«Venezia rappresenta l’ultimo baluardo e insieme il laboratorio da cui ripartire sulle macerie dell’epocale sconfitta di Alessandra Moretti alle elezioni regionali. Ma soprattutto è il simbolo del Nord Est appaltato in concessione unica». Il manifesto 13 giugno 2015
Venezia. Già senza più rappresentanza nel nuovo consiglio regionale, la città metropolitana domenica sarà a un bivio: si torna alle urne per decidere il sindaco. Ballottaggio fra Felice Casson (alla testa della coalizione disegnata fin dalle primarie) e Luigi Brugnaro (con berluscones e leghisti che sentono l’odore del sangue). I numeri del primo turno fissavano uno scarto di 11.508 voti a favore del centrosinistra. Ma, sulla carta, gli apparentamenti con il Carroccio e la lista di Francesca Zaccariotto valgono 22 mila consensi. Di conseguenza, il vero ago della bilancia sarà l’elettorato del M5S (15.348 voti con il 12,6% che vale tre seggi): fino all’ultimo Davide Scano & C si sono arroccati nella "neutralità" politica.
Eppure, è perfino banale capire qual è la posta in gioco. #Felicittà riassume la scelta di trasparenza, tutela del bene comune e Ca’ Farsetti non più ostaggio di lobby. I fucsia, invece, promettono un futuro all’insegna di cemento, interessi privati, amministrazione cannibale. Brugnaro incarna un profilo preciso: uomo di Confindustria, imprenditore del lavoro interinale con "Umana", era pronto a gestire l’isola di Poveglia come la Misericordia. E dalla sua parte si sono già schierati partiti, liste e personalità che sognano la prosecuzione del "sistema Mose" con altri mezzi: direttamente in Comune. Di più. Rispuntano personaggi a dir poco inquietanti. È il caso di Pietro Andreatta, candidato nella lista civica "Malgara 2020-Un nuovo inizio" inserita fin da subito nella coalizione di Brugnaro. Andreatta fu arrestato nel 1996 - con l’accusa di favoreggiamento nei confronti di Delfo Zorzi indagato per la strage di piazza Fontana - insieme all’ex segretario di Ordine Nuovo Veneto Carlo Maria Maggi e al fondatore del gruppo La Fenice di Milano Giancarlo Rognoni.
Casson ha già messo in campo la "squadra", annunciando che gli incarichi saranno assolutamente gratuiti per i suoi "superconsulenti": si tratta di Philippe Daverio (cultura e turismo) Francesco Giavazzi (economia e bilancio), Renzo Rosso (imprese e innovazione), Benedetta Arese (digitale). Le deleghe alla legge speciale per Venezia e alla sicurezza resteranno nell’ufficio del sindaco, mentre, a urne archiviate, si conoscerà anche il nome dell’esperto in materia di ordine pubblico e anti-crimine.
Brugnaro si è legato mani e piedi alla Lega Nord, che trasformerebbe il segretario provinciale Alberto Semenzato in vicesindaco. Poltrona garantita anche a Zaccariotto, ex presidente della Provincia che aveva rotto con Salvini prima di Tosi. E intanto riappare in scena Ugo Bergamo, ex sindaco democristiano… Così dieci anni dopo il ballottaggio fratricida con la Margherita di Massimo Cacciari, tutto il centrosinistra fa quadrato intorno a Casson che non si risparmia nel faccia a faccia con l’avversario come nelle iniziative fra la gente.
Venezia rappresenta l’ultimo baluardo e insieme il laboratorio da cui ripartire sulle macerie dell’epocale sconfitta di Alessandra Moretti alle elezioni regionali. Ma soprattutto è il simbolo del Nord Est appaltato in concessione unica: manager, professionisti e imprese del Consorzio Venezia Nuova rimbalzano dalle "piccole opere" sanitarie e autostradali fino ai mega-progetti futuribili in laguna come in terraferma. E un anno dopo lo "scandalo Mose" (5,4 miliardi solo in cantieri) il bivio del ballottaggio si profila davvero come una sentenza senza appello. Per Casson fa il tifo Pablo Iglesias di Podemos, mentre Marco Travaglio dalle colonne del Fatto Quotidiano ha lanciato un ultimo appello esplicito agli elettori del M5S: «Sanno bene che Casson è il più ’grillino’ del Pd e conoscono il suo curriculum di magistrato coraggioso e di uomo specchiato: proprio quello che ci vuole a Venezia per fermare le grandi navi e l’assalto alla diligenza di un patrimonio artistico, culturale e paesaggistico unico al mondo».
In ballo domenica c’è lo stesso destino della città metropolitana. Con il commissario straordinario Vittorio Zappalorto (5.926 euro e 86 cent al mese, indennità che comprende quella di prefetto a Gorizia) la scure si è abbattuta impietosa su Ca’ Farsetti: dipendenti e precari sul piede di guerra, servizi cancellati, patrimonio in vendita, preventivata stangata sul trasporto pubblico, addio al Casinò. E la nuova giunta dovrà sciogliere nodi tutt’altro che irrilevanti, come lo scavo del canale Contorta a beneficio delle "città galleggianti" o il piano urbanistico di Tessera, la rigenerazione dell’ex ospedale Umberto I e gli interventi che minacciano il Lido. Alla vigilia del ballottaggio, un’unica certezza: sarà lo spoglio più delicato della storia elettorale di Venezia. E paradossalmente sulla scheda Brugnaro da Mirano occupa la parte sinistra e Casson da Chioggia quella destra. Rosso o fucsia, alla fine sarà proclamato un sindaco foresto. Un altro segno dei tempi nella serenissima capitale di Zaialand…