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Paolo Berdini
La tutela del territorio può attendere
15 Ottobre 2014
Legislazione nazionale
«Per cam­biare verso, il governo, stanzi dav­vero cifre pari a quelle che regala alle grandi opere. Con i 4 miliardi pre­vi­sti per i tanti inu­tili Mose, si potrebbe ripor­tare in pochi anni la sicu­rezza nel ter­ri­to­rio ita­liano. È l’ultima occa­sione per sal­vare l’Italia dal fango che la sta sommergendo».
Il manifesto, 14 ottobre 2014 (m.p.r.)

Colto in fla­grante sull’impostazione dello Sblocca Ita­lia che stan­zia 110 milioni per la difesa idro­geo­lo­gica (comma 8 dell’art. 7) e 3.890 milioni per i cemen­ti­fi­ca­tori e asfal­ta­tori d’Italia (comma 1 dell’art. 3), il primo mini­stro Renzi ha richia­mato su Face­book i pila­stri del suo dise­gno di riforma del paese: «Si chia­mano Sbloc­cai­ta­lia, riforma della P.A., riforma costi­tu­zio­nale, riforma della giu­sti­zia, can­tieri dell’unità di mis­sione le prio­rità per l’Italia che vogliamo». In que­sto modo si è dato la zappa sui piedi per­ché le cifre sono quelle che abbiamo ripor­tato: alla sal­va­guar­dia dalle allu­vioni ven­gono desti­nate risorse pari al 3% di quanto si regala alle con­sor­te­rie delle grandi opere.

«Userò la stessa deter­mi­na­zione per spaz­zare via il fango della mala buro­cra­zia», ha poi affer­mato Renzi. Die­tro que­sta frase c’è la filo­so­fia che ha ispi­rato lo Sblocca Ita­lia con la can­cel­la­zione di regole e con­trolli. È una cura fal­li­men­tare: i ricorsi con­tro gli appalti per la ridu­zione del rischio idro­geo­lo­gico di Genova non sono stati infatti pre­sen­tati da «comi­ta­tini o pro­fes­so­roni». L’impresa che si è vista sfug­gire l’appalto è infatti di pro­prietà di una tra le mag­giori imprese di Genova. E se un impren­di­tore arriva a denun­ciare una gara è per­ché a furia di sem­pli­fi­care, gli appalti in Ita­lia ven­gono asse­gnati nella più asso­luta discre­zio­na­lità da parte della poli­tica. Per importi fino a 500 mila euro è suf­fi­ciente una gara infor­male ed è evi­dente che un sin­daco può far vin­cere chi vuole. Negli ultimi venti anni si sono alte­rate le regole del gioco eco­no­mico e della tra­spa­renza in favore della discrezionalità.

Del resto, è stato pro­prio Renzi che — in seguito agli scan­dali che hanno fatto emer­gere la faci­lità con cui i pri­vati pote­vano agire in piena discre­zio­na­lità e rubare cifre gigan­te­sche nella rea­liz­za­zione delle grandi opere — ha nomi­nato uno straor­di­na­rio magi­strato come Raf­faele Can­tone a capo della Civit, l’autorità nazio­nale anti­cor­ru­zione, e com­mis­sa­rio alla rea­liz­za­zione dell’Expo 2015. Il governo “com­mis­sa­ria” le grandi opere per rico­struire le regole e con lo Sblocca Ita­lia estende il modello discre­zio­nale a tutte le opere pub­bli­che. Non c’è chi non com­prenda la fol­lia di que­sta prospettiva.

La tra­ge­dia di Genova dimo­stra che lo Stato dovrebbe con­cen­trare tutte le risorse nell’opera di risa­na­mento idro­geo­lo­gico del paese. Dall’inizio del 2014 le grandi allu­vioni sono state 10, hanno cau­sato 11 morti e immense deva­sta­zioni. Se il governo avesse a cuore il destino dell’Italia dovrebbe cam­biare agenda e impie­gare tutte le intel­li­genze che abbiamo in campo tec­nico per l’immensa opera di risa­na­mento idrau­lico e geo­lo­gico di un paese che sta fra­nando sotto i colpi del cam­bia­mento climatico.

In que­sto campo, la fretta e la sem­pli­fi­ca­zione non sono le migliori con­si­gliere. Nel campo idro­geo­lo­gico è neces­sa­ria una visione di lungo periodo per rico­struire l’equilibrio del ter­ri­to­rio, così come era pre­vi­sto nella legge sulla difesa del suolo (183/89) che impo­neva di fare i piani di bacino idro­gra­fico in Ita­lia. È stata la poli­tica a non volerla attuare, la difesa del suolo è stata scon­fitta dai cemen­ti­fi­ca­tori e per que­sto le nostre città sono spaz­zate via dalla furia delle acque. Altro che burocrazia.

Franco Gabrielli, capo della pro­te­zione civile, cono­sce per il ruolo che svolge l’insostenibilità dello stato del ter­ri­to­rio: qual­che mese fa, dopo l’ennesima allu­vione, aveva azzar­dato l’ipotesi della mora­to­ria del cemento per rimet­tere in ordine l’ambiente. Se Renzi vuole dav­vero cam­biare verso al paese lo nomini mini­stro per la Cura del Ter­ri­to­rio e licenzi Mau­ri­zio Lupi, il con­vinto amico del cemento.

E infine le risorse. Per uscire dalla mise­ria dei 110 milioni pre­vi­sti nello sblocca Ita­lia (solo per ripa­rare i danni di Genova ne dovremo spen­dere 400) il primo mini­stro ha azzar­dato che uti­liz­zerà al più pre­sto i 2 miliardi per la difesa del ter­ri­to­rio non spesi «per colpa della buro­cra­zia». Non è vero, ma non fa nulla: per cam­biare verso stanzi dav­vero cifre pari a quelle che regala alle grandi opere. Con i 4 miliardi pre­vi­sti per i tanti inu­tili Mose, si potrebbe ripor­tare in pochi anni la sicu­rezza nel ter­ri­to­rio ita­liano. È l’ultima occa­sione per sal­vare l’Italia dal fango che la sta sommergendo.

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