«Definire storicamente cosa sia il ceto medio non è difficile; decisamente più complicato è intrecciare questa definizione con i redditi che vengono denunciati al fisco italiano: le denunce dei redditi presentate dai contribuenti sono una caricatura del paese reale. Quello che è certo è che questa finanziaria non è fatta contro il ceto medio e trovo ridicolo chi fa affermazioni di questo contenuto. Mentre trovo positivo che per la prima volta un governo affermi apertamente che la finanziaria è stata concepita per operare una redistribuzione del reddito a favore delle classi che in questi anni sono state fortemente penalizzate». Luciano Gallino dà giudizi netti sulla manovra economica del governo anche se i 217 articoli della legge e le oltre 250 pagine di testo non sono una lettura agevole. «Piena com'è - sostiene - anche di molti aspetti tecnici».
Professore, l'opposizione di destra attacca il governo Prodi sostenendo che la finanziaria è un duro colpo ai ceti medi. Possiamo provare a definire che cos'è il ceto medio?
Il ceto medio è una definizione che nasce un paio di secoli fa. Oggi come allora con questo termine definiamo coloro che dispongono di mezzi e anche competenze per poter lavorare e guadagnare. Semplificando: imprenditori, commercianti, professionisti, avvocati. Questo è un po' il nucleo classico del ceto medio. Al quale dobbiamo aggiungere i dirigenti, i tecnici, i funzionari della Pubblica amministrazione, i professori universitari.
Ma esiste ancora un ceto medio? Non ritiene che la tendenza sia quella di una proletarizzazione, anche in forme diverse dal passato? O meglio ancora: secondo studi recenti quella cui stiamo assistendo appare come una polarizzazione verso le classi estreme.
Non sono d'accordo con l'affermazione che il ceto medio stia scomparendo e che ci sia un forte aumento della proletarizzazione. Mi sembra eccessivo dirlo. Sono invece d'accordo con chi parla di una polarizzazione: la piramide sociale sembra avere un vertice più ristretto e i passaggi tra le varie classi sono meno frequenti. Polarizzazione è un concetto più aderente alla realtà.
Banalizzando, mi sembra che lei affermi che chi è già ricco tende a essere ancora più ricco, mentre per tutti gli altri è difficile fare passi avanti, risalire la piramide.
La distanza tra il 10-20 per cento della popolazione più ricca e il 10-20 di quella più povera è aumentata. E non solo in Italia.
Da un punto di vista delle statistiche del reddito e del patrimonio è possibile fissare chi oggi in Italia è «ceto medio»?
Se parliamo dell'Italia ci scontriamo con una straordinaria povertà delle statistiche. Negli Stati uniti è sufficiente collegarsi con il sito del Congresso o con quello del Census bureau, tanto per citarne solo un paio, per sapere tutto o quasi della distribuzione dei redditi e della ricchezza. Certo, anche negli Usa c'è evasione fiscale e come sempre una reticenza dei più ricchi a far sapere quanto sono effettivamente ricchi. Però i dati complessivamente sono significativi ed è sicuro che tra i poveri non si nascondono i falsi poveri, cioè gli evasori fiscali. In Italia, purtroppo, le statistiche non sono altrettanto soddisfacenti: le indagini campionarie dell'Istat e della Banca d'Italia forniscono sono una parziale approssimazione. I dati dei bilanci delle famiglie, quelli sui consumi e sulla distribuzione della ricchezza sono molto approssimati. Prima di tutto perché le indagine sono campionarie e un campione anche se ben fatto è sempre una rappresentazione approssimata dell'universo. E poi perché l'approssimazione cresce al crescere dei redditi. Queste indagini, anche se recentemente hanno rilevato la dicotomia nella crescita dei vari redditi, non possono essere la base per cercare di definire la soglia reddituale del ceto medio.
Insomma c'è una sorta di omertà, anche se l'indagine è anonima e non vale a fini fiscali.
Decisamente. Ma va anche peggio se utilizziamo i dati sulle denunce fiscali per cercare di capire quale sia la vera distribuzione dei redditi in Italia: dalla configurazione della piramide dei redditi quella che emerge è una caricatura del paese reale.
Fare stime dell'evasione fiscale non è facile: i dati sul reddito nazionale stimano però un prodotto interno lordo di un 25-30 per cento superiore a quello che emerge dai dati fiscali.
Non c'è solo l'evasione, ma anche l'elusione e l'erosione. Si stima che il lavoro nero equivalga all'occupazione di almeno altri 5 milioni di persone. In parte anche lavoro dipendente, di chi svolge un doppio lavoro. In realtà l'area dell'evasione si nasconde soprattutto nel lavoro autonomo, nelle imprese. Fa cascare le braccia apprendere che in base ai dati delle denunce dei redditi al fisco solo l'1,59% dei contribuenti denuncia più di 70mila euro l'anno.
I dati sul patrimonio mobiliare (712mila persone con oltre 500mila euro, un miliardo di lire) dei quali più volte recentemente abbiamo scritto sul manifesto mi sembrano confermare che gli italiani non sono molto sinceri con il fisco. Ma torniamo al problema politico: questa finanziaria può essere etichettata - come fa la destra - come «contro il ceto medio»?
E' una forzatura politica: se le dichiarazioni dei redditi fossero corrispondenti o vagamente vicine alla realtà ci potrebbe essere qualche appiglio, anche se questa finanziaria a quanto mi sembra tende a far pagare qualche centinaia di euro in più solo agli alti redditi. Ovvero i contribuenti che denunciano più di 75mila euro l'anno. Tutti gli altri, almeno fino alla soglia dei 40mila euro, che sulla base delle dichiarazioni sembrano costituire il ceto medio, avranno invece dei benefici fiscali che crescono al diminuire dei reddito. E questo mi spinge a pensare che la finanziaria operi un passo, magari piccolo, verso una politica di redistribuzione del reddito. La prima finanziaria se non sbaglio, è del 1978 e questa è la prima volta che sento parlare un governo di redistribuzione del reddito. Non è poco.
Non c'è il rischio che la redistribuzione del reddito privilegi chi è un evasore fiscale?
Nel ceto medio non c'è solo chi denuncia più di 40mila euro l'anno, ma anche i gioiellieri che, se non ricordo male, denunciano circa 20mila euro di ricavi al fisco. Il problema quindi è la spaccatura tra l'appartenenza al ceto medio e il reddito che viene denunciato. E' evidente che il vero problema è la lotta all'evasione fiscale, che consente di determinare il vero livello di reddito.
Fra chi più si lamenta di questa finanziaria sembra esserci la reale classe media, secondo la definizione che ne ha dato, che è anche quella che denuncia al fisco quanto realmente guadagno. Insomma, i lavoratori dipendenti, i manager, i professori universitari che saranno costretti a pagare più tasse solo perché denunciano più di 70mila euro lordi l'anno.
E' vero. In Italia esistono molte persone che non possono sfuggire al fisco. Non so quante siano esattamente. Tra loro per esempio vi sono i professori universitari i quali - parlo per esperienza personale - ai 70mila euro non arrivano. E credo che non sia piacevole per loro vedersi continuamente inseriti in una classe di privilegiati, mentre i veri privilegiati sono quelli che hanno redditi reali simili ai loro che però sfuggono a qualsiasi tipo di tassazione.
L'unica vera «persecuzione» al ceto medio sarebbe fare un lotta seria all'evasione fiscale.
Non c'è dubbio, visto che per molti appartenenti al ceto medio siamo a livello di dichiarazione dei redditi al disotto della decenza fiscale.
Che giudizio dà complessivamente di questa finanziaria?
Salvo le piccole distorsioni alle quali accennavo, cioè alcune migliaia di contribuenti che si sentono presi in giro, direi che è un notevole passo in avanti, per quanto sostenevo prima: ovvero la redistribuzione del reddito. E' un fatto politico di rilievo.