti. Secondo l’ufficio statistico federale non si può però ancora parlare di un inversione di tendenza, in quanto tale flessione sembra essere legata alla debole congiuntura del comparto delle costruzioni.

Come è ovvio, l’incremento di aree per insediamenti e mobilità presenta delle notevoli differenze regionali, apparentemente non legati alle differenze fra Est e Ovest. Rheinland-Pfalz e Brandenburg presentano gli incrementi maggiori (+1,1%); segue Bayern, Hamburg e Niedersachsen con +1,0%; Baden-Württemberg e Bremen con ognuno 0,9%. Incrementi bassi sono stati registrati, invece a Hessen (0,5%), Sachsen 0,3%), Nordrhein-Westfahlen (0,2%) e Berlin e Thüringen (0,1%).

Per quanto riguarda, invece, la dotazione di superficie per insediamenti e mobilità ad abitante, questa è salita da 542 m2/ab nel 2002 a 546 m2/ab nel 2003. Rispetto a questo parametro è possibile notare una forte differenziazione fra Est e Ovest: a Ovest è più bassa ed è rimasta pressoché invariata (da 526 m2/ab nel 2002 è passata a 529 m2/ab nel 2003); a Est, invece, è cresciuta nello stesso periodo da 603 m2/ab a 613 m2/ab. Di tutti i Länder, Berlin ha con 183 m2/ab la minore dotazione di superficie per insediamenti e mobilità ad abitante, Brandenburg con 975 m2/ab la maggiore. Alla generale crescita della superficie insediata non corrisponde un altrettanto sviluppo demografico. Conseguentemente diminuisce la densità abitativa, soprattutto a Est. Qui, oltre alla bassa fertilità incide un saldo sociale negativo, dovuto a un massiccio fenomeno di emigrazione.

Genesi delle politiche sui suoli

Come si è detto, l’attuale governo tedesco, sostenuto da una coalizione di socialisti e verdi, ha ripreso nelle proprie politiche ambientali l’obiettivo di riduzione dell’occupazione di suolo a fini urbani a 30 ettari al giorno, formulato alla fine degli anni Novanta da un governo di colore opposto. Come molte delle politiche legate all’ambiente e allo sviluppo urbano, anche la regolazione degli usi del suolo si configura, in Germania, come una politica sostanzialmente condivisa da tutti gli schieramenti.

L’attenzione a questo tema nasce nell’alveo della legislazione sulla tutela dei suoli. Fino alla fine degli anni Novanta, la tutela dei suoli era stata affidata a norme con valenza indiretta sullo stato dei suoli come le prescrizioni in materia di inquinamento o di utilizzo di crittogamici, le disposizioni sullo smaltimento dei rifiuti oppure l’ordinamento della pianificazione urbanistica. L’unico quadro di riferimento per i molteplici usi e innumerevoli rischi cui sono sottoposti i suoli è stato costituito a lungo dalla Strategia di tutela dei suoli, elaborata nel 1985 dal governo federale (Bundesregierung, 1985). Si riconobbe che la tutela dei suoli, base fondamentale della vita, non era stata promossa sufficientemente nel passato. Fu posto allora l’obiettivo di invertire la tendenza al progressivo occupazione di suolo per usi urbani, di ridurre gli inquinanti ai quali è esposto il terreno e di assegnare alla tutela del suolo un ruolo particolare nell’ambito della più generale tutela dell’ambiente.

Per trovare gli strumenti giuridici appropriati a questo scopo fu aperto un tavolo di discussione con i singoli Länder. Nella legislatura successiva, nel 1987, sono state definite le azioni per la tutela dei suoli (Bundeskabinett, 1987). Viene ribadito il principio della tutela dei suoli come uno dei più importanti compiti interdisciplinari della tutela dell’ambiente degli anni futuri. Per la sua attuazione sono state previste modificazioni e integrazioni di atti legislativi e regolamentari e sono state messe in cantiere numerose ricerche e progetti pilota. L’interesse prioritario era rivolto alla definizione di criteri per la valutazione e il monitoraggio, nonché alla sperimentazione di metodi per la stima dei rischi.

Oltre dieci anni dopo, il nuovo governo formato da SPD e Grüne, imprime un’accelerazione alle politiche ambientali. Già nell’accordo elettorale della coalizione dell’ottobre 1998 è stata sottolineata l’importanza del principio di precauzione. Inoltre, particolare attenzione è stata rivolta alle immense aree da bonificare nella Germania dell’Est. Su questa base, ancora nel 1998, è stata varata la legge per la tutela dei suoli, in vigore in tutte le sue parti dall’approvazione, nel luglio 1999, del suo regolamento di attuazione. Con questa legge, la tutela dei suoli può fare finalmente riferimento a un ordinamento giuridico chiaro e a una strumentazione appropriata.

Due aspetti della legge sono di particolare importanza per le politiche di riduzione del consumo di aree: l’intersettorialità e il concetto di tutela preventiva.

Il campo di applicazione riguarda tutte le materie di competenza statale, laddove le legislazioni di settore non fanno esplicitamente riferimento alle problematiche dei suoli. In questo senso, anche settori che non hanno nessuna diretta connessione con la tutela dei suoli possono essere finalizzati alla tutela della risorsa suolo. Inoltre, questa impostazione intersettoriale ha comportato l’adeguamento delle normative settoriali alle disposizioni della tutela dei suoli. Infatti, contemporaneamente all’approvazione della legge è stata introdotta una clausola di tutela dei suoli anche nel codice dell’edilizia e dell’urbanistica ( Baugesetzbuch), di particolare importanza per la pianificazione.

La legge è promossa da un governo particolarmente attento agli aspetti della prevenzione. Anche se il principale scopo della legge è il trattamento delle minacce, il governo non si limita a un approccio ex post. E’obiettivo della legge “prevenire le influenze negative sui suoli” ed evitare più possibile “ogni riduzione della sua funzione naturale di archivio della storia naturale e culturale“(Par. 1, BBodSchG). In seguito, nella Strategia d’azione per la tutela preventiva dei suoli (BMUNR, 2001) il governo ha affermato che il suolo non può essere tutelato esclusivamente tramite norme e sanzioni ma che è necessario intervenire nel presente per evitare possibili danni nel futuro. Se la tutela serve per evitare possibili danni alla risorsa suolo, la prevenzione si adopera per evitare che si formino nuovi pericoli. E’ evidente che questo ragionamento fornisce una motivazione forte alle strategie di riduzione della progressiva occupazione di suoli a fini urbani.

Strategie

Le statistiche tedesche illustrano in maniera esemplare il fenomeno di occupazione di suolo e la sua tendenza storica. L’accuratezza delle rilevazioni testimonia una grande presa di coscienza da parte della politica e delle amministrazioni pubbliche. Al legislatore è però chiaro l’intreccio complesso di esigenze ecologiche, economiche e sociali dal quale è accompagnata ogni azione di riduzione di occupazione di suolo.

Da un lato le funzioni ecologiche del suolo costituiscono la base vitale per il mondo animale e vegetale. Dall’altro lato è però indispensabile garantire alle funzioni dell’abitare e del produrre, della ricreazione e del trasporto la quantità di spazi necessari, sia per le esigenze della società odierna, sia per le generazioni future. Contemporaneamente, l’occupazione di suolo per fini urbani è fortemente condizionata dalle condizioni socio-demografiche dovute principalmente alla riduzione della popolazione, allo sviluppo divergente delle diverse regioni e alla crescita dei desideri e dei bisogni degli abitanti. Oltre alla molteplicità di attori responsabili della progressiva erosione di suoli agricoli e naturali, la principale difficoltà nel raggiungere l’obiettivo di “30 ha/giorno” sta proprio nella necessità di mediare fra gli obiettivi dell’ecologia, dello sviluppo economico e della predisposizione dello spazio abitativo necessario. Proprio per questo motivo, argomenta il governo tedesco, risulta necessario slegare il fenomeno dell’occupazione di suolo da quello dello sviluppo economico.

E’ proprio l’orientamento fortemente quantitativo dell’approccio tedesco a favorire tale svincolamento. Concetti chiave come città compatta, accorpamento di infrastrutture, aree di compensazione naturale e riconduzione alla naturalità fanno parte di questo orientamento. Ovviamente, il problema viene trattato anche in termini qualitativi. Insieme alla riduzione del fabbisogno di aree si sostiene anche la necessità di un loro migliore uso perché soltanto il miglioramento della qualità di vita nei centri urbani potrà contrastare il fenomeno di suburbanizzazione.

Insieme alle tendenze demografiche, l’energia e il clima, nonché la mobilità, l’occupazione di suolo per usi urbani è una delle principali problematiche affrontate nella strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (Bundesregierung, 2004b: 116-127). La sua necessaria riduzione viene messa in stretta relazione con la responsabilità per le generazioni future che caratterizza il concetto di sviluppo sostenibile. Lo scopo dichiarato è la minimizzazione della diffusione urbana e della segmentazione dei paesaggi naturali, nonché l’arresto della riduzione di spazi rurali e silvo-pastorali. Per raggiungere quest’obiettivo, nella strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile sono previsti tre passaggi:

  1. analisi del quadro legislativo e dei progetti in atto per valutare il loro impatto sullo sviluppo degli insediamenti;
  2. formulazione di proposte per ridurre nel medio-lungo periodo il consumo urbano. A questo proposito, il Consiglio per lo sviluppo sostenibile ha promosso un lungo dialogo con gli enti locali che ha portato a un’insieme di strumenti e azioni;
  3. valutazione delle indicazioni emerse nei primi due passaggi ed elaborazione di un programma integrato di azioni.

Per quanto riguarda la pianificazione, la Germania dispone già di numerosi strumenti per promuovere uno sviluppo sostenibile degli insediamenti. L’uso parsimonioso di suolo rurale e naturale nella panificazione degli insediamenti è già contenuto nel codice dell’edilizia e dell’urbanistica. La legge sulla tutela dei suoli ha disciplinato il riuso delle aree dismesse e ha introdotto, come è stato detto, il concetto di tutela preventiva. Infine, la nuova legge sulla tutela dell’ambiente del 2002 ha rafforzato la pianificazione paesistica e fornisce alcuni strumenti per indirizzare gli usi del suolo.

Di particolare interesse sono alcune novità introdotte nel 2004 nel codice dell’edilizia e dell’urbanistica. A parte la valutazione ambientale dei piani regolatori che obbliga le amministrazioni fin dall’inizio a tenere in particolare conto le questioni ambientali, la cosiddetta “clausola della tutela del suolo” riporta all’interno della legislazione urbanistica l’indirizzo di uso parsimonioso di suolo, favorendo in primo luogo lo sviluppo interno degli insediamenti. Per quanto riguarda, invece, il territorio rurale e aperto, è stato introdotto su scala nazionale il principio della demolizione dei manufatti non più utilizzati. In Italia, soltanto nella recentissima legge di governo del territorio della regione Toscana si trova una simile disposizione.

Oltre agli strumenti giuridici il governo può incidere soprattutto con misure economiche e fiscali sugli usi del territorio. Nelle politiche per la casa viene dunque posta maggiore attenzione al sostegno del patrimonio esistente. Alla stessa maniera, i programmi di sviluppo urbano sono incentrati sul recupero delle aree dismesse. Il sistema fiscale, invece, non incentiva in nessun modo il riuso di aree già urbanizzate. Sono però allo studio alcune proposte di modifica per riflettere anche all’interno della fiscalità generale la riduzione dell’occupazione di aree.

Fra le diverse proposte utili a contenere l’espansione urbana quella più radicale delinea un modello di diritti di occupazione di suolo commerciabili. Alcuni esperti (SRU, 2004) propongono di legare il diritto di ulteriore occupazione di suolo a un modello simile a quello sui diritti di emissione del protocollo di Kyoto. In questa maniera, le nuove superfici urbane verrebbero limitate a priori e sarebbero liberamente commerciabili. Un comune che non dispone sufficienti diritti per un’area di espansione dovrebbe dunque acquistare ulteriori diritti da altri comuni. Anche se appare estremamente semplice, questa proposta cela numerosi interrogativi. I più rilevanti riguardano la competenza comunale in materia di pianificazione che verrebbe fortemente limitata e il fatto che un sistema di libero commercio di diritti di occupazione di suolo non considera le problematiche della pianificazione o dell’ambiente ma segue soltanto criteri economici.

Nel luglio del 2004 il Consiglio per lo sviluppo sostenibile ha reso noto le proprie raccomandazioni in materia di consumo di suolo urbano indirizzate al governo federale tedesco (RNE, 2004).

In primo luogo, ha invitato i comuni e le città a elaborare nuove linee direttive per il proprio sviluppo che abbiano al proprio centro la riduzione dell’occupazione di suolo. Come strumenti per raggiungere quest’obiettivo esso propone forme di management delle aree nonché di cooperazione intercomunale. Più in generale, per il raggiungimento dell’obiettivo “30 ha/giorno” il Consiglio sottolinea la necessità della formulazione di obiettivi concreti a ogni livello di pianificazione. Sarebbe dunque necessario che la stessa pianificazione regionale formulasse obiettivi inderogabili di ulteriore consumo di aree rurali e naturali e che venisse introdotto l’obbligo di argomentazione e giustificazione delle scelte. Inoltre, bisogna introdurre meccanismi che rendano espliciti i costi ecologici e sociali delle scelte di pianificazione, mentre, per quanto riguarda le regole di compensazione in campo ambientale, si dovrà tendere a un sistema dove la nuova superficie impermeabilizzata venga compensata dalla rinaturalizzazione di altrettante aree urbane.

Se le prime raccomandazioni del Consiglio per lo sviluppo sostenibile riguardano gli strumenti e gli obiettivi della pianificazione urbanistica e territoriale, le altre proposte considerano invece gli aspetti fiscali, quelli economici e di ricerca e comunicazione.

Nel campo fiscale, le proposte riguardano un diverso scaglionamento delle imposte sugli immobili rispetto alla loro realizzazione su aree già urbanizzate o meno. Per quanto riguarda invece l’intermediazione delle aree dismesse, questa potrebbe essere esentata da ogni tassazione. Ma sono soprattutto le politiche per la casa e per il rinnovo urbano, finanziate in larga misura dal Bund e dai Länder, che dovranno essere finalizzate al risparmio di aree. Inoltre, se si dovessero rivelare inutili sia le misure economiche e fiscali, sia quelle legate alla pianificazione, il governo potrebbe prendere in considerazione anche l’apposizione di oneri particolari per la costruzione in aree di espansione.

Infine, il Consiglio per lo sviluppo sostenibile consiglia l’istituzione di un tavolo di dialogo permanente fra l’amministrazione federale e gli enti locali nonché l’approfondimento degli aspetti del riuso di aree nella statistica ufficiale.

Nella strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile non si delinea ancora un compiuto programma integrato di azioni. Viene però descritta dettagliatamente la strategia che il governo intende seguire. Questa strategia poggia su quattro principi:

  1. le scelte di nuova occupazione di aree devono essere sostenute da un quadro attendibile dei costi economici e sociali;
  2. gli strumenti economici e fiscali possono completare quelli della pianificazione urbanistica e territoriale aumentando notevolmente l’efficacia dell’azione;
  3. è necessario rafforzare gli strumenti della pianificazione urbanistica e territoriale e promuovere la cooperazione fra enti locali;
  4. il dialogo fra gli attori deve essere intensivato e sostenuto anche tramite la promozione di progetti pilota.

Conclusione

Il dibattito tedesco sugli strumenti e sulle azioni necessari a contenere la progressiva urbanizzazione della campagna dimostra che solo difficilmente può essere raggiunta una riduzione significativa della tendenza attuale da alcune poche misure isolate. Probabilmente è necessario ricorrere a una vasta gamma di strumenti, sia di natura giuridica e pianificatoria, sia con contenuto economico e fiscale, sia con finalità comunicativa, i quali insieme possono contenere il consumo di suolo.

Non c’è dubbio che la strategia principale deve riguardare un maggiore ricorso alla trasformazione di aree già urbanizzate e il riuso di aree dismesse per soddisfare i fabbisogni di spazi futuri. Considerata la dinamica attuale dell’occupazione di suolo in Germania, l’obiettivo dei “30 ha/giorno” determina un rapporto fra trasformazione ed espansione pari a 3:1.

La politica tedesca di bilancio delle aree non si ferma però a questo obiettivo. L’obiettivo di lungo periodo è un’economia di ricircolo delle aree già urbanizzate, senza dover ricorrere a ulteriori erosioni di spazi rurali e naturali. E’ evidente che questa formulazione ha un forte carattere utopico. Essa è però ben supportata da una coerente strategia d’azione dal livello del Bund, ai Länder fino ai singoli comuni. Forse è una caratteristica della cultura tedesca proporre una via pragmatica anche per raggiungere l’impossibile.

Nota: su un tema parallelo, di carattere soprattutto demografico legato a suburbanizzazione e densità, su Eddyburg è disponibile in italiano un recente articolo di Bernhard Müller e Stefan Siedentop (f.b.)

Titolo inglese originale: Growth and Shrinkage in Germany - Trends, Perspectives and Challenges for Spatial Planning and Development – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

1. Crescita e decrescita: l’importanza di una visione comparativa

Le trasformazioni demografiche e i loro effetti dei solito vengono esaminate secondo due livelli: in primo luogo quello della società nel suo insieme, in relazione alle politiche familiari, ai sistemi di sicurezza sociale, al mercato del lavoro, alle migrazioni, alla finanza pubblica; in secondo luogo a livello delle municipalità, con particolare riguardo ai sempre più urgenti bisogni di trasformazione urbana e ai vincoli posti dalle ristrettezze finanziarie.

Le associazioni di governi locali hanno da tempo riconosciuto l’importanza di questo aspetto, ma esiste scarso accordo sulle politiche da adottare, e le amministrazioni locali hanno agito in modi diversi. Uno dei motivi è che sono sempre esistite città e centri minori economicamente attrattivi e che godono di alta immigrazione (interna e dall’estero) dove il declino demografico non è un problema, e le politiche per la crescita, per l’orientamento della crescita, sono ancora all’ordine del giorno.Ma esistono molte comunità dove la recessione e i problemi relativi sono diventate – dal punto di vista delle politiche locali – una realtà “amara” in modo crescente da alcuni anni, e dove si richiedono modalità d’azione completamente nuove, per una situazione che le autorità esitano ancora a riconoscere.

Rischia di venir ignorato un punto di vista generale, spazialmente differenziato, comparativo, dei rischi connessi alla posizione. Quali città stanno recedendo? È possibile identificarne le cause? Quali azioni sono necessarie? Questo saggio esamina queste questioni in modo dettagliato. Ci siamo concentrati sui contesti della Germania dove si verificano crescita e declino demografico, su quali tendenze emergono, quali regioni e città si trovano di fronte a queste sfide. Abbiamo indagato sino a che punto le politiche di governo locale nelle “ shrinking regions” richiedono controlli, e come la pianificazione locale può reagire.

2. Modalità regionali di crescita e decrescita

Negli anni ’90, lo sviluppo della struttura insediativa in Germania può essere brevemente schematizzato come segue (cfr. Siedentop et al. 2003; Siedentop/Kausch 2003):

- forte polarizzazione dello sviluppo demografico fra Ovest e Est; crescita della popolazione in tutto l’Ovest, contro un declino nell’Est.

- deconcentrazione interregionale e intraregionale di popolazione e posti di lavoro nella Germania dell’Ovest, a beneficio delle zone rurali relativamente distanti dalle città centrali e dalle aree suburbane relativamente mature.

- concentrazione interregionale di popolazione e posti di lavoro nella Germania dell’Est a scapito delle zone rurali periferiche, accompagnato da una suburbanizazione di piccola scala nelle regioni urbane.

Se questo tipo di sviluppo dovesse continuare nei prossimi decenni, le città centrali dell’Ovest e dell’Est della Germania e le zone rurali periferiche dell’Est, sarebbero fortemente interessate dalle trasformazioni demografiche. Meno colpite sarebbero invece le aree suburbane e rurali nell’Ovest, e i suburbi interni delle principali città dell’Est.

La comparazione dello sviluppo demografico fra il 1993 e il 1996, e le attuali tendenze (dal 1999 al 2001) mostrata nella fig. 1, a prima vista conferma questa previsione. Le regioni con una forte tendenza al declino demografico (meno oltre 1% l’anno) si trovano ancora solo nella Germania dell’Est. Larghe parti dei territori della vecchia Germania dell’Ovest, al contrario, sono ancora in crescita demografica. Ma ad un esame più attento si mostrano le prime inversioni di tendenza.

Sempre più regioni nell’Ovest sono colpite dal declino demografico. Apparentemente proveniente da Est, un “cuneo di decrescita” si muove attraverso le principali aree del Nord Reno-Westfalia verso il sud della Bassa Sassonia, il nord di Hesse e Baviera. E il declino della popolazione nella Germania dell’Est si è accresciuto. D’altra parte si è indebolita la deconcentrazione demografica, specialmente nell’Est. Le fasce suburbane attorno alle città centrali della Germania Orientale erano ancora in crescita solo pochi anni fa, e ora stanno perdendo abitanti.

Studi empirici suggeriscono che le relazioni fra città centrali, suburbi, e aree rurali periferiche, devono essere ridefinite in condizioni di stagnazione o declino demografico. Esamineremo ora in modo approfondito gli sviluppi demografici da una prospettiva spazialmente differenziata, per capire come il mutamento demografico ha influenzato la struttura insediativa.

3. Differenze nel panorama di crescita e decrescita

A metà anni ’90 c’erano regioni che non corrispondevano all’immagine generale di un dualismo Ovest-Est nello sviluppo demografico. Si trattava della crescita nella fascia suburbana attorno a Berlino, le vecchie regioni industriali in decrescita dell’Ovest, e le città centrali che non erano riuscite a compensare le perdite demografiche locali di emigrazione attraverso l’immigrazione dall’estero. Ad ogni modo, anche negli anni ’90, lo sviluppo demografico differiva da regione a regione all’interno dell’Est come dell’Ovest. Ad esempio, c’era una diminuzione netta della popolazione naturale in quasi metà delle province della Germania dell’Ovest, e nelle altre circoscrizioni la percentuale era al minimo dell’85%. Nell’Ovest esistono anche regioni più “vecchie” e più “giovani” (Bucher, 1997). Nel 1999 l’età media della popolazione nelle province e altre circoscrizioni divergeva di oltre quattro anni (Maretzke, 2002). A causa dei forti aumenti nelle migrazioni interne e internazionali, queste differenze di sviluppo venivano comunque nascoste in modo “esterno” dall’aumento di popolazione generale dell’area. Solo con il declino dell’immigrazione dall’estero, iniziato a metà anni ’90, il calo demografico è diventato evidente in alcune parti dell’Ovest. Sono interessate da questa decrescita di popolazione non solo le vecchie regioni industrializzate, che ne soffrono da lungo tempo, ma anche le zone rurali della Germania dell’Ovest: un fenomeno osservato per l’ultima volta in dimensioni paragonabili negli anni ’70 e primi ’80. Le regioni più tipicamente interessate sono la Bassa Sassonia meridionale, il nord Hesse, la Foresta Palatina. All’inizio del nuovo decennio, solo in Bassa Sassonia e Baviera alcune aree di una certa dimensione hanno avuto una crescita demografica degna di nota.

Dopo un assestamento alla metà degli anni ’90, il declino demografico nella Germania dell’Est ha di nuovo accelerato, interessando l’intero territorio. Solo pochi anni fa, erano in fase di sviluppo le fasce suburbane di molte regioni urbane dell’Est, ma dall’inizio del nuovo millennio sono rimaste solo alcune “isole di crescita”. Berlino è una di queste isole, Dresda un’altra (e in misura limitata Lipsia), così come le città della Turingia (cfr. Herfert, 2002). D’altra parte, le aree in forte declino demografico si fanno sempre più estese.

Nonostante il gap Ovest-Est nello sviluppo demografico tipico degli anni ’90 persista nel medio termine, non si può negare che il percorso di sviluppo polarizzato (crescita all’Ovest, declino all’Est) si svolgerà secondo processi di gran lunga più differenziati e concentrati (Bucher, Schlömer 2003). Crescita e declino della popolazione stanno diventando sempre più contigui da punto di vista spaziale: fra le regione, dentro le regioni, nelle città.

4. Prosegue la suburbanizzazione, in condizioni di declino demografico?

Se paragoniamo le tendenza attuali (dal 1999 al 2002) con gli sviluppi fra il 1993 e il 1996 (figura 1) emerge un’altra discontinuità nello sviluppo demografico: una netta caduta nella deconcentrazione interregionale e intraregionale. Nella Germania dell’Est la suburbanizzazione giunge ad un completo arresto all’inzio del nuovo decennio (Berlino unica eccezione). In alcune regioni urbane la migrazione si rivolge anche di nuovo alle città (Herfert, 2002, p. 338), e ci sono segni che tale tendenza sia più che un’interruzione ciclica a breve termine di un processo duraturo di deconcentrazione. Le proiezioni demografiche regionalizzate del governo della Sassonia prevedono stabilità per le città centrali di Dresda e Lipsia, ma perdite di popolazione fra il 15% e il 20% per le circoscrizioni confinanti (Statistisches Landesamt des Freistaates Sachsen, 2003).

Per un esame più dettagliato di questa discontinuità di tendenza, che è limitata alla Germania dell’Est, sono stati analizzati gli sviluppi demografici del paese in generale, con l’aiuto di un semplice modello per zone. Le città centrali (con popolazione oltre 100.000 abitanti) e tutte le municipalità in relazione alla più vicina città centrale, sono state comprese entro zone concentriche. Si sono distinte aree suburbane interne entro 20 km dalla città centrale più prossima, are suburbane esterne distanti da 20 a 40 km, e aree rurali periferiche ad oltre 40 chilometri dalle grandi città.

L’esame del mutamento demografico annuale nelle zone perimetrate rivela un processo di deconcentrazione in atto nella Germania dell’Ovest (cfr. figure 2). Ma la sua configurazione spaziale è cambiata. Là dove l’anello suburbano esterno registrava la crescita maggiore fino al 1996, ora stanno crescendo con più forza i suburbi interni. Il processo di de-suburbanizzazione ancora evidente negli anni ’90, con uno spostamento di popolazione verso le zone rurali esterne all’agglomerazione sembra essersi fermato. Nello stesso tempo, però, è diminuita l’intensità della suburbanizzazione in molte regioni urbane dell’Ovest, ciò in forte misura a causa del declino della migrazione città-periferia. A partire dal 2000, le città della Germania occidentale hanno registrato un aumento netto di popolazione.

Negli anni recenti le città centrali della Germania dell’Est si può dire abbiano guadagnato, nella competizione a scala regionale e municipale per avere residenti e popolazione economicamente attiva. Sino alla metà degli anni ’90, la dinamica migratoria dalle città verso le aree circostanti era più intensa che nelle zone rurali periferiche. Ma dal 1997 la diminuzione demografica annuale della grandi città è costantemente calata, mentre sono in decrescita non solo le zone rurali, ma anche le comunità suburbane.

Anche la dispersione demografica si è attenuata negli anni recenti. Per tutti gli anni ’90 in Germania Occidentale, la popolazione dei piccoli centri senza strutture adeguate è molto crescita. Nel 2002 tali centri stavano ancora crescendo più in fretta di quelli di dimensione media o grande (cfr. figura 3). Ma i centri di rango superiore sono stati in grado di ridurre considerevolmente il gap. Le città medie della Germania dell’Est hanno sperimentato una costante crescita debole. Se i centri di rango superiore attraversano un processo di chiaro consolidamento, quelli medi sembrano inesorabilmente in decrescita. Ma negli anni più recenti le comunità locali più piccole e non centrali, cresciute di popolazione sino all’1% l’anno, sono pure state colpite da declino demografico.

Questo pone due questioni: l’intensità di suburbanizzazione e dispersione continueranno a diminuire nelle specifiche condizioni di declino demografico? Il sistema insediativo potrebbe contrarsi in misura anche maggiore? Sia i fattori relativi alla domanda che quelli relativi all’offerta sembrano suggerire questa ipotesi.

Il gruppo sociale che esprime sull’arco di un ciclo di vita il bisogno di maggiore consumo di spazio, portatore di investimenti per la proprietà della casa, si contrarrà negli anni a venire (Aring, 2003; Münz, 2003; Bucher, Schlömer, 2003; Bergheim, 2003). Nonostante gli studi sulla migrazione mostrino come le famiglie con bambini non siano gli unici protagonisti della suburbanizzazione (cfr. Blotevogel, Jeschke, 2003), le famiglie di pensionati, di un solo genitore, di un solo componente o coppia senza figli, tendo no a preferire la città centrale.

Nei prossimi decenni, l’immigrazione sarà il fattore principale dello sviluppo demografico in Germania. Le grandi città e gli ambienti urbanizzati assorbiranno quantità crescenti di immigrati dall’estero (Bucher, Schlömer, 2003, p. 123). In più, l’esperienza mostra che la proprietà della casa fra gli immigrati è sotto la media, e così i nuovi arrivati probabilmente si concentreranno sui mercati di abitazioni in affitto nelle grandi città.

Il declino demografico sta già mettendo in pericolo l’adeguatezza infrastrutturale delle zone rurali poco popolate, il che si traduce in alti costi di mobilità per le popolazioni. Anche le aree suburbane ne saranno colpite in futuro. Con questa praticamente inarrestabile caduta della densità della popolazione, le soglie critiche di sostenibilità economica delle infrastrutture tecniche e sociali e dei servizi pubblici saranno raggiunte molto prima nelle aree suburbane a minore densità, che nelle grandi città. Il risultato potrebbero essere spostamenti più lunghi per raggiungere le strutture centrali e tariffe più alte per le infrastrutture tecniche. Le famiglie più vecchie, in particolare, potrebbero reagire tornando verso la città, dove la vita quotidiana è più semplice da organizzare, quando la mobilità è limitata.

Allo stesso tempo, ci sono massicci tagli ai sussidi pubblici per la mobilità, come il sostegno al trasporto pendolare, che potrebbero incoraggiare le persone a spostarsi verso i centri maggiori. Anche se aumentano i redditi delle famiglie, la quota disponibili per la mobilità è in caduta, a causa dell’aumentato costo delle spese per la salute e l’età avanzata, oltre ai più alti costi energetici (Topp, 2003). In tale contesto sembra plausibile che le aree residenziali urbane a insediamento più denso con minor dipendenza dal trasporto privato si dimostrino più attrattive per il futuro (ibid., p. 52).

Il declino demografico nel medio termine probabilmente faciliterà la situazione nel mercato delle abitazioni nelle grandi città. Uno dei fattori chiave determinanti la suburbanizzazione diverrebbe così meno importante. Perché la suburbanizzaione essenzialmente può essere spiegata come a determinazione economica, processo di annullamento spaziale dalla città centrale alle aree esterne (Hallenberg, 2002; Gatzweiler, Schliebe 1982). La caduta demografica potrebbe rendere più facile per le città offrire un’attraente parco abitazioni più ampie, in ambiente residenziale piacevole.

Negli anni recenti, i programmi di molte grandi città per mobilitare le cospicue risorse di spazio disponibili entro la propria struttura insediativa per usi diversi, hanno consentito almeno parzialmente di superare lo svantaggio tradizionale – la relativa scarsità di spazio – e di diventare più competitive testa-a-testa con suburbia.

È certo troppo presto per parlare di imminente “rinascimento urbano”. Ma i risultati empirici suggeriscono che il calo demografico diminuirà la suburbanizzazione. Di quanto diminuirà, non dipende solo dagli sviluppi futuri di tipo demografico ed economico. Un fattore importante sarà se le città centrali riescano a costruire con successo una politica di riurbanizzazione che combini l’accessibilità dei vantaggi urbani con le caratteristiche di qualità residenziale suburbana. Ci sono molti segnali secondo cui la suburbanizzazione non opererà più come tendenza globale nello sviluppo urbano regionale come nel passato, specialmente negli anni ’70 e ’80, e in qualche misura anche ’90. La suburbanizzazione continuerà a caratterizzare lo sviluppo delle strutture insediative nelle regioni a costante pressione di crescita. In quelle stabili o in calo la migrazione città-periferia, al contrario, diminuirà. Ciò migliora di molto le propettive per un “rinascimento urbano”.

5. Una conclusione provvisoria

Lo sviluppo nella Germania dell’Ovest e dell’Est, probabilmente, continuerà ad essere fortemente polarizzato. Allo stesso tempo, ci saranno forti differenziazioni spaziali all’interno delle due parti del paese. Per la Germania dell’Est, Herfert descrive un’immagine di “isole piccole e grandi, con popolazione stabile o in leggera crescita, in una regione altrimenti demograficamente in calo” (Herfert, 2002). Anche la Germania dell’Ovest sperimenterà grandi disparità regionali. Sempre più aree dell’Ovest imboccheranno il “sentiero per la stagnazione o la decrescita” nei prossimi vent’anni.

Sopra e oltre questi grandi movimenti nella distribuzione demografica, crescita e decrescita vivranno fianco a fianco entro le agglomerazioni urbane. Gli sviluppi in queste aree saranno meno chiaramente caratterizzati dalla polarizzazione fra grande città e zone esterne di quanto non avvenisse negli anni ’90. La cosa più probabile è che le maggiori differenze fra crescita e decrescita si manifesteranno nelle aree suburbane.

I principali fattori della crescita di piccola entità e della decrescita saranno un allentamento nei mercati immobiliare e dell’abitazione, e la concomitante dinamizzazione della mobilità residenziale. Solo poche regioni, sottoposte ad una continua pressione di crescita, saranno influenzate da altri fattori. Dove la popolazione ristagna o diminuisce, i mercati immobiliare e delle abitazioni urbano e regionale nel medio termine si svilupperanno in mercati dominati dalla domanda (Aring, 2003). Inquilini e acquirenti potenziali potranno scegliere su un vasto raggio di offerte, e avvantaggiarsi di prezzi relativamente bassi di affitto e vendita. Ciò favorisce l’allontanamento dallo stock residenziale meno attraente. La mobilità residenziale nelle grandi città della Germania dell’Est è già ora molto maggiore che nelle metropoli dell’Ovest (Herfert, 2003; Glatter, 2003). È probabile quindi una maggiore polarizzazione fra “isole di crescita” stabili e città in calo, o quartieri che devono misurarsi con problemi di eccesso di offerta, e di spazi inutilizzati, nel mercato immobiliare e della casa.

In breve, sembra che non sia realistico né estrapolare le tendenze di sviluppo degli anni ’90, né ipotizzare uno scenario favorevole alle grandi città. Molto fa pensare che la tendenza prevalente alla suburbanizzazione e dispersione degli anni ’90 rallenterà nelle condizioni di declino demografico, senza ribaltarsi e diventare urbanizzazione autosufficiente. Ma una cosa è chiara: la struttura insediativa del futuro impiegherà più risorse, e sarà più costosa. La demolizione e riduzione degli edifici e infrastrutture ridondanti non può essere realizzata ad un livello proporzionato alla caduta di popolazione (cfr. l’articolo di Koziol su questo stesso numero di DfK). L’area urbanizzata e infrastrutturata pro-capite continuerà a crescere. Uso e manutenzione dello stock edilizio e infrastrutturale dovranno essere pagati da sempre meno residenti. La “città che si restringe” sarà senza dubbio costosa.

6. Sfide per la pianificazione spaziale

Le tendenze descritte nello sviluppo insediativo hanno conseguenze importanti per la pianificazione spaziale. Due aspetti meritano di essere evidenziati: il maggior conto in cui tenere sotto controllo pianificato gli insediamenti differenziati di piccole dimensioni, e la crescente importanza dello spazio regionale d’azione. Nel primo caso, il declino demografico sta avendo impatti maggiori di quanto avvenisse prima, negli approcci di piano in generale. Il secondo aspetto è la cooperazione (urbana) regionale fra municipalità.

In pratica, né la pianificazione di scala cittadina né quella regionale o statale sono sino a questo momento pronte ad affrontare il declino demografico. La pianificazione urbana generale ha “scoperto” il problema solo relativamente di recente, non per ultimo attraverso i programmi di rinnovamento urbano per la Germania dell’Est e dell’Ovest, ma si è spesso concentrata principalmente sul mercato della residenza. In più, il declino demografico è stato solo sporadicamente discusso negli ambienti politici locali, e quando il problema si è posto, il dibattito è stato solo su come invertire il processo, ad esempio realizzando crescita.

I piani regionali spesso risalgono a un periodo in cui di declino o riduzione demografica no si parlava a livello regionale e men che meno locale. Anche i concetti base di sviluppo regionale non affrontano sistematicamente la questione. Lo stesso vale a livello dello stato, nonostante alcuni governi in Germania nel frattempo abbiano affrontato il problema in modo più attivo che negli anni ’90, anche se generalmente fuori dal contesto della pianificazione per lo sviluppo.

Nella prospettiva di una contiguità di crescita demografica, stagnazione e declino nelle città e regioni, è necessario un ripensamento fondamentale. Nella pianificazione spaziale sinora è stato normale, e in molti casi ancora lo è, pensare soprattutto in termini di crescita, ad esempio per individuare nuovi terreni per insediamenti e trasporti, complessi residenziali, zone industriali, tutelare gli spazi aperti da un controproduttivo sprawl, il tutto attraverso strumenti prescrittivi (ordinanze, proibizioni). In futuro tutto questo non sarà abbastanza.

Gli approcci orientati alla crescita devono essere affiancati da un “paradigma di diminuzione”. Occorre concentrarsi sulla riurbanizzazione di città e regioni, sulla realizzazione di edilizia economicamente efficiente, sulla rivitalizzazione, sullo sviluppo qualitativo. Il punto non è quante infrastrutture realizzare, ma come e in che condizioni i sistemi infrastrutturali posono essere mantenuti, o devono venir riprogettati.


Quadro delle caratteristiche della pianificazione orientata alla crescita o alla decrescita

Pianificazione per la crescita

Pianificazione per la decrescita
Ci si concentra sulla crescita, sulla pianificazione spaziale come “distribuzione” degli aumenti quantitativi (spazi per gli insediamenti e la mobilità, popolazione, posti di lavoro ecc.) Ci si concentra sulla riorganizzazione, su uno sviluppo efficiente rispetto ai costi, su stabilizzazione, rivitalizzazione, sviluppo qualitativo (ambiente residenziale, infrastrutture, traffico, ecc.)
Normative edilizie e strumenti di pianificazione regionale orientati principalmente ai nuovi insediamenti e costruzioni; lo sviluppo infrastrutturale come base e incentivo per gli investimenti. Importanza dei terreni abbandonati, riuso di suoli e edifici, riconversione differenziata, adattamento delle infrastrutture ai mutati bisogni.
Controllo orientato alla crescita (uso del suolo e sviluppo edilizio) Sostegno e organizzazione del riuso, recupero, e sviluppo con risorse finanziarie scarse.
Piano come base per la redistribuzione della crescita, separazione delle funzioni nello spazio (casa, lavoro, ecc.) Piano come gestione dei processi di decrescita, miscele funzionali su piccola scala.
Controllo prescrittivo nell’uso del suolo e sviluppo edilizio, individuazione di nuove espansioni, tutela degli spazi aperti. Pianificazione strategica e concetti di integrazione, valutazione delle conseguenze, attenzione al ciclo di vita dei servizi e ai cambiamenti demografici, progetti pilota, opzioni d’uso, promozione, approccio contrattuale, efficienza.
Competizione fra città (per i residenti, le imprese ecc.), incentivi settoriali, quadro di controllo intersettoriale. Cooperazione fra le città, accordi di equilibrio, collaborazione multilivello, coordinamento intersettoriale.
Fonte: Müller (2003) (leggermente modificato).

Pianificazione diventa così gestione del declino demografico. Le considerazioni strategiche diventano più importanti esattamente per quanto riguarda l’assecondare gli aspetti relativi ai cicli di vita e usi mutevoli delle strutture. Si richiedono concetti integrati, dato che diminuzione riuso devono poggiare su una pianificazione coordinata in misura molto maggiore di quanto non avvenga per la crescita e l’espansione (cfr. Müller, 2003).

Con queste premesse, i modelli tradizionali di sviluppo urbano non sono più importanti. La cosiddetta dichiarazione di Marienthal ha recentemente auspicato che gli approcci attuali di piano siano sottoposti a profonda revisione, e riconsiderati alla luce del declino demografico (IÖR, IES, 2004). Nelle regioni urbane in decrescita questo significa, ad esempio, che occorre prestare maggior attenzione al rapporto con la “perforazione” delle strutture urbane regionali, in altre parole perseguire la deconcentrazione a costi ragionevoli, e decentrare la concentrazione verso località “autosufficienti”.

Né la situazione sta diventando più facile per quanto riguarda lo sviluppo urbano sostenibile. Anche dove la popolazione sta diminuendo, in molte località continua ad aumentare il consumo di suolo per insediamenti e trasporti. Di fronte alla dispersione, è più difficile realizzare la città delle brevi distanze, o regione urbana, almeno attraverso la “crescita”. Se prendiamo sul serio il postulato dello sviluppo sostenibile, non solo l’armonizzazione dello sviluppo economico, sociale, ambientale, deve focalizzarsi maggiormente di quanto non avvenga in condizioni di crescita, ma anche gli “effetti intergenerazionali” delle decisioni di oggi: se e in quali condizioni le future generazioni potranno sostenere una spesa pro-capite ad esempio per infrastrutture realizzate ora, ma che, con una popolazione in declino, non saranno mantenibili se non a considerevoli costi aggiunti (cfr. l’articolo di Koziol). Questo suggerisce che, nel prendere decisioni sull’espansione urbana, la riurbanizzazione, o la riduzione, si deve prestare molta più attenzione agli aspetti dello sviluppo demografico riguardo alla vita economica delle strutture, e alle loro condizioni d’uso.

Il mutamento demografico richiede di ripensare il modello di “uniformità degli standards di vita”, e reinterpretarlo in un contesto più ampio. Non sarà possibile mantenere funzioni di servizio ovunque al livello e nelle condizioni attuali. Per esempio, deve essere riconsiderato il futuro delle piccole comunità, con una popolazione media. Non che si tratti di cosa nuova. Già nel dicembre 2001, il Consiglio Consultivo per la Pianificazione Regionale (pubblicando il Rapporto 2000 sulla pianificazione regionale e le Previsioni di Pianificazione Regionale al 2015) chiedeva cambiamenti nella pianificazione, e sottolineava come dovessero essere riesaminate le tendenze dello sviluppo spaziale. Si indicava un bisogno di chiarimento su “quali orientamenti devono sottostare al principio di uniformità degli standards di vita e come questo principio debba essere sostenuto nel lungo termine” (cfr. Beirat für Raumordnung, 2001, 6 f.). Domande simili se le devono porre in particolare gli ingegneri del traffico e i settori dei servizi municipali ( Wissenschaftlicher Beirat beim Bundesminister für Verkehr, Bau- und Wohnungswesen, s.a.).

Questo ci porta ad un secondo aspetto, ovvero la crescente importanza della regione come livello di azione. Se crescita e declino demografico, o declino differenziato, si trovano sulla piccola scala in stretta prossimità, non solo è saggio, ma è più importante che mai considerare le aree funzionalmente a forte integrazione come unità di piano. Se riurbanizzazione diminuzione di scala sono sull’agenda cittadina, i concetti base dell’adeguamento devono essere stabiliti a scala di cooperazione regionale. Contrariamente a quanto avveniva con gli approcci delle politiche tradizionali, la regione sta diventando più importante: meno come livello prescrittivo per il controllo dell’urbanizzazione, che come base spaziale per l’adeguamento a efficiente delle strutture insediative. Se un gruppo di municipalità ha di fronte lo stesso problema di chiudere scuole o ridurre di scala le infrastrutture tecniche, queste questioni non devono essere affrontate a dimensione urbana: si devono trovare soluzioni regionali per “economizzare” strutture e mantenere servizi sul lungo periodo, secondo i bisogni collettivi. Lo stesso vale per la realizzazione di case e in molti altri settori. Naturalmente queste strategie di adeguamento richiedono meccanismi di equità a scala regionale e devono essere perseguite in modo integrato, ad esempio trasversalmente ai settori e in stretta cooperazione coi gruppi sociali e la società civile.

In molti casi, queste strategie regionali integrate possono basarsi su strumenti di pianificazione regionale esistenti, ad esempio sui concetti di aree di cooperazione per lo sviluppo orientato a particolari problemi. Queste strategie devono comprendere quattro elementi, sempre tenendo ben in mente la contrazione demografica: primo, un’attenta analisi della situazione data; secondo, predisporre uno modello di scenario per le possibilità di sviluppo e le azioni necessarie con un orizzonte temporale di almeno 20-30 anni, sulla base di valutazioni realistiche sugli sviluppi demografici; terzo, una visione o modello di future “desiderabili” e realisticamente realizzabili infrastrutture; quarto, un elenco o programma di interventi per singole aree di azione, con priorità e responsabilità ben precisate.

Le strategie di adeguamento dovrebbero svilupparsi su iniziativa delle municipalità, e non in una prospettiva di pianificazione sovraordinata (pianificazione regionale o statale). Nondimeno, la pianificazione sovraordinata può fornire assistenza attraverso competenze nella mediazione intermunicipale e prendere l’iniziativa nel superare gli ostacoli quando gli attori locali si dimostrino riluttanti a riconsiderare i problemi in una prospettiva di decrescita. In condizioni di declino demografico, la pianificazione regionale e statale non è assolutamente superflua: gioca un ruolo decisivo nel rapportarsi alle conseguenze di una popolazione in decrescita.

7. Conclusioni

Uno sguardo alle differenti strutture di crescita e declino demografico in Germania, mostra che municipalità e regioni non possono più contare esclusivamente sui “tradizionali” approcci della crescita. Devono pensare nuove categorie di controllo pianificato in base a un “paradigma del declino”. È necessario un dibattito sociale complesso sugli effetti spaziali del declino di popolazione e sulle loro conseguenze per il governo nazionale e locale. Se si vuole cogliere pienamente l’intero ambito delle conseguenze, e trovare soluzioni, non è sufficiente considerare la dimensione municipale in modo isolato.

Il fatalismo non è una risposta a sviluppi demografici radicali e di lungo periodo. Non va dimenticato che il calo della popolazione può essere un’opportunità. Può aprire la strada a rinnovamento e modernizzazione (nella concorrenza, nella rivitalizzazione dello sviluppo urbano), può offrire opportunità per miglioramenti qualitativi (ad esempio nell’ambiente residenziale, nella qualità dello spazio aperto, per il tempo libero, per paesaggi quasi naturali), e offrire incentivi per muovere le risorse interne delle regioni (nuovi settori e iniziative). Ma queste opportunità si possono sfruttare solo se le municipalità collaborano con le proprie regioni, se i problemi demografici vengono apertamente tematizzati in politiche spaziali e di sviluppo, se si identificano e considerano gli impatti locali, se si trovano soluzioni regionalmente differenziate sfruttando specifiche risorse o attraverso riduzioni guidate. Per municipalità e regione, con i propri specifici problemi e prospettive di sviluppo, il declino demografico può offrire un’opportunità di dialogo per affrontare il mutamento e, idealmente, una base di sviluppo per un nuovo consenso sociale.

Nota: qui il link al testo sul sito di DfK ,Deutscke Zeitschrift für Kommunalwissenschaften; sotto, la bibliografia; su Eddyburg, su temi paralleli, anche un contributo originale diGeorg Josef Frisch (f.b.)

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Titolo originale: Managing Urban Runoff – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

I più recenti rapporti del National Water Quality Inventory riferiscono che il deflusso delle acque dalle aree urbane è la principale fonte di deterioramento degli estuari monitorati, e la terza fonte principale di degrado della qualità idrica dei laghi monitorati. In più, le tendenze di sviluppo della popolazione e dell’urbanizzazione indicano che entro il 2010 metà del Paese abiterà in città e altri centri costieri. Il deflusso di acque da queste zone in rapida crescita continuerà a degradare le acque delle coste.

Per proteggere la qualità delle acque superficiali e sotterranee, lo sviluppo urbano e le attività legate alla residenza devono essere orientati da piani che limitino il deflusso e riducano i carichi inquinanti. A questo fine, le comunità possono gestire i problemi di qualità idrica sia a livello locale che di bacino, e cumulare il relativo sostegno pubblico.



Come le zone urbane modificano il deflusso



Aumento del deflusso. I terreni porosi e vari degli ambienti naturali come foreste, zone umide, praterie, intrappolano le acque piovane e quelle da scioglimento di neve, consentendo loro di filtrare lentamente nel sottosuolo. Il deflusso tende a raggiungere i punti di sbocco in modo graduale. Al contrario, gli ambienti urbani a superficie non porosa (strade, ponti, parcheggi, edifici) non consentono la lenta penetrazione nel suolo. Le acque restano al di sopra della superficie, si accumulano, e scorrono via in grandi quantità.

Le città installano sistemi di scarico fognario che rapidamente incanalano questo flusso da strade e altre superfici impermeabili. Il deflusso guadagna velocità una volta entrato in questi sistemi fognari. Quando esce dal sistema e si svuota in un corso d’acqua, i grandi volumi di liquido in rapido spostamento erodono le sponde, danneggiano la loro vegetazione, allargano i letti dei fiumi. A sua volta, ciò determina un basso livello delle acque nei periodi senza pioggia, livelli più alti del normale nella stagione umida, carichi di sedimenti maggiori, e temperature dell’acqua più elevate. I pesci indigeni e altre forme di vita acquatiche non riescono a sopravvivere nei corsi d’acqua urbani più colpiti dal deflusso.

Aumento dei carichi inquinanti. L’urbanizzazione aumenta anche la quantità e varietà degli inquinanti trasportati verso i corsi d’acqua riceventi. I sedimenti dalle aree urbanizzate e dai cantieri; carburanti, grassi, elementi chimici velenosi dalle automobili; sostanze nutrienti e pesticidi dalla gestione degli spazi verdi; virus e batteri da sistemi sanitari difettosi; sali sparsi sull’asfalto; metalli pesanti; sono alcuni esempi degli inquinanti generati nelle aree urbane. Sedimenti e materiale solido costituiscono il volume maggiore dei carichi inquinanti che scorrono verso le acque riceventi.

Quando il deflusso entra negli scarichi, porta molti di questi inquinanti con sé. Nelle vecchie città, spesso questo flusso inquinato si scarica direttamente senza alcun trattamento. L’aumento dei carichi inquinanti può danneggiare i pesci e il resto della vita acquatica, uccidere la vegetazione autoctona, contaminare le scorte di acque potabili, rendere le aree per il tempo libero insicure.

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Misure di regolamentazione del deflusso di acque in ambiente urbano



Progetti di nuova urbanizzazione. I progetti di nuova edificazione devono mirare a mantenere il volume dei deflussi al livello precedente la trasformazione, utilizzando controlli delle strutture e strategie di prevenzione dell’inquinamento. Le linee guida per raggiungere entrambi gli obiettivi possono essere stabilite in un piano di gestione del deflusso, dei sedimenti, delle sostanze tossiche e nutrienti. Tali piani di gestione sono pensati per proteggere aree ambientali sensibili, minimizzare gli impatti sul suolo, mantenere il drenaggio naturale e la vegetazione.

Progetti di trasformazione dell’esistente. Il controllo dei deflussi nelle aree già urbanizzate tende ad essere relativamente costoso, se paragonato a quello per i nuovi interventi. Comunque, anche nelle aree urbanizzate si possono attivare progetti di controllo del deflusso economicamente sostenibili. Questi runoff management plans per zone già urbanizzate devono per prima cosa identificare le priorità di riduzione degli inquinanti, poi tutelare le zone naturali che aiutano al controllo dei deflussi, e infine iniziare un ripristino ambientale e attività di retrofit per il risanamento dei corsi d’acqua degradati. La cittadinanza può accelerare i tempi unendosi alle strategie di risanamento, ripristino, collaborare volontariamente alla protezione delle zone a valore ecologico.

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Nota: qui il testo integrale e originale, al sito della Environmental Protection Agency ; qui su Eddyburg una efficace descrizione di Piero Bevilacqua, del rapporto fra il regime delle acque e la pianura padana (f.b.)

Grazie alla collaborazione tra Stato e Regioni, la Francia può vantare uno sviluppo dei Comuni più piccoli che attirano i giovani a risiedervi e lavorare e, nello stesso tempo, offre ai turisti interessanti soluzioni fuori dalle grandi mete classiche. Il segreto sta nell’aver predisposto delle leggi di pianificazione territoriale e di sviluppo che non fanno appello genericamente ad un coordinamento ambientale tra centro e periferia, come dettava la vecchia legge italiana sul decentramento , ma fissa dei chiari paletti per uno sviluppo durevole.

Certo Cartesio e la sua razionalità sono nati in Francia; ma in Italia si potrebbe fare ancora meglio, se si tenesse oggi conto degli strumenti di accantonamento finanziario più moderni, che consentirebbero agli enti locali, ma ancor più ai singoli abitanti una compartecipazione agli utili generati dallo sviluppo culturale ed economico possibile anche nei centri minori; aggiungendovi il vantaggio di ridurre il debito pubblico italiano con l’aggancio alla cessione dei beni del demanio, una volta definite per questi a priori le formule del ritorno economico. Molta meno fiducia sembrano, viceversa, offrire le iniziative finanziarie che oggi i Comuni mettono in campo, a fronte di non si sa quali strategie future. La Corte dei Conti potrebbe, nel primo caso non avere nulla a ridire; e lo Stato potrebbe ritrovarsi con delle entrate in più e delle uscite, per provvidenze, in meno.

Partendo dalle Leggi nazionali, la Francia ha creato, nell’ambito del Ministero dell’Ambiente, una Strategia nazionale di sviluppo durevole (Sndd) che si muove lungo alcuni assi portanti cui si devono attenere tutti i contratti locali (Cper - Contrats de Plan Etat-Region). Essi sono: solidarietà interna e intergenerazionale; razionalità nella promozione dello sviluppo da parte dei poteri pubblici; efficacia, trasparenza e sinergia nelle scelte; ispirazione ad Agenda 21 di emanazione comunitaria. Ricordiamo che l’Unione europea con il programma Leader + si muove proprio in questa direzione. Il ministero della Pianificazione e dell’Ambiente (Mate) francese ha così dato luogo dal ‘99 al 2000 ad alcuni provvedimenti legislativi: Loi d’orientation sur l’amenagement e le developpement durable du territoire (Loaddt o Legge Voynet); Loi de simplification et de modemisation administrative du territoire français (Legge Chevènement), Loi sur la solidarite et le renouvellement urbanistique (Sru). Tutte le leggi sono marcate da una forte presenza ordinatrice dello Stato che si muove tuttavia in spirito di partenariato, favorendo il raggruppamento dei piccoli Comuni in strutture intercomunali di cooperazione, all’insegna di uno schema di coerenza territoriale (Scot). Lo schema tende a superare le logiche settoriali della programmazione all’interno e fra generazioni, in modo da favorire un armonioso ed equilibrato sviluppo dell’intera nazione. I programmi approvati sono finanziati dallo Stato e dalle imprese del commercio e dell’artigianato.

Ad alimentare il positivo viaggio dei piccoli Comuni verso l’inserimento in una rete di sviluppo efficiente e durevole oltre che equamente distribuita, opera, infatti, la collaborazione delle associazioni del commercio e dell’artigianato, a partire dall’entrata in vigore delle leggi, fin dal 1992. Gli interventi di questi organismi si sono rivelati indispensabili per animare e rendere migliore la qualità della vita ai residenti e ai candidati al trasferimento nei centri minori. Anche queste associazioni conoscono e fotografano i Comuni montani e quelli minori attraverso le delegazioni tecniche assicurando un servizio commerciale e imprenditoriale ai cittadini toccati dal calo demografico o economico. La delegazione, con il suo carattere di parità fra amministrazioni centrali e locali, permette ai gruppi tecnici di entrare nell’amministrazione locale senza forzarne i piani, ma anzi esercitando un’azione equilibrata di sostegno e di stimolo alle iniziative delle singole amministrazioni: solo i piani efficaci vengono finanziati. Una serie di agenzie vigilano sui piani di settore (ad es. per la distribuzione delle fonti energetiche, comprese quelle alternative). Finanziamenti statali e agevolazioni fiscali camminano di pari passo con l’approvazione dei piani di sviluppo, più legati alle particolari esigenze dei piccoli centri.

Il ministero del Commercio e dell’ Artigianato è, a sua volta, operativo, per mezzo di incentivi finanziari, nel generare iniziative che assicurino ai cittadini di ogni zona reti commerciali adatte, nei confronti delle ristrutturazioni in atto, in modo da salvaguardare il commercio minore, più prossimo ai consumatori; ed equilibrare le forme distributive differenti. Tra l’altro, e nello stesso spirito, è attivo il piano Coeur de Paris dedicato al risanamento di quartieri in città con oltre 30.000 abitanti.

Questo intenso lavoro di raccordo fra centro e periferia, se pure è nella tradizione francese dall’epoca di Carlomagno in poi, con i suoi missi dominici, si giova di un elemento di base: l’istituto del contratto sociale ( Contrats de Plan). Lo spirito del contratto genera molto spesso il consenso, e porta a lavorare verso obiettivi comuni: condizione indispensabile, tuttavia, è la parità fra i contraenti e la definizione articolata dei punti d’arrivo. Questa condizione si affaccia ora da noi, nel momento in cui sta nascendo il polo italiano del turismo, con la partecipazione di Banca Intesa, Ifil e gruppo Marcegaglia, a fianco di Sviluppo Italia. Il programma, molto impegnativo, si gioverà di elementi fondamentali della logica industriale immessa dai privati nella miniera di iniziative che il Mezzogiorno può offrire allo sviluppo integrato, turistico e immobiliare insieme. Si potrebbe anche ricordare la possibilità, introducendo i warrants, di agevolare il continuo flusso di risparmi delle famiglie verso le società di ottimizzazione che ne scaturiranno. Per creare consenso, e continuità di impegno, infatti, è indispensabile il coinvolgimento finanziario degli abitanti che, interpellati in pubbliche assemblee (in centri minori questo è ancora possibile), collaboreranno più volentieri alla buona realizzazione dei programmi.

In Italia qualcosa si è tuttavia già mosso. La Confederazione nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa della Liguria ha creato negli anni un raccordo con i vicini francesi: Eurazur, legato alle attività transfrontaliere. La legislazione italiana ha di recente elaborato una legge sullo sviluppo incentivato di Comuni minori, con altre caratteristiche, quali un maggior accentramento in mani statali delle scelte di fondo che gli amministratori locali potrebbero fare, a vantaggio della propria zona. L’ultima nata, l’iniziativa Piccola Grande Italia, divulgata attraverso la televisione, ha un merito: avere risvegliato l’orgoglio dei piccoli Comuni verso le tradizioni enogastronomiche locali, qualità che è anche culturale e storica. L’incontro del marzo 2004 fra tutti i piccoli Comuni ha avuto grande successo.

Titolo originale: Local Agenda 21Applied Locally in Western Australia: City of Cockburn Case Study – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Gli esseri umani alterano di continuo l’ambiente, dai ghiacci dell’Artico a nord fino alle savane dell’Africa a sud, dalla Grande Barriera Australiana a est, alle paludi del Costa Rica a ovest. L’Australia si unisce al resto del pianeta nel “pensare globalmente e agire localmente”, incoraggiando le comunità a collaborare con le proprie amministrazioni locali.

Introduzione

Sempre di più le persone capiscono quanto gli esseri umani abbiano il potere di modificare l’ambiente, in tantissimi modi. Nella Western Australia, lo sviluppo di città e altri insediamenti, insieme ai risultati delle attività industriali e agricole, si traduce in un aumento dei livelli di inquinamento, nell’uso di grandi quantità di materie prime ed energia, nel mettere in pericolo molti ambienti naturali, comunità ed economie locali. Per affrontare questi problemi, in Australia le comunità hanno iniziato a collaborare con le proprie amministrazioni elette.

Sino a tempi recenti le questioni ambientali, quelle sociali ed economiche, sono state gestite singolarmente. Se vogliamo un futuro sostenibile per questa nazione e per il mondo, è essenziale affrontare questi tre aspetti insieme: è quello che tenta di fare l’Agenda 21 locale.

L’Agenda 21 Locale

L’Agenda 21 nasce dalla conferenza ONU sull’Ambiente e lo Sviluppo (UNCED), nota come Earth Summit in Brasile, nel giugno 1992. L’hanno adottata ben 170 governi nazionali, compresa l’Australia, come piano globale per l’ambiente e lo sviluppo. Agenda 21 riconosce che le amministrazioni locali rappresentano un elemento di primaria importanza nelle azioni per attuare il piano, attraverso i programmi e iniziative della Agenda 21 Locale (LA21).

La Conferenza del 1992 segna un’importante pietra miliare nella storia delle relazioni fra l’umanità e il suo pianeta. Per la prima volta, a livello mondiale lo sviluppo moderno è considerato tenendo presenti la salute della Terra e delle future generazioni. Suscita consapevolezza collettiva globale, e porta a molte azioni di base a livello mondiale.

Il summit di Rio produce un serie di accordi, che segnano un grande passo in avanti nella cooperazione intergovernativa a livello internazionale. Tema centrale dell’Agenda 21 locale è la correlazione fra questioni ambientali e sociali. Sottolinea la necessità per tutti gli ambiti sociali di dare un proprio contributo. Il capitolo 28 dell’Agenda 21 incoraggia le amministrazioni locali a promuovere la sostenibilità ambientale, economica e sociale, traducendo i principi dello sviluppo sostenibile in strategie significative per le comunità. La storia che vogliamo raccontare è quella di una di queste amministrazioni, Cockburn nella Western Australia, e dei suoi tentativi di migliorare il proprio ambiente, la società, l’economia.


Area di Cockburn, 20 km a sud di Perth, con la serie di laghi

L’Agenda 21 locale nella città di Cockburn

I governi locali stanno diventando sempre più i soggetti di punta per l’attuazione della sostenibilità. Stanno sviluppando e mettendo in pratica approcci sistematici per affrontare il nostro futuro a lungo termine in termini di salute e benessere della comunità, del suo ambiente e dell’economia che la sostengono. La città di Cockburn sta fra le più di 2.000 amministrazioni locali di 64 paesi a livello mondiale, che sviluppano una propria strategia di sviluppo sostenibile (SDS). All’inizio l’amministrazione aveva utilizzato per il proprio progetto semplicemente il titolo “LA21”, in seguito l’ha cambiato per il più descrittivo “Strategia di Sviluppo Sostenibile”, sperando che generi ulteriore interesse al tema.

L’inizio

Il territorio di Cockburn si trova a sud di Fremantle dalla linea di costa sino a circa 13 chilometri nell’entroterra. Comprende diciassette sobborghi, ed è una delle più vaste amministrazioni locali dell’area metropolitana, con una superficie di 148 chilometri quadrati. La popolazione è di 72.400 abitanti, calcolati al luglio 2001. Il territorio attraversa l’ambiente delle colline ondulate di Spearwood, fino alla topografia più piatta e bassa di Bassendean. Due sistemi di zone umide (Beeliar Wetlands) sono costituiti da laghi permanenti e corsi d’acqua stagionali. I boschi originari coprono circa il 30% del distretto, con la maggior parte della vegetazione concentrata lungo l’acqua e le aree meno edificate verso est.

Il progetto di Agenda 21 locale per la città di Cockburn è iniziato nel maggio 2000. Tra i passi iniziali nel processo di strategia di sviluppo sostenibile (SDS) l’amministrazione ha tenuto un’assemblea cittadina per presentare il programma LA21, e stimolare l’interesse collettivo e la partecipazione attiva al progetto. I partecipanti hanno fornito un’ampia gamma di idee per la città, e hanno espresso insoddisfazione per alcuni aspetti ambientali e sociali di Cockburn. Cosa più importante, il progetto è iniziato in forma pubblica, e nei passaggi successivi è stato seguito dalla stampa locale, tenendo informata la comunità. Sono stati tenuti quattro laboratori partecipati nel novembre 2000, a definire una community vision per il futuro di Cockburn. Sono stati invitati a partecipare molti gruppi, comprese associazioni di residenti, gruppi ambientalisti, centri come i Lions e RSL, rappresentanti del mondo dell’impresa e dello sport. È stato predisposto un rapporto preliminare che rende conto dei progressi della strategia di sviluppo sostenibile per Cockburn.

Per mettere in pratica le raccomandazioni del progetto di sviluppo sostenibile, è stato formato uno SDS Steering Committee [comitato guida per lo sviluppo sostenibile]. Questo comitato è formato da funzionari sei settori interessati dell’amministrazione locale. Le sue riunioni diventeranno il luogo di resoconto per i progressi del programma.


Cricoscrizione municipale di Cockburn, con alcune aree a riserva

Cos’è stato fatto

La collettività aveva espresso serie preoccupazioni per la mancanza di un “cuore”, di un “centro”, a Cockburn. Viste le dimensioni, e il fatto della presenza di elementi di separazione ambientali come la catena di zone umide e strutturali come strade di comunicazione principale, è difficile realizzare un vero centro. Il Consiglio prenderà in considerazione le possibilità di crearne uno, consentendo una maggior interazione sociale comunitaria, con zone pedonali, facile accessibilità, attività integrate di tipo culturale e per il tempo libero (è attualmente in corso uno studio a questo proposito). È previsto uno studio della rete di mobilità, ciclabile e pedonale all’interno della città. Per rispondere alle richieste dei residenti, l’amministrazione potrebbe rivedere i piani per Cockburn, apportando le modifiche necessarie ove possibile in ambito urbanistico, per incoraggiare uno sviluppo nel senso definito dalla community vision sostenibile.

Attraverso la consultazione pubblica, si stata sviluppando una strategia di trent’anni per la città. Scopo dei documenti preliminari è quello di far partire meccanismi interni che mettano l’amministrazione in grado sviluppare la “visione”, verso un futuro sostenibile, un ambiente salubre, una struttura sociale vivace, una solida base economica. Sono stati sviluppate tematiche comuni per la “visione”, attraverso un’analisi di tipo SWOT ( Strengths Weaknesses Opportunities and Threats).

La realizzazione del Thomson Lake Regional Centre ha le potenzialità per costituire una pietra miliare per la progettazione urbana sostenibile, e offrire un importante centro per la vita comunitaria di Cockburn. Il desiderio di uno stile di vita gradevole, di interazione sociale, di un ambiente ben conservato, sono elementi fondamentali della vita, e devono essere considerati come prospettive pratiche, concrete, raggiungibili e fondamentali per l’attività del Consiglio municipale.

La città sta cercando di modificare la propria strategia di gestione dei rifiuti. In linea con le iniziative a scala statale, ha fissato l’obiettivo di riduzione dello smaltimento in discarica entro il 2020. Si prevede di raggiungere la quota dell’85% di raccolta differenziata entro il 2003, attraverso una combinazione di riciclaggio, educazione del pubblico, compostaggio e trattamenti per i rifiuti secondari. L’amministrazione di Cockburn fa parte del Southern Metropolitan Regional Council, un’organizzazione “ombrello” per gestire i rifiuti su delega delle amministrazioni locali nei sobborghi meridionali di Perth. La città può anche diventare un caso guida, promuovendo all’interno dell’amministrazione municipale il riciclaggio e riuso dei materiali. Ciò comprende carta, legno, e riutilizzazioni nelle infrastrutture di servizio.

Cockburn non ha un completo controllo per quanto riguarda la conservazione delle aree boscose o delle zone umide entro i propri confini, ma è evidente che la comunità sia fiera di queste caratteristiche, ne voglia vedere tutelata una parte considerevole, e desidererebbe un’aumentata comprensione e contatto con esse. La City of Cockburn ha una buona tradizione in questo campo, con piani di gestione in corso per la maggior parte delle zone boscose. L’amministrazione tra l’altro promuove, incrementa e conserva le proprie caratteristiche naturali attraverso la rivegetazione e programmi contro gli infestanti, e ha di recente lanciato programmi di Consapevolezza delle Riserve naturali per sottolinearne il valore.

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La città di Cockburn ha possibilità molto ridotte di interazione con la propria costa, a causa delle significative quantità di aree di sponda destinate a usi industriali. L’amministrazione vorrebbe vedere uno sviluppo più appropriato degli spazi non industriali lungo la costa, come zone residenziali ambientalmente corrette, che lascino accessibilità pubblica alla riva, con caffè, ristoranti, a realizzare un nodo urbano sul mare. Se ne potrebbe realizzare uno del tipo mixed use, con strutture per il tempo libero, culturali, e servizi comuni.

Dai laboratori partecipati è emersa l’opinione diffusa secondo cui a Cockburn è localizzata un’eccessiva quantità delle strutture industriali della zona di Perth, e che si tratta di industrie di basso livello, che creano una cattiva immagine alla città. La cittadinanza è favorevole ad incoraggiare lo sviluppo delle nuove tecnologie, un’industria pulita e moderna, e vorrebbe vedere rimosse le attività attuali. Cittadinanza e amministrazione riconoscono i benefici dell’industria, ad esempio dal punto di vista dell’occupazione locale, ma ritengono che anche questo settore dovrebbe impegnarsi insieme al resto della città a realizzare il programma ambientalmente sostenibile.

Conclusioni

Alla fine di un periodo di osservazioni pubbliche e relative modifiche, l’amministrazione di Cockburn pubblicherà un rapporto di Final Sustainable Development Strategy. Sarà un affinamento della relazione preliminare, e chiarirà in dettaglio i passi da compiere per attuare con successo la strategia SDS. Stabilirà la community vision, obiettivi, indicatori, fasi intermedie, azioni, tempi, responsabilità e disponibilità finanziarie. Si dovranno anche documentare criticamente, attraverso uno Action Plan, alcuni risultati valutabili. Si dovranno individuare responsabilità verificabili, indicando chi deve fare cosa, quando, e come. Tutte queste azioni saranno strettamente correlate agli obiettivi e prospettive definite dalla comunità per il territorio di Cockburn.

Scopo ultimo è che le attività e decisioni del Consiglio tengano sempre presente e traducano in pratica il passaggio dell’attività amministrativa locale verso uno sviluppo sostenibile, secondo la community vision. Per il progetto è fondamentale che vengano rese disponibili adeguate risorse. E nonostante le risorse, il progetto può essere messo in discussione se non ci sono persone che credono in esso, che vogliono lavorare per realizzarlo.

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Nota: qui il link al testo originale (e ad altri casi studio) sul sito dedicato allo Sviluppo Sostenibile, della Presidenza del Consiglio, Western Australia. Di notevole interesse anche i ricchi materiali di pianificazione ordinaria, urbanistica e ambientale disponibili al sito della City of Cockburn, raggiungibile dalla stessa pagina con link nelle note (f.b.)

Estratti (dalle pagine del sito e dai volumi del rapporto) e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

[Premessa]

Il programma Bush Forever individua aree boscose [ bushland] da mantenersi e tutelare per sempre. È una delle iniziative di conservazione più significative mai intraprese nella Western Australia, e colloca Perth ai primi posti per quanto riguarda le città del mondo che proteggono la propria biodiversità.

Seguendo le linee guida fissate dalla World Conservation Union, Bush Forever mira alla tutela di almeno il 10 per cento del complesso originario di vegetazione nell’ambito geografico dello Swan Coastal Plain, entro l’area metropolitana di Perth, e alla conservazione delle aree ecologiche in pericolo.

Bush Forever rappresenta l’impegno del governo alla predisposizione di un piano strategico, così come indicato nel 1995 dalla Urban Bushland Strategy. Contribuirà anche in modo significativo a conseguire gli obiettivi centrali fissati nel 1996 dalla National Strategy for the Conservation of Australia's Biodiversity. È una politica sostenuta dal governo, di peso considerevole, e proteggerà gli ambiti classificati come Bush Forever sites attraverso meccanismi fissati all’interno del piano. Unisce i risultati di molti diversi programmi di ricerca, condotti nell’arco di parecchi anni, assicurando che le proprie raccomandazioni tengano conto delle conoscenze più avanzate in campo ecologico per quanto riguarda la regione metropolitana di Perth.

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La visione

Conservare la diversità biologica (biodiversità) è una delle principali sfide ambientali per l’umanità, a livello planetario. Lo Western Australian State of the Environment Report (1998) riconosce che la perdita di biodiversità e ambienti di vita attraverso la deforestazione, degrado ambientale, interferenze umane e dispersione di parassiti animali e vegetali costituisce uno dei più importanti problemi a livello statale.

L’Australia può giocare un ruolo importante nella conservazione della biodiversità, perché è una delle nazioni più bio-diverse al mondo, con specie che non si trovano altrove. La biodiversità di Perth è una delle più alte rilevate nelle grandi città, e attraverso il programma Bush Forever, l’area ha un’opportunità unica per diventare la capitale australiana da questo punto di vista.

Attraverso un’efficace pianificazione ambientale, la conservazione della biodiversità può aumentare la qualità di vita urbana, senza compromettere i livelli occupazionali, quelli delle abitazioni e dei servizi. Bush Forever offre la base per la biodiversità e conservazione identificando chiaramente aree boscose dell’area regionale e pianificando la loro protezione: il problema diventa non tanto se ci debba essere o meno sviluppo urbano, ma dove esso avviene e in che modo è progettato al fine di minimizzare gli effetti sulle aree naturali circostanti.

Bush Forever vuole “mantenere il Bosco in Città”. Le zone boscose urbane contribuiscono al carattere particolare di Perth, e il loro contributo alla qualità di vita locale è stato spesso descritto come “cuore e polmoni della città”. Le zone ad alberi e arbusti di Perth, anche se forse mancano dell’immediato effetto visuale delle foreste ad alto fusto del sud, hanno una propria particolare bellezza, legata alla varietà e intreccio di forme. Un obiettivo importante di Bush Forever è di suscitare maggior consapevolezza e apprezzamento delle aree boscose urbane, e sviluppare un più forte senso di responsabilità e identità dei cittadini, attraverso il coinvolgimento nel controllo del degrado.

La tutela del bosco metropolitano costituisce non solo un obbligo morale nel proteggere gli habitat naturali dalla distruzione e salvare specie animali e vegetali dall’estinzione, ma può anche proteggere risorse di valore incalcolabile utili all’educazione, alla tutela del paesaggio, al turismo, alla ricerca medica e scientifica, e affianca la tutela dei corsi d’acqua, il controllo dei microclimi, il controllo biologico degli infestanti e delle malattie, offre spazi quieti per la contemplazione, il relax, il senso dei luoghi. Ogni città ha bisogno dei propri spazi naturali: una volta perduti, è impossibile riaverli.

Ma Bush Forever riconosce anche che la biodiversità non si può ottenere con la sola azione governativa, appoggiando si ad un sistema di riserve tutelate. È essenziale la cooperazione degli sforzi uniti di Stato, amministrazioni locali, cittadini e proprietari per proteggere le risorse boschive. Uno degli ingredienti essenziali del programma sarà un impegno generale di cura e responsabilità condivisa.

La visione futura è quella di un territorio conservato di cui Perth possa andare giustamente fiera, dove ciascuno trovi il proprio “Parco Reale” a portata di mano, per il piacere di oggi e, in eredità di una qualità della vita unica, per i nostri figli.

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Cos’è, Bush Forever?

Bush Forever è un piano strategico decennale per proteggere circa 51.000 ettari di zone boscose a scala regionale, articolate su 287 località denominate Bush Forever Sites, e che rappresentano, se il programma sarà portato a termine, un obiettivo pari al 10 per cento di ciascuno degli originali 26 complessi vegetali dello Swan Coastal Plain, nell’are metropolitana di Perth.

Di tutta questa vegetazione di importanza regionale identificata, 33.400 ettari hanno già qualche tipo di protezione attraverso riserve esistenti e/o convenzioni. Delle località non tutelate, circa il 9% è di proprietà privata entro zone classificate come Rurali (approssimativamente 4.270 ettari), Urbane, di Prossima Urbanizzazione, o Industriali (approssimativamente 330 ettari) dal Metropolitan Region Scheme (MRS). I rimanenti 13.200 ettari sono di proprietà dei governi statale, federale, o delle amministrazioni locali, e la maggior parte di queste aree sono classificate per Usi Pubblici nel MRS.

Il Piano nel suo insieme, e Bush Forever, fanno parte del quadro generale delle iniziative pubbliche ad unire i risultati di molti programmi di ricerca: quello del Ministry for Planning chiamato Perth Environment Project (1995); il System 6 Update Program (1996); gli studi biologici a scala regionale del CALM; la mappatura delle zone umide e il lavoro di valutazione del WRC. Bush Forever identifica zone boscose di importanza regionale, le classifica Bush Forever Sites, e raccomanda che queste aree debbano essere conservate e gestite per offrire, il più a lungo possibile, una base e un modello dell’originale biodiversità di Swan Coastal Plain nell’area metropolitana di Perth.

Per gli scopi di Bush Forever, le aree boscose si definiscono “zone in cui è presente vegetazione sia residua dello stato originale naturale, sia, quando modificata, ancora rappresentativa della struttura generale e del complesso di specie dello stato naturale, e offra il necessario habitat per la fauna locale”.

Dei 26 complessi vegetali presenti nell’area metropolitana di Perth, sette si collocano al di sotto del 10 per cento minimo di conservazione a cui mira Bush Forever. Si tratta soprattutto delle zone storicamente deforestate sul lato orientale dello Swan Coastal Plain. Dove resiste ancora più del 10 per cento, Bush Forever assicurerà la tutela minima in tutte le zone, tranne in tre casi dove accordi e progetti già approvati ridurranno le zone disponibili per la tutela.

Ad ogni modo, ci saranno anche occasioni all’esterno dell’area metropolitana per reperire zone aggiuntive o sostitutive. Bush Forever è lo strumento principale per attuare l’impegno governativo verso la conservazione delle zone boscose di importanza regionale nell’area di Perth. Sostituisce le raccomandazioni del precedente progetto System 6 per lo Swan Coastal Plain. L’attuazione del programma contribuirà significativamente agli obiettivi chiave della National Strategy for the Conservation of Australia’s Biological Diversity (1996). Bush Forever potrà anche offrire orientamenti e certezze a proprietari e operatori immobiliari sul significato della conservazione di biodiversità nell’area metropolitana di Perth.

Quali sono le zone boscose di Perth?

Circa il 12 per cento dello Swan Coastal nell’area metropolitana è destinato a parchi e aree per il tempo libero. Queste zone comprendono le aree sportive, ma non alcune superfici di terreno gestite dal CALM (come le foreste statali) e aree di conservazione locale, che complessivamente porterebbero l’area tutelata a più del 25 per cento, e anche più se si considera l’insieme della Perth Metropolitan Region.

Bush Forever parte dalle superfici attualmente protette ,nell’identificazione di quelle significative da raccomandare per una tutela a scala regionale. Questo significa che le località classificate Bush Forever Sites hanno già qualche tipo di tutela essendo destinate a Parco e Area per il tempo libero dal MRS, e/o sottoposte alla National Parks and Nature Conservation Authority (NPNCA – ora chiamata Conservation Commission of Western Australia).

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Come vengono scelti i Bush Forever Sites?

Le località da tutelare possono essere considerate le più rappresentative dell’insieme delle comunità ecologiche (sulla base di una mappatura dei complessi vegetali) nello Swan Coastal Plain dell’area metropolitana di Perth. La sopravvivenza delle aree boscose si basa sulla loro dimensione, sulle condizioni generali, sulla gestione dei processi che le minacciano. Alcune comunità ecologiche e specie sono reattive rispetto alle interferenze, ma altre sono più fragili. Nell’ambiente urbano di Bush Forever alcuni siti sono relativamente piccoli, mostrano segni significativi di interferenze, e richiedono un intervento attivo di controllo degli infestanti. Senza un’efficace protezione di almeno il 10 per cento di ciascun complesso vegetale, una comunità ecologica può andar perduta per sempre, e con essa il suo contributo alla conservazione della biodiversità. La perdita di una comunità ecologica può avere effetti cumulativi che interessano le altre, dato che la scomparsa di alcune specie mette in pericolo l’esistenza di quelle correlate e associate.

I criteri di selezione delle aree boscose di importanza regionale sono i seguenti:

I criteri per la selezione delle zone sono stati sviluppati secondo la Urban Bushland Strategy,dallo Urban Bushland Advisory Group (UBAG) e dal System 6 Update Program (DEP1996). UBAG comprende rappresentanti dello Urban Bushland Council, delle amministrazioni locali e delle imprese di costruzione, per assicurare che vengano presi in considerazione tutti gli aspetti della vita cittadina interessati. Il System 6 Update Program implica il coinvolgimento di molte agenzie governative e di amministrazioni locali.

Un ulteriore elemento di affinamento del processo di selezione delle zone Bush Forever Site è quello di determinare anche i valori economici e sociali delle particolari aree o elementi, come le destinazioni d’uso dei piani regolatori e il punto di vista finanziario generale dell’ente pubblico. Non sono state esclude preliminarmente dalla considerazione intere categorie di terreni, ma dove essi erano particolarmente penalizzati da destinazioni di piano o progetti già approvati sono state effettuate, dove possibile, scelte alternative.

Iter di Bush Forever

La bozza di rapporto è stata resa pubblica per le osservazioni dal 29 novembre 1998 al 30 aprile 1999. È composta da due volumi: I) Parte generale, politiche, raccomandazioni; II) articolato in parte A, B, C, con informazioni tecniche, carte, dettagli area per area. Ogni proprietario interessato ha ricevuto una copia del Volume I ed estratti tecnici dal Volume II. Sono stati contattati personalmente quanti più proprietari possibile, ed effettuate visite in loco e incontri. Questo processo è destinato a continuare per tutta la durata del programma. Sono state ricevute complessivamente più di 2.000 risposte, comprese lettere, petizioni, e 670 osservazioni individuali.

Il periodo di osservazioni pubbliche ha consentito di verificare limiti e contesto dei Bush Forever Sites in relazione ai proprietari interessati. Si sono anche discussi i meccanismi di attuazione, nel contesto delle funzioni attuali e prevedibili, e dei valori da conservare. Alcune revisioni di confine, cancellazioni e aggiunte di siti, come risultati delle osservazioni, rilievi o negoziazioni, sono riportate nelle mappe esecutive. Ulteriori esami di osservazioni, verifiche di confine e attuazione di misure di tutela continueranno nel corso del processo, che si prevede continui per parecchi anni.

Delle 670 osservazioni singole, il 53 per cento sosteneva attivamente la bozza del 1998, e solo il 19 faceva obiezioni; il resto chiedeva chiarimenti, ma non esprimeva un parere sul piano nel suo insieme. È stato redatto un documento riassuntivo delle osservazioni, disponibile a richiesta. Una ricerca di opinione svolta da professionisti alla fine del periodo di pubblicità del piano, ha rilevato che il 24 per cento delle persone che vivono nell’area metropolitana di Perth erano a conoscenza del Progetto e, di queste, il 93 per cento ne aveva una percezione positiva. Ricerche simili più recenti indicano un costante alto livello di sostegno collettivo.

Il Governo ha anche istituito un Bushplan Reference Group, organismo indipendente, non governativo, con funzioni consultive. Comprende rappresentanti del mondo scientifico, della conservazione ambientale, delle imprese di costruzione, e tecnici specializzati di vari settori. Scopo del Gruppo è di consigliare il Governo su quanto è necessario per portare a termine e attuare il piano del 1998, attraverso un’analisi delle questioni chiave emerse durante il periodo di pubblicità. Questo ha comportato conferenze e un laboratorio pubblico nel marzo 1999 a cui hanno partecipato 80 delegati. Il Gruppo ha tenuto conto delle osservazioni presentate, dei risultati del laboratorio e delle discussioni, nel presentare le sue raccomandazioni ai ministri per la Pianificazione, l’Ambiente, le Risorse Idriche. Il Bushplan Reference Group ha confermato l’impostazione generale del Progetto. Le questioni chiave sollevate comprendono le strutture decisionali e amministrative, le forme di tutela provvisoria, i bisogni di alcuni gruppi di interesse e le modalità di finanziamento.

[...]

Nota: qui il link al sito della W.A. Planning Commission, con la documentazione completa e originale. Gli strumenti tecnici attuativi (rapporti con la proprietà ecc.) sono esposti nel Vol.II Parte B (f.b.)

Titolo originale: Planning for Tomorrow: a Citizen’s Guide to Smarter Growth in Florida (1999) – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Affrontare la crescita: la Florida si confronta col suo futuro

La crescita in Florida

La Florida è ancora uno degli stati in crescita più rapida del paese. Nel 1950, con una popolazione di 2,8 milioni di abitanti, eravamo al ventesimo posto. Oggi siamo al quarto, con quasi 15 milioni di residenti. Ogni giorno, 650 persone si trasferiscono qui, il che fa un totale di un milione di nuovi abitanti ogni quattro anni, e nel 1997 hanno visitato la Florida 47 milioni di turisti. Da qui a quindici anni avremo più popolazione di New York, e diventeremo il terzo maggior stato. Entro il 2020, ci si aspetta che la nostra popolazione superi i 20 milioni di abitanti.

Sole, spiagge incontaminate e un clima balsamico continuano ad attirare vacanzieri e altri in questo paradiso che chiamiamo Florida. Oltre alle attrazioni naturali, nell’ultimo secolo la Florida ha fatto tutto quanto era in suo potere per incoraggiare e contenere la propria crescita. Lo stato ha finanziato la bonifica di milioni di ettari di aree umide e assegnato terreni per la realizzazione di ferrovie, aprendo vaste espansioni di zone selvagge allo sviluppo edilizio. La Florida continua ad attirare nuovi residenti con le sue generose esenzioni fiscali per le fattorie, bassa imposizione immobiliare, e nessuna tassa personale sul reddito.

Una popolazione in crescita naturalmente aumenta la domanda di servizi pubblici. Per esempio, ogni anno dobbiamo costruire 1300 chilometri di nuove strade, aggiungere 730 nuove aule e assumere 740 nuovi agenti di polizia. Servono anche un maggior numero di impianti per l’acqua e le fogne, prigioni, tribunali, servizi di emergenza e antincendio, o altre strutture pubbliche. Non c’è bisogno di dire che tutto questo costa denaro, in uno stato che è fiero delle proprie poche tasse. Dobbiamo semplicemente dare un’occhiata alle nostre strade congestionate o alle aule sovraffollate, per vedere i problemi che pone stare al passo con la crescita.

Il passato come prologo

Prima della seconda guerra mondiale, la maggior parte degli abitanti della Florida viveva in città compatte, dove si poteva andare a piedi al lavoro, o a scuola, o a fare spesa. Dopo la guerra, sembrava che tutti volessero partecipare all’ American Dream, possedendo un’automobile e una casa su un quarto di ettaro di terreno nei suburbi. I governi a tutti i livelli offrivano sovvenzioni, alcuni inconsapevolmente, incoraggiando lo sviluppo suburbano.

I dollari dei contribuenti aiutavano a finanziare i nuovi insediamenti, sostenevano i cittadini nell’acquisto di abitazioni suburbane, e la costruzione di nuove strade, reti idriche e fognarie nelle zone rurali, mettendo le basi per una crescita ancora più grande. Nella meno affollata Florida degli anni ’50, ’60 o ’70, potevamo ancora “permetterci” questo sviluppo diffuso. Era possibile trasferirsi nei suburbi e fare il pendolare quotidianamente e abbastanza velocemente per lavoro. I terreni a buon mercato nelle fasce esterne urbane e in quelle ancora più esterne suburbane, consentivano ai costruttori di realizzare, e a noi di acquistare, a prezzi più bassi.

Sprawl

Lo sprawl è stato definito insediamento a “bassa densità” oltre i margini delle aree servite e dei bacini di impiego, a separare i luoghi dove si vive si fanno acquisti, si studia, ci si diverte, e obbligando all’uso dell’automobile per spostarsi da una funzione all’altra. In lingua di tutti i giorni, significa che le automobili dominano il paesaggio e le nostre vite. Passiamo ore infinite fermi su strade intasate, perché non possiamo più andare a piedi dove vogliamo. La maggior parte di noi è obbligata a guidare da casa ai negozi, al lavoro, per andare a scuola. Lo sprawl ci condiziona tutti, tutti i giorni.

Lo sprawl abbassa la qualità delle vita.Viaggiare da un “uso del suolo” isolato a un altro si mangia il tempo che potremmo spendere con la famiglia o con gli amici, o contribuendo alla vita della comunità. Chilometri dopo chilometri di asfalto e fasce commerciali rendono difficile distinguere una città dall’altra, e perdiamo il nostro “senso dello spazio”.

Storicamente, le strade hanno fornito luoghi per giocare, andare in bicicletta, camminare, incontrarsi e conversare, e servono da connessioni con gli altri quartieri e con il centro. Ma oggi pochi di noi vanno a piedi al negozio a comprarsi un po’ di pane, fermandosi a chiacchierare coi vicini. Le strade oggi sono destinate all’unico scopo di far muovere le automobili, a separare i quartieri anziché a collegarli.

La nostra dipendenza dall’automobile ha avuto grossi effetti sui nostri bilanci. Nel 1995, la American Automobile Association stimava che il costo diretto di un’auto che percorreva 24.000 chilometri l’anno fosse di 6.185 dollari, ovvero circa 26 centesimi al chilometro. Nella famiglia media, che possiede due automobili, il costo del trasporto è secondo solo a quello per l’abitazione.

Negli anni ’80, il numero dei veicoli registrati in Florida è cresciuto due volte più velocemente della popolazione. E anche così, quasi metà della popolazione dello stato (soprattutto giovani, anziani, poveri) non guida o non ha accesso all’auto. A peggiorare le cose, i centri commerciali hanno strappato gli affari dai quartieri del centro, e l’insediamento diffuso ha reso il trasporto pubblico proibitivamente costoso.

Lo sprawl minaccia il nostro ambiente naturale. Spazi verdi e zone naturali insostituibili stanno scomparendo, specie rare e in pericolo sono di fronte a minacce crescenti. Ogni giorno in Florida distruggiamo più di 200 ettari di bosco e altrettanti di terra agricola. Le nostre città si espandono nella campagna, l’acqua piovana dilavata dai nuovi quartieri degrada la qualità idrica, e le emissioni delle automobili minacciano l’aria che respiriamo.

Cinque città della Florida hanno il dubbio orgoglio di figurare nella lista delle 20 a livello nazionale più minacciate dallo sprawl, compilata dal Sierra Club. Fra il 1990 e il 1996, la zona urbanizzata di Fort Lauderdale è cresciuta del 27%. La popolazione di Orlando è aumentata del 28%, mentre la sua area urbana si gonfiava del 68%. La popolazione dell’area metropolitana di West Palm Beach è cresciuta circa del 30%, e la sua superficie del 75%. E a Pensacola dove la popolazione è aumentata solo di poco, l’area urbanizzata si è ampliata quasi del 95%. Negli stessi sei anni, Daytona Beach è quasi raddoppiata di dimensioni, mentre la densità di popolazione decresceva del 43%, con una tendenza che potrebbe creare una città di quasi 1.600 chilometri quadrati nel 2020!

Sfortunatamente, queste non sono le sole città della Florida che affrontano sprawl.

Lo sprawl spreca il denaro del contribuente. Lo sprawl ci colpisce direttamente nel portafoglio. Come contribuenti, paghiamo pesantemente le nuove strade e sistemi fognari, la loro futura manutenzione, le riparazioni per rimediare a vecchi problemi, ivi compresi quelli determinati dagli impatti ambientali.

Numerosi studi hanno dimostrato che costa di più provvedere servizi pubblici e infrastrutture all’insediamento a bassa densità, che per le aree urbanizzate esistenti. Un’analisi condotta da James E. Frank, professore di pianificazione urbana e regionale alla Florida State University, ha confrontato il costo attuale di fornire di fognature un quartiere suburbano e uno centrale nei pressi dell’impianto di depurazione. Le cifre vanno dai circa 4.500 dollari per le abitazioni di città, agli oltre 11.000 per quelle al di fuori della zona urbanizzata. Dato che le imposte per acqua e fogne si basano sui costi medi, entrambe le utenze pagano la stessa cifra per abitazione. Questo vuol dire che gli utenti del centro sovvenzionano quelli del suburbio.

In modo simile, Frank ha rilevato che la distanza influisce fortemente sui costi associati alla fornitura di altre strutture e servizi. Per esempio, può costare fino a 10.000 dollari fornire di strade adeguate un’abitazione suburbana, contro i poco più di 570 per una casa di città.

Uno studio di Robert Burchell e David Listokin per il Brookings Institute ha confrontato lo sprawl con l’edificazione compatta, presumendo le medesime quantità di persone e posti di lavoro. È stato rilevato che lo sviluppo compatto, con una miscela di tipi residenziali ad alte densità, consuma il 45% in meno di terra, e costa il 25% in meno in strade, il 15% in servizi, 5% per le abitazioni, il 2% per altri costi pubblici, di quanto non si paghi per l’insediamento diffuso fino ad una densità di sette abitazioni per ettaro.

Altrove, Burchell ha calcolato che orientare l’edificazione del South Florida (a Palm Beach, Martin, St. Lucie, Miami – nelle contee Dade e Broward) di nuovo verso ala costa potrebbe far risparmiare ai contribuenti più di sei miliardi di dollari per il 2020. Come? In parte, usando meno terreni per lo stesso numero di residenti. Lo spostamento risparmierebbe 250.000 ettari di zone umide, spazi aperti e aree agricole, ridurrebbe la domanda di acqua potabile di 7,7 miliardi di litri, e farebbe risparmiare una cifra stimata attorno ai 2 miliardi di dollari in strade e alte infrastrutture, con il beneficio aggiunto di migliorare l’equilibrio razziale della regione.

I funzionari dei governi locali, gli urbanisti e i cittadini consapevoli, non sono i soli a riconoscere gli inconvenienti dello sviluppo diffuso. La Bank of America ha commissionato uno studio sullo sprawl urbano, che ha concluso come “la diffusione incontrollata da motore di crescita è diventata ... una forza che minaccia di inibire lo sviluppo a degradare la qualità della vita”.

Pianificare il domani

La maggior parte di noi ha provato ad andare in un’altra città, e pensare quanto sarebbe piacevole viverci. Possiamo riconoscere immediatamente le qualità che ci attirano in un certo posto: le forme degli edifici e il disegno stradale, il rigoglioso verde e le zone naturali protette, oppure una sensazione di ricchezza culturale e di vitalità economica. Ed è poco probabile che tutto questo si verifichi per caso. Alcune città operano per ottenere il consenso su una visione del futuro, e poi sviluppano un piano di lungo periodo per realizzarla.

Un senso della prospettiva è essenziale per lo sviluppo di una città sostenibile e di successo. Un ben concepito piano di lungo periodo (detto “comprensivo” o generale) può aiutare la comunità a conseguire la propria visione. Questo piano può definire chiaramente dove vuole andare la città, e di cosa c’è bisogno per arrivarci. Ma non esiste una città uguale a all’altra, e i piani devono essere pensati in sede locale. È essenziale la partecipazione attiva dei cittadini per raggiungere una visione condivisa, sviluppare il piano, assicurarsi che venga seguito.

Verso uno sviluppo più sostenibile: il sistema di pianificazione generale in Florida

Il governo della crescita

Negli ultimi 25 anni, gli sforzi di primo piano della Florida per governare la crescita e proteggere l’ambiente si sono guadagnati un riconoscimento a livello nazionale. Nei primi anni ’70 alcuni leaders preveggenti compresero che la popolazione in rapido aumento stava danneggiando l’ambiente. Questo, insieme al declinare degli investimenti in infrastrutture, stava portando lo stato sull’orlo di una crisi, e abbassando la qualità della vita ai residenti. Con la consulenza di un gruppo di esperti di altissimo livello, il corpo legislativo statale intraprese azioni decise e progressiste per adottare leggi intese a tutelare l’ambiente e governare la crescita.

Sviluppando questo programma, con vasto consenso del pubblico e dei media, nel 1985 lo stato della Florida adottò il fondamentale Growth Management Act. Questa decisione anticipatrice ha fissato una “piramide di pianificazione” con lo stato a sovrintendere e stabilire criteri di base. In cima alla piramide c’è il piano generale [ comprehensive plan] statale, con ampi obiettivi e politiche che affrontano argomenti dall’istruzione all’ambiente. Al livello successivo, undici consigli regionali di pianificazione hanno il compito di adottare politiche strategiche di scala regionale coerenti al piano nazionale. Poi ci sono i circa 470 piani generali delle amministrazioni locali, che devono essere coerenti a quelli regionali e statale.

La legge richiede che ai cittadini sia data la facoltà di partecipare alla formazione di questi piani “nel modo più pieno possibile”. La partecipazione attiva del cittadino è il fondamento della piramide di piano. È qui che entrate in gioco voi.

Il Florida Department of Community Affairs (DCA) e la sua Division of Community Planning sovrintende alla piramide di pianificazione, esaminando e approvando i piani e successive varianti generali elaborati dai governi locali, accertandosi che ottemperino ad alcuni criteri minimi prestabiliti. Le città sono incoraggiate ad andare oltre, questi minimi.

Il Growth Management Act è compreso nel Chapter 163 dei Florida Statutes. Ulteriori particolari sono inclusi nel Florida Administrative Code Rule 9J-5. Come affermato nella legge, il piano generale [ comprehensive] locale deve:

• Guidare e controllare lo sviluppo futuro;

• Affrontare i problemi attuali, e misurarsi efficacemente con quelli futuri che possano emergere dall’uso e edificazione del suolo;

• Preservare, promuovere, proteggere, migliorare la salute collettiva, la sicurezza, comodità, ordine;

• Proteggere le risorse umane, ambientali, sociali ed economiche.

Il Department of Community Affairs esamina, commenta e approva ciascun piano generale e sua variante per aree con superficie superiore a 5 ettaria. Nessuna variante generale è efficace finché non è stata giudicata coerente con le leggi statali, ed eventuali contrasti sono risolti con un’udienza amministrativa, da parte del Governatore e del suo ufficio o, più raramente, attraverso la magistratura. Le “persone interessate” (residenti o imprese che hanno partecipato alla formazione del piano e hanno sottoposto agli atti commenti scritti o orali in varie fasi dell’iter) possono essere parte di questo processo.

Il comprehensive planning è inteso come processo continuo. Attraverso varianti, consentite due volte l’anno (con avviso pubblico ed esame e approvazione statale) un piano può evolversi secondo le circostanze. Il Florida’s Growth Management Act richiede anche che ogni sette anni le amministrazioni locali redigano un Evaluation and Appraisal Report sui modi in cui si stanno realizzando gli obiettivi stabiliti da proprio piano. Questa verifica di frequente conduce a varianti.

Il piano generale ha forza di legge e governa molte decisioni di governo locale riguardo al governo del territorio. Seguire il piano generale è considerato un modo efficace di governare la crescita in base ai bisogni previsti delle popolazione e di servizi e infrastrutture.Ad ogni modo, è importante ricordare che il processo di pianificazione statale fissa solo criteri minimi. Le città che si dotano di piani più vincolanti di solito sono in grado di affrontare meglio gli effetti della crescita.

Componenti del Comprehensive Plan locale

Ciascun piano generale locale deve essere coerente al relativo piano strategico regionale, che a sua volta si inserisce in quello statale. Di seguito si descrivono alcune componenti chiave della pianificazione generale locale in Florida.

Carta dell’uso futuro del suolo.Ciascun piano generale locale deve contenere una mappa che rappresenta il futuro uso del suolo previsto per la città in un periodo di 10-20 anni. Ciascuna comunità evidenzia sulla mappa quello che identifica come corretta localizzazione e densità di insediamento residenziale, terziario, commerciale, industriale, a usi misti, e altro. Si riportano anche la caratteristiche specifiche e uniche locali, come le zone di sensibilità ambientale e di valore storico. Oltre ad essere legalmente vincolante, questa carta aiuta gli abitanti a visualizzare dove la crescita futura possa o non possa avvenire.

Capitoli[elements].I piani regolatori generali locali devono contenere alcune sezioni, chiamate capitoli, che affrontano aspetti specifici dello sviluppo cittadino: grandi opere, uso futuro del suolo, trasporti, fognature, gestione dei rifiuti, drenaggio, acqua potabile e gestione della falda, conservazione delle risorse naturali, spazi aperti e tempo libero, abitazioni, tutela delle coste, coordinamento con altri livelli di governo. Le città con popolazione superiore a 50.000 abitanti devono inserire anche paragrafi sul trasporto collettivo, i porti e aeroporti nel capitolo sulla mobilità, e le città sulla costa predisporne uno su questo argomento. Capitoli opzionali, consentiti a discrezione di ciascuna amministrazione locale, comprendono la tutela storica, arte e cultura, sviluppo economico, istruzione pubblica, progettazione urbana.

Ciascun capitolo deve esplicitare i propri scopi, obiettivi, politiche, che rappresentano il nucleo centrale del piano generale. Essi definiscono la visione collettiva del futuro, e come debba svilupparsi. E visto che l’amministrazione locale è obbligata a seguire il piano e ad agire in modo “coerente” alle sue previsioni quando prende decisioni che modificano l’uso del suolo, i capitoli hanno anche forza di legge.Le regole locali per l’edificazione ( zoning e piani di lottizzazione, ad esempio) devono pure essere coerenti col piano. Questa indicazione di coerenza è importante, perché il piano generale deve essere seguito, per rappresentare uno strumento efficace a mitigare gli effetti della crescita. Ciascun capitolo deve basarsi su adeguata documentazione di analisi delle tendenze passate, presenti e future, e del contesto entro cui si muove l’amministrazione. Per esempio, per offrire spazio disponibile sufficiente all’edificazione, il capitolo sull’uso futuro del suolo deve basarsi sulle previsioni di crescita demografica in un periodo di 10-20 anni.

Tecniche di pianificazione generale per ridurre i costi pubblici dell’urbanizzazione

Nelle sue raccomandazioni finali del 1987 lo State Comprehensive Plan Committee notava che sarebbe costato 53 miliardi di dollari, pagare tutte le infrastrutture statali e locali necessarie, la metà di cui di tipo stradale, per l’urbanizzazione attuale e prevista. Questa incapacità di pianificare e pagare per la crescita, ha lasciato i contribuenti della Florida un enorme e crescente debito da pagare!

Capitolo sul finanziamento delle opere principali. Scopo di questa parte, richiesta in tutti i piani regolatori locali, è di stimare il costo di realizzazione delle opere necessarie (specificate poi negli altri capitoli del piano) alla popolazione attuale e futura. Deve comprendere una valutazione della capacità dell’amministrazione di finanziare e costruire opere, insieme ad un programma di attuazione, ad assicurare che esse siano rese disponibili a servizio della nuova urbanizzazione. Dato che fissa tempi e localizzazioni degli investimenti a sostegno della crescita futura, questo capitolo deve essere coerente con quello sull’uso futuro del suolo. Il piano di finanziamento deve essere aggiornato ogni anno.

Convergenza [concurrency]. La convergenza, connessa al capitolo sul finanziamento delle opere, è stata definita uno degli elementi chiave per il governo della crescita in Florida. Consente ai governi locali di approvare nuove urbanizzazioni solo quando si siano attuati i piani per adeguati servizi e infrastrutture necessari a quegli insediamenti. Servizi e infrastrutture comprendono strade, fogne, gestione dei rifiuti, drenaggio, acqua potabile, parchi, spazi per il tempo libero, trasporti collettivi. Se le infrastrutture non sono disponibili, l’amministrazione non può approvare nuove urbanizzazioni. A partire dal 1996, è possibile inserire - a discrezione delle amministrazioni locali - nelle convergenze anche le scuole.

Per affrontare i problemi finanziari associati alla crescita, i piani generali locali devono stabilire e attuare un sistema di gestione delle convergenze [concurrency management system]. Ciascuna città determina i bisogni di servizi e infrastrutture pubbliche per la popolazione esistente e la crescita futura, ad un adeguato “livello di servizio”, per almeno dieci anni. Si adotta poi un bilancio quinquennale di spesa, come parte del piano generale, che fissa come saranno realizzati questi servizi pubblici in modo “convergente” con gli impatti dei nuovi insediamenti.

Non tutte le strutture devono essere “allineate” al momento dell’approvazione dei nuovi quartieri. Ad esempio, i parchi sono considerati convergenti se sono in corso di costruzione un anno dopo il rilascio del permesso di un certo insediamento, mentre le strade devono essere in corso di costruzione entro tre anni. In più, la legge consente di individuare cosiddette transportation concurrency exception areas dove si promuove la densificazione locale [ infill], la riurbanizzazione, la rivitalizzazione delle aree centrali.

Ma anche così il sistema di gestione delle convergenze può mancare i propri scopi, specialmente se l’amministrazione locale ha previsto troppa crescita all’interno del capitolo sull’uso del suolo, o ha mancato adeguate previsioni di finanziamento delle necessarie strutture e servizi. È importante tenere sotto controllo i processi di convergenza, per evitare conseguenze indesiderate.

Contributo di urbanizzazione [impact fee]. Le risorse con cui i governi locali realizzano le strutture necessarie stabilite dal sistema di gestione delle convergenze provengono da varie fonti, comprese le tasse locali sugli immobili, fondi speciali, trasferimenti statali e federali e, in alcuni casi, dai contributi di urbanizzazione pagate dal costruttore. Un contributo di urbanizzazione, se stabilito, può imporre al costruttore di sostenere in tutto o in parte i costi per servizi e infrastrutture in un nuovo insediamento, per mantenere i livelli qualitativi stabiliti.

Questi contributi raramente si avvicinano al costo pieno di un nuovo insediamento. Gli esperti hanno calcolato il costo reale di strade, fogne, scuole ecc. da 18.000 dollari (aree urbane) a 48.000 (zone rurali) per abitazione. I contributi di urbanizzazione sono limitati per legge a coprire solo alcuni costi specifici, e non possono comprendere tutto il carico di servizi e infrastrutture o bisogni pregressi. In molte zone della Florida, questi contributi aumentano di parecchie migliaia di dollari il costo di un’abitazione.

Area di Servizio Urbano. Sulla carta dell’uso futuro del suolo, e di solito anche nel corrispondente capitolo, una Urban Service Area (USA) definisce i confini entro cui devono essere fornite le infrastrutture pubbliche di servizio all’urbanizzazione entro uno specificato numero di anni. Le USA sono intese a incoraggiare lo sviluppo di nuovi quartieri nei pressi di altre zone urbanizzate, e l’uso di strutture già esistenti. Se organizzate correttamente le USA rallentano una prematura conversione di zone rurali a urbane, e limitano la necessità di nuovi servizi per queste zone. Sfortunatamente, alcune città della Florida hanno adottato USA inefficaci o inefficienti, perché coprono zone geografiche troppo estese. Questo promuove lo sprawl anziché uno sviluppo compatto.

La Rule 9J-5.006(5) Norme sullo Sprawl Urbano. Questa normativa del Department of Community Affairs è un potente strumento da utilizzare contro decisioni di uso del suolo che favoriscano lo sprawl. Comprende la richiesta che i piani generali delle amministrazioni locali contengano indicazioni per “scoraggiare la proliferazione dello sprawl urbano”, e identifica anche alcuni criteri per definire cosa esattamente costituisca sprawl.

Altre considerazioni

L’Associazione 1000 Friends of Florida ha alcune riserve riguardo al Bert J. Harris, Jr., Private Property Rights Protection Act, diventato legge nel 1996. Era inteso, in parte, a limitare i poteri pubblici di regolazione della proprietà privata. La legge si applica a norme e regolamenti successivi all’11 maggio 1995, che “carichino eccessivamente, restringano o limitino i diritti di proprietà privata”. In alcuni casi ha reso i governi locali più cauti nell’effettuare scelte di modifica ai propri piani regolatori generali o regolamenti edilizi.

L’Associazione 1000 Friends of Florida è intervenuta in numerose importanti cause per assicurare un giusto equilibrio fra i diritti di proprietà privata e la pianificazione urbanistica. Uno dei nostri risultati principali è stato quello di sostenere risolutamente il diritto dei cittadini a partecipare in pieno alla pianificazione della crescita e costruzione futura delle proprie comunità.

Una città può anche avere un magnifico piano regolatore generale, ma esso può risultare efficace solo se attuato coerentemente. È compito nostro, in quanto cittadini della Florida, verificare che l’amministrazione locale segua il suo piano.

Per maggiori informazioni di carattere legale, facciamo riferimento al Citizen Enforcement of the Growth Management Act, disponibile online al nostro indirizzo.

Altri programmi statali che promuovono una migliore pianificazione

Numerosi programmi statali riconosciuti a livello nazionale si affiancano al Florida Growth Management Act. Promuovono l’acquisizione di aree ambientalmente sensibili, la costituzione di un sistema nazionale di greenways, la realizzazione di case popolari, la tutela degli elementi storici, lo sviluppo di città sostenibili.

Acquisizione di aree ambientalmente sensibili. A partire dal 1990 sono stati salvati più di 500.000 ettari di superficie col programma Preservation 2000 (P2000). Questo programma genera risorse attraverso emissioni di titoli statali sostenuti da una tassa sulla vendita di immobili. P2000 ha fornito le risorse per progetti come Save Our Rivers, Conservation and Recreation Lands, e il Florida Communities Trust, che affianca i fondi delle amministrazioni municipali con risorse dal P2000 per acquistare terreni localmente.

Nel novembre 1998 a stragrande maggioranza (72%) gli elettori della Florida hanno confermato una modifica alla costituzione statale per proseguire con queste acquisizioni. L’Associazione 1000 Friends of Florida sostiene P2000 e gli atti successivi, come importante complemento del governo statale della crescita.

Costruzione di una rete statale di Greenways. 1000 Friends of Florida ha avuto un ruolo centrale nel programma Florida Greenways, che ha lo scopo di creare una rete di zone naturali protette ad offrire corridoi per la fauna e il tempo libero a scala dell’intero stato. A seguito dell’identificazione a livello locale di greenways potenziali, insieme ai finanziamenti della Florida per l’acquisizione di aree di pregio ambientale, la nostra “collana di smeraldi” [termine ripreso dallo Emerald Necklace bostoniano ottocentesco di F.L.Olmsted, n.d.T.] verde continua a crescere. Nel 1996 il programma è stato trasferito da 1000 Friends al Florida Department of Environmental Protection.

Realizzazione di case popolari. La forte dipendenza della Florida dall’economia dei servizi, agricoltura, commercio e pubblico impiego, lascia molte famiglie prive di mezzi sufficienti a permettersi abitazioni adeguate, sane e sicure. Con il William E. Sadowski Act, la Florida si è dotata del maggior fondo a livello nazionale destinato alle case popolari. A partire dal 1992 questa legge ha aiutato più di 58.500 famiglie nell’acquisto di una casa o nell’affitto, e si è affiancata ad altri 266 miliardi in sostegni federali. Le risorse del Sadowski sono state utilizzate per i problemi di emergenza generati da disastri come l’uragano Opal, e per fornire assistenza tecnica. La legge ha generato migliaia di posti di lavoro nell’industria delle costruzioni. L’Associazione 1000 Friends of Florida ha lanciato a questo proposito una Sadowski Act Coalition per verificare il consolidamento di questo importante programma, e ha giocato un ruolo chiave nel perfezionarlo.

Conservazione delle risorse storiche.Il Florida Department of State ha reso disponibili fondi per la tutela di siti archeologici significativi, catalogazione del patrimonio storico, restauro degli edifici di valore, sviluppo di piani locali di conservazione storica, programmi educativi, promozione del turismo verso le zone storiche, e si è impegnata in altri progetti che sostengono la conservazione e valorizzazione del ricco patrimonio della Florida. A partire dal 1982 la Department’s Division of Historical Resources ha distribuito oltre 140 milioni di prestiti federali e statali, consentendo il ripristino di quasi 1.200 edifici, la catalogazione di oltre 80.000 elementi storici, e numerose altre attività di conservazione.

Sviluppo di città sostenibili. Poco più di dieci anni fa, il concetto di sviluppo sostenibile fu introdotto alla platea mondiale. Una definizione condivisa di sostenibilità, proposta dalla Commissione Bruntland, è “...ciò che risponde ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di rispondere ai propri”. Per aiutare la Florida ad avvicinarsi ad un’idea di sostenibilità, il parlamento statale nel 1996 ha varato il Sustainable Communities Demonstration Project, autorizzando il Department of Community Affairs a identificare città pilota da servire come modello per la sostenibilità in Florida.

Queste città stanno sviluppando attività innovative pubbliche e private, e incentivi per ripristinare ecosistemi chiave, raggiungere un livello di ambiente più pulito e sano, limitare lo sprawl, proteggere la fauna selvatica e le zone naturali, incrementare un uso efficiente dei suoli e creare spazi e posti di lavoro ad alta qualità. Per la partecipazione al programma, queste amministrazioni ottengono deroghe alle varianti di piano regolatore generale e nuovi insediamenti di scala regionale, e hanno priorità nell’ambito di altri programmi e progetti statali.

Boca Raton, Hillsborough County e Tampa in collaborazione, e poi Orlando, Ocala, e la Martin County partecipano ora a questo programma, e molte altre città nello stato stanno lavorando attivamente per incrementare significativamente il proprio livello di sostenibilità. Per maggiori informazioni si faccia riferimento al Sustainable Communities Network.

Nota: come unico elemento aggiuntivo a questi già ampi commenti dell’Associazione, un link al sito dei 1000 Citizens for Florida, e alle leggi urbanistiche sul sito statale (f.b.)

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