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Benedetto Vecchi
I democratici del «liberismo compassionevole»
22 Novembre 2007
Recensioni e segnalazioni
"Il lato oscuro della società low cost. Un pamphlet di Massimo Gaggi e Edoardo Narduzzi per Einaudi sulla Piena disoccupazione". Il manifesto, 20 novembre 2007

La società low cost sarà pure il regno delle opportunità, ma le diseguaglianze hanno raggiunto un punto di non ritorno per la democrazia liberale. È il nuovo mantra degli agit prop del «meno stato più mercato» che, fulminati sulla via di Damasco, invocano ora la mano visibile dell'intervento pubblico per rendere meno esplosive diseguaglianza tra ricchi e poveri. Ed è quanto auspicano anche Massimo Gaggi e Edoardo Narduzzi in un pamphlet da poco pubblicato da Einaudi che ha l'invitante titolo Piena disoccupazione (pp. 165, euro 14,50), che inizia là dove era terminato il precedente La fine del ceto medio e la nascita della low cost. I due autori - Gaggi è inviato del Corriere della sera, Narduzzi un docente universitario che oltre a salire in cattedra fa anche l'imprenditore - non sono ovviamente dei convertiti al keynesismo. Semmai sono interessati a quel «liberismo compassionevole» che ha molti seguaci nel neonato partito democratico di Walter Veltroni, ma anche autorevoli rappresentanti in quello statunitense.

Tutti siamo potenzialmente dei disoccupati, sostengono a ragione gli autori, ma sopratutto siamo dei precari che passano da un lavoro all'altro spesso con salari poco al di sopra della soglia della povertà. Come non concordare con queste premesse. Il problema da risolvere è quel salario che rimane al palo e che negli Stati Uniti ha fatto parlare di working poor e di underclass. Cosa fare?, si domandano i due autori.

La strada da loro indicata è appunto quella del «liberismo compassionevole», espressione che non usano perché connotata politicamente a destra, ma che costituisce la loro bussola. Da qui la proposta di una riqualificazione della scuola di base e dell'università, perché la conoscenza sarà l'arma vincente del futuro. I due autori non si sbilanciano, ma tra elogio dell'eccellenza, critica della casta dei docenti e invito ad applicare criteri imprenditoriali alla gestione delle università si deduce che un sistema misto tra pubblico e privato sia la soluzione migliore. Per quanto riguarda un altro caposaldo del welfare state, cioè il servizio sanitario nazionale, Gaggi e Narduzzi considerano immorale che una parte della popolazione non abbia la possibilità di curarsi. Per questo lo stato deve garantire tale possibilità. Come farlo? Anche qui le proposte sono vaghe, ma c'è da scommettere che una sana competizione tra pubblico e privato sarebbe ben vista. Idem per la pensione. E infine il quesito più spinoso: cosa fare con l'esercito sempre più numeroso di chi percepisce un salario poco al di sopra della soglia di povertà e spesso percepito saltuariamente? Gaggi e Narduzzi guardano con simpatia alla proposta del guru neoliberista Milton Friedman, in particolare modo quando l'economista di Chicago proponeva una sorta di voucher erogato dallo stato per i working poor con il quale acquistare servizi e beni.

Non è nuova la tendenza di molti opinion makers a invitare la sinistra a diventare neoliberista. Lo ha fatto di recente Francesco Giavazzi ne Il liberismoè di sinistra (Saggiatore), ma questo libro registra l'erosione del consenso del neoliberismo, consenso che può recupare solo se si dota di una politica sociale, come suggeriscono le teste d'uovo del neonato partito democratico. Uno degli elementi meno discussi del recente protocollo sul welfare state riguarda, ad esempio, i cosiddetti ammortizzatori sociali che dovrebbero mitigare la condizione di subalternità dei precari «permanenti ed effettivi». I diritti sociali di cittadinanza e l'erogazione di un reddito di esistenza costituiscono dunque un terreno di conflitto che rimane spesso deserto o occupato dai tecnocrati di Bruxelles o o di quelli «indigeni» per promuovere il «liberismo compassionevole». È tempo di occupare quel terreno e sottrarlo ai democratici.

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