Approvata alla Camera la legge Lupi sul "Governo del territorio" con il voto contrario del centrosinistra e di Rifondazione. Ora si sposta al Senato la battaglia per impedire che questo vero e proprio scempio della cultura della pianificazione e della programmazione pubblica del territorio diventi legge dello Stato. Molti, e a proposito, l'hanno chiamata "la legge 30 dell'urbanistica" cogliendo appieno la forza precarizzatrice di ogni norma di garanzia e di tutela del territorio che il testo contiene. Certo si viene da anni di picconate robuste alla pianificazione pubblica, da anni di "urbanistica contrattata" con gli interessi immobiliari e la rendita fondiaria, e quindi qualcuno potrebbe dire che questa legge altro non è che un compendio di consuetudini già consolidate nelle leggi regionali e nella quotidiana deregolazione. Ma questa rappresenta un di più, un salto di qualità, una codificazione stabile non solo del principio liberista. Essa rappresenta la sanzione che la rendita fondiaria (e i suoi accoliti cementificatori) diventa il soggetto che propone e dispone delle trasformazioni territoriali e urbane. Esattamente il contrario di ciò che ha fatto la cultura urbanistica democratica che ha sempre individuato nella rendita l'avversario da battere o almeno da piegare per garantire un uso del territorio consono agli interessi della collettività e dell'ambiente. L'interesse pubblico, la salvaguardia del territorio, la preziosa difesa dell'ambiente naturale ed urbano, una volta diventati "merce", possono essere trasformati e privatizzati pagando. E figuriamoci quale baluardo possono opporre i Comuni, sempre alla disperata ricerca di euro per far quadrare i bilanci taglieggiati dalla contrazione dei trasferimenti dello Stato e dall'aumento delle competenze! Abbiamo già detto che la ridefinizione culturale, disciplinare e legislativa dell'interesse pubblico delle trasformazioni urbanistiche è punto importante di un programma alternativo all'uso liberista della risorsa territoriale e urbana, ma questa battaglia contro la legge Lupi ha un ulteriore significato generale: impedire la saldatura fra rendita finanziaria e rendita fondiaria, entrambe liberate da lacci e laccioli e dunque libere di esplicare il massimo del loro interesse parassitario. A guardare le ultime imprese (banche, media ecc) dei rentiers d'assalto palazzinari e non, viene il dubbio che l'Italia non sia più una Repubblica fondata sul lavoro, ma sulla rendita. Eppoi ci si stupisce se uno si butta a sinistra.
Postilla
Ma quanto è diversa la sinistra? Che cosa ha fatto la sinistra per fermare la legge Lupi? Una volta, aveva raccolto "le bandiere che la borghesia aveva lasciato cadere nel fango", adesso sembra aver dimenticato la verità liberale della necessità di regolare il mercato.