«Il Sinodo, ha detto il Papa proprio per spiegare la distanza tra l’opinione del mondo e la verità dei Pastori della Chiesa, non è come il Parlamento. Ma da questa comparazione il Parlamento ne esce bene».
La Repubblica, 7 ottobre 2015
La riunione del Sinodo segue al viaggio del Papa a Cuba e negli Stati Uniti. Un viaggio nel quale il tema del Sinodo - la famiglia e il matrimonio - è stato al centro tanto delle sue omelie e dei suoi discorsi pubblici quanto dell’opinione che lo ha interpellato - sulla sessualità e la pedofilia nella Chiesa, sul matrimonio di coppie dello stesso sesso, sul ruolo dei divorziati. Tante attese per il Sinodo sono dunque giustificate dalla forte presenza del Papa sulla scena dell’opinione pubblica mondiale. È comprensibile dunque che ci sia attenzione per le risoluzioni del Sinodo e speranza che esse non siano indifferenti all’opinione del mondo. Il comunicato rilasciato all’apertura dei lavori mostra preoccupazione per questo rapporto di reciproca influenza quando osserva che su questi temi, sul matrimonio e la famiglia, «è del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano pressioni».
Il gioco dell’opinione è orizzontale e senza esiti predeterminati. Nel tentativo di influenzare l’opinione delle persone a seguire o a respingere alcune pratiche di vita, non possiamo evitare di essere a nostra volta interpellati e portati a riflettere sulle nostre posizioni. Il gioco dell’opinione è un ping pong, chi lo mette in moto e lo anima ne viene tirato dentro e influenzato. La corrente che determina non è mai unidirezionale. Questo rende l’opinione una forza formidabile, in virtù della quale, scriveva David Hume, i molti sono governati dai pochi e i pochi non possono sottrarsi al controllo dei molti. Lo vediamo accadere ogni giorno, con qualunque leader si metta in relazione al pubblico. Anche quando a parlare è il rappresentante di Dio.
Papa Francesco ha attraversato l’America per entrare in contatto diretto con la gente di tutte le religioni e le convizioni morali, parlando a milioni di persone dei problemi che sentono vicini, dalla povertà e disoccupazione alla libertà sessuale e di relazioni matrimoniali. Egli vuole contribuire a formare l’opinione pubblica su questi temi centrali per la Chiesa e l’opinione preme a sua volta per farsi ascoltare. È davvero “inaccettabile” che questo avvenga o che i Pastori della Chiesa sentano la pressione da parte dell’opinione del mondo? Se la subiscono o meno dipenderà da loro, ma non c’è scandalo se quell’opinione alla quale essi si rivolgono ogni giorno non cerchi di influenzare la loro verità. La quale è certamente indifferente all’opinione del mondo. E tuttavia, se entra nella sfera pubblica e vuole diventare opinione diffusa a livello globale, al di là della comunità dei fedeli, essa si espone ai “rischi” del dialogo, ovvero ad essere influenzata e interpellata a sua volta.
In età predemocratica i papi scrivevavo encicliche che giungevano ai fedeli tramite i pastori e gli interpreti. Oggi scrivono encicliche che diventano bestseller e vanno direttamente al lettore e al grande pubblico del quale essi si fanno oratori. Questo comporta accettare la sfida di entrare nel circolo dell’opinione, che come sappiamo non ha riguardi nei confronti dell’autorità e interviene, cercando di discutere e influenzare, mettendosi cioè sullo stesso piano, come appunto nel ping pong. I commenti sulla pretesa dell’opinione di influenzare le verità dei prelati chiusi nel Sinodo non possono che destare stupore. È comprensibile che i prelati debbano restare fedeli alla verità e che si sentano compressi dalle pressioni dell’opinione, alla quale non devono rendere conto come i politici. Tuttavia, è altrettanto comprensibile che quell’opinione cercata con l’intento di modellarla esprima se stessa a sua volta. Difficile gioco democratico, ma impossibile da mettere a tacere una volta cominciato.
Il Sinodo, ha detto il Papa proprio per spiegare la distanza tra l’opinione del mondo e la verità dei Pastori della Chiesa, non è come il Parlamento dove «per raggiungere un consenso o un accordo comune si ricorre al negoziato, al patteggiamento o ai compromessi ». Ma da questa comparazione il Parlamento ne esce bene, poiché la discussione tra diversi e la ricerca di una soluzione per via di compromessi è segno di una pratica nobile e civile - l’opposto sarebbe la violenza o l’unanimità, la quale, a meno di non emergere spontaneamente in un solo afflato, deve comunque essere conquistata. E per muovere le convinzioni degli interlocutori verso un esito unanime non è escluso che non si usino forme di persuasione e di mediazione. Il fatto è che il Sinodo lavora a porte chiuse per non mostrare come discute e non essere sotto l’occhio giudicante del mondo, mentre il Parlamento non può esimersi da questo controllo e mostra al mondo tutti i pregi e i difetti della deliberazione pubblica.