Governo tecnico? È una parola ambigua, non c´è niente di tecnico nel colpire i ceti medi e popolari Bisogna scegliere tra equità e macelleria, ed è una scelta politica
Un governo che in poche settimane faccia quel che serve al Paese: la patrimoniale, la tassazione delle rendite finanziarie, l´abbattimento delle spese militari. Solo a un programma del genere Sinistra Ecologia e Libertà potrebbe dire di sì. Per poi andare subito - molto prima del 2013 - al voto anticipato: «La medicina giusta per i mali dell´Italia resta la democrazia». Nichi Vendola è in Cina con cento imprenditori pugliesi. Un viaggio da governatore, per stringere rapporti commerciali e istituzionali. Ci risponde da Pechino, ma è come se fosse qui: «Non ho dormito affatto, ho passato la notte al telefono», dice alla fine di quest´intervista. Investito - anche lui - dallo stato di paura in cui la borsa e lo spread hanno gettato il Paese nel mercoledì nero dei mercati.
Sel apre al governo Monti?
«Non è così. Ci viene detto che urge fare una manovra per dare una risposta all´Europa e al mondo. Noi diciamo va bene, si faccia in un tempo ristretto un intervento di riforma della struttura della ricchezza, si facciano scelte drastiche in termini di tassazione patrimoniale e tassazione delle rendite, si abbattano tutte le spese militari. Poi, però, si vada subito al voto».
Queste cose può farle un governo tecnico?
«Tecnico è una parola ambigua che va messa al bando. Non c´è niente di tecnico nell´infliggere colpi ai ceti medi e popolari. Bisogna scegliere tra equità sociale o macelleria. E´ una scelta politica».
Fatta la scelta, quanto dovrebbe durare quest´esecutivo?
«Mi sembra che per fare le cose che ho detto bastino poche settimane. Dopo ci sono solo le elezioni anticipate, dentro questo Parlamento ci sono troppe infezioni».
Secondo molti andare al voto adesso sarebbe un suicidio per l´Italia.
«Chi pensava un anno fa che fosse una iattura andare alle urne deve fare i conti oggi con i danni drammatici che questi tempi supplementari del governo Berlusconi hanno inferto al Paese. C´è sempre la crisi economica per non andare al voto, ma c´è una gigantesca crisi politica che alimenta la crisi economica e che bisogna affrontare con l´esercizio della democrazia. Altrimenti spegniamo la politica e diciamo al mondo che c´è la dittatura delle istituzioni economiche e finanziarie, che i governi e i parlamenti si fanno dirigere dalle grandi banche europee e americane. E noi siamo liberi di decidere: o la macelleria sociale, o la macelleria sociale».
La strada maestra è il voto, quindi. Ora però si parla di un governo guidato da Mario Monti con dentro anche il Pdl.
«Lo trovo paradossale. Ma insomma chi ha fallito? Chi ha perso la maggioranza? Chi ha mandato allo sbando il Paese?».
Questa sembra la via indicata da Napolitano.
«Il Capo dello Stato agisce con grande rigore, secondo i compiti assegnatigli dalla Costituzione. E agisce anche con la grande responsabilità di rappresentare l´Italia di cui non ci si vergogna. Indica degli strumenti, poi però ci sono i contenuti politici e quelli non sono a disposizione di altri che non siano in Parlamento. Non mi si può chiedere, seppur virtualmente, di condividere cose che io considero dannose per l´economia e dal punto di vista sociale, come gli interventi sulle pensioni o i licenziamenti facili».
Questa posizione la allontana dal Pd?
«Io ho detto il mio pensiero, che mi risulta essere quello del segretario Cgil Susanna Camusso e del segretario pd Bersani. Voglio essere responsabile nel contribuire a un momento di pulizia e di svolta per questo Paese, non corresponsabile nel tenere in vita l´infezione berlusconiana. Senza equità sociale, senza una risposta alla crisi drammatica dei ceti popolari, sarò all´opposizione di qualunque governo».