Il Fatto Quotidiano, 4 gennaio 2015 (m.p.r.)
Formica, che succede?
Confesso: sono disorientato. Sembra un’elezione degli anni Sessanta o Settanta, quando tutto era normale e la scadenza istituzionale imponeva al Paese di risolvere un’incombenza de plano, senza alcuna difficoltà.
Invece come siamo messi?
Nessuno nota la straordinarietà della situazione politica del Paese, siamo di fronte a un momento di scelte profonde: o si marcia spediti verso l’unità politica dell’Unione Europea o si torna alla disgregazione in staterelli rissosi e ribelli, pieni di divisioni e difficoltà.
Servirebbe un capo dello Stato all’altezza.
C’è un deficit terribile nell’informazione. Nessuno si domanda: a che serve questo Presidente della Repubblica? Sembriamo quasi rassegnati all’idea che sarà un inutile fantoccio.
Eppure Napolitano ha ribadito anche nel discorso di fine anno la grande sfida che ha davanti l’Italia. La sua è una disperazione fiduciosa, userei questo ossimoro. Ma io lo giudico eccessivamente ottimista nelle capacità di riscossa delle coscienze individuali. Mentre lui pronunciava quel discorso accorato, i due che dispongono del pacchetto di voti per l’elezione erano lì che trafficavano....
Ce l’ha con Renzi e Berlusconi.Uno cerca un presidente della Repubblica che lo aiuti ad asfaltare, come dice lui, l’opposizione interna. L’altro si preoccupa della sua agibilità politica, ovvero della chiusura delle code giudiziarie e del salvataggio delle sue aziende. Mi spiega cosa c’entra tutto questo col Paese?
Nessuno sembra animato da alti principi.
E infatti l’intesa tra i due si troverà al livello più basso: finirà che chiederanno al primo cameriere di turno, magari a un vigile urbano di Roma...
Il Parlamento troverà il modo per dire la sua?
Macché. Tutto questo avverrà in un seggio fatto di mille persone che sono impedite: sia per l’incostituzionalità della loro elezione (la Consulta ha bocciato la legge elettorale che li ha portati in Parlamento, ndr) sia perché sono terrorizzati da nuove elezioni: sono tutti senza partito.
Non prendono la situazione abbastanza sul serio?
È la prima volta in cui siamo di fronte a un’elezione del Quirinale che non tiene conto del futuro del Paese. Ma la scelta del Presidente della Repubblica non è un atto di devozione alla Carta, non è una cerimonia di folclore.
Qui si gioca con le figurine: il tecnico, il cattolico, …
È impressionante questo ragionare da vecchi. Sembra di stare negli anni Sessanta... Ma ora, da garante dell’unità nazionale, il presidente dovrà accompagnare il Paese nel salto nel buio di cui dicevamo sopra: o verso gli Stati Uniti d’Europa o verso il ritorno agli staterelli. Lo ha detto anche Mario Draghi, dalla Bce: se non vi muovete politicamente, io non posso fare nulla.
C’è chi pensa allo stesso Draghi come uomo giusto per il Colle.
Non basta nemmeno lui. Servono forze politiche in grado di sostenerlo, se no ci ritroviamo un predicatore e basta.
Come va a finire?
Se in queste ultime ore non si apre un grande dibattito - e lo potete aprire solo sui giornali - finisce che l’elezione sarà l’occasione per lo spettacolo di mille vendette individuali. I partiti non ci sono più. Gli ultimi tre presidenti della Repubblica si sono illusi della capacità di autoriforma del sistema politico. Non hanno voluto cogliere l’avvertimento di Cossiga, che li aveva messi in guardia sulla fine della democrazia parlamentare. Si sono cullati nella grande illusione. E ci siamo ritrovati con Renzi e Berlusconi.