Alex Zanotelli il missionario confinato a Napoli, rilancia il suo anatema contro il silenzio sull'Africa
Nell’accogliere questo appello di Anna Falcone e Tomaso Montanari, vogliamo promuovere un incontro pubblico per avviare qui a Roma un percorso verso quell’Alleanza popolare indicata dall’assemblea nel Teatro Brancaccio del 18 giugno scorso. Pur se provenienti da esperienze diverse, siamo persone da sempre impegnate nelle battaglie per la democrazia e l’uguaglianza e sentiamo l’esigenza, oltreché la responsabilità, di ricostruire un pensiero critico e sviluppare un’iniziativa sociale, in alternativa all’attuale quadro politico cittadino.
In una città impoverita e sfiduciata, in cui non si vedono all’orizzonte neanche gli esordi di politiche pubbliche che si propongano di affrontare gli squilibri e i dissesti dell’oggi, né di delineare i risanamenti e le strategie per il domani. E dove aumentano le diseguaglianze economiche, la fatica e la solitudine delle donne, cresce il degrado materiale; i servizi pubblici si riducono e si deteriorano, tra mancanza di risorse e gestione approssimata; il lavoro diminuisce e fa aumentare la disoccupazione, la sottoccupazione, il precariato, il lavoro nero; il patrimonio pubblico, il territorio, l’ambiente e i beni culturali alla mercé dei poteri privati.
E se il centrosinistra ha definitivamente esaurito la sua traiettoria politica, consegnandosi al mercato e lasciandosi contagiare dalla corruzione, anche la nuova esperienza cinquestelle non sembra in grado di corrispondere adeguatamente ai bisogni della città, tra inconsistenze e dilettantismi, oltre a quel meschino riflesso culturale che la spinge verso derive perbeniste, se non razziste.
La città rischia di perdersi.
Roma ha un disperato bisogno di tornare a respirare e di ritrovare una speranza. Ha bisogno di una politica nuova. Una politica che accolga tutti e tutte e non lasci indietro nessuno; che costruisca vivibilità e non paura; che rispetti i diritti sociali e promuova il lavoro; che non faccia mercato del proprio territorio; che salvaguardi i beni comuni e non svenda il suo patrimonio; che non realizzi grandi opere inutili, ma investa sulla manutenzione della città e delle sue bellezze; che usi le imposte e le tariffe per redistribuire la ricchezza e per finanziare e gestire servizi pubblici. Una politica insomma che salvaguardi Roma e le dia un futuro di crescita economica e serenità sociale.
C’è bisogno di un’alternativa, di un nuovo progetto di società che guardi ai valori civili e sociali della Costituzione e superi i confini dei partiti tradizionali. Un progetto che unifichi le aspirazioni di chi avverte l’urgenza di impegnarsi al servizio della democrazia.
Tanti e tante, ci auguriamo, saranno protagonisti di questo percorso. Noi vogliamo essere solo un inizio, un innesco per cominciare insieme a parlare di noi e della nostra città. Vediamoci il prossimo 10 luglio alle 17, alla Casa internazionale delle donne, in Via della Lungara 25.
Prime firme:
Giuliana Aliberti, Andrea Baranes, Andrea Costa, Vezio De Lucia, Francesca Fornario, Francesca Koch, Roberto Giordano, Sandro Medici, Maurizio Messina, Roberto Morea, Roberto Musacchio, Rita Paris, Bianca Pomeranzi, Alessandro Portelli, Enrico Pugliese, Rosa Rinaldi, Giulia Rodano, Bia Sarasini, Enzo Scandurra, Anna Simone, Tina Stumpo, Francesco Sylos Labini, Stefania Tuzi
Per aderire:
civediamoildieci@gmail.com
evento facebook: www.facebook.com/events/1913965345555364
Noi contribuenti paghiamo 31 miliardi di euro per "salvare" le banche fallite per aver regalato soldi agli amici e fatto speculazioni sbagliate, dal MPS alle banche venete. Ne basterebbero 5 per evitare la perdita dell'acqua dovuta agli acquedotti rotti od obsoleti
cercai la dogana, non c'era
non vidi dietro il cancello
ombra di terra straniera.
(Giorgio Caproni)
«Penso che manchi un collegamento tra le emergenze come questa e il cambiamento del paradigma economico. Quando passa l’emergenza nessuno si dà da fare per dei cambiamenti strutturali. Bisognerebbe seguire quanto scritto dal Papa nell’enciclica Laudato si’o seguire l’accordo di Parigi, che per Trump sono tutte frottole» (Luca Mercalli)
altreconomia online, 15 giugno 2017 (c.m.c.)
Lo scorso maggio è stata approvata dal Senato (195 voti a favore, 8 contrari) una proposta di legge sull’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento giuridico italiano. Si tratta di un provvedimento atteso da molto tempo ma che, nella sua formulazione attuale si pone in totale contraddizione con la convenzione Onu sulla tortura e con le indicazioni contenute nella sentenza di condanna contro l’Italia della Corte europea per i diritti umani del 7 aprile 2015 (Cestaro vs Italia per il caso Diaz).
Un testo “provocatorio e inaccettabile” che non produrrà nessun cambiamento. Una “legge truffa” come scrivevano – tra gli altri – Lorenzo Guadagnucci, Enrico Zucca e Ilaria Cucchi in un appello diffuso all’indomani dell’approvazione della legge al Senato. Di questa norma, che sembra essere stata scritta appositamente per non essere applicata, si è discusso ieri a Roma durante il convegno “Legittimare la tortura“, che ha visto la partecipazione di giuristi, studiosi, vittime di tortura e attivisti per i diritti umani.
Dite no a questa legge che legittima la tortura
Siamo operatori del diritto, studiosi, testimoni di tortura e ci rivolgiamo ai parlamentari chiamati a discutere il 26 giugno prossimo il testo di legge sulla tortura approvato nel maggio scorso al Senato, per chiedere di fermarsi.
Chiediamo di non approvare quel testo, perché sbagliato e inefficace, destinato a produrre un effetto perverso, ossia legittimare alcune forme di tortura, forse la maggior parte delle forme di tortura praticate in Italia e nel mondo, a cominciare da casi noti del passato come quelli avvenuti alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto nel 2001 a Genova, e come la tortura psichica, che diventerebbe pressoché impunibile a causa della formulazione scelta dai senatori (il “verificabile trauma psichico” è un concetto fuorviante e ingannevole).
Il testo di legge in discussione sembra concepito contro le vittime di tortura anziché a loro tutela, ed è in palese antagonismo con le prescrizioni della Corte europea per i diritti umani, a cominciare da quelle contenute nella sentenza dell’aprile 2015 sul caso Diaz (Cestaro contro Italia). Se il testo uscito dal Senato diventasse legge, l’Italia si allontanerebbe ulteriormente dagli standard democratici internazionali e sancirebbe – di fatto – la fuoriuscita del nostro paese dalla Convenzione europea per i diritti umani.
Chiediamo quindi al Parlamento di non approvare il testo uscito dal Senato e di riaprire la discussione a partire dalla formulazione della Convenzione Onu contro la tortura e dalla giurisprudenza della Corte europea sui diritti umani. È un percorso possibile e necessario, realizzabile in tempi brevi da un Parlamento che si proponga l’obiettivo di adeguare il nostro ordinamento a ciò che l’esperienza storica e la giurisprudenza in materia di tortura ci consegnano.
Le forze di polizia italiane hanno il diritto di confrontarsi con una normativa rigorosa, dalla quale non hanno nulla da temere. Il testo oggi in esame sembra invece ritenere che le forze dell’ordine italiane non possano sopportare una normativa che corrisponda ai criteri più avanzati e accettati nelle democrazie moderne.
Una cattiva legge in questo caso non è meglio di niente: è piuttosto un passo falso che fa arretrare l’impegno storico di ogni democrazia contro gli abusi di potere e in particolare contro il più odioso degli abusi, qual è la tortura.
Firmatari
Don Luigi Ciotti, presidente di Libera
Enrico Zucca, sostituto procuratore generale a Genova, già pm nel processo “Diaz”
Roberto Settembre, già giudice nel processo d’appello per i fatti di Bolzaneto Lorenzo Guadagnucci, comitato Verità e giustizia per Genova
Michele Passione, avvocato del foro di Firenze
Adriano Zamperini, università di Padova, autrice di “Violenza e democrazia” Marialuisa Menegatto, università di Padova, autrice di “Violenza e democrazia”
Marina Lalatta Costerbosa, università di Bologna, autrice di “Il silenzio della tortura”
Vittorio Agnoletto, già portavoce del Genova Social Forum
Donatella Di Cesare, università di Roma La Sapienza, autrice di “Tortura” Tomaso Montanari, presidente Libertà e Giustizia
Ilaria Cucchi, associazione Stefano Cucchi
Mauro Clerici, sostituto procuratore di Milano
Pietro Raitano, direttore, e la redazione della rivista Altreconomia
Anche a noi era sfuggita la vigorosa denuncia di Barbara Spinelli sul "Migration compact" 2.0 dell'Europa renziana. Eccola qui a fianco
la Repubblica online, 4 giugno 2017 (p.d.)
L'alta partecipazione al referendum costituzionale del 4 dicembre, confrontata con il crescente astensionismo alle elezioni politiche, ha dimostrato che esistono milioni di elettori che attendono proposte sulle quali sono disposti a mobilitarsi quando non si tratta semplicemente di essere convocati o, meglio, utilizzati in operazioni di potere da cui sono lontani, che non li interessano più e che spesso nemmeno comprendono. Essi sono una risorsa della democrazia e una forza potenziale di rinnovamento della politica.
Solo cerchie chiuse di potere possono non curarsi del progressivo restringersi della partecipazione politica e perfino rallegrarsene, fino a quando non verrà per loro il momento di dover constatare su quanto fragili basi sociali poggia il sistema di potere che hanno costruito. Per questo, Libertà e Giustizia ritiene necessaria una proposta che possa motivare politicamente i cittadini, dando loro una prospettiva per la quale valga la pena di impegnarsi politicamente, a incominciare dal prossimo appuntamento elettorale.
A fronte del tanto sbandierato rinnovamento, il Partito Democratico si logora in tattiche di sopravvivenza, incurante della sua tradizione riformatrice e della sua storia, una storia che fu a favore della giustizia sociale e contro il privilegio. La riproposizione dell'alleanza con il partito Forza Italia, presentata come necessaria nel prevedibile quadro politico post-elettorale, non fa che confermare il forse definitivo mutamento di natura in atto in quel Partito. Si prospetta il ritorno a un passato tutt'altro che glorioso, segnato da interessi inconfessabili, da scandali che non finiscono di indignare e da conseguenti manovre per impedirne la conoscenza e la discussione nel dibattito pubblico. Per questo Libertà e Giustizia invita all'impegno pubblico coloro che avvertono l'urgenza di una politica per l'uguaglianza nella società e per la trasparenza nella politica.
I maggiori partiti si presentano ai cittadini non con i tratti della partecipazione dei cittadini, ma con quelli della personalizzazione nella figura del capo, cui fanno seguito corteggi di seguaci che dal capo sperano d'ottenere gratificazioni. Piccole oligarchie di partito formano tra loro un'oligarchia grande e autoreferenziale. Per questo Libertà e Giustizia ritiene essere il momento di tentare di scoperchiare un sistema di potere chiuso che, per coloro che non vi sono dentro, è divenuto irrespirabile.
La grottesca e vergognosa vicenda che ha portato alla legge elettorale in discussione in questi giorni è la dimostrazione d'una classe politica che si sente assediata e, invece di aprirsi alla democrazia, se ne difende rinchiudendosi sempre più su se stessa. La legge elettorale dovrebbe essere fatta per i cittadini e, invece, sarà fatta per gli interessi di partito, secondo i sondaggi. S'era detto no al Parlamento dei nominati e saranno tutti nominati. S'era detto no alle liste bloccate e per metà saranno bloccate e per l'altra metà non ci sarà bisogno di bloccarle perché non ci saranno proprio. S'era detto, no alle candidature plurime e sono rimaste. S'era detto no alle nomenclature di partito garantite e inamovibili e ce le troveremo tali e quali, anzi più forti che mai. Si può discutere sull'opportunità di ritornare alla proporzionale, ma questo sistema è di per sé uno scandalo. Lo si può subire in silenzio, magari decidendo di non farsene complici astenendosi dal voto. Oppure si può decidere di non stare al gioco. Libertà e Giustizia sosterrà coloro che prenderanno iniziative per cambiarlo.
A questo quadro piuttosto desolante è prevedibile che, se rimarrà invariato, la risposta sarà ancora più astensionismo, proprio quando, il 4 dicembre, abbiamo constatato il desiderio di partecipazione soprattutto della parte più debole del nostro Paese: poveri e giovani che chiedono di contare ai quali si risponde, invece, rafforzando le oligarchie. L'associazione Libertà e Giustizia, sollecitata in questo senso da molti dei suoi aderenti, ritiene doveroso tentare una proposta che colmi il vuoto di rappresentanza e che offra agli elettori una identità politica chiara nel senso della giustizia sociale, dell'istruzione e della salute pubbliche, della lotta alla corruzione, della difesa dei beni comuni dal loro sfruttamento privatistico, della partecipazione: in una parola, il patrimonio di valori che sono nella Costituzione ai quali si può guardare per un "futuro" che non sia chiacchiera e slogan, ma progetto di società concreta.
La nostra Associazione non ha mai preso parte direttamente alle contese elettorali né si è mai candidata a qualche cosa. Conformemente alla sua natura culturale, non lo farà nemmeno ora. Ma, la sua è "cultura politica" e ciò la obbliga a dire che la più vasta possibile unione che sorga fuori dei confini dei partiti tradizionali tra persone che avvertano l'urgenza del momento e non siano mosse da interessi, né tantomeno, da risentimenti personali, è necessaria, come servizio nei confronti dei tanti sfiduciati nella politica e nella democrazia. In questo senso e a queste condizioni, essa è pronta a partecipare al dibattito e alle iniziative che si renderanno necessarie in vista delle prossime elezioni.
Sandra Bonsanti, presidente emerito
Tomaso Montanari, presidente
Gustavo Zagrebelsky, presidente onorario
crediamo in una Repubblica che difenda i diritti e la dignità delle persone, che metta in pratica i principi dell’accoglienza e della non violenza, dentro e fuori dai confini nazionali. condanniamo la produzione e il commercio delle armi e dei sistemi di guerra. preferiamo cantare con i palestinesi di ieri e di oggi "Va pensiero sull'ali dorate" anziché con i nazionalisti e i nostalgici dell'Impero "Fratelli d'Italia l'Italia s'è desta con l'elmo di Scipio s'è cinta la testa"