E’ veramente ineccepibile la posizione assunta dall’assessore De Falco sulla questione dell’Antica Dogana, soprattutto nel ricordare a noi tutti che non di edilizia si tratta, quanto delle forme e dei contenuti della nostra democrazia. Se i nostri vecchi ci avevano sempre detto che la Repubblica è fatta di tre cose (popolo, sovranità e territorio), la proposta di “insula autogestita” avanzata dalla Romeo rappresenta davvero l’ultimo atto del singolare percorso intrapreso dal nostro paese verso lo “stato bidimensionale”, privo cioè di potestà territoriale.
Aveva iniziato il centrodestra con il Piano casa e con l’abolizione dell’ICI, due provvedimenti che hanno mutilato irrimediabilmente i poteri e le competenze delle autorità municipali, compromettendo l’effettiva possibilità di un governo pubblico delle nostre città. Scelte politiche dissennate, prive di riscontro nelle altre democrazie liberali, alimentate da una ideologia proprietaria che scambia la città per un agglomerato di case, l’urbanistica con l’edilizia; che ignora che è nella dotazione di beni e servizi pubblici, finanziati dal patto civile e fiscale, il segreto della qualità e della vitalità urbana.
Con l’istituzione dell’insula si compie il passo finale, quello del riconoscimento di un vero proprio regime di extraterritorialià. Si rompe così il patto fondativo della polis, scritto nella nostra costituzione. La scelta poi di chiamare tutto questo “federalismo urbano”, additandolo come possibile modello futuro di città, è il tributo finale a Umberto Bossi, un’ulteriore conferma della sua vittoria, se non politica culturale (che è peggio), perché è evidente che questa è una secessione, una separazione ultimativa: la disperata presa d’atto dell’impossibilità di un progetto comune, di una sintesi civile tra i pezzi deboli e quelli forti della nostra città.
E poi, c’è anche una questione di opportunità. I patti di lungo periodo si fanno tra uguali, altrimenti sono altre cose. Nell’attuale crisi finanziaria e istituzionale, l’accordo con la Romeo, nei termini in cui si va configurando, avrebbe il valore di un patto leonino, di una liquidazione fallimentare: sarebbe la resa del governo municipale, l’abdicazione alla sua missione costituzionale: quella di assicurare ai cittadini un governo unitario del territorio, che rappresenta il nostro principale bene comune.
Tutte cose, come opportunamente ricordato dall’assessore De Falco, che sono scritte nel Piano regolatore, qui richiamato non come feticcio, come gabbia burocratica di prescrizioni e comandi; ma piuttosto come agenda di cura e miglioramento della città da far vivere ogni giorno: una strategia per integrare finalmente le contrastanti identità territoriali che nel loro insieme compongono quella cosa che continuiamo a chiamare “Napoli”. Lasciando perdere le insule recintate, e assicurando invece alle politiche per la città lo stesso buon vento che muove veloci in questi giorni i catamarani sul golfo.
RASSEGNA STAMPA
Corriere del Mezzogiorno, 28 marzo 2012
La proposta di Romeo per Napoli:
una federazione di condomini
di Marco Demarco
L'area della vecchia dogana trasformata in quartiere modello, stile Barcellona o Berlino - C’è l’OK della giunta De Magistris
NAPOLI - «L'insula della vecchia dogana come il quartiere di Puerto Madero a Buenos Aires. Napoli come Barcellona o Berlino. Dopo tanti buchi nell'acqua, arriva un progetto di valorizzazione urbana che è molto di più di quel che appare. La brochure di accompagnamento, con tanto di rendering, foto e tabelle, parla, in copertina, di una città «evoluzionaria», ma poi a pagina 6 la proposta diventa addirittura «rivoluzionaria». Forse è stato proprio questa aggettivazione, così volutamente progressiva e ruffiana, a far sì che personaggi assai distanti trovassero alla fine il modo di accordarsi. Il sindaco Luigi de Magistris e l'autore della proposta, Alfredo Romeo: ecco l'ultima imprevedibile coppia che il palcoscenico napoletano mette in cartellone. Dietro le quinte c'è l'intesa sui 43 milioni che il Comune di Napoli deve all'azienda Romeo per anni di gestione immobiliare; sullo sfondo c'è un progetto di recupero urbano che riguarda, appunto, l'insula a ridosso del porto e alle spalle del teatro Mercadante; ma in scena c'è molto, molto di più: addirittura un nuovo modello di governo della città, qualcosa che potrebbe mandare in soffitta l'attuale organizzazione comunale, i presupposti per una nuova forma di federalismo.
L'ALBERGO «ROMEO» - Premessa d'obbligo: «Ho scelto quest'area — dice Romeo — perché voglio dare una mano alla città, aiutarla a risollevarsi; ma anche perché qui c'è il mio albergo, e dunque non a caso. Sono pur sempre un imprenditore». Ma poi c'è anche un'altra ragione. Romeo vuole sperimentare un modello di gestione su cui specializzare la sua azienda. Vuole verificare se l'idea può funzionare, il suo è dunque una sorta di investimento. Proprio per questo, regala il progetto al Comune; è pronto a realizzarlo a sue spese, costo previsto dai tre ai quattro milioni; e, così dice, non si propone per la gestione: «Perché se il modello funziona, deve funzionare con me o senza di me». Sulla terrazza con vista sul porto e sul vecchio molo borbonico dell'hotel che porta il suo nome, davanti a una insalata con tonno essiccato e sale di vaniglia, orgoglio dello chef, Romeo spiega dunque il suo progetto. Piantina sul tavolo, ecco com'era l'antica dogana, che si chiama così perché una volta il porto arrivava fin qui, ed ecco come sarà. Garage interrato automatico per 90 auto in vico II San Nicola alla Dogana, di quelli che lasci l'auto su una piattaforma, schiacci un bottone, e te la ritrovi sistemata in un loculo libero; isole pedonali in piazza Francese e piazza della Dogana; rifacimento della pavimentazione e dell'illuminazione; insegne graficamente omogenee; e poi essenze arboree, rimozione degli abusi, decoro urbano.
L'AREA INTERESSATA - La superficie dell'insula è di oltre 37 mila metri quadrati, e ha, attualmente, un valore commerciale totale, a detta dell'agenzia del territorio, di 338 milioni di euro. A lavori conclusi potrebbe arrivare fino a 577 milioni, aumentare cioè del 48 per cento. Tanto margine di incremento si spiega perché, tra le città a vocazione turistica come Roma e Firenze, Napoli è l'unica in cui il valore immobiliare nel centro antico è maggiore, rispetto alla media, solo del 10 per cento. «Quest'area ha grandi potenzialità, se solo se ne avesse cura», commenta Romeo. In sostanza, questo imprenditore assai discusso e poco simpatico; che gestisce patrimoni immobiliari come il Quirinale; che ha un'azienda che nel settore è prima in Europa e seconda al mondo; che è stato ed è coinvolto in inchieste giudiziarie dalle quali è sempre uscito indenne e, dal punto di vista imprenditoriale, più forte di prima; questo insolito imprenditore meridionale, si diceva, ha inventato, almeno così pare, il modo di mettere a reddito la città, di gestirla senza aggravare la contabilità pubblica. Un modello che esporterà presto all'estero, a Londra prima che altrove. «Se funziona qui, funziona ovunque», ribadisce. L'idea, in sostanza, è di dividere Napoli in insule o, se si vuole definirle in altro modo, in grandi condomini urbani. E di amministrare queste realtà omogenee come si amministra un'azienda: qui i costi, qui i ricavi. I costi sono le ristrutturazioni, i parcheggi, le panchine, le aiuole; i ricavi vengono invece dalla rivalutazione del patrimonio. E il capitale con cui mettere in moto la macchina? Ecco l'uovo di Colombo: la quota parte di tributi locali come la Tarsu, l'Imu, i canoni acqua, i proventi delle affissioni, eventuali imposte di scopo. Le città vivono di trasferimenti statali e di gettito tributario. Tuttavia, spiega Romeo, «in tempi in cui i trasferimenti statali sono destinati a ridursi sempre di più, non resta che affidarsi al secondo».
L'«AUTOGOVERNO» DELL'INSULA - E allora. Quanto versa, in tributi, un'insula? Quella è la cifra da cui si comincia a ragionare. Per quella cifra, quali servizi riceve? Romeo è convinto che se la gestione avviene non più in modo centralizzato, ma per aree omogenee, tutti i servizi possono essere resi più efficienti e più convenienti. Non solo: si può produrre anche una utilità marginale, un guadagno, da reinvestire in parte nell'insula stessa, in parte in altre realtà, e in parte per potenziare i servizi «trasversali», come i trasporti o la polizia municipale, che riguardano l'intera città. Certo, si tratta di smontare e rimontare la macchina comunale, ma la novità assoluta consiste nel fatto che ogni insula si autogoverna. Vive, cioè, del suo gettito tributario e si gestisce in proprio la sicurezza, la raccolta dei rifiuti, o la manutenzione stradale. È dunque lecito parlare di un nuovo federalismo, di un «federalismo urbano», per la precisione. Alfredo Romeo: il Gianfranco Miglio del Sud? Già, proprio questo è il punto. L'autogoverno: è qui che il comunitarismo privatistico e pragmatico di Romeo incontra il benecomunismo utopico di de Magistris. Non a caso entrambi parlano di nuove forme di governo e di democrazia partecipata, e Romeo addirittura mobilita lo staff di Renato Mannheimer per consultare e coinvolgere al progetto quanta più gente è possibile. Ma è qui, anche, che l'aziendalismo dell'uno potrebbe fare a pugni con le esigenze politiche dell'altro. In fondo, in una città come Napoli, un quartiere come Chiaia starebbe alla ricca Lombardia leghista come Secondigliano alla più povera Campania. Come può de Magistris fare sua una ipotesi del genere? Può, risponde Romeo, perché le cose non stanno affatto così: «So bene che ci sono ragioni sociali primarie e esigenze di equilibrio territoriale, ma sono pronto a dimostrare che tutte le insule possono avere, nel gioco tra costi e ricavi, la loro marginalità positiva». E perché? «Perché lì dove non c'è la ricchezza di Chiaia o del Vomero può esserci la quantità dei quartieri popolari. Si pensi alla densità abitativa di un rione come Scampia. Ma poi anche nelle aree più deboli ci sono realtà che possono produrre reddito, come gli spazi per le affissioni o i muri ciechi che potrebbero essere utilizzati per la pubblicità. Basta pensarci».
LA SOLUZIONE PER LE BUCHE - Se il problema è «scassare», conclude Romeo citando esplicitamente il sindaco, ecco un modo concreto per farlo: fuori il pletorico apparato burocratico dei Comuni e dentro una nuova e più funzionale organizzazione. «Del resto — profetizza — chi può credere di poter gestire le città, anche negli anni a venire, con gli strumenti del secolo scorso, con rimesse statali sempre più ridotte, con competenze spezzettate tra una dozzina di assessori, con centinaia di funzionari e con ventimila dipendenti? Una simile megastruttura non può reggere a lungo. E presto si arriverà, ne sono certo, a chiedere il pedaggio per attraversare le strade urbane, come si fa per la tangenziale e le autostrade». Che fare, allora? «I Comuni sono ormai grandi produttori di servizi. E importa poco se sono di destra o di sinistra. Importa di più reperire le risorse necessarie e coniugare le ragioni del rigore economico con quelle dell'efficienza e della solidarietà». Inutile dire che Romeo avrebbe una soluzione anche per il problema delle buche stradali, che a Napoli non è un problema da poco. A Roma, prima che arrivasse Alemanno, ha curato il servizio per anni: macchine speciali che passano ai raggi x il manto stradale, sensori che avvertono i primi segni di cedimento, dati trasmessi a una centrale operativa con tanto di telecamere e squadre di pronto intervento per riparare i danni. Funzionava, pare. Anche se dopo è arrivato un altro gestore. Qualche anno fa, citando i classici del riformismo e prima di Romeo, anche Blair diceva che riparare una strada non è né di destra, né di sinistra.
La Repubblica, ed. Napoli, 12 aprile 2012
Antica Dogana, alt ad Alfredo Romeo
rispettare il piano regolatore
di Luigi De Falco
L'assessore comunale all'Urbanistica: in quell'area l'albergo a cinque stelle dell'imprenditore sul quale è in atto un contenzioso per abusi edilizi
Lo statuto del territorio della città è scritto nella disciplina del suo piano regolatore. Il primo articolo della sua normativa definisce e sintetizza con esattezza estrema le finalità che devono ispirare l'azione pubblica di governo del territorio alla quale (azione) possono e - ancor più oggi - devono partecipare anche i privati, ben sapendo che al pubblico e solo al pubblico spetta il governo delle trasformazioni.
Il primo articolo delle norme attuative del piano stabilisce che esso persegue sei esatte finalità:
1) la tutela e il ripristino dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio, il recupero della città storica e la valorizzazione del territorio d'interesse ambientale e paesistico, promuovendo la costituzione dei parchi regionali delle Colline e del Sebeto, la ripresa dell'agricoltura urbana e periurbana;
2) la riconversione delle aree dismesse, per nuovi insediamenti per la produzione di beni e servizi, integrati con le residenze, anche pubbliche, e per un'ampia dotazione di verde;
3) la riqualificazione degli agglomerati urbani di recente formazione, in particolare periferici, con immissione di funzioni pregiate, il miglioramento della dotazione di attrezzature, spazi a verde, e la valorizzazione dei centri storici minori, promuovendone l'identità, e dei quartieri di edilizia pubblica;
4) l'adeguamento della dotazione dei servizi orientati a favorire rapporti di comunità nei quartieri e formare punti di aggregazione d'elevata qualità;
5) la riforma del sistema di mobilità, riorganizzato intorno a una moderna rete su ferro, con il recupero delle linee esistenti e l'integrazione di nuove, e l'incremento delle stazioni per determinare diffuse condizioni di accessibilità in tutto il territorio, e potenziato dalla realizzazione della "metropolitana del mare";
6) l'integrazione a scala metropolitana del sistema urbano di Napoli.
Non riconoscersi - e totalmente - nel solco nettamente tracciato dallo strumento urbanistico, maturato da una lunga fase di discussioni davvero "partecipate", significherebbe negare una pagina storica e attualissima della democrazia di questa città. Oggi Napoli vive una condizione di forte disagio economico, costretta in un "embargo" quasi cubano, dove le sue scelte corrono sistematicamente il rischio di sconfortarsi con la crisi nazionale o essere sindacate dalle istituzioni superiori, politicamente orientate verso altri scenari politici. Da qui la polemica estiva sulla scelta dei monumenti da finanziare con le risorse (sempre più ridotte) del Grande Progetto per il centro storico Unesco, che a prescindere da presunti accordi tra le amministrazioni regionale e quella comunale (del tempo) rappresentano oggi, in ogni caso, grasso che cola (ma quando?) su una città storica la cui dimensione pretenderebbe risorse almeno dieci volte maggiori. Da qui pure le difficoltà a rimettere in moto Bagnoli, per via della sospensione dei finanziamenti decisa dalla Regione Campania. E così la difficoltà di far procedere i cantieri dell'edilizia residenziale pubblica, tutti arenati dall'improvvisa indisponibilità delle risorse.
Amministrare oggi la città è come condurre una nave in mezzo alla tempesta e priva di carburante. Ma non si naviga a vista: la rotta è ben chiara e il porto sicuro. Ma senza carburante si ricorre alle vele, alla spinta volontaria e coraggiosa delle bracciate dei suoi passeggeri (forti e tantissimi), ai remi fortunosamente reperiti a bordo. Sono queste le risorse che l'amministrazione de Magistris sta reperendo, apparentemente discese dal cielo, dal caso degli eventi effimeri e straordinari, dall'iniziativa dei privati la cui libertà di azione deve ineludibilmente riferirsi, con chiarezza e sempre, ai limiti ben chiaramente individuati nelle finalità del piano regolatore che ispira ogni scelta dell'Amministrazione.
Il caso Antica Dogana va ponderato con opportuna misura. Che ancor più singolare che la proposta riguarda il ripristino delle condizioni alterate dell'edificato al contorno, quand'essa non includa pure il ripristino del moderno immobile alterato da abusi edilizi - contestati all'avvocato Romeo - e per i quali il Comune, sinora inascoltato, ha ordinato pure la demolizione.
Sinceramente la proposta delude quanti speravano (ma ancora confidano) nell'inversione radicale del rapporto, orientandolo verso una sincera collaborazione tra il privato e la pubblica amministrazione. Ancora una volta al privato dev'essere ricordato (e rammarica essere costretti a farlo) il rispetto delle regole del gioco stabilite dalla democrazia.
La Repubblica, ed. Napoli, 12 aprile 2012
Gentile assessore De Falco ci spieghi la sua democrazia
di Alfredo Romeo
L'imprenditore: "Una politica perdente che, mancando di idee e di coraggio, si esprime solo per slogan e chiacchiere da bar
Gentile Direttore,
Nel pieno di un dibattito alto, propositivo, critico e costruttivo sul futuro di Napoli, leggo con incredulità le dichiarazioni virgolettate dell'assessore all'Urbanistica Luigi De Falco sul progetto Insula-Borgo Antica Dogana riportate dal Suo giornale ieri 11 aprile. Le parole usate dimostrano una ignoranza dei fatti e un pregiudizio di fondo che vanno assolutamente chiariti per il bene della città.
L'assessore De Falco, infatti, ha firmato non più tardi di quindici giorni fa una delibera comunale in cui la Giunta esprimeva "interesse" per il "progetto sperimentale Insula-Borgo Antica Dogana". Se l'assessore De Falco aveva obiezioni da fare sulla sperimentazione (e insisto su questa parola) in oggetto, era in quella sede istituzionale che doveva esprimerle e chiarirle anche al suo sindaco. E avrebbe dovuto farlo come cittadino, come architetto, come urbanista con proposte, correttivi, ipotesi alternative, SOLUZIONI. Invece ha firmato (per ben due volte), tacendonella più alta funzione di rappresentante del popolo.
Quella firma (anche quella firma) ha contribuito ad accendere il dibattito altissimo che ha visto intervenire sui giornali personaggi al di sopra di ogni sospetto (dal professore Gravagnuolo al professor Quintano, dal professor Galasso al professor Macry, da Paolo Pomicino al capo dell'opposizione in Comune Gianni Lettieri, al capolista del Pd alle ultime elezioni De Gregorio; da urbanisti come l'ex sindaco Rocco Papa, a uno degli architetti che hanno rivoluzionato Barcellona, Jordi Bellmunt Chiva. E in cui, caro Direttore, è intervenuto anche Lei nel fondo dell'8 aprile, nel quale anche senza mai citare l'Insula, come Galasso, poneva però la questione cruciale dei programmi, dei progetti e delle strategie per rilanciare Napoli.
E invece che fa il nostro De Falco? Al silenzio manifestato in Giunta, oppone pubbliche frasi su un presunto abuso edilizio per il mio albergo che insiste su quella zona e sui rischi per la democrazia. Ma cosa c'entrano con il progetto dell'Insula? E che c'entrano con la lealtà e la trasparenza che si dovrebbero al sindaco che ti ha dato una delega così importante? E che cosa c'entrano con il mestiere di assessore che dovrebbe essere quello di operare sintesi utili e costruttive per la città?
Non si capisce , se non facendo un tuffo nel passato, nel vecchiume intellettuale di quei modi trasversali, sudaticci e piccoli piccoli di una politica perdente che mancando di idee e di coraggio si esprime solo per slogan demolitori alla cieca, tanto per alimentare inconcludenti chiacchiere da bar. Vuoi vedere che si parla impropriamente di Piano Regolatore e di quando non si hanno argomenti fondati e progetti costruttivi per dare senso e contenuto al proprio ruolo istituzionale? O ci si vuole ritagliare - non avendo altri strumenti che la battuta demagogica - uno spazio da interlocutore "interdittivo" con il proprio sindaco?
Mai come in questo caso, invece(e sfido chiunque a dimostrare il contrario), i rapporti tra Pubblico e Privato sono stati chiari, esplicitati fin nell'ultimo dettaglio, non di una transazione, ma di un'ipotesi di progetto per la città che non a caso ha attivato il suddetto, forte dibattito su un progetto di rifondazione amministrativa e di valorizzazione del territorio che ha suscitato in primis l'interesse del sindaco e smosso finalmente un interesse pubblico all'ideazione del futuro. E in cui De Falco si è inserito - ripeto - con la pochezza di chi non ha idee e forse non sa cosa dice.
Sì, è vero: sull'Insula insiste il mio albergo ("privato", lo definisce l'assessore e non capisco la ovvia sottolineatura). E io ho offerto alla città una bonifica e una valorizzazione del territorio a titolo grazioso per la città di Napoli per un valore di 7 milioni. Non solo. Ho avanzato come Romeo Gestioni un'ipotesi di gestione a democrazia partecipata (questa sì) in rapporto strettissimo con l'amministrazione comunale di cui De Falco dovrebbe essere un leale sostenitore e propositore, per cercare di offrire servizi migliori ai cittadini a parità di costo. Anzi, con un forte risparmio per le casse comunali.
Questa è violazione delle "regole del gioco stabilite dalla democrazia", come sostiene il difensore della "cosa pubblica", l'assessore De Falco?
Bene, caro Direttore. Se questo è il rischio io posso sospendere qualunque intervento di bonifica e di progettazione. In fondo tocca al sindaco di Napoli - che all'idea si è appassionato - spiegare ai cittadini (e rassicurare certi suoi assessori) che qui non è in gioco la democrazia, ma un'ipotesi di sviluppo e di progresso per Napoli. Quanto all'Insula, valuteremo le proposte di sperimentazione che ci arrivano da altre parti d'Italia e d'Europa.
Però, in quanto cittadino/contribuente che solo per la TARSU, e cioè per la presunta raccolta dell'immondizia, ha pagato per l'albergo ("privato") fin qui 287.591,25 euro, chiedo all'assessore all'Urbanistica De Falco di raccontare a me e alla città quali siano i suoi programmi per bonificare tutta l'area dell'Insula, oggi degradata, e che dovrebbe invece essere una vetrina della città. Quali sono i suoi programmi per rimettere in ordine quelle strade. Quali i suoi interventi per ripristinare illuminazione, verde, aree pedonali e sicurezza. Quali le sue garanzie a noi contribuenti che la raccolta dei rifiuti sarà fatta con accuratezza. Quale la sua promessa che pure a fronte di servizi così scadenti non aumenterà le tasse tipo Imu e Tarsu. Quali siano i suoi progetti per uscire dalla squallida politica degli attacchi gratuiti per proporre, per esempio, una maggiore efficienza dell'amministrazione comunale. E gli chiedo infine quali siano i suoi principi ispiratori per garantire al cittadino una democratica civiltà dell'abitare.
Alfredo Romeo (Cittadino contribuente)
La Repubblica, ed. Napoli, 12 aprile 2012
Alfredo Romeo contro De Falco "L'assessore parla per slogan"
di Antonio Tricomi
Antica Dogana: l'imprenditore risponde al responsabile dell'Urbanistica
Romeo contro De Falco. In una lettera a Repubblica, l'imprenditore risponde a muso duro all'assessore comunale all'Urbanistica, che ieri proprio su Repubblica aveva espresso forti perplessità sull'ipotesi di accordo tra Alfredo Romeo e Comune di Napoli sul progetto di riqualificazione dell'area dell'Antica Dogana, compresa tra via Cristoforo Colombo e via Depretis. L'area, sostiene l'assessore Luigi De Falco, "ha come baricentro proprio l'albergo a cinque stelle (di proprietà di Romeo) sul quale è in atto un contenzioso per abusi edilizi e violazioni delle norme di tutela del paesaggio".
Dura la risposta di Romeo. "L'assessore De Falco ha firmato non più tardi di quindici giorni fa una delibera in cui la giunta esprimeva interesse per il progetto", scrive l'imprenditore. "Se aveva obiezioni, era in quella sede istituzionale che doveva esprimerle. E invece che fa il nostro De Falco? Al silenzio manifestato in giunta oppone pubbliche frasi su un presunto abuso edilizio per il mio albergo che insiste su quella zona e sui rischi per la democrazia".
Per Romeo la posizione di De Falco "non si capisce, se non facendo un tuffo nel passato, nel vecchiume intellettuale di quei modi trasversali, sudaticci e piccoli piccoli di una politica perdente che mancando di idee e di coraggio si esprime solo per slogan demolitori, tanto per alimentare inconcludenti chiacchiere da bar. Vuoi vedere prosegue l'imprenditore che si parla impropriamente di piano regolatore e di rispetto delle regole nei rapporti tra pubblico e privato quando non si hanno argomenti fondati e progetti costruttivi per dare senso e contenuto al proprio ruolo istituzionale? Mai come in questo caso sottolinea Romeo i rapporti tra pubblico e privato sono stati chiari, esplicitati fin nell'ultimo dettaglio, non di una transazione, ma di un'ipotesi di progetto per la città".
E a questo punto Romeo chiama in causa anche de Magistris, evidenziando come il progetto abbia "suscitato in primis l'interesse del sindaco e smosso finalmente un interesse pubblico all'ideazione del futuro". Su questo tema De Falco si sarebbe inserito "con la pochezza di chi non ha idee e forse non sa cosa dice. Sì, è vero ammette Romeo sull'Insula insiste il mio albergo ("privato", lo definisce l'assessore e non capisco la ovvia sottolineatura). E io ho offerto alla città una bonifica e una valorizzazione del territorio per un valore di 7 milioni. Non solo. Ho avanzato come Romeo Gestioni un'ipotesi di gestione a democrazia partecipata (questa sì) in rapporto strettissimo con l'amministrazione comunale di cui De Falco dovrebbe essere un leale sostenitore, per cercare di offrire servizi migliori ai cittadini a parità di costo. Anzi, con un forte risparmio per le casse comunali"
In conclusione, si chiede Romeo, "questa è violazione delle regole del gioco stabilite dalla democrazia, come sostiene il difensore della "cosa pubblica" De Falco? Se questo è il rischio io posso sospendere qualunque intervento di bonifica e di progettazione. In fondo tocca al sindaco - che all'idea si è appassionato - spiegare ai cittadini (e rassicurare certi suoi assessori) che qui non è in gioco la democrazia, ma un'ipotesi di sviluppo e di progresso per Napoli. Però, in quanto cittadino/contribuente, chiedo a De Falco di raccontare a me e alla città quali siano i suoi programmi per bonificare tutta l'area dell'Insula, oggi degradata, e che dovrebbe invece essere una vetrina della città"
Ciò che colpisce, in questa vicenda per tanti versi esemplare, è l’arroganza dell’immobiliarista e l’incertezza dell’amministrazione. Il primo, nella fattispecie il Romeo, che si esprime come duecento anni fa poteva esprimersi il Padrone delle ferriere, oppure come, a Napoli, si esprimevano quei costruttori che dicevano che del piano regolatore non c’era bisogno perché loro sapevano regolarsi da sé - e poi s’è visto come - oppure quelli del film di Francesco Rosi cui, per la sua attualità , dedichiamo l’icona. La seconda, l’amministrazione comunale, rappresentante del popolo sovrano, che lascia cuocere la questione a bagno maria fino al sacrosanto intervento del’assessore De Falco, senza indignarsi fin dal primo affacciarsi sula scena del Padrone.
In troppe città italiane chi governa la Finanza (chi ha i soldi) esercita il Potere (con la tolleranza degli eletti, e la benevola complicità degli organi dell’opinione pubblica).