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«Dal premier pulsioni autoritarie contro l'Unità»
18 Giugno 2008
Articoli del 2006
Una lettera del Segretario dei DS, Piero Fassino, e la risposta di Antonio Padellaro, Direttore de l’Unità, , 27 gennaio 2006

La lettera di

Piero Fassino

Caro Padellaro,

non mi viene in mente nessun Paese democratico, né di quelli governati dai conservatori, né di quelli governati dai progressisti, dove un capo del governo - nel nostro caso direttamente proprietario di un impero mediatico e finanziario - occupi il suo tempo ad attaccare platealmente una testata che non può controllare, né condizionare direttamente o indirettamente.

È un comportamento molto grave che smentisce una volta per tutte la falsa immagine di un leader politico come Berlusconi che vuole presentarsi agli italiani come capo dei moderati. Non c'è nulla di moderato in questo attacco a l'Unità, né nel tentativo disperato di aggredire, offendere, demolire gli avversari politici e gli organi della stampa libera.

Tenete duro, il più grande partito dell'opposizione - e del Paese - è con voi; sono con voi decine di migliaia di cittadini che leggono l'Unità e i tantissimi italiani che trovano incredibile l'aggressione a cui la vostra testata è sottoposta. Continuate nell'opera preziosa di far vivere ogni giorno un'informazione libera e seria.

Nessuna intimidazione vi potrà fermare nel fare onestamente il vostro lavoro e il 9 aprile, ne sono convinto, gli italiani manderanno in archivio Berlusconi e le sue pulsioni autoritarie e populiste.

Buon lavoro.

Perché ci odia

di Antonio Padellaro

Caro Fassino,

Grazie per le tue parole di solidarietà, forti come quelle che in questi giorni abbiamo letto in centinaia di messaggi dei nostri lettori e nelle espressioni dei tanti amici che, domenica, ci aiuteranno a distribuire Unità, con lo stesso slancio ideale che ha segnato i momenti più importanti della storia di questa gloriosa testata. È vero: in nessun Paese democratico c’è un premier che passa il tempo ad aggredire un giornale dell’opposizione. In Francia uno scandalo del genere sarebbe impensabile, ci ha detto Marcelle Padovani, corrispondente in Italia del Nouvel Observateur. Uguale sconcertato stupore abbiamo colto nei giudizi di tante altre firme della stampa internazionale che non sanno più come spiegare questa inarrestabile progressione di minacce e di insulti da parte del presidente del Consiglio.

Due domande ci pongono i nostri colleghi stranieri. Perché Berlusconi odia l’Unità?. Ma, soprattutto: come mai tanto silenzio? Nei loro Paesi, infatti, sarebbe sufficiente un moto d’insofferenza nei confronti di un qualunque giornalista da parte di Chirac o di Blair o di Zapatero o della Merkel per scatenare l’insurrezione di tutti gli altri media. Qui da noi, invece, davanti alle offese e alle intimidazioni che da cinque anni, costantemente, Berlusconi rivolge contro l’Unità (come raccontiamo nel dossier allegato al giornale di domani), praticamente, non si sente volare una mosca. Noi pensiamo che i due interrogativi siano in qualche modo intrecciati poiché scaturiscono da quella grande, devastante, permanente anomalia che è il conflitto di interessi del premier. Che come scrivi, oltre a essere il proprietario dell’impero mediatico e finanziario che sappiamo, controlla, direttamente o indirettamente un’altra larga fetta dell’informazione scritta e radiotelevisiva.

Sia chiaro: nessuno mette in discussione onestà e qualità professionali dei giornalisti che lavorano in quelle importanti testate. Ma, francamente, ci si può aspettare che quei bravi colleghi si mettano a criticare per le accuse rovesciate sull’Unità il loro datore di lavoro? Che è anche il capo del governo. E uno degli uomini più ricchi del pianeta. Dunque, è già molto se dell’argomento evitano di fare cenno.

C’è poi un altro atteggiamento che chiameremo dell’indifferenza voluta e che ritroviamo, spesso, tra le righe di quella libera stampa fortunatamente ancora forte e diffusa nel nostro Paese. È una regola non scritta che suggerisce di non dare troppo spago all’Unità, che resta pur sempre un giornale concorrente. E se Berlusconi insulta il nostro giornale, lo si oscura. Ce lo ha gentilmente spiegato un’autorevole intervistatrice quando le abbiamo domandato come mai davanti all’incredibile accusa del cosiddetto cavaliere di avere noi (comunisti) in qualche modo sobillato un attentato contro la sua persona, lei non abbia replicato alcunché. Risposta testuale: sarebbe stato di scarso interesse per il telespettatori consentirgli di ricominciare daccapo, sempre sul prediletto terreno del «comunismo».

Beh, questa del premier censurato per non fargli dire troppe bestialità la dice lunga sulla credibilità del personaggio; ma anche sul ruolo, qualche volta improprio, giocato dall’informazione. Che in un qualsiasi altro Paese si porrebbe piuttosto il problema di come incalzare il premier; di come replicare punto per punto ai suoi foglietti propagandistici; di come indicarlo esporlo alla pubblica riprovazione nel caso dicesse, mentendo, che un giornale vuole la sua morte.

Ecco che allora Berlusconi ci detesta, non perché siamo comunisti (lo sa bene che è una stupidaggine) ma perché gli mostriamo per intero i suoi fallimenti interferendo con l’inclinazione a falsificare i fatti quando non lo soddisfano. Siamo un’ossessione perché lui legge sull’Unità (la legge eccome) quella evidenza che lo fa soffrire e che gli viene nascosta. Spiega bene lo psicanalista Mauro Mancia che Berlusconi è dominato dall’impulso di manipolare la verità quando è scomoda; di negare la realtà quando non gli piace per sostituirla con una pseudo realtà. Non ci sopporta perchè l’Unità titola che è stato «sbugiardato» sul caso Unipol mentre altrove la figuraccia in procura viene edulcorata. Perché le domande dei giornalisti dell’Unità lo fanno uscire dai gangheri. Perché non abbiamo paura di lui. E forse ci odia perché non lo amiamo.

Questo, caro Fassino, cerchiamo di spiegare ai colleghi della stampa estera quando ci interrogano increduli su quanto ci accade intorno. Fiduciosi con te che tra qualche settimana tutto questo sarà solo un brutto ricordo.

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