Il piano annunciato da Berlusconi, che permette al popolo – sempre più in libertà - di ampliare del 20 o del 30% le proprie ville (sic) o di trasferire altrove quello che non può essere fatto nel posto, con annessi e connessi riguardanti le attività produttive e il terziario, lascia esterrefatti e indignati gli italiani che amano ancora questo paese.
É difficile immaginare qualcosa di più perverso rispetto al consumo del territorio, di più distruttivo del paesaggio, di più velenoso dal punto di vista politico, di più immorale sotto l’aspetto etico.
Il primo punto: autorizzare incrementi di superficie o di volume di un quarto (mediamente) rispetto all’esistente significa un analogo incremento del consumo di suolo; ma anche se, in modo ottimistico, dicessimo della metà, del 10%, si tratterebbe di concentrare in soli due anni ciò che in linea di tendenza (già assai negativa) avviene in un decennio: Tra il 1990 e il 2005, l’Italia si è giocata il 17% del territorio ancora libero, con punte superiori nelle regioni del nord e addirittura catastrofiche in Liguria (il 45% del territorio bruciato in quindici anni). Tutto ciò significa solamente che il provvedimento fa strame della tanto sbandierata sostenibilità del territorio: in parole semplici, per soddisfare gli appetiti attuali daremo a figli e nipoti un paese ridotto a brandelli e saccheggiato.
Naturalmente il grande assente dalle considerazioni del presidente del consiglio e dei suoi seguaci è il paesaggio. Nel corso dei decenni del secolo scorso vi è stato un grande sforzo per classificare e tutelare il patrimonio edilizio rurale, permettendo solo trasformazioni compatibili con il suo valore storico. Di colpo questo lavoro faticoso, in molti casi importante anche dal punto di vista della conoscenza, viene spazzato. Vi immaginate una casa colonica ‘leopoldina’ in Toscana o una casa a corte padana, deformate da escrescenze aggiunte per sfruttare le chances generosamente offerte dal governo? Solo gli immobili tutelati come beni culturali ne risulterebbero esclusi (forse), un’infima minoranza; tutto il resto ridotto a carne di porco. E questo è il secondo punto.
Ma, si dice, saranno le Regioni e soprattutto i Comuni a decidere se e come applicare il provvedimento Qui, come in ogni impresa berlusconiana, sta il veleno politico. Quale potrebbe essere la sorte di un sindaco virtuoso (magari di sinistra) che impedisse ciò che il suo vicino (magari di destra) permette liberamente? Potrebbe resistere all’assalto delle truppe edilizie scatenate contro quelli che ‘non vogliono lo sviluppo e i posti lavoro’? Ne segue un ruolo fondamentale delle Regioni nell’intercettare a monte gli effetti perversi del provvedimento. Guai se queste assumessero l’atteggiamento pilatesco di rimandare la palla ai Comuni; guai se Comuni, che sono in prima linea, fossero lasciati soli a decidere,
L’immoralità. La forza del provvedimento è la sua illegalità. La decisione su quanto e dove costruire spetta agli enti locali, che da questo punto di vista sono già abbastanza generosi e già propensi a promuovere anche una domanda che non esiste. Per creare una domanda aggiuntiva, si deve quindi rendere legale l’illegale per un certo periodo di tempo, per due anni - ci si immagina prorogabili É come dire che per due anni il furto è legalizzato: affrettatevi aspiranti ladri, perché l’occasione potrebbe non ripetersi! Un’oscenità etica che è perfettamente in linea con la sensibilità morale di chi ci governa.
Due considerazioni conclusive. Il Veneto ha addirittura anticipato il provvedimento, la Lombardia e la Sardegna lo sta accogliendo con entusiasmo, la Toscana, per ora, appare nettamente contraria, dando prova di coerenza con i propri obiettivi politici. Riuscirà a resistere al presumibile assalto di cooperative e costruttori e al ricatto dei licenziamenti (un bluff, ma sempre efficace)? Se sì, saremo lieti di darne atto.
Infine: è possibile che fra senatori e parlamentari delle forze politiche al governo non vi sia nessuno, assolutamente nessuno, che si accorga della mostruosità del provvedimento? Del fatto che è inefficace come misura congiunturale a sostegno dell’economia e distruttivo del nostro patrimonio e della nostra identità? Del fatto che pregiudicherà in futuro quelle attività economiche, il turismo in primis, che offrono come beni primari territorio e paesaggio? Che manderà a ramengo la ricchezza e l’avvenire dei loro stessi figli? Forse sono domande ingenue rispetto al cinismo di chi ci governa. Ma tuttavia vogliamo continuare ad illuderci che ancora qualcuno fra senatori e deputati delle forze politiche al governo ami il suo, il nostro, paese.