«Se i grillini imparassero che«non è necessario esibire i muscoli per vincere le battaglie politiche e che, per riuscirci, non bastano neppure le sole buone idee».
Il manifesto, 28 marzo 2013
Le parole del papa indicano il passaggio difficile,per cambiare la mente degli uomini. È un messaggio che dovrebbe suggerire ai laici un'altra modalità del confronto politico. Adeguare i mezzi ai fini Cambiare abitudini non è facile; cambiare modello di vita (cosa che ci ripetiamo magari ogni giorno mentre si va a lavoro o a qualche inutile riunione della quale potremmo farne a meno) è ancora più difficile. Ma cambiare mentalità sembra quasi impossibile seppure di fronte ai continui fallimenti del nostro pensiero.
Il Papa ha detto che dobbiamo custodire il creato, dunque la terra con tutte le sue forme viventi. Ma ha detto qualcosa di più, molto di più: ha parlato di un sentimento di cui normalmente (soprattutto tra gli uomini) non si parla, ritenuto una sorta di debolezza, di cedimento, roba da "femminucce": la tenerezza. La modernità e la secolarizzazione avevano messo in cantina questo sentimento, poco adatto all'uomo prometeico e al suo "progressivo e magnifico" ruolo di dominatore del mondo (e purtroppo quasi sempre anche dei suoi stessi simili). Già ai bambini (in particolare quelli di sesso maschile) si insegna che gli uomini non debbono mai piangere e tanto meno mostrarsi deboli o fragili in pubblico; da adulti è consentito loro manifestare la tenerezza al più nei riguardi degli infanti, ma mai nei riguardi di altri adulti.
Eppure questo sentimento è capace di terremotare i rapporti quotidiani tra le persone: guardare all'altro con sentimento di pietà e simpatia insieme, avere compassione e cura del mondo animato. Francesco (il santo) arrivava ad affermare che bisogna ubbidire agli animali. Questo sentimento - la tenerezza - può innescare un vero cambiamento a partire dalla politica dove vige la legge contraria, quella per la quale chiunque non appartenga al proprio partito, alla propria fazione, è un nemico da abbattere.
Se il Movimento 5 stelle si prefigge di cambiare il paese dovrebbe partire da qui, esercitare l'egemonia con la forza dell'argomentazione, della persuasione, della parresia (l'arte del parlare franco), della gentilezza e della tenerezza. E ieri, invece, abbiamo assistito a un deja vu che, seppure ormai disincantati del lessico politico, non può non imbarazzarci, non provocarci dolore e perfino rabbia: partiti puttanieri e padri (i loro leader) "che chiagnono e fottono" ha urlato Grillo a seguito dell'incontro tra Bersani e il Movimento 5 stelle. Non bastano i contenuti, le pur legittime aspirazioni di moralità, i richiami a ridurre gli stipendi, le spese, le invocazioni contro la corruzione. Se un fine è giusto, allora anche i mezzi (e il linguaggio) usati per raggiungere questo fine devono essere altrettanto giusti e adeguati al messaggio che vogliamo dare.
Purtroppo sembra non essere così: fa male vedere questi giovani grillini certamente animati da buoni propositi, spesso talmente ingenui da risultare pericolosi nelle loro dichiarazioni, usare vecchi linguaggi, ostentare un atteggiamento ostile nei confronti di tutti: politici, giornalisti, istituzioni, come se, al di fuori di loro, il mondo fosse solo abitato da corruttori e corrotti. La loro ostentata e sospetta difesa da contaminazioni, strumentalizzazioni e quant'altro conosciamo di poco buono che anima il mondo della politica, non giustifica questa loro pregiudiziale diffidenza; semmai mostra la loro debolezza, la difficoltà ad affrontare il confronto e ad argomentare i loro pensieri. Così facendo arruoleranno pure altri arrabbiati, altri scontenti, i delusi dalla politica, gli incattiviti dalle barbarie del liberismo, dalle ingiustizie, dal dolore e dalla sofferenza sociale e individuale, ma per formare un partito o un movimento caratterizzato dal "no" e dal rifiuto che, prima o poi, produrrà un rigetto da parte di quelli che, pur criticando l'ordine esistente, non si ritroveranno in quel loro comportamento militare come quello di una setta che guarda il mondo dall'alto della propria presunta innocenza.
Tra i punti del loro programma dovrebbero introdurre questo sentimento così ben evocato dal Papa: la tenerezza; così da dimostrare agli altri che non è necessario esibire i muscoli per vincere le battaglie politiche (c'è già chi lo fa da tempo e prima di loro) e che, per riuscirci, non bastano neppure le sole buone idee: sarebbe un segnale nuovo per la buona politica e per quel cambiamento così invocato per il quale dovremmo aspettare il Messia. Il Paese è incattivito, il liberismo ha prodotto la grande narrazione dell'uomo fai-da-te, dell'affermazione individuale anche a costo di demolire l'avversario, e il creato-mondo intero a nostra disposizione. Questa narrazione, che è l'alleato ideologico più potente della riscossa neoliberista, può essere sconfitta solo a partire da un senso di ritrovata fratellanza e solidarietà.
Da sempre le comunità sono state i luoghi dove l'incontro tra diversi avveniva all'insegna della tenerezza, l'ascolto disinteressato, la cura, l'amore verso l'altro da sé. La comunità non è una dolce utopia di altri tempi, è il modo di stare insieme in serenità e in libertà, così come, un tempo, la città era il luogo della socializzazione e la sua aria rendeva liberi gli schiavi che in essa si rifugiavano e che ad essa chiedevano asilo. Come dicono in molti, il Movimento 5 stelle ha portato un vento nuovo che già ha iniziato a spazzare il mondo della politica chiuso in se stesso e arroccato sui propri privilegi. Ma non basta a produrre una egemonia salvifica che riunisca le persone intorno al nuovo, se non si modificano anche i gesti e il linguaggio, l'atteggiamento verso l'altro accolto, appunto, con tenerezza.