ilmanifesto e la Repubblica , 7 ottobre 2016 (c.m.c.)
Il manifesto
di Giuseppe Sedia
Non ci sarà divieto totale di aborto a Varsavia. Il Sejm, la camera bassa del parlamento polacco, ha bocciato un disegno di legge proposto dal movimento civile teo-con Ordo Iuris per mettere al bando le interruzioni volontarie di gravidanza senza se e senza ma. Già due giorni fa la maggioranza della destra populista di Diritto e giustizia (PiS) aveva chiesto di ritirare il provvedimento che era finito sul tavolo di una commissione del Senat, la camera alta polacca.
«Le manifestazioni da parte delle donne ci hanno spinto a riflettere dandoci anche una lezione di umiltà», ha dichiarato il ministro dell’Istruzione Jaroslaw Gowin, smettendo così le esternazioni del collega degli Esteri Witold Waszczykowski che aveva invece derubricato le proteste a una forma di «happenning». A dire vero, più che di un bagno di umiltà, si tratta di un mero calcolo politico per la dirigenza del PiS, disposta a tutto per prevenire un’emorragia di consensi, ora che il governo procede a ritmo spedito con il suo piano di “orbanizacja” del paese.
È una piccola ma grande vittoria per le migliaia di donne vestite a lutto che hanno inondato le strade dei maggiori centri della Polonia nelle ultime due settimane. Le proteste culminate nel «lunedì nero» segnano invece la sconfitta degli iniziatori della legge, e più in generale, della politica intransigente del governo nei palazzi del potere. Ma il dietrofront del Sejm è anche la testimonianza della débâcle ideologica di Ordo Iuris e della Conferenza episcopale polacca. A nulla è servito lo zelo pro-life nelle zone rurali del paese dei «berretti di mohair», seguaci dell’emittente xenofoba Radio Maryja del pastore redentorista Tadeusz Rydzyk.
La legge del 1993, frutto di un compromesso al ribasso dopo la discesa in campo della Chiesa negli anni della transizione al capitalismo, non sarà dunque stracciata. E per questo che resterà difficile vedere tutto rosa per quelli che sono scesi in piazza ammantandosi di nero per dire «nie» al divieto totale. Gli aborti resteranno infatti punibili con un massimo di 8 anni di carcere per i medici che eseguono l’intervento. Non è prevista invece nessuna pena per le donne che decidono di sottoporsi all’operazione. Su quest’ultimo punto, nemmeno la gerarchia ecclesiastica locale sembra disposta a criminalizzare le donne.
L’attuale legislazione consente di eseguire l’intervento soltanto in tre casi: quando la gravidanza mette a repentaglio la salute della madre, quando il feto è danneggiato, e in caso di stupro. L’ondata di indignazione popolare del «Black Monday» dovrebbe anche distogliere il PiS dall’idea di presentare un proprio disegno di legge sul modello brasiliano che eliminirebbe la possibilità di eseguire l’aborto in caso di malformazioni del feto.
Con il mantenimento dello status quo il turismo abortivo verso Ovest continuerà ad andare a gonfie vele. Un vero e proprio «soggiorno della speranza», spesso in direzione Praga e Bratislava, dove le interruzioni volontarie di gravidanza non sono rimborsate dai servizi sanitari nazionali.
La Repubblica
di Andrea Tarquini
Adam Michnik, veterano della lotta non violenta per la libertà del centroest europeo contro l’”Impero del Male”, intellettuale di punta europeo e fondatore diGazeta Wyborcza, non ha dubbi: la rinuncia del governo polacco alla legge antiaborto di divieto totale è una nuova fase del conflitto tra il potere e la società civile, e grande vittoria dei diritti umani e delle donne nell’Europa intera.
Come valuta la situazione, che cosa ha spinto i onservatori del PiS alla svolta?
«Siamo in una nuova fase del conflitto tra potere politico e società civile, la quale è organizzata nel Kod (Comitato di difesa della democrazia, ndr), nei partiti d’opposizione come Platforma o Nowoczesna (I moderni) e in diverse organizzazioni. E specialmente è una grande vittoria del movimento delle donne nel mondo globale contro quella legge assolutamente barbara e anacronista che vietava di abortire anche a donne stuprate, una legge da Medioevo».
Come ha fatto questo eterogeneo movimento a vincere contro una maggioranza assoluta di governo liberamente eletta e così solida?
«Mobilitandosi in ogni città. Nelle piazze come sul web, sui social forum. Lanciando messaggi che hanno convinto donne e cittadini d’ogni opinione politica. È la prima volta che il PiS (il partito di maggioranza,
ndr) capitola. Grazie ai suoi parlamentari convintisi alla fine ad ascoltare il paese reale è stata bocciata la legge voluta dai più oscurantisti, dai falchi della Chiesa, altri grandi sconfitti ».
E adesso come evolverà il confronto politico in Polonia?
«Tre aspetti sono decisivi. Primo, insisto, il conflitto tra il regime autoritario e la società civile e democratica è entrato in una nuova fase, la società civile si è rafforzata. Secondo, è una grande vittoria della civiltà: nella cattolica Polonia le donne hanno conquistato un nuovo ruolo nella politica e nella vita pubblica, contro l’animo del sistema patriarcale. Terzo, ora è chiaro che la maggioranza del PiS non coincide necessariamente con la maggioranza nella società civile».
È rimasto sorpreso?
«Sì. Ora vedremo come la situazione andrà avanti. Il movimento deve continuare a lottare, ma deve stare molto attento: posizioni pro aborto troppo massimaliste spaccherebbero la società, sarebbe un regalo per il governo. Questo governo, come Orbàn in Ungheria, ritiene di essere più forte quando il paese reale si spacca».
Che succede nel mondo del cattolicesimo polacco, che molti accusano di oscurantismo?
«Il cattolicesimo polacco è diviso, anche in seno alla Conferenza episcopale. Vedremo chi vincerà al suo interno, perché finora la prevalenza di linee fondamentaliste ha portato la società verso sempre più secolarizzazione totale, ha indebolito il cattolicesimo».
Qual è il rapporto tra chiesa polacca e papa Francesco?
«Complesso. Per i cattolici fondamentalisti è impossibile contestare apertamente il Papa, eppure nell’episcopato polacco vive forte una eresia nazionalista di fatto anticristiana, come ha scritto Tygodnik Powszechny (il settimanale cattolico liberal di qualità di Cracovia, città di Giovanni Paolo II, ndr). È una sfida al Papa, pericolo mortale per il cattolicesimo in Polonia. Vedremo chi vincerà, io laico da sempre sono a fianco di Francesco. Anche in questo scontro tra Francesco e i nostri vescovi conservatori si è aperta ora una nuova fase».
L’Europa come deve reagire?
«Dico una cosa sola: sono completamente d’accordo con il commissario europeo Timmermans, secondo cui in Polonia la democrazia è minacciata ».