la Repubblica, 30 aprile 2017
«Sono preoccupato per il caso Regeni, la Santa Sede si è mossa ». Così Francesco durante il volo di ritorno dal Cairo, diciottesimo viaggio fuori dai confini italiani. Il Papa parla del caso Regeni, dei populismi in Europa, della necessità che in Corea del Nord «si proceda con la strada della diplomazia».
«Una guerra allargata oggi – dice – distruggerebbe buona parte dell’umanità, è terribile. Fermiamoci! Serve una soluzione diplomatica e un intervento delle Nazioni Unite che hanno il dovere di riprendere la loro leadership perché si è un po’ annacquata ». È ancora il tempo di un partito dei cattolici? «No, non siamo nel secolo scorso». «L’unico estremismo ammesso per i credenti – ha invece detto nella messa della mattina – è quello della carità».
Ha incontrato il presidente Al Sisi: avete parlato di diritti umani e del caso di Giulio Regeni? Si potrà conoscere la verità?
«Quando sono con un capo di Stato in dialogo privato quello rimane privato, a meno che si sia d’accordo nel renderlo pubblico. Io ho avuto quattro dialoghi privati qui, e credo che se è privato, per rispetto, si deve mantenere la riservatezza. A proposito di Regeni: sono preoccupato, e dalla Santa Sede mi sono mosso su quel tema, perché anche i genitori lo hanno chiesto. La Santa Sede si è mossa. Non dirò come ma ci siamo mossi».
Lei ha parlato molto della terza guerra mondiale a pezzi. Sembra però che questa guerra si sia concentrata in Corea del Nord. Trump ha mandato navi militari, la Corea del Nord ha minacciato di lanciare missili. Cosa vuole dire ai leader politici che hanno la responsabilità nel mondo?
«Li chiamo e li chiamerò a un lavoro per risolvere i problemi sulla strada della diplomazia. Ci sono i facilitatori, tanti nel mondo, i mediatori. Ci sono Paesi come la Norvegia, soltanto per fare un esempio, che è sempre pronta ad aiutare. La strada è il negoziato, la soluzione diplomatica, che è il futuro dell’umanità. Questa guerra mondiale a pezzi della quale parlo da due anni si è concentrata in punti che già erano caldi. La questione dei missili in Corea c’è da tempo e si è riscaldata troppo. Chiedo di risolverla con la strada diplomatica. Perché una guerra allargata distruggerà non dico la metà dell’umanità, ma una buona parte dell’umanità sì. Sarebbe terribile. Guardiamo ai tanti Paesi che soffrono una guerra al loro interno, nel Medio Oriente ma anche in Africa e nello Yemen. Fermiamoci! E cerchiamo una soluzione diplomatica. Credo che le Nazioni Unite abbiamo il dovere riprendere la loro leadership perché si è un po’ annacquata ».
Vuole incontrare Trump?
«Non sono stato ancora informato dalla segreteria di Stato se è arrivata una richiesta, ma ricevo ogni capo di Stato che chiede udienza».
Ieri ha parlato del fatto che la prosperità e lo sviluppo meritano ogni sacrificio e che insieme è importante il rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo. È stato il suo un supporto al governo egiziano che cerca di difendere i cristiani?
«Ho parlato dei valori in sé stessi, del difendere la pace, l’armonia dei popoli, l’uguaglianza dei cittadini, qualsiasi sia la religione che professano. Sono valori e io ho parlato dei valori. Se un governante difende uno o l’altro di questi valori è un altro problema. Ho fatto finora 18 viaggi e in parecchi Paesi ho sentito: “Il Papa appoggia questo o quel governo”. Sempre un governo ha le sue debolezze o i suoi avversari politici che dicono una cosa e un’altra. Io non mi immischio, parlo dei valori, ognuno veda e giudichi se un governo o uno Stato porta avanti questi valori».
Parliamo della Francia. I cattolici francesi sono tentati dal voto populista ed estremo e sono divisi tra due candidati. Quali elementi di discernimento può dare a questi elettori?
«C’è un problema dell’Europa e dell’Unione Europea. Ogni Paese è libero di fare le scelte che crede convenienti, io non posso giudicare se una scelta la si fa per un motivo o per un altro, perché non conosco la politica interna. È vero comunque che l’Europa rischia di sciogliersi. Dobbiamo meditare. C’è un problema che spaventa e forse alimenta questi fenomeni, ed è il problema dell’immigrazione. Ma non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dai migranti, da secoli e secoli di migranti, siamo noi. Sulla Francia: dico la verità, non capisco la politica interna francese e ho cercato di avere buoni rapporti anche col presidente attuale. Dei due candidati francesi non so la storia, non so da dove vengono, so che una è una rappresentante della destra, ma l’altro non so da dove viene e per questo non so dare un’opinione. Parlando dei cattolici, un giorno uno mi ha detto: “Perché non pensa alla grande politica?”. Intendeva fare un partito per i cattolici! Ma questo signore buono vive nel secolo scorso!».
Qualche giorno fa ha paragonato i campi dei rifugiati e i campi di concentramento. È stato un lapsus?
«Esistono però campi per rifugiati che sono veri campi di concentramento. Ce n’è qualcuno forse in Italia, qualcuno in qualche altra parte, in Germania no. Cosa può fare la gente che è chiusa in un campo e non può uscire? Mi ha fatto ridere – è un po’ nella cultura italiana — quanto avvenuto in un campo di rifugiati in Sicilia, me lo ha raccontato un delegato dell’Azione Cattolica della diocesi di Agrigento. I responsabili di un campo hanno parlato alla gente del posto e hanno detto ai rifugiati che rimanere chiusi dentro avrebbe fatto male alla loro salute mentale: “Dovete uscire ma per favore non fate cose brutte. Noi non possiamo aprire la porta, ma facciamo un buco dietro, così uscite e fate una passeggiata”. E così si sono costruiti buoni rapporti con gli abitanti di quel paesino: i migranti non fanno atti di delinquenza o criminalità. Ma stare chiusi è un lager...».