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Vittorio Emiliani
L’Italia vista da un cronista
22 Ottobre 2012
Articoli del 2012
Dall’ultimo libro di Emiliani, “Belpaese, Malpaese”, BUP 2012, un’intervista ad Antonio Cederna del 1975. Ma sembra oggi. L’Unità, 21 ottobre 2012 (m.p.g.)

«Qui se non stiamo più che attenti, ci strappano il territorio da sotto i piedi. L’Italia è il Paese più provvisorio che ci sia. Oggi quel posto è ancora intatto: domani, forse, sarà già lottizzato, saccheggiato,

cintato, insudiciato ...». Antonio Cedema celebra così, con la solita rabbia secca di valligiano irriducibile (milanese di nascita, pavese di studi universitari, è però legatissimo alla Valtellina paterna), i suoi venticinque anni di “j’accuse” contro i distruttori del Bel Paese: il suo primo articolo sul Mondo di Pannunzio comparve infatti nella primavera del ’50, «contro l’oscena via della Conciliazione di Piacentini», in pieno Anno Santo pacelliano, ai tempi dell’Immobiliare Roma tutta vaticana.

E pensare ch’eri calato a Roma, nel ’47, per fare l’archeologo tranquillo.

«Già. pensa. un po’. Di urbanistica sapevo poco, ma la prima campagna, contro il piano fascista che sventrava Roma da Trinità dei Monti a Corso Vittorio, rispolverato pari pari nel ’51, ebbe successo

e continuammo».

Ti occupasti quasi subito di verde pubblico, dell’Appia Antica lottizzata di nascosto ad uso privatissimo,

no?

«Mi telefonò dal Ministero l’ingegner Di Gioia. Stentavo a crederci. Andammo insieme, a piedi, a verificare, il giorno di ferragosto. Di lì nacquero i cento articoli contro i “gangsters dell’Appia”. Ma perché quei 2500 ettari venissero vincolati a parco pubblico dovettero passare altri dodici anni».

Furono gli anni di Città Eternit, di Vandalusia, sempre sul Mondo.

«I titoli più belli li inventava Ennio Flajano, Anni durissimi: contro l’Immobiliare, contro l’immondo piano regolatore fatto su misura per i grandi lottizzatori, contro la giunta clerico-fasçista, sindaco Cioccetti, assessore il liberale Ugo D’Andrea. Gli anni dell’Hilton voluto a tutti i costi, al posto di un parco pubblico, coi voti dei missini. Ad una conferenza stampa sull’Hilton non mi fecero neppure entrare».

Nel tuo ultimo libro sei molto polemico con politici e intellettuali.

«Cosa volevi che fossi, tenero? Non abbiamo una vera legge urbanistica, non abbiamo un vero intervento

pubblico. Il territorio è considerato con disprezzo, cosa vile, res nullius. Non c’è uno straccio di economista che spieghi, cifre alla mano, che il turismo sociale, alla fine, rende anche di più, e a tutti, del turismo da villetta, magari abusiva, da residence, da porticciolo, da ski-lift scassatutto. Questo, mio caro è un Paese di piccoli proprietari dove il suolo dev’essere, tutto quanto, edificabile, la casa una tana di lusso, e gli spazi collettivi, invece uno schifo”

Chi ti conosce sa che sopporti sempre meno il linguaggio degli addetti ai lavori: urbanisti, sociologi,

architetti.

«Ce n’è di bravi, per carità. Ma non capisco perché, in genere, debbano parlare tanto dei massimi

sistemi e, nel concreto, sperimentare, fare così poco. Perché debbano guardare alle esperienze di

Paesi più avanzati con tanta boria: là no perché si suicidano molto, lì nemmeno perché sono ex colonialisti, qua non ne parliamo perché sono pragmatisti. E giù con discorsi “a monte e a valle”,

“impatti”, “approcci” e altre sublimità, direbbe Manzoni. Possibile che da un lato dobbiamo lottare

contro l’abusivismo edilizio di massa e dall’altro contro le fughe ideologiche in avanti?»

Qualcosa, lo scrivi anche tu, é cambiato in Italia.

«Certo, c’è la mobilitazione popolare, ci sono i sindacati, c’è, nelle città, un tessuto democratico nuovo.

Ci sono i giornali, finché reggono. Ma in campagna? In montagna? Beni inestimabili dipendono da piccoli Comuni dove destra e sinistra, purtroppo, si confondono. Tocca alle Regioni intervenire, far capire che solo la pianificazione pubblica, solo l’intervento pubblico creano una vera libertà e una vita migliore, per tutti.»

Non dipende soprattutto dall’ignavia, dall’arretratezza della nostra borghesia? Tu e tua sorella Camilla,

due accusatori di una certa Italia, venite da una famigli molto borghese, ma siete fra le eccezioni.

«Difatti, per anni, prima che nascessero l’lnu, Italia Nostra e il resto, sono stato considerato un matto

isolato, un fissato. Certo, devono cambiare i rapportin di forza politica, ma l’intellettuale faccia il suo mestiere. Senza paure e senza fughe dalla realtà.»

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