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Salvatore Settis
Ora gli impianti sportivi minacciano il paesaggio
17 Maggio 2012
Articoli del 2012
Ancora una volta, dopo gli anni di Tangentopoli e quelli di Berlusconi, gli impianti sportivi come occasione per devastare il territorio. La Repubblica, 17 maggio 2012

Strane notizie dal Parlamento: a quel che pare è diventato «urgente e indifferibile» costruire stadi sportivi su aree a verde agricolo, e farlo in barba alle regole e alla Costituzione. Il governo ha appena rilanciato, peggiorandolo, un disegno di legge sugli stadi (AC 2800), presentato a inizio legislatura dal governo Berlusconi per «favorire la costruzione di impianti sportivi a sostegno della candidatura dell´Italia a manifestazioni sportive internazionali». Ma lo sport ha il ruolo di un cavallo di Troia: gli articoli della legge (già approvata al Senato e in discussione alla Camera) incoraggiano infatti la costruzione, intorno agli stadi, di zone residenziali e di servizi alberghieri e del terziario. Vere e proprie new towns, se vogliamo usare l´etichetta inventata per mascherare il delittuoso abbandono del centro storico dell´Aquila in favore di insediamenti "nuovi" che ne hanno disgregato il tessuto sociale.

Il governo Monti non si è finora distinto per attenzione ai problemi dell´ambiente, del paesaggio, dei beni culturali. Prosegue anzi, su questo fronte, la deriva inerziale che ha marcato il resto della legislatura in corso. Nulla, ad esempio, è stato fatto per correggere il dimezzamento dei fondi dei Beni Culturali (2008), perpetrato sotto gli occhi arrendevoli di Bondi. Nulla per frenare l´emorragia di personale: l´età media dei superstiti veleggia verso i 60 anni, e più di metà delle Soprintendenze italiane sono coperte "a scavalco", da funzionari che saltano da una città all´altra (nulla di simile accade per prefetti e questori). Eppure alcuni provvedimenti di questi mesi, pur innescati da motivazioni solo economiche, avranno effetti positivi. Tale è ad esempio la riduzione del sostegno alle imprese che producono impianti eolici e solari: fingendosi ecologista, l´Italia è in cima alle classifiche per incentivi alle imprese, ma non spende quasi nulla in ricerca nel settore. Si vede così che quel che importa non è produrre energia pulita, ma foraggiare gli amici degli amici. E intanto le pale eoliche, che in molti luoghi devastano il paesaggio, producono mediamente meno del 10% della potenza nominale installata (e sbandierata).

Bloccando la candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2020 (che i soliti noti aspettavano con l´acquolina in bocca, pronti a devastare quel che resta dell´agro romano), Monti ha detto saggiamente che «sarebbe irresponsabile in questa fase impegnare l´Italia mettendo a rischio i denari dei contribuenti»; insomma, ha previsto e fermato l´enorme spreco di denaro e di risorse che ci si apprestava a fare in nome dello sport. Dopo questa scelta ammirevole, sbalordisce che il disegno di legge sugli stadi vada in senso diametralmente opposto, sposando in pieno la prevedibile alleanza fra i club sportivi di Roma e Lazio e i costruttori non contenti di aver già allagato di orridi sobborghi quella campagna romana che incantò Claude Lorrain e Goethe, Coleridge e Corot. Per imbavagliare eventuali interventi delle Soprintendenze a difesa del paesaggio, il testo del 2008 prevedeva, con la scusa della "semplificazione" alla Calderoli, il meccanismo del silenzio-assenso. Ma sin dalla legge 241 del 1990 questo principio non può applicarsi «agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico», come poi ribadito più volte, dalla legge 537 del 1993 alla legge 80 del 2005 (governo Berlusconi). Nato per tutelare il cittadino contro l´inerzia della pubblica amministrazione, il silenzio-assenso non deve valere in materia di paesaggio, dove il silenzio o l´inerzia non possono sostituire l´attivo esercizio della tutela, che l´art. 9 della Costituzione pone fra i principi fondamentali dello Stato. Lo ha detto la Corte Costituzionale in almeno cinque sentenze: in questa materia «il silenzio dell´Amministrazione preposta non può avere valore di assenso» (sentenza nr. 404 del 1997). In un soprassalto di dignità Galan, appena approdato al Ministero dei Beni Culturali, riuscì infatti a imporre nel testo di legge il rispetto dei vincoli e del parere delle Soprintendenze.

Rispetto a Galan, il nuovo governo ha fatto un passo indietro: nel testo presentato dal ministro Gnudi (che ha la delega allo sport), il silenzio-assenso torna a galla mediante il miserevole artificio di una conferenza dei servizi, destinata a favorire il trionfo dei palazzinari in agguato mettendo a tacere la voce del Soprintendente. Al suo parere vincolante si sostituisce infatti «il provvedimento conclusivo della conferenza di servizi, ad ogni effetto titolo unico per la realizzazione dell´intervento». Defenestrando senza scrupoli il pubblico interesse che (secondo la Costituzione) governa la tutela del paesaggio, la procedura viene svilita e ridotta al teatrino della contrattazione fra Comuni e costruttori. Perfino le «valutazioni di ordine sociale, ambientale e strutturale, degli impatti paesaggistici e delle esigenze di riqualificazione paesaggistica» vengono demandate (meglio: svendute) a uno studio di fattibilità, affidato non al Ministero, ma alla stessa impresa proponente. E, tanto per chiarire, il tutto dovrebbe svolgersi velocizzando al massimo «le necessarie varianti urbanistiche e commerciali» all´insegna di una «dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza delle opere».

Si scopre così che, mentre è in atto una gravissima crisi economica, con la macelleria sociale che ne consegue, è indifferibile costruire nuovi stadi in giro per l´Italia, anzi circondarli di supermercati e condomini nonostante i due milioni di appartamenti invenduti (centomila nella sola Roma). Né si pensa, almeno, di costruire impianti sportivi recuperando le periferie più degradate: secondo le peggiori abitudini dei palazzinari romani, si punta invece sulle aree a verde agricolo, meglio se con vincolo paesaggistico e archeologico, come quelle su cui hanno messo l´occhio la Roma e la Lazio, con progetti già bocciati dalla Soprintendenza, ma che la nuova legge farà fiorire facendoli diventare "indifferibili". Si stenta a credere che il presidente Monti possa mai sottoscrivere una tale enormità. Che il suo governo voglia, mentre il Paese reclama equità e legalità, puntare le proprie carte su questi indecorosi circenses.

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