«Non abbiamo ancora un ministero della Verità deputato a tagliare le notizie che danno fastidio al grande fratello, ma il sottile, continuo e sordo limare i significati delle parole prosegue a ritmo incessante».
La Repubblica, 6 giugno 2013
Fino agli anni Ottanta lo scontro politico non conosceva limiti e l’avversario politico non aveva dignità alcuna, con tutte le conseguenze del caso. Ma poi si aprì una stagione nuova, di «riconoscimento » reciproco, in cui i neofascisti, con Giorgio Almirante in testa, andavano a rendere omaggio alla salma di Enrico Berlinguer, e i comunisti, guidati da Giancarlo Pajetta, onoravano il feretro di Almirante. Quella stagione ha posto le basi per il superamento di antichi steccati e per il crollo del vecchio sistema dei partiti. Si avviava una fase inedita. Lo prova la fiducia che tanti riformatori riponevano nel cambiamento del sistema elettorale al tempo dei referendum del 1993: quel passaggio metteva in moto un «nuovo sistema», riformato ma intatto nell’impianto. Il bilanciamento tra rinnovamento e conservazione era garantito proprio da un quel clima di ottimismo riformatore. Poi tutto si è invelenito. Basti pensare al fallimento della Bicamerale.
Chi oggi invoca senza retropensieri la riscrittura della Costituzione dovrebbe tenere presente quella esperienza. Finché serve a Berlusconi il dialogo può continuare, ma se le «cose» cambiano allora viene buttato tutto alle ortiche. E per «cose» intendiamo, ovviamente, i processi del leader della destra. Il Cavaliere vuole una cosa sola, l’immunità/impunità. La cerca attraverso varie strade: un ennesimo intervento legislativo ad hoc (e in poche settimane ne abbiamo contati un bel numero), un intervento dall’”alto” per ammorbidire i procedimenti giudiziari, e persino un laticlavio senatoriale. E, in prospettiva, anche una repubblica presidenziale. Il suo destino personale, ancora una volta, si sovrappone al normale funzionamento di un sistema democratico, che si fonda sul bilanciamento e l’autonomia reciproca dei poteri e sul primato della legge.
Contro il rispetto di questi cardini fondamentali la destra gioca le carte dell’emotività neo orwelliana, introducendo nel linguaggio politico il termine falso di pacificazione, e dello stravolgimento delle regole. Non c’è nulla da pacificare — ed è sconcertante che questa espressione abbia circolazione al di là del manipolo dei fedelissimi del Cavaliere — perché è la fedeltà alle norme democratiche sancite dalla costituzione che garantisce a tutti una «pacifica» cittadinanza politica. Pertanto, ogni intervento su quel patto fondante va fatto con molta cura e attenzione, per evitare un esito da apprendisti stregoni.