La guerra ha esportato in Iraq molti interessi di chi l'ha voluta, certo non la democrazia. La vista degli iracheni che andavano non senza rischio ai seggi ci ha emozionato ma le elezioni sono state tutto fuorché democratiche, per l'esclusione di una parte della popolazione e per l'oscurità in cui sono stati tenuti i candidati e i loro progetti. Saranno poco più che un referendum sulla forza relativa delle opzioni religiose. E come potrebbe essere diversamente, in un paese sotto occupazione e in un tessuto civile sballottato fra una dittatura nazionalista, le lotte etniche, la guerra all'Iran voluta e finanziata dall'occidente, poi le sanzioni crudeli e infine una pretestuosa invasione? Nella massa di popoli e di gente che vorrebbero respiro, pace e un poco di libertà, inconcepibile senza indipendenza, continuano anche a radicarsi una guerriglia di resistenza e a formarsi gruppi estremi, fondamentalisti o semplicemente sbandati in cerca di soldi. Perfino in Italia una guerra, che era stata aspettata e che molti fecero propria, lasciò quando era finita - e in Iraq finita non è - mesi e mesi di disordini, tenuti a malapena a freno da istituzioni e partiti che erano democratici davvero e non compromessi come quello di Allawi. In questo caos, temiamo, si iscrive il sequestro della nostra Giuliana Sgrena, della quale immaginiamo con angoscia le ore in mano di gente che non sappiamo, e forse neppur lei sa, chi sia, la vita appesa a un filo. Del suo rapimento, come di quello di Florence Aubenas, vien da temere che non sia neanche opera di un gruppo terrorista di stampo politico in qualche misura esperto nella custodia degli ostaggi, ma di sbandati che non sembrano neppur sapere che si tratta di due pacifiste, di due giornaliste che si sono battute contro la guerra e appartengono perdipiù a giornali che pesano poco o nulla sui relativi governi. Non è stato molto diverso neanche per le due Simone. E poi, la Francia non essendo in guerra, non si capisce quale contropartita politica potrebbero chiedere i sequestratori di Florence. E per Giuliana? In Italia far tacere la sua voce e il suo stesso sequestro sono per l'Iraq un grave danno, mentre non minacciano il governo che ci ha infilato in questa storia.
Allora? Allora qualcuno pensa che si tratti di una strategia contro le donne sia perché più facili da catturare - ma è facile qualsiasi giornalista non embedded - sia perché sono donne che hanno preso la parola contro la condizione femminile in quei paesi. Questo secondo aspetto implicherebbe però una notevole informazione e non andrebbe da sé in un universo dove prendersela con una donna non è glorioso - lo si fa in casa propria, non per conto terzi. No, il pericolo è che Giuliana si trovi in mano brutali in cerca di soldi; e, a parte che siamo poveri anche se è sicuro che ci faremmo in quattro per trovarli, che sia difficile perfino stabilire un contatto mille volte mediato per una trattativa. L'Iraq è nel caos, mal controllato dalle forze di occupazione e da un governo non certo percepito come baluardo di pace. La fragilità di quel gesto delle folle che andavano ai seggi malgrado il rischio è assieme commovente e terribile.
In questi giorni noi pacifisti siamo stati bombardati dall'accusa: ma chi avrebbe liberato l'Iraq senza questa guerra? Per mio conto rispondo che nessuno ha liberato quel paese. L'ha passato da un dominio all'altro lacerandone nel transito il corpo già finito. Si poteva fare diversamente? Sì, si poteva. Non servendosene quando faceva comodo, non sanzionandolo, ma alimentando politicamente una opposizione pulita sulla quale non hanno puntato né sinistra né destra, né Usa né Europa, soltanto qualche gruppo di volontari le hanno dedicato forza e pensieri. E non parliamo dei mezzi. Il Congresso degli Stati uniti ha detto che la guerra gli era costata fino a qualche settimana fa 152 miliardi di dollari, aggiungiamo i soldi che costa agli inglesi, ai polacchi e anche alla nostra modesta spedizione. Con un decimo di quella spesa si sarebbe alimentato un Iraq che dal saddamismo, già mezzo in frantumi, si sarebbe liberato senza invasioni. La guerra è maledizione e morte e, sotto il profilo di un trapianto di democrazia, peggio che inutile.