La rivincita non c'è stata. Berlusconi ha riperso le elezioni, in maniera ancor più netta di quanto sia avvenuto lo scorso 9 aprile.Un paese un po' stanco non l'ha seguito nella sua crociata «contro l'invadenza della sinistra». In molti hanno disertato i seggi elettorali: a sinistra convinti che con il voto politico il più era ormai fatto, a destra pensando che nessun risultato amministrativo sarebbe suonato comeunannuncio di sfratto per Prodi.Valutazioni entrambe sbagliate, ma comprensibili. Anche perché nonè stata una campagna elettorale vibrante: sugli autobus e nei bar l'attesa era per i mondiali di calcio e per la sorte di Juve eMilan, le preoccupazioni per i tagli di bilancio che il rosso dei conti pubblici annuncia. Privato delle pubbliche passioni il Cavaliere ne è uscito dimezzato, anche se conferma che il centrodestra non può prescindere da lui. Il risultato è coerente, da nord a sud: il centrosinistra guadagna ovunque e recupera anche dove perde. Gli stenti milanesi della Moratti e la vittoria contenuta di Cuffaro in Sicilia valgono più dello scontato trionfo dell'Unione a Torino e Roma. Mentre Napoli, su cui il centrodestra aveva puntato tutto, conferma la Jervolino nonostante le disillusioni del suo elettorato.
Ora Berlusconi e i suoi alleati punteranno tutto sul referendum costituzionale: per salvare la pelle, visto che una nuova sconfitta sulla ragione sociale leghista della devolution avrebbe conseguenze esplosive sulla tenuta di una coalizione già profondamente divisa. Ed è proprio questo l'obiettivo che il centrosinistra dovrebbe ora perseguire.Non solo per ragioni tattiche: vincere il referendum significa salvare il paese da una controriforma devastante. Ma il voto di ieri consegna al centrosinistra una grande responsabilità, dà un mandato che pretende rapido rispetto. Il governo che esce rafforzato dalle elezioni amministrative a questo punto non ha più alibi per dare un segnale di discontinuità rispetto al berlusconismo: dalle scelte internazionali (Iraq, Medio oriente e Afghanistan) a quelle economiche e sociali (risorse finanziarie, lavoro e welfare). Gli elettori hanno chiesto per la seconda volta un chiaro cambio di direzione: essere l'opposto di ciò che ha rappresentato il centrodestra, fare il contrario di ciò che il precedente governo ha fatto.