Sono assessore al territorio nel Comune di Monza, nel direttivo anche
dell'INU Lombardia, aderisco all'appello contro la legge Lupi per più
motivi.
Uno è il fatto che la legge non ha come obiettivo il rapoporto diritti dei
cittadini e strumenti di pianificazione ma il rapporto tra decisioni
pubbliche e interessi immobiliari. Questo rapporto è comunque importante nella gestione di una città, e' strumento anche di negoziazione,al fine di ricadute pubbliche degli investimenti economici,ma non tale da deformare obiettivi civili più generali e di attenzione ambientale e di dunzionalità
urbanistica.
Due è che i problemi della città e del territorio non possono essere affrontati solo dalla ricaduta dell'uso di risorse immobiliari. Altro modo è
di connettere la capacità imprenditoriale finanziaria , ad esempio con
project financing, o altre forme piuttosto che subordinare l'organizzazione della città alle risorse immobiliari e ad un gioco del tutto casuale e non programmato.Ad esempio non possono essere affrontati i problemi emergenti di funzionalità della Città, ad esempio l'organizzazione della mobilità, o quelli ambientali come la qualità delle acque e dell'aria, spesso nemmeno quelle della casa a ceti sempre più declassati nell'uso economico della città e del suo mercato.Si scaricherà così, come nei decenni del dopoguerra, sulla economia pubblica, le conseguenze delle trasformazioni. Conseguenze
che ovviamente non potranno essere risolte.
Tre, non vengono garantiti dallo Stato i limiti a cui riferirsi per la
formazione dei Piani lasciandoli alla libera contrzione. Come se lo stato si lavasse le mani di fronte ai diritti dei cittadini. Sembra di tornare
indietro di mezzo secolo alla battaglia urbanistica degli Standards degli
anni '60. E' vero che ci vogliono nuovi tipi di standard ma non certo che
debbano sparire e lasciati alla volontà di qualche obiettivo elettorale
momentaneo o al massimo quiqiennale.
Quattro, la Perequazione, nuovo mito che nasconde scelte sovente
inconfessabili, non è visto come strumento per raggiungere fini di corretta pianificazione ma come fine a se stesso di indennità generalizzata sul territorio. E' un concetto che si scontra con la normale concezione liberale della economia e non solo con principi di corretta programmazione in funzione dei valori posizionali del territorio. Prferirei un attenta valutazione del diritto a corrette indennità in funzione dei vincoli e delle,scelte di pianificazione a fini pubblici.
Non dico altro, per ora rimarcando che si mette mano alla compromissione di diritti fondamentali costi molto di impegno civile, sociale e culturale di quasi un secolo. Bene cambiare ma se in peggio non conviene.