La Repubblica, 26 settembre 2016, con postilla
D’altronde, come abbiamo osservato altre volte, l’atteggiamento degli italiani verso l’Unione si è sensibilmente raffreddato, dopo l’ingresso nell’euro, nei primi anni 2000. Allora eravamo i più eu(ro)forici in Europa. Quasi il 60% esprimeva, infatti, fiducia verso le istituzioni comunitarie. Ma il clima d’opinione è cambiato in fretta. Fino a scendere sotto il 30%, negli ultimi anni. Oggi è al 27%. E i più delusi sono gli elettori incerti, che Renzi contende ai partiti decisamente euro- scettici. In primo luogo: Lega e M5s. Tuttavia, non bisogna pensare che gli italiani se ne vogliano andare dalla Ue, seguendo Salvini e la Lega. Né che intendano abbandonare l’euro, come vorrebbero Grillo e il M5s. La maggioranza, anche se largamente insoddisfatta, preferisce, comunque, restare. Perché la Ue e l’euro non ci piacciono. Però non si sa mai… Fuori potrebbe andarci molto peggio.
Tuttavia, se valutiamo le principali ragioni che concorrono ad alimentare questo orientamento, una, fra le altre, assume particolare rilievo. Il timore suscitato dagli immigrati. L’arrivo e la presenza degli stranieri. Più della sfiducia nell’Unione europea e nelle sue istituzioni di governo, infatti, è la “paura degli altri” che alimenta la domanda di rafforzare il controllo delle frontiere. E contribuisce, in qualche misura, a far crescere la nostalgia dei muri. Come se le frontiere e gli stessi muri potessero “chiudere” (e proteggere) un Paese “aperto” come il nostro. Verso Est, l’Africa e il Medio Oriente. Circondato, in larga misura, dal mare. In tempi di globalizzazione. Dove tutto ciò che avviene dovunque, nel mondo, può avere effetto immediato sulla nostra vita. Sulla nostra condizione. Sul nostro contesto. Per questo il dibattito politico sulle frontiere, in Europa ma anche in Italia, appare dettato da ragioni politiche e ideologiche. Perché le frontiere servono a riconoscere gli altri e de-finire noi stessi. E, in quanto tali, come ha scritto Régis Debray, possono costituire “un rimedio contro l’epidemia dei muri”. Ma quando diventano muri ci impediscono di guardare lontano. Alimentano solo la nostra in-sicurezza. Non alleviano le nostre paure. Ma rafforzano solo gli imprenditori politici
postilla
"Italiani brava gente"? Le “mosse” di Renzi nonstupiscono più nessuno, né stupisce la delusione degli italiani nei confrontidell’Unione europea. Sia pur confusamente una parte molto consistente deglieuropei patisce sulla propria pelle il disagio dell’austerity imposta ai popolibenestanti dall’ideologia e dalle pratiche del neoliberismo, di cui UE è fedeleinterprete; sebbene non molti ne vedano le ragioni e ne individuino iburattinai. Neppure stupisce molto l’ansia che molti nutrono di ritornare nellacuccia della nazione, protetta da una sicura frontiera.
Meraviglia invece, e addolora, che la paura del “diverso” renda tanti italiani ciechidi fronte alla sofferenza delle persone che fuggono dai paesi dell’Africa versol’Europa. Ciechi e sordi dinnanzi a una fuga di massa che è stata ingrandissima parte provocata dallo sfruttamento diretto e indiretto dellerisorse della Terra esercitato dagli stati e dalle aziende del Primo mondo conil colonialismo dei secoli scorsi, e che prosegue indisturbato con quelneocolonialismo che il Primo e il Secondo mondo - governi e aziende italianecompresi - esercitano in modo ancora più virulento oggi.
“Italiani brava gente”,è il titolo che abbiamo dato a questa cartella. Lo riprendemmo da un film delregista Giuseppe De Santis del 1964; lo riprese a sua volta nel 2005 lo storicoAngelo Del Boca aggiungendovi un punto interrogativo e rovesciandone il senso, ripercorrendoin un suo libro la storia delle numerose atrocità compiute dagli italiani dalRisorgimento al Fascismo. Allora, ai tempi cui si riferiva la narrazione di DelBoca la mancanza di pietas poteva essere attribuita ai Capi (dai Savoia aiMussolini e ai loro generali), non vorremmo che oggi dovesse essere attribuitaa un intero popolo, quello cui apparteniamo.