Le interviste a Olivier Roy di Giuseppe Acconcia, a Jacques Séguéla di Anais Ginori, a Marin Le Pen di Olivier Mazerolle, Julien Absalon, Aymeric Parthonnaud. Il manifesto e la Repubblica, 8 dicembre 2015 (m.p.r.)
Il manifesto
«TANTA ASTENSIONE NELLE BANLIEUES
LASCIATE DALLA SINISTRA»
di Giuseppe Acconcia
Abbiamo raggiunto al telefono a Parigi Olivier Roy, docente all’Istituto universitario europeo di Firenze, si è occupato di islamismo politico, jihadismo ed è consulente del ministero degli Esteri francese.
Come hanno votato i giovani delle periferie alle elezioni che hanno portato all’affermazione del Front National?
Pare che in quei quartieri abbia vinto la sinistra. La mia impressione è che ci sia stato un forte astensionismo giovanile nelle periferie. Detestano Sarkozy ma si sentono traditi dal discorso politico di Hollande e del premier Valls.
Come giudica la reazione energica di Hollande che ha imposto un lungo stato di emergenza dopo gli attentati del 13 novembre scorso?
Hollande ha voluto riprendere le redini dello stato. Ma l’Is non si vince con le bombe, è necessaria una coalizione politica. L’imposizione dello stato d’emergenza ha avuto un costo politico enorme: ha minacciato l’intero spazio delle libertà politiche.
Il disagio dei giovani musulmani francesi nasce dall’assenza di sinistra?
Sì, un tempo si riconoscevano nei partiti comunisti, soprattutto tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Poi questi partiti hanno assunto una posizione ambigua su Islam e immigrazione. Anche l’alternativa della sinistra radicale si è ridimensionata per la sua ambiguità in tema di laicità: vedere una ragazza velata era uno scandalo a sinistra. I giovani delle periferie non sopportano il divieto del velo.
Cosa prevede per la sfida presidenziale del 2017?
«Marine Le Pen arriverà quasi certamente al secondo turno. Dopo, la sfida è aperta. La verità è che ci sono due alternative di governo che si combattono, quella del Fn e dei Républicains. E con tre soggetti politici in un sistema bipolare ce n’è sempre uno che deve morire».
E proprio questa depoliticizzazione delle periferie è la causa del fenomeno dei foreign fighters?
I jihadisti non si interessano alla politica francese. Militano nei quartieri periferici ma non costruiscono un discorso politico nelle periferie. Sono anche disinteressati alla politica estera di Hollande, sebbene non abbiano mai sentito una parola seria levarsi dalla sinistra anti-imperialista. Il loro problema principale riguarda la politica interna di Hollande, la mancanza di lavoro, il discorso politico di destra di Valls.
Quindi l’avanzata del fenomeno jihadista è una conseguenza della crisi della rappresentanza democratica?
Certo, io direi della crisi della cittadinanza. Chi si dà all’Islam radicale non si riconosce nella vita politica, si sente escluso e ha interiorizzato questa esclusione. Per esempio, non ci sono partiti musulmani in Europa. A parte in Belgio, non vedo tentativi seri che rappresentino i giovani musulmani, ad esempio in tema di immigrazione.
Riguarda anche il Belgio dove gli attacchi di Parigi sono stati pianificati?
In Belgio c’è una società comunitarista: fiamminghi, da una parte, e valloni dall’altra. Anche gli immigrati si sono adeguati al comunitarismo creando la loro repubblica di Molenbeek.
Sembra poi che i più radicali nel discorso jihadista siano i convertiti?
Chi pensa che il problema sia l’Islam non riesce ad afferrare come sia possibile che non musulmani (cattolici, atei) passino al jihad. Pensano si tratti di musulmani «nascosti». Non è così. I convertiti all’Islam scelgono il salafismo: sono spesso i più religiosi tra i religiosi.
Evidentemente emerge un forte contrasto tra genitori e figli?
I giovani non sono radicati nell’Islam culturale, religioso, linguistico dei padri ma cercano il loro Islam nel discorso salafita.
È così che nascono i foreign fighters?
Si interessano all’Islam mondializzato, sono internazionalisti in un certo senso. Questa è la genialità di Is: fare appello al jihadista globale. E la risposta arriva dai lupi solitari… Il jihadismo non è un movimento di massa. Richiama individui non integrati socialmente. E nel mercato della rivolta, Is è in testa.
Perché non funziona l’alternativa dell’Islam politico?
I Fratelli musulmani non sono riusciti a creare un’organizzazione internazionale efficace. Sono un movimento gerontocratico in cui è necessario un apprendistato di cinque anni per poter parlare in pubblico. E poi non sono violenti.
La Repubblica
“È LA FINE DEL RAZIONALISMO.
MARINE PUÒ ARRIVARE ALL'ELISEO.
SI REALIZZA L'INCUBO FRANCESEl”
di Anais Ginori
Parigi.«Dopo questo voto, tutto diventa possibile: anche Marine Le Pen all’Eliseo». La Francia si è svegliata ieri mattina con quasi metà delle 13 macro-regioni segnate di blu. Jacques Séguéla non ha dormito tutta la notte. «Dopo gli attentati, per me è stato un nuovo lutto nazionale», racconta il pubblicitario esperto in comunicazione politica, già consigliere di François Mitterrand e di Nicolas Sarkozy. «Anche se il secondo turno di domenica non consegnerà il potere al Fn in tutti gli scrutini ormai il segnale è chiaro. Siamo entrati in un’altra epoca: a noi spetta capire, adattarci. Ma non sarà facile».
Lei che di mestiere studia e anticipa le tendenze, se l’aspettava?
«È un cataclisma che covava da tempo. Tutti ne parlavano, si sapeva, ma nessuno ha fatto niente per tentare di curare i primi sintomi. Ci siamo accorti del danno solo quando la malattia è ormai conclamata».
Quale sarebbe la malattia della Francia?
«Tutto è cominciato con la paura, in particolare il sentimento di insicurezza sociale, provocata dall’immigrazione e dalla globalizzazione. Poi la scelta dell’estrema destra è stata usata come un messaggio di rabbia. Adesso, però, c’è un nuovo salto di qualità».
Di cosa parla?
«Il voto al Fn non è più solo paura e rabbia, ma una vera e propria adesione al discorso semplicistico di Le Pen. In questo, il Fronte si è trasformato in un partito come gli altri. E pazienza se si rischia di gettare il Paese in un vicolo cieco. È la scomparsa del buon senso della razionalità francese. Cartesio si starà rivoltando nella tomba».
La responsabilità è anche della classe politica, incapace di dare risposte?
«A causa del fallimento del governo socialista, di questa sinistra incolore che parla e pensa ancora come nel Novecento, il sogno di un vecchio signore e poi di sua figlia è diventato realtà. Un incubo».
Non vede differenze tra padre e figlia Le Pen?
«Marine ha corretto alcuni estremismi di Jean-Marie, o meglio: li ha messi in sordina. Non appaiono più ma nella base l’anima del Fn rimane la stessa. Di suo, la Presidente del Fn ha portato una capacità di comunicazione straordinaria».
Da questo punto di vista, non ha bisogno di spin doctor?
«Ha la forza del cognome, un talento per parlare alla pancia della gente, è la più giovane dei leader, si presenta come novità nel panorama politico anche se viene da un partito vecchio di quarant’anni. E poi non è sola. Al suo fianco c’è Marion, che ha lo stesso talento, è anche dolce, bella e quindi ancora più pericolosa. Nella triade del governo Fn c’è infine Florian Philippot che si presenta con buoni studi, un profilo più alto».
Lei parla di fallimento socialista, ma non è Nicolas Sarkozy che vede i suoi elettori in fuga verso il Fn?
«È vero, Sarkozy ha perso voti alla sua destra. È la dimostrazione che un discorso centrista, come vorrebbe Alain Juppé, non paga. Qualche anno fa, l’ex Presidente era riuscito a prendersi gli elettori del Fn. Tutti lo criticavano nel suo partito e veniva dipinto come il Diavolo dalla sinistra. Salvo poi vedere ora Hollande che parla di identità nazionale, fa una svolta autoritaria dopo gli attentati, vuole limitare l’immigrazione rispetto a Angela Merkel».
Cosa dovrebbe dire Sarkozy ai francesi in vista del secondo turno?
«Bisogna parlare alla loro intelligenza. Spiegare che se vincesse Le Pen in molte regioni le aziende straniere avrebbero paura di investire e che, al livello nazionale, ci sarebbe un crollo del potere d’acquisto con l’uscita dall’euro. Sono verità che nessuno vuole ascoltare. E purtroppo la classe politica non è più credibile».
Il “sacrificio” dei socialisti, che non si presentano in alcune regioni, è un ”beau geste”?
«È puro marketing politico. La sinistra non è diventata improvvisamente buona e generosa. Questa mossa non impedirà al Fn di vincere al Nord o al Sud, ma intanto i socialisti potranno gettare la croce su Sarkozy. È finito in una trappola infernale».
La Repubblica
“LA MIA VITTORIA UNA SFIDA ALLE ÉLITE.
COSì I SOCIALISTI SI SONO SUICIDATI”
di Olivier Mazerolle, Julien Absalon, Aymeric Parthonnaud
Marine Le Pen, quali sono i vostri obbiettivi per il secondo turno?
«Sei regioni su 12 e nella settima siamo in parità, perché in Normandia credo che ci separi una differenza dello 0,2%. Questo dimostra una crescita incredibile per il Front national, ma bisogna fare anche altre osservazioni. Innanzitutto il risultato molto modesto dell’Ump, che Sarkozy diceva capace di riprendere le forze sotto la sua direzione, ma non è stato così. Quanto al Partito socialista, un vero e proprio crollo, seguito da una specie di suicidio collettivo».
Quali sono i vostri obbiettivi per il secondo turno?
«Il nostro obbiettivo è vincere e ottenere il più alto numero di regioni. Vogliamo poter dimostrare che l’indebitamento, i continui aumenti delle tasse, l’assenza di sostegno alle piccolissime, piccole e medie imprese non sono delle fatalità ma delle scelte politiche adottate dall’Ump e dal Partito Socialista che hanno contribuito a creare la situazione drammatica che sta vivendo oggi il paese».
Lei ha un tono meno trionfalistico di quanto ci si sarebbe potuti aspettare tenendo conto dei risultati.
Significa che non si fida?
«La chiave delle elezioni è nelle mani degli elettori. Il risultato incredibile del Front national è la rivolta del popolo contro le élite. Il popolo non sopporta più il disprezzo in cui è tenuto da anni da una classe politica che cura i propri interessi e non difende in nessun modo gli interessi della popolazione. Questa popolazione, e quella che si è astenuta, può decidere di mobilitarsi, almeno per il secondo turno per un reale cambiamento nelle regioni».
Ieri sera Jean-Marie Le Pen ha detto: “Attenzione al secondo turno!”. Vi siete parlati?
«Non rispondo più a questo genere di domande».
E perché?
«Ma insomma, Jean-Marie Le Pen non è più nel Front national, l’ho detto nella maniera più chiara possibile, e non commento più né le affermazioni né le azioni di Jean-Marie Le Pen. Ha altre domande?».
Sì. Lei afferma che il Front national è l’unico in grado di assicurare l’unità nazionale, ma è il partito che più divide i Francesi: o si è radicalmente a favore del Front national o si è radicalmente contro.
«Che cosa c’è di estremo nel fatto di dire che bisogna fermare l’immigrazione quando non abbiamo neanche i mezzi per accogliere questa gente, che cosa c’è di estremo nel dire che bisogna smettere di sostenere ininterrottamente i grossi gruppi finanziari per aiutare le piccole e le microimprese, che cosa c’è di estremo? Vede bene che queste argomentazioni sono argomentazioni che mirano soltanto a difendere i loro interessi di casta».
Ma non avete ancora convinto tutti. Sos Racisme, ma anche il Crif che rappresenta gli ebrei di Francia, ha lanciato un appello a fare opposizione al Front national.
«Queste strutture sono sempre dalla parte del potere in carica. A ogni elezione se ne escono con queste cose per aiutare il potere a conservare il posto mentre la disoccupazione esplode, la povertà esplode, mentre il nostro paese è in una situazione drammatica per quanto riguarda il debito pubblico e di creazione di ricchezza, mentre la concorrenza internazionale sleale fa dei danni spaventosi».
Al secondo turno bisogna riunire i francesi. Come è possibile farlo quando qualcuno come sua nipote dice che i musulmani non possono avere lo stesso rango dei cristiani o che bisogna tagliare i fondi per la pianificazione famigliare?
«Non è quello che ha detto mia nipote, lei lo sa bene. Tutta questa esagerazione contro il Front national non ha impedito che si realizzassero questi risultati. Non ci sono stati grossi balzi in avanti bensì un movimento che si struttura, che guadagna progressivamente la fiducia dei francesi, elezione dopo elezione. Abbiamo raggiunto il 25% alle europee, il 26 e qualcosa alle cantonali, e oggi abbiamo ottenuto un risultato storico ma non c’è ancora una vittoria».