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Vezio De Lucia
Cederna addomesticato
20 Agosto 2016
Antonio Cederna
Vent’anni fa scompariva Antonio Cederna. Col passare del tempo il suo pensiero è più necessario che mai ed è sempre più forte l’assenza del suo sdegno per la rovina delle città. Ma il torto maggiore alla sua memoria è di banalizzarla o distorcerla. È quello che sta succedendo a Roma riducendo il complesso e geniale disegno di Cederna per i Fori Imperiali a una modesta proposta di pedonalizzazione.

Cederna se n’è andato da vent’anni e mi pare sincero il rimpianto di quanti osservano che con il passare del tempo è aumentato il bisogno del suo pensiero. Mi riferisco a chi ricorda Cederna con le migliori intenzioni, con rispetto e ammirazione, non ad avversari più o meno mascherati. Ma le migliori intenzioni non esonerano dal rischio che la figura di Cederna sia banalizzata dagli stereotipi. Un esempio aiuta spiegarmi. Nei giorni scorsi sulla stampa romana si è letto del dibattito innescato dalla decisione della nuova amministrazione capitolina di rinviare di qualche tempo la pedonalizzazione della via dei Fori Imperiali: “il sogno di Antonio Cederna”. Cioè, il sogno di Antonio Cederna sarebbe stato la pedonalizzazione della via voluta da Benito Mussolini. Una bestemmia, un falso inaudito che nessuno però mi pare abbia denunciato. Cederna non chiedeva la pedonalizzazione ma la demolizione della via dei Fori Imperiali, come premessa per la realizzazione del Progetto Fori Appia Antica pensato per ripristinare la continuità di storia e natura dal Campidoglio ai piedi dei Colli Albani, sfruttando l’unica pausa nella sterminata urbanizzazione per dare forma a Roma moderna.

Sul Progetto Fori Appia Antica sarà necessario costruire un’occasione per un bilancio rigoroso e documentato del suo tramonto, come dicono gli speranzosi, ovvero della sua definitiva archiviazione, come sostengono gli scoraggiati. Qui mi limito ad anticipare qualche spunto. Il primo riguarda la progressiva involuzione del ministero dei Beni culturali che trent’anni fa fu tra i protagonisti del Progetto Fori, di cui il primo artefice fu il soprintendente archeologico Adriano La Regina che riprese l’idea esposta anni prima da Leonardo Benevolo.

Il soprintendente fu assecondato dai ministri Dario Antoniozzi (democristiano) e Oddo Biasini (repubblicano) al quale si deve lo stanziamento di 180 miliardi di lire per il patrimonio archeologico di Roma. Più in generale ricordo che i governi Moro, Andreotti, Cossiga e seguenti condivisero sempre la politica urbanistica e archeologica (era tutt’uno) dei sindaci Giulio Carlo Argan e Luigi Petroselli (1976-1981).

Le domeniche pedonali dell’autunno inverno 1980-1981 furono la più straordinaria opera mai fatta per la valorizzazione dell’area area archeologica centrale, una mirabile dimostrazione dell’idea di Petroselli di accorciare le distanze fra le periferie e il resto della città e accorciare anche la distanza fra i tempi e i luoghi della storia. Il sindaco non voleva lasciare a nostalgici e reazionari il tema della romanità, voleva che le vicende dell’antica Roma fossero patrimonio di tutto il popolo, anche quello più sfavorito. Partecipavano alle domeniche pedonali decine di migliaia di persone, incantate dagli articoli di Cederna e dal racconto del sindaco e delle guide insigni (Italo Insolera, Filippo Coarelli e tanti altri) che spiegavano di voler collocare i resti della storia più antica e prestigiosa di Roma (il centro direzionale dell’impero romano) nel cuore della città moderna. Era una valorizzazione che subordinava l’utilità delle presenze turistiche al ruolo fondamentale dei beni culturali nella formazione di cittadini consapevoli. Un abisso rispetto alla pratica attuale della valorizzazione, volta esclusivamente all’utile economico. L’area archeologica centrale è oggi lo sfondo ideale per spettacoli son et lumière, il Colosseo una formidabile macchina per far soldi anche ricostruendo l’arena centrale per nuovi eventi spettacolari.

Nel 1981 con la morte di Petroselli morì anche il Progetto Fori Appia Antica. Diventò uno slogan ripetuto da tutti, privo di senso, o sinonimo di pedonalizzazione. Nel 2001 un vincolo ministeriale ha congelato lo stato di fatto, formalmente rinnegando il Progetto Fori. E per coronare il disastro ci fu anche la nomina di Guido Bertolaso a commissario all’archeologia di Roma. Più di recente è stato autorevolmente proposto di affidare la gestione dell’Appia Antica alla società Autostrade di Benetton. Un luce improvvisa fu accesa proprio all’inizio della sua infortunata esperienza da Ignazio Marino, quando propose di rilanciare il Progetto Fori, ma poi si è capito che non sapeva di che parlava, fantasticando alla fine di tram di vetro che dovevano percorrere la via pedonalizzata.

Ma il vero e proprio tradimento ministeriale ad Antonio Cederna sta nell’aver disarticolato l’unitarietà dello spazio istituzionale dai Fori all’Appia Antica con la formazione di due soprintendenze e lo scorporo del Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo, Palazzo Altemps, Crypta Balbi) che diventa una struttura autonoma, com’è stato fatto l’anno scorso per i primi venti più importanti musei e siti archeologici italiani (dagli Uffizi a Capodimonte a Pompei eccetera). Se possibile ancora più grave è la decisione recentissima di smembrare dalla soprintendenza archeologica anche l’Appia Antica per trasformarla in parco archeologico. Ma l’Appia Antica non è un sito recintato come Paestum o Pompei, è un prezioso segmento di Roma, quasi completamente in mani private, che ha bisogno soprattutto di un’azione puntuale e ininterrotta di tutela e di progressiva acquisizione di beni a favore del demanio archeologico. Com’è stato fatto negli ultimi anni da Adriano La Regina e poi da Rita Paris, spodestata nelle ultime settimane.

Walter Tocci ha scritto che la cancellazione della sovrintendenza unica è un provvedimento insensato che il ministro Franceschini ha avuto l’improntitudine di definire una scelta olistica.

Concludo dedicando questa strepitosa osservazione di Cederna a chi continua a proporre la pedonalizzazione della via dei Fori Imperiali: «i Fori imperiali sulla sinistra di chi va verso il Colosseo sono stati sprofondati in catini, come in seguito a un errore di calcolo o a uno sconquasso sismico; mentre i monumenti sulla destra presentano tutti al passeggero il di dietro, per di più gravemente mutilato e rappezzato. Una cosa davvero straordinaria che non ha uguali nella storia urbanistica universale, e che le guide turistiche trascurano di segnalare».

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