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Beppe Severgnini
Premier, gaffes ed emigrati professionali
10 Febbraio 2007
Articoli del 2006
Illuminante rassegna di dichiarazioni degli elettori italiani all'estero, sui motivi del (non previsto) sostegno al centrosinistra. Il Corriere della Sera, 12 aprile 2006 (f.b.)

I commenti a Corriere.it: «Noi siamo un fenomeno nuovo, siamo liberali progressisti, mica pizza e mandolino»

Scrive Giacomo da Londra: «È inutile che il centrodestra s'arrabbi con Tremaglia. La realtà è che Berlusconi ci ha fatto fare figure meschine in Europa e nel mondo. Figure che ci hanno messo in imbarazzo. E questo imbarazzo credo sia stato determinante nell’andamento del voto estero». Scrive Emanuela da Washington: «Non potete neppure immaginare quante volte ho sentito commenti dopo una gaffe di Berlusconi».

Uno stillicidio quotidiano— continua Emanuela—che porta all’esasperazione e alla fine non se ne può più! E questo dev’essere successo a TUTTI gli italiani all’estero, non solo a me». Scrive Michele da Bruxelles: «Noi siamo un fenomeno nuovo, diverso dall'emigrazione tradizionale. Siamo liberali progressisti, anche perché confrontati con mondi politici meno stantii. Che dite: se ne saranno accorti, adesso, o dobbiamo continuare a sorbirci pizza & mandolino?». I commenti sono arrivati ieri pomeriggio: un’email e due tra i 18.000 (!) messaggi giunti alle dirette-video post-elettorali su www.corriere.it. Come questi, altri.

È vero: nel IV Referendum su Berlusconi, questi italiani hanno votato «no», scegliendo la sinistra. Ma qualcuno, a destra, dovrebbe chiedersi: perché? Un’ipotesi. Anzi, un’impressione: molti connazionali all’estero hanno usato quest’elezione 2006 per regolare un piccolo conto personale. E poiché gli italiani all’estero hanno, di fatto, deciso l’esito del voto, val la pena cercare di capire. Qual è l’accusa al presidente del Consiglio? D’essere un «detonatore di stereotipi»: di cui l’Italia —ci piaccia o no— è produttrice instancabile. Lo stereotipo nazionale è un esplosivo che, maneggiato con delicatezza, risulta inoffensivo. Meglio non scuoterlo, però: altrimenti esplode e può far male. Silvio Berlusconi non se n’è curato. La decisione di essere un «politico antipolitico», un primo ministro popolare e populista, l’ha portato a utilizzare all’estero gli stessi codici che gli hanno garantito il successo in Italia (e l’hanno portato, anche stavolta, a sfiorare una clamorosa riconferma).

La passione per il calcio, d’accordo; ma un premier proprietario della Tv, nelle democrazie del mondo, non piace. Va bene la mano sulla spalla dell’amico George e del caro Vladimir; vanno male —molto male— le battute sessuali sulle colleghe capo di governo, e le allusioni sulle disponibili segretarie italiane. Si può essere anticonvenzionali; non si possono fare battute sul nazismo nel Parlamento europeo, mostrare le corna nelle foto, ricevere i premier stranieri con la bandana, paragonarsi a Napoleone e Gesù Cristo. O meglio: si può, ma c’è un prezzo da pagare. E l’hanno pagato i connazionali all'estero. Per chi, nel mondo, ha pregiudizi sul nostro Paese, queste sono occasioni ghiotte: infatti, non se le è fatte sfuggire. Conduco dal 1998, su Corriere.it, un forum che si chiama Italians, ed è frequentato da questa nuova emigrazione professionale. Li conosco bene, questi nomadi che hanno patria: so quanto sono orgogliosi, sensibili, forti e fragili. Posso dire che il risultato del voto all’estero non mi ha stupito per niente?

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